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Sabato pomeriggio a moderare il dibattito di Internazionale a Ferrara ‘La nuova rivoluzione verde’, un confronto fra cibo e agricoltura, Roberto Giovannini, giornalista e ideatore-direttore di ‘Tuttogreen’, mensile della Stampa dedicato ai temi della sostenibilità. Sul palco del Teatro Nuovo, la sarda Elisabetta Demartis, di ‘Agritools’, la ferrarese Giulia di Tommaso, di ‘Bonifiche Ferraresi’, il ghanese Micheal Opeyemi Ige, di ‘Concerned African Youth Forum’ e lo svedese Ove Kenneth Nodland, di ‘Eat Foundation’. Il tema centrale: il ruolo dell’agricoltura negli obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite (i sdgs, Sustainable Development Goals) come occasione per tutti ma soprattutto per il business.
Il sistema agro-alimentare attuale va cambiato: un’agricoltura sostenibile significa guardare agli aspetti ambientali in maniera forte, integrare l’impatto sociale, capire come restituire sul territorio in cui si opera. Vuol dire innovazione o ‘agricoltura di precisione’: un sistema di monitoraggio costante e dettagliato del terreno con una gestione computerizzata che permette di sapere cosa accade in ogni centimetro di terreno, come esso rende, come intervenire. Sempre forte deve essere il legame con il territorio e l’integrazione con la comunità che con esso interagisce. Siamo in un mondo diviso fra la fame e l’obesità.

Il cibo è al cuore del pianeta e il sistema cibo è uno dei maggiori contributori al cambiamento climatico, considerati i suoi impatti su deforestazione e biodiversità. Il punto nuovo di osservazione è che il cibo collega la salute e l’ambiente, ragion per cui urgono delle unconventional collaborations”, sottolinea Ove Kenneth Nodland, per il quale una trasformazione radicale del sistema cibo è assolutamente necessaria per avere la possibilità di nutrire oltre 10 miliardi di persone da qui al 2050. Se poi si considera che l’agricoltura contribuisce in maniera importante al pil e che il 9% della popolazione mondiale giovane è africano, ecco allora che si arriva a capire come la tecnologia, enorme potenzialità per le nuove generazioni nate con essa, possa aiutare l’agricoltura.
Molte sono le iniziative di giovani ideate e attuate per risolvere problematiche nelle zone rurali. Su questo prende la parola Elisabetta Demartis, ideatrice di ‘Agritools’, in Senegal, nato come progetto di ricerca giornalistica e trasformatosi in impresa. Qui, attraverso applicazioni informatiche, si studia e si supporta i giovani africani che lavorano in agricoltura in Senegal, Kenya, Uganda e Ghana, ad avere accesso all’informazione. Un progetto in cui il giornalismo si trasforma in imprenditoria, con un motto: “Innovare e rinnovare”. Giulia di Tommaso, di ‘Bonifiche Ferraresi’, ricorda l’importanza della catena di valore del cibo, bisogna iniziare da come si scelgono i semi per arrivare ai canali con cui si vendono i prodotti. Oggi, poi, agricoltura significa anche dati. E’ importante sapere chi sono gli agricoltori, le famiglie, coloro che hanno accesso al credito. Bisogna trasformare i dati perché siano pubblicati e utilizzabili dai giovani; da qui il progetto su cui sta lavorando sull’Osservatorio nazionale sui dati in agricoltura per i giovani, con la Fao. Ognuno deve (ri)guardarsi dentro, le imprese devono (ri)percorrere il loro dna e rivedere il business model, altrimenti non si sopravvive. Vi è una grande trasformazione in corso nelle aziende, spesso ancora da capire. Una volta, infatti, la responsabilità sociale (Csr) era filantropia, oggi la sostenibilità viene inserita nella strategia d’impresa e nel processo anche di ideazione del prodotto. Fondamentale resta il ruolo del consumatore e del cittadino nell’orientare l’acquisto verso chi produce ‘responsabilmente’. Per chi può scegliere, aggiungerei… Oggi diventa sempre più importante semplificare il cibo che si mangia, sviluppare una corretta cultura del cibo. E se Micheal Opeyemi Ige sottolinea come il family farming in Africa sia una piccola impresa da supportare anche con fondi internazionali, Ove Kenneth Nodland conclude con quella che è la vera sostanza del dibattito: le politiche agricole devono essere legate a quelle di sanità pubblica. Con un ulteriore spunto: l’agricoltura potrebbe essere il “new oil nella global economy”.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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