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da: ufficio stampa A.N.B.I.

FRANCESCO VINCENZI (Presidente ANBI – Associazione Nazionale Consorzi Gestione Tutela Territorio ed Acque Irrigue): “IL RITORNO ALL’AUTOGOVERNO DEI CONSORZI DI BONIFICA SICILIANI E’ CONDIZIONE INDISPENSABILE PER IL LORO FUTURO E PER IL TERRITORIO SICILIANO”.

“Laddove i Consorzi di bonifica operano secondo i principi fondativi dell’autogoverno e della sussidiarietà, sono esempio di efficienza. Per questo, insistiamo nel chiedere il ritorno ad una gestione democratica degli enti di bonifica siciliani, commissariati da decenni per mano della Regione e la cui gestione ha fin qui risposto prioritariamente alle esigenze della politica e non del territorio. E’ quindi necessario tracciare una linea di discontinuità con il passato anche recente, i cui oneri non possono certo essere messi in capo ai soli consorziati, né al mondo agricolo. E’ il tempo delle scelte, perché i nuovi Piani di Sviluppo Rurale sono all’orizzonte ed i Consorzi di bonifica siciliani devono avere pieno titolo di sedersi nei consessi decisionali; non c’è più spazio per rinvii nel processo di riforma regionale del settore e la strada da seguire è una sola: quella dell’Accordo Stato-Regioni del 2008. Oggi, per i Consorzi di bonifica si stanno aprendo nuovi orizzonti, perché sono enti già abituati a “ragionare” in termini di area vasta, candidandosi a ricoprire, per le loro competenze, il ruolo che fu delle Province.”

La dichiarazione è di Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale Consorzi Gestione Tutela Territorio ed Acque Irrigue (ANBI), intervenuto al convegno “Sicurezza territoriale, efficienza dei sistemi irrigui, salvaguardia ambientale. La sfida dei nuovi consorzi di bonifica siciliani”, che A.S.C.E.B.eM. (ANBI Sicilia) ed Unione Dirigenti Bonifica siciliana hanno organizzato a Milano nell’ambito di Expo 2015, esprimendo unanime richiesta alla Regione Sicilia, affinchè si porti a conclusione quel processo di riforma che, a partire dal ritorno ad una gestione democratica degli enti, permetta ai Consorzi di bonifica di esprimere l’efficienza operativa, di cui sono espressione.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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