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“Roma, città fortunata, invincibile e eterna.” (Tito Livio, “Ab urbe condita”)

Rome Erwitt coverRoma, Roma… Damme n’a mano a faje dì de sì… Renato, indimenticabile, quanto avevi ragione. In realtà non si può dire di no a nulla, in questa splendida e unica città. Non si può dire di no all’invito di un innamorato, al saluto di un ammiccante passante sconosciuto, al sorriso di una vecchia e agghindata signora che passeggia lungo i fori imperiali con il suo minuscolo cagnolino bianco, al clacson impazzito di un automobilista un po’ maleducato, all’incedere zoppicante ma simpatico di un piccione impavido che ti si avvicina alla ricerca di un po’ di briciole di pane. L’aria e la luce cristallina ti invitano ovunque e comunque a dire sì. Difficile, dunque, parlare di questa città magica, eternamente giovane e bella, elegante e profumata di fiori, senza cadere nella retorica. Quando una cosa è bella oggettivamente e la si ama profondamente, le parole sono tutte già pronunciate o sussurrate. Difficilissimo, allora, descriverne strade, vie e viuzze affollate, il magico alberato lungo Tevere, piazze e palazzi maestosamente decorati, quando tutto è stato già detto, tutto già dipinto. Non è, tuttavia, troppo arduo fotografare cose nuove, immortalare momenti sempre diversi, dipingere nuove storie con obiettivo, pennelli colorati e stilografiche dall’inchiostro leggero e spensierato. Questo perché la morbida e sinuosa signora di velluto, come amo chiamarla fra me e me, riserva sempre sorprese, nuovi scorci e nuovi spunti.
Così Elliott Erwitt, parigino classe 1928 e americano d’adozione, raccoglie scatti indimenticabili in questo libro unico nel suo genere, “Roma”, una collezione di fotografie raccolte durante 50 anni, una vita intera. Invitato a collaborare con la famosa agenzia Magnum, nel 1953, dal leggendario Robert Capa, co-fondatore della stessa con Cartier-Bresson, Erwitt immortala una città e la sua gente, perché, a suo dire, ogni posto al mondo non è nulla senza la sua gente, i suoi cani, i suoi gatti, ossia gli esseri viventi che in essa respirano. Sulle pagine che si susseguono e che si sfogliano leggiadramente, quasi spettinate da un audace alito di vento, con sorpresa ed amore oltre che con la passione che solo chi ami Roma ad oltranza può condividere, sfilano fotografie in bianco e nero che lasciano un segno. Quasi un sigillo di ceralacca rossa, a forma di cuore, ti rimangono ricamati sulla pelle gli scorci dei fori imperiali al tramonto, le statue decapitate a sentinella di una strada percorsa da calzari antichi o di parchi ed aiuole fiorite, i busti altezzosi di personaggi antichi, le scarpe lucide di una signora inginocchiata nel confessionale, giovani ed anziani che chiacchierano nelle piazzette. E’ la vita romana, quella all’aperto, quella di un vecchio teatro che potrebbe aver ospitato Petrolini in via dei Coronari, oggi chiuso ed abbandonato, delle foto di cardinali in fila, del Colosseo perso nella sua immensità notturna, di uccelli appollaiati sulla testa di una statua deturpata da scritte a gesso bianco, di oggetti d’antiquariato dove campeggia un’immagine altezzosa del Duce, di matrimoni e processioni, di innamorati che si baciano sugli scalini delle chiese o lungo i muretti che si affacciano sulla città distesa.
Come sottolinea Michele Serra nella prefazione al libro, Erwitt ha assorbito da Roma il suo pregio più grande, ovvero la capacità di ingannare il tempo, di trattenerlo e confonderlo nel caos straordinario dei suoi scorci urbani, insomma di disorientarlo, perché il tempo quando arriva a Roma si perde nel labirinto. E aggiungerei, nel suo cielo. Una città piena di sorprese, di fascino e di vita, alla quale non si può mai dire di no. Almeno io non ci sono riuscita…

Lettura consigliata: Elliott Erwitt, “Elliott Erwitt’s Rome”, teNeues, 2008

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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