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‘Piigs’, in programmazione dal 27 e fino al 29 aprile al Cinema Apollo di Ferrara, è un film che lascia lo spettatore esterrefatto e sconcertato, un documentario di 75 minuti che non stancano, ma sconvolgono e a tanti lasciano l’amaro in bocca, la voglia di saperne di più o di cominciare a chiedersi: “cosa posso fare io, adesso, per cambiare le cose in questo Paese?”. Con Noam Chomsky, Stephanie Kelton, Yanis Varoufakis, Warren Mosler, Erri De Luca, “un viaggio affascinante e rivoluzionario nella crisi economica”.


75 minuti densi di informazioni sulla crisi che imperversa oramai da quasi 10 anni. Cosa succede nei paesi europei che hanno adottato l’euro, chi decide la quantità di moneta in circolazione e chi la controlla, il ruolo dei banchieri e degli economisti, i trattati europei che hanno soppiantato in maniera silente e strisciante le nostre Costituzioni.
Tanti stimoli che portano a chiedersi come sia stato possibile che nessun cittadino si sia opposto, nemmeno di fronte al crescente disastro economico, politico, amministrativo e legale.
Le difficoltà aumentano insieme alla tassazione, alla disoccupazione e alle bugie, le aziende chiudono, i servizi peggiorano e ‘Piigs’ comincia finalmente a dirci il perché, senza andare troppo lontano o affidarsi alla filosofia economica. Lo fa guardandosi intorno e mettendo insieme i pezzi, raccontando semplicemente, ed era ora, quello che tutti possiamo vedere, volendolo fare.

Ma perché ‘Piigs’ (acronimo per Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna, ndr), perché apostrofarci in questo modo, un nome che ricorda tanto la parola ‘maiali’ utilizzato per indicare cinque nazioni con una dignità e soprattutto una storia superiore a tutti i Paesi del Nord Europa? Bisognava umiliarle, ingigantire le loro colpe e rendere lecite le pene a cui sarebbero state sottoposte dai paesi ‘virtuosi’. Erri de Luca, scrittore, uno degli intervistati nel film insieme a Chomsky, filosofo, lo sottolineano specificando che si sarebbero potuti anche usare acronimi diversi e che quindi è stata una scelta con un fine.
Vladimiro Giacchè, filosofo ed economista, sottolinea che il concetto secondo il quale non ci riteniamo in grado di governarci e per questo lo lasciamo fare ai burocrati europei, è una forma autorazzista, autofobica che trova ovviamente conferma nei paesi ‘virtuosi’, come la Germania, dove c’è la ferma convinzione che noi non siamo capaci di autodeterminarci, al pari dei greci, portoghesi, spagnoli e irlandesi.

La prima operazione quindi per far accettare angherie e privazioni dai cittadini europei del sud è quella di convincerli di essere colpevoli e per questo accettare un processo di redenzione per togliersi di dosso la meritata infamia.
“È davvero possibile che ci sia un legame così stretto tra i piani alti del potere economico e le piccole stanze dei problemi quotidiani?” Si chiede la voce narrante di Claudio Santamaria “è vero che noi siamo 100 cani in una stanza con soli 95 ossi a disposizione?”
E il film spiega la crisi guardandola dal punto di vista giusto, quello della macroeconomia.

Attraverso le vicende di una cooperativa di Roma si mostra che se in un recinto ci sono cento cani e butti 95 ossi, cinque di essi moriranno di fame. Sembra banale ma solo perché, in questo momento, lo osserviamo dal punto di vista macro, se lo facessimo, come normalmente viene fatto, dal punto di vista micro non ce ne accorgeremmo.
L’economista Warren Mosler ci racconta che quello che normalmente si fa e di prendere quei 5 cani, cercare di addestrarli a competere meglio, insegnargli a darsi da fare per accaparrarsi il cibo dimenticando però che in questo modo loro troveranno da mangiare ma togliendolo ad altri e altri cinque resteranno a digiuno.
Questo succede alle nostre aziende, cooperative e famiglie. “Non ci sono soldi” per tutti, quindi sopravvive solo l’azienda che riesce a fare innovazione, la cooperativa che accede ai pochi fondi a disposizione, la famiglia che riesce a conservare il posto di lavoro a qualsiasi condizione. Gli altri rimangono fuori e se c’è l’11,5% di disoccupazione è per colpa loro, non abbastanza competitivi, preparati, disposti ad accettare di spostarsi o quant’altro.
E la parte di popolazione svantaggiata, con handicap, malattie croniche, anziani, bambini? Per questi nel magico mondo della “mano invisibile” di Adam Smith e del neoliberismo di Milton Friedman non c’è evidentemente posto.
Bush figlio celebra Milton Friedman come un eroe dei nostri tempi per aver introdotto nel mondo il neoliberismo ed il mondo lo ha ringraziato con un premio Nobel nel 1976. Il punto è: quale mondo? Per chi ha lavorato Milton Friedman? Certo non per il mercato reale, quello degli esseri umani, quelli che si sono visti chiusi nell’esperimento dell’eurozona a combattere in 100 per 95 ossi.

Un esperimento neoliberista in quanto si è eliminato del tutto lo Stato di diritto e le Costituzioni che dovevano rappresentarli e difenderli proprio dalla competizione e dalla concorrenza sleale, anzi di queste si è fatto un motivo di orgoglio. Lo Stato è l’unico che potrebbe riequilibrare le forze in gioco e proprio per questo ai più forti nella società dà fastidio da sempre. Friedman è stato il loro campione e il petroliere Bush lo presentò come campione di tutti con i risultati che questo film ci mostra davvero in maniera esemplare.
La competizione indotta da una moneta a cambio fisso e dai trattati europei introdotti con l’inganno e in contrasto con le costituzioni nazionali delineano un quadro sconfortante di cui fanno le spese i cittadini, i piccoli imprenditori e in primis le persone in difficoltà e chi si occupa di loro che si vedono negare il credito o i fondi necessari causa ristrettezze di bilancio.
“Non ci sono i soldi” è questa la frase dietro la quale si cela l’austerity, presentata come la cura di tutti i mali ma che invece contribuisce a pieno titolo all’aumento della disoccupazione e dei conflitti sociali. Perché in questo modo ci saranno sempre 5 cani alla ricerca di cibo e si scaglieranno contro gli altri per averlo in una continua competizione che vedrà cadere prima di tutto proprio i più deboli, quelli che la nostra Costituzione, violata dai trattati, si era impegnata a tutelare.

Un docu-film che impegna lo spettatore, non rilassa, fa pensare e fa arrabbiare. Quando scorrono le immagini della Grecia insieme a quelle della cooperativa “il pungiglione” di Roma, in difficoltà finanziaria e sull’orlo del fallimento, immaginiamo il nostro futuro, quello dei nostri figli. Ospedali senza medicine e persone svantaggiate senza aiuto dello Stato perché la “mano invisibile” di Adam Smith non prevede l’aggiustamento dei conflitti sociali né l’abbattimento delle disuguaglianze. Riguarda solo i mercati e chi li controlla: finanzieri e banchieri.
Tra gli intervistati ad intervenire nel docufilm c’è il giornalista d’inchiesta Paolo Barnard che venerdì sera (28 aprile) sarà presente in sala insieme ad uno dei tre registi del film Federico Greco.

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

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Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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