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Quasi quasi c’è da sperare che i soldi per completare l’idrovia non saltino fuori. E il sospetto è che proprio questo si augurino anche coloro che hanno promosso l’opera. Perché così come sta diventando, con i 145 milioni di euro raggranellati, già impegnati e in parte spesi, il collegamento fluviale fra Ferrara e Porto Garibaldi è una splendida opportunità per incrementare il turismo.
L’opera, secondo le previsioni ufficiali, verrà conclusa entro dicembre 2015. I cento milioni che ancora fanno difetto (non previsti nell’iniziale finanziamento europeo e successivamente richiesti al ministero) servirebbero invece per gli interventi complementari, quelli che consentirebbero l’effettivo accesso ai natanti catalogati ‘di classe quinta europea’, come da progetto; quel progetto che ha permesso di raccogliere gli ingenti finanziamenti pubblici già impiegati per la realizzazione dei lavori svolti sino ad ora. Ma il problema è che dare libero transito a imbarcazioni ‘fluvio-marittime’ addette al trasporto merci snaturerebbe l’essenza del fiume, rischiando di trasformarlo di fatto in un collettore industriale.
Questo indesiderato epilogo sarebbe la verosimile conseguenza del completamento dell’opera. Perciò c’è la sottaciuta speranza delle istituzioni ferraresi di non farcela. L’idea che l’opera rimanga incompiuta una volta tanto non è vista come una sciagura, anzi. Perché incompiuta in questo caso significa  riqualificata per il turismo fluviale, ma impraticabile per la destinazione d’uso commerciale e industriale. A dispetto di ciò che l’Unione europea s’attende…

Qualche tempo fa è emerso, con gran risalto di stampa – apparente fulmine a ciel sereno – un impedimento al transito, guarda caso, proprio delle famigerate navi ‘quinta classe a europea’ sull’asta del fiume. L’impedimento è costituito dalla quota del ponte sul canale Burana, all’altezza della ferrovia, insufficiente a permettere il transito delle imbarcazioni più grandi.
Possibile che sia stato commesso un errore così marchiano in fase di progettazione? La cosa appare poco plausibile. Più probabile, invece, che si sia consapevolmente ignorato il problema e presentata la richiesta di finanziamento comunitario avendo lo scopo di riqualificare la via d’acqua fra Ferrara e il mare per renderla un’attrattiva turistica, senza realmente pensare di farne una via di transito per mezzi commerciali.
L’errore di progettazione, quindi, non sarebbe stato realmente tale, ma un machiavello utile proprio per determinare, a cose ormai fatte, l’utile impedimento alla realizzazione del dichiarato scopo, che in realtà non si sarebbe mai davvero inteso perseguire: quello di rendere il Po un’autostrada d’acqua a servizio del transito commerciale.

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Pier Giorgio Dall’Acqua è stato presidente della Provincia di Ferrara fra il 1999 e il 2009

Pier Giorgio Dall’Acqua è stato presidente della Provincia di Ferrara fra il 1999, quando dell’idrovia si è cominciato a parlare, sino al 2009, quando il progetto era già stato finanziato. Alla domanda se il problema recentemente emerso, quello del ponte sul Burana, lo abbia sorpreso, scuote il capo in maniera significativa: “La difficoltà di garantire il transito delle imbarcazioni di classe quinta è stata evidente fin da subito. Parlo di difficoltà serie, intendiamoci, ma non di impossibilità… Con l’allora assessore regionale ai trasporti, Peri, si valutò in ogni caso l’opportunità di non lasciare cadere nel nulla una importante occasione di finanziamento che sarebbe servita a riqualificare l’asta navigabile, quantomeno per il suo utilizzo da diporto e a fini turistici”.
L’obiettivo richiesto dall’Unione europea non sarebbe dunque stato ignorato, ma stante le difficoltà di realizzarlo, si è concepita di fatto la realizzazione come ‘work in progress’, concentrando le risorse disponibili sulla realizzazione delle infrastrutture di base e rimandando a una fase successiva la risoluzione delle problematiche che impedivano il passaggio ai natanti di classe quinta.
“Però il bypass della città così come era stato concepito – commenta Dall’Acqua – era insostenibile. Si sarebbe dovuta scempiare la campagna, con un canale che fra argini e letto avrebbe occupato una sezione di almeno 500 metri. Ma scherziamo? E poi in questo modo si sarebbe creato un invaso e determinata una situazione di potenziale pericolo in caso di piene del fiume, se il Po avesse deciso di fare le bizze”. Tutto risolto in un nulla di fatto, allora? Al contrario. “Si sono vagliate varie possibilità. Per il ponte ferroviario si era persino ipotizzata una soluzione di ‘paratie vinciane’ per abbassare il livello delle acque non potendo alzare la quota del ponte, per la vicinanza della stazione. Il pescaggio per le navi in transito sarebbe stato sufficiente. Ma i costi di una simile opera sono ingenti”.

Con prudenza, Marcella Zappaterra, presidente uscente della decaduta giunta Provinciale, ha posto la sua firma a sigillo di una nota pubblicata sul sito ufficiale dell’ente in cui, con linguaggio debitamente paludato, spiega che “l’impegno per trasformare il tracciato del Po di Volano in un ‘corridoio’ percorribile dalle imbarcazioni è il primo passo verso la concreta valorizzazione dell’asta fluviale del fiume che avviene a livello regionale, e punta a dare attuazione a un concetto sempre più intermodale del trasporto”.
Il riferimento è genericamente “alle imbarcazioni”, mentre non c’è alcun esplicito richiamo alla “classe quinta europea”. E inoltre si parla sagacemente di “primo passo verso la concreta valorizzazione dell’asta fluviale del fiume”… Un capolavoro di politichese.

Resta il fatto che i finanziamenti sono stati ottenuti (e spesi) prospettando all’Europa un certo intervento che, per ora, non è stato realizzato nel totale rispetto degli impegni assunti. Il progetto contempla, infatti, il transito delle navi di classe quinta. E questo obiettivo, ad oggi, resta difficilmente praticabile. E non è prevedibile come possa essere realizzato: perché l’elevazione del ponte ferroviario sul Boicelli è considerato impraticabile, poiché non c’è sufficiente gittata per riportare i binari alla quota della stazione, che dista poche centinaia di metri. Per ovviare al guaio, occorrerebbe ripristinare il bypass della città, inviso a Dall’Acqua ed escluso dagli interventi finora realizzati. Oppure trovare un grimaldello: le paratie vinciane o altre mirabilie. Ma i soldi ora sono finiti. Per provvedere servirebbero altri 100 milioni, attesi dal governo. Che in tanti sperano non arrivino mai.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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