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Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.

[per ascoltarlo cliccare sul titolo]

Nirvana – Clean Up Before She Comes

Anche quest’anno è già arrivato il 20 di febbraio.
Tutti gli anni lo festeggio quasi come fosse il Natale e a dirlo così’ancora non basta a rendere l’idea.
Può sembrare, stupido, folle o peggio, adolescenziale ma me le prendo volentieri tutte come un cristiano dei bei tempi andati.
E come un cristiano dei bei tempi andati ho il fervore necessario a spiegare il perchè di tutta ‘sta menata.
E’ il compleanno del buon vecchio Kurt Cobain e per caso ho addosso un vecchissimo maglione di mia madre.
Quindi quest’anno vedo il mio Natale sotto una luce diversa.
Non riesco a non pensare a quanto mia madre odiasse tutte le cose che ascoltavo tranne una, l’Unplugged dei Nirvana.
Tutte le volte che lo mettevo se lo guardava con me dall’inizio alla fine e mi sa che anche lei, almeno inconsciamente ha finito per vedere le qualità quasi cristologiche di quel ragazzo.
Trascurando la già valutatissima eredità musicale lasciataci da KC vorrei soffermarmi un attimo sui raggi che ci ha lasciato di riflesso e che a me hanno sempre colpito con la stessa forza della sua musica.
Il fatto che non si lavasse mai i denti ma amasse ripetere “se mangi le mele sei a posto” getta questo ragazzo in un limbo di nuovo, cristologico e mitico.
Ma mitico ai livelli di un Robert Johnson, di un Elvis o del suo amato Leadbelly.
Perchè da subito, pur se figlio del suo tempo in tutto e per tutto posso dire con certezza che il nostro uomo fosse un personaggio d’altri tempi o un personaggio che ha trasceso i tempi.
Al di là della musica dei Nirvana un’altra delle cose che ci ha lasciato è stata una presa di posizione volendo anche confusa ma fortissima sulle marginalità in genere e di genere che non si era mai vista nella musica “pop”.
E penso che pure questo mia madre, magari sempre inconsciamente l’avesse capito.
Quindi in questo momento non posso fare a meno di pensare a quanti pomeriggi ho passato con quella videocassetta insieme a lei che mi chiedeva di cosa cantasse quel ragazzo che la colpiva così tanto.
Della sua musica e di lui ci resta una potenza nuda come un osso che, spernacchiatemi pure, di nuovo, non si era mai trovata nella musica pop.
Una cosa che ti faceva balenare in testa l’idea di conoscere chi cantava da una vita anche se non ci si era mai visti in faccia.

E qui entra in ballo una questione che non viene mai approfondita a sufficienza quando si parla di KC: tutta quella roba non era altro che il-caro-vecchio-blues.

Non quella roba oscena da birreria ma quello vecchio di campagna.
Rimasticato da uno che fino alla fine è rimasto un provinciale e un ragazzo di campagna, altra cosa che di nuovo, mia madre, forse sempre inconsciamente era riuscita a cogliere.
Perchè non c’è mai stato bisogno che le spiegassi le posizioni di KC su maschilismo, indipendenza/onestà artistica, traumi derivanti dalla famiglia e dall’infanzia.
Io e lei eravamo messi uguali, a volte forse peggio di lui quando andava a dormire in sala d’attesa al pronto soccorso.
Non c’è mai stato bisogno di spiegare niente riguardo a quel tipo ed è quello che capita con le persone a cui vuoi bene e che ti vogliono bene.
Quindi chiedo scusa ma permettetemi questa dedica alle due persone da cui ho imparato chi sono.

Kurt Cobain bambino già circondato dalla musica
l’album With The Lights Out dei Nirvana, raccolta postuma di inediti del 2004

Selezione e commento a cura di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. Xoxo <3

Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.
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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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