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Da PARIGI – La Tour Eiffel ha brillato per i siriani, vittime di tre anni di una guerra devastante con 146.000 morti e il più alto numero di rifugiati al mondo. Al tramonto, la scritta #AvecLesSyriens è stata proiettata sul primo piano della Tour Eiffel, mentre in quasi tutto il mondo si stavano svolgendo manifestazioni di sostegno al popolo siriano. Davanti, nella spianata del Trocadero dedicata ai diritti dell’uomo, decine di siriani si sono raccolti per manifestare contro il governo di Assad, con canti e cori antiregime, tante le donne e tanti i bambini. E’ accaduto sabato scorso. Anche noi eravamo lì, con loro, fianco a fianco, e abbiamo voluto guardarli negli occhi, parlare con loro, raccogliere alcune testimonianze e conoscere quelle storie che ci toccano sempre più da vicino.

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15 marzo 2014: Parigi sta con i siriani

Non parla francese, ma la sorella traduce per noi: è una giovane donna, ci racconta di essere fuggita quattro mesi fa dal campo di Yarmuk e di aver raggiunto la Giordania, dopo che la sua casa era stata presa di mira dai soldati di Assad e i proiettili le passavano sulla testa giorno e notte. E’ riuscita a portare con sé i suoi tre figli di due, quattro e dodici anni, che le stanno stretti accanto, lo sguardo un po’ smarrito ma sereno. Voleva fin da subito raggiungere la Francia perché ha due sorelle che vivono a Parigi da anni, ma non riusciva ad ottenere il visto; ha raggiunto la capitale solo un mese fa, dopo che le sorelle la sono andata a cercare direttamente in Giordania. “Mio marito è stato ferito mentre usciva da una moschea, adesso si trova in Francia”, ma non ci dice dove. Ora accenna un sorriso, guardando la scritta che è dedicata anche a lei, il viso dolce, illuminato da un tramonto colorato di rosa.
Ma l’atmosfera è grave, gli sguardi tristi e spenti, molte donne tengono tra le mani cartelli con la foto dei loro uomini, di prigionieri politici.

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Yaser e Mohamed Jamous dei Refugees of Rap

Hanno smesso di cantare i Refugees of Rap, intervistiamo i due rapper che si sono uniti alla manifestazione: “Mi chiamo Yasser Jamous e questo è mio fratello Mohamed, siamo palestiniani-siriani, siamo a Parigi dal marzo 2013. Per ottenere il visto per la Francia, prima siamo dovuti passare per il Libano. Abbiamo iniziato a suonare nel 2005 nel campo per i rifugiati palestinesi di Yarmuk, al confine con Damasco, con canzoni che non parlavano di guerra; siamo diventati famosi e ci chiamavano a suonare in diversi Paesi del Medio Oriente. Quando sono cominciate le rivolte nel marzo del 2011, ci siamo messi a scrivere testi antiregime, contro la dittatura di Assad. Presto abbiamo cominciato a ricevere minacce, il nostro fratello più piccolo è stato imprigionato, poi per fortuna rilasciato, e il nostro nuovo studio completamente distrutto, era stato finanziato dalle Nazioni unite, lo avevamo chiamato Sawt Al Shaab (The voice of the people). Abbiamo dovuto lasciare il nostro Paese, ma ora, come rifugiati politici, denunciamo con le nostre canzoni le atrocità subite dal popolo siriano.

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15 marzo 2014: Parigi sta con i siriani

La manifestazione di Parigi si è unita alle iniziative di solidarietà e di mobilitazione a livello internazionale, per chiedere ancora una volta ai capi di stato di adoperarsi e fermare al più presto questo terribile e inutile massacro, è stata organizzata da Amnesty International France e altre organizzazioni, tra cui Action des Chrétiens pour l’Abolition de la Torture, CARE France, CCFD – Terre Solidaire, Comité de l’Action Chrétienne en Orient, Fédération internationale des Ligues des droits de l’Homme, Justice et Paix, la Vague Blanche pour la Syrie, Médecins du monde, Oxfam France, Pax Christi France, Reporters sans frontières, le Réseau Euro Méditerranéen des Droits de l’Homme, Vision du Monde.

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Sara Cambioli

È tecnico d’editoria. Laureata in Storia contemporanea all’Università di Bologna, dal 2002 al 2010 ha lavorato presso i Servizi educativi del Comune di Ferrara come documentalista e supporto editoriale, ha ideato e implementato siti di varia natura, redige manuali tecnici.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Cari lettori,

dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “giornale” .

Tanto che qualcuno si è chiesto se  i giornali ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport… Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e riconosce uguale dignità a tutti i generi e a tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia; stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. Insomma: un giornale non rivolto a questo o a quel salotto, ma realmente al servizio della comunità.

Con il quotidiano di ieri – così si diceva – oggi “ci si incarta il pesce”. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di  50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle élite, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

La redazione e gli oltre 50 collaboratori scrivono e confezionano Periscopio  a titolo assolutamente volontario; lo fanno perché credono nel progetto del giornale e nel valore di una informazione diversa. Per questa ragione il giornale è sostenuto da una associazione di volontariato senza fini di lucro. I lettori – sostenitori, fanno parte a tutti gli effetti di una famiglia volonterosa e partecipata a garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano che si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori, amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato 10 anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato Periscopio e naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale.  Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 

Oggi Periscopio conta oltre 320.000 lettori, ma vuole crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

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Francesco Monini
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