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da: Consulta Popolare San Camillo

Il 18 settembre ricorre il duecentesimo anniversario dell’assassinio di Amanzio Antonio Buonafede, un nome del quale alla Comacchio di oggi non resta che una pallida memoria, un’idea fugace e confusa legata ad un personaggio allora addirittura idolatrato, tanto da essere annoverato tra i padri della Patria per la grande impresa dell’acquisto delle Valli di Comacchio, riscattate con dura compera da Napoleone Bonaparte, l’11 luglio 1797. Fu un acquisto che condusse a concretezza il sogno pressocché millenario dei comacchiesi di ritornare ad essere proprietari delle loro Valli. L’unico ricordo è oggi affidato alla strada che porta il suo nome, l’antica Via Nuova, ove il Buonafede abitava nel suo palazzo signorile che attualmente porta il nome di Palazzo Patrignani. Per quasi tutti i nostri concittadini l’11 di luglio è soltanto una giornata estiva, ma allora, quando le Valli divennero veramente il fondamento economico-industriale di Comacchio, quel giorno si trasformava in una grande festa e di giubilo popolare, in cui tra l’altro si rinnovava solennemente la riconoscenza della Comunità a Bonaparte, il vero riparatore dei torti secolari subiti dai comacchiesi, sia da parte dei Signori Estensi che dello Stato Pontificio…Il prezzo di cessione fu convenuto in un milione di lire tornesi d’oro, coniate a Tours in Francia, oltre ad un canone annuo di £. 20,000, affrancabile in £.400.000. Aggiungiamo 15.000 scudi “per un presente di convenienza” per far pervenire un superbo collier di perle nelle mani di Giuseppina Bonaparte. Per fronteggiare l’impegno assunto fu costituita una società per azioni, una sorta di projet financing ante litteram, sostenuto dai maggiori abbienti locali. Antonio Buonafede, nipote del celebre letterato e polemista Appiano Buonafede, nato a Comacchio da una delle prime famiglie della Città, era dotato di grande ingegno, conseguendo la laurea in Idrostatica nell’Istituto delle Scienze e Diritto dell’Università di Bologna all’età di appena 21 anni ed era solito scrivere versi poetici in greco classico.. Il primo marzo 1797 fu nominato da parte dl Consiglio Generale di Comacchio “Pubblico Deputato” per trattare con Napoleone l’acquisto delle Valli in favore della Città e del popolo di Comacchio, impresa che condusse a termine non senza difficoltà con l’atto di compravendita stipulato a Milano l’11 luglio 1797. Ma l’acquisto delle Valli segnò anche l’inizio della rovina del Buonafede. L’epilogo si ebbe col tramonto delle fortune napoleoniche e il conseguente clima reazionario che accentuarono le incomprensioni, le invidie e le calunnie che armarono la mano dei congiurati che lo uccisero in un agguato dinnanzi la chiesa del Rosario nella notte di domenica 18 settembre, venendo il lunedì 19…La sua antica dimora, oggi Palazzo Patrignani, nel 1986 fu acquistata dal Comune di Comacchio al prezzo di 650 milioni di lire. Pressochè inutilizzato, subisce un colpevole disfacimento.
L’impresa straordinaria di Antonio Buonafede purtroppo non conseguì nei decenni successivi l’auspicata rinascita economica della Città di Comacchio anche per le numerose e sfortunate cause civili dovute all’incertezza dei confini territoriali delle Valli acquistate. Il contratto d’acquisto, o Rogito “Giletti”, non conteneva il documento fondamentale e incontestabile che attestasse l’iscrizione in catasto dei beni acquistati, ciò che scatenò le pretese più assurde dei vicini privati e anche dello Stato. Il Buonafede ne era consapevole e invano nel 1804 cercò di rimediarvi…E oggi, la “bonifica” di oltre 40.000 ettari di Valli, prima imposta dallo Stato centrale, poi supinamente accettata e anzi reclamata a gran voce, ha infine compiuto lo scempio maggiore di una ricchezza ambientale ed economica unica in Italia.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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