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Mi scuso con chi mi legge, se intendo continuare a parlare di acqua in termini generali e forse troppo didattici, ma la mia opinione è che chi deve occuparsi di questi problemi spesso dimentica, e allora i cittadini lo devono sollecitare, sempre.

Forse non fa più notizia (in Italia le riflessioni europee interessano raramente), ma conviene ripetere che la Commissione Europea, nell’ambito di una serie di decisioni sulle infrazioni da parte degli Stati Europei, emanate il 23 gennaio 2014, ha chiesto all’Italia di adeguare la propria normativa sulle acque a quella europea. Le modifiche dovranno riguardare, in particolare, le fonti diffuse che possono provocare un inquinamento delle acque e le misure di prevenzione o controllo dell’immissione di inquinanti.

Proviamo a capire ed elencare cosa serve, ecco alcune questioni importanti:

  • è di quest’ultimo periodo il frequente richiamo istituzionale e dell’opinione pubblica sull’emergenza idrica: è necessario avviare iniziative per ridurre i prelievi di acqua e  incentivarne il riutilizzo;
  • la situazione delle infrastrutture idriche e della gestione dell’acqua è fortemente critica: per tentare un superamento della cronica debolezza strutturale, sono necessari ingenti investimenti, ed è opportuno valutare dove e come reperire queste risorse;
  • un approccio moderno e sostenibile al problema della qualità deve fare riferimento alla qualità dei corpi recettori, sia in senso generale, sia in funzione della specificità degli usi: bisogna incentivare la riduzione degli sprechi, migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione, ridurre le perdite, favorire il riciclo dell’acqua ed il riutilizzo delle acque reflue depurate;
  • occorre sensibilizzare gli utenti al risparmio nell’utilizzo dell’acqua per uso domestico, ma anche contenere e ridurre lo spreco di acqua – anche potabile – negli usi produttivi e irrigui, in particolare incoraggiare e sostenere “anche con incentivi economici” specifiche ricerche e studi per migliorare l’utilizzo dell’acqua nei processi produttivi;
  • sviluppare una cultura economica dei servizi pubblici ambientali, una maggiore attenzione sia a livello di costi che soprattutto di prezzi e dunque di tariffe; percorso di civiltà dunque, ma anche sviluppo di una cultura economica dei servizi pubblici locali;
  • il sistema tariffario è uno degli aspetti fondamentali e forse più critici nel sistema di gestione dei servizi ambientali: il valore, il costo ed il prezzo del servizio devono essere tra loro collegati e interdipendenti;
  • il “giusto prezzo” dell’acqua è un importante incentivo per incoraggiare un utilizzo sostenibile dell’acqua stessa (un’accurata politica tariffaria regola i consumi e dà il giusto valore al bene); nello stesso tempo, bisogna trovare forme di incentivazione anche per il gestore in modo che favorisca la riduzione dei consumi (che altrimenti trova nel solo consumo dell’acqua il suo interesse);
  • incentivare e remunerare la qualità esplicita ed implicita – con idonei strumenti tariffari – e nel contempo penalizzare ritardi e disservizi (le carte dei servizi devono diventare uno strumento contrattuale di regolazione e non servire come documento d’immagine). Gli incrementi tariffari non devono essere solo collegati alla copertura dei costi del servizio, ma anche a parametri di qualità.

Per diversi anni, si è tenuta a Ferrara la più grande Fiera internazionale dell’acqua H2O la prossima si terrà a Bologna dal 22 al 24 ottobre prossimi – e io, in qualità di referente scientifico, ripropongo spesso questi temi fondamentali che da noi, talvolta, sono trascurati. Ricordo, come ammonimento, un bel pensiero: “trova l’ovvio e fallo!” .

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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