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Il settore del gioco d’azzardo dà lavoro a circa 120mila addetti e coinvolge circa cinquemila aziende, grandi e piccole. Il giro d’affari complessivo del gioco legale in Italia è di 71,6 miliardi ed equivale al 4% del Pil nazionale. A questi si devono aggiungere, probabilmente per difetto, dieci miliardi di euro guadagnati dalla criminalità organizzata grazie a videopoker e slot machine.
Dunque, “benvenuti ad Azzardopoli, il paese del gioco d’azzardo, dove – quando il gioco si fa duro – le mafie iniziano a giocare”. Con sarcasmo “Libera”, l’associazione che promuove la cultura della legalità e contro le mafie lotta, ha messo in parafrasi il John Belushi di Animal House quando una paio d’anni fa, ha redatto il suo dossier Azzardopoli 2.0 sul gioco d’azzardo in Italia. Uno strumento tuttora fondamentale per comprendere le dinamiche criminali e avere una dimensione del fenomeno. I dati che emergono sono allarmanti. Il rapporto definisce quella del gioco d’azzardo “la terza impresa italiana” (con forti probabilità di diventare la seconda), l’unica con un bilancio sempre in attivo e che non risente della crisi che colpisce il nostro paese. 49 sono i clan che gestiscono i cosiddetti “giochi delle mafie”, e vanno dal Nord al Sud dell’Italia, da Chivasso, in Piemonte, a Caltanissetta, passando per la via Emilia e Roma.

L’Italia è al primo posto in Europa e al terzo nel mondo tra i paesi che giocano di più. Gli italiani nel 2012 hanno speso 1260 euro pro capite in macchinette e gioco d’azzardo. La regione in cui si gioca di più è la Lombardia con 2 miliardi e 586mila euro, seguita dalla Campania con un miliardo e 795mila. In fondo alla classifica il Lazio, con un miliardo e 612 mila euro. L’Emilia-Romagna si piazza tra le prime cinque regioni, con un miliardo e 106mila euro. A livello locale Pavia, cittadina rinomata per la sua università e per la sua storica Certosa, è stata definita dal New York Times “la capitale italiana delle slot machine in Italia”: qui si trova una macchinetta ogni 110 abitanti, su una popolazione di circa 68.000 anime, con 2123 euro di spesa annua pro capite.

Ma chi sono i giocatori più incalliti? I più colpiti dal fenomeno sono le persone con minori risorse economiche e culturali e gli anziani, che avendo più tempo a disposizione cadono più facilmente in tentazione. Anche i giovani sono a rischio: è di questi giorni la notizia che la Campania si trova in cima alla classifica del gioco d’azzardo minorile con il 57,8% degli studenti giocatori, contro una media nazionale del 47,1% dei giovani delle scuole medie superiori.

L’azzardo è uno dei pochi settori che non ha risentito della crisi economica, ma anzi si rafforza delle scommesse di chi spera di incrementare i propri risparmi o la pensione, con rischi sociali e patologici altissimi. Quasi due milioni sono i giocatori sociali, ossia quelli a basso rischio di dipendenza, mentre sono più di 800mila le persone che rischiano la patologia.
La ludopatia – o azzardopatia, come taluni preferiscono – si nutre di disagio sociale, di povertà e di microcriminalità, ma anche della riduzione o scomparsa dei tradizionali luoghi di aggregazione, e rischia di trasformarsi sempre più in una piaga sociale con risvolti economici devastanti, soprattutto nelle fasce più deboli della popolazione.

Tutti i numeri di Azzardopoli

  • 76,1 miliardi di euro il fatturato del mercato legale italiano del gioco nel 2011, primo posto in Europa e terzo posto nel mondo tra i paesi che giocano di più
  • 1260 euro pro capite (neonati compresi) la spesa per i giochi
  • 10 miliardi di euro il fatturato illegale
  • 49 clan si spartiscono la torta del mercato illegale del gioco d’azzardo
  • 800mila persone dipendenti da gioco d’azzardo e quasi due milioni di giocatori a rischio
  • 10 le procure della Repubblica direzioni distrettuali antimafia che nell’ultimo anno hanno effettuato indagini
  • 22 le città dove nel 2010 sono state effettuate indagini e operazioni delle forze di polizia con arresti e sequestri direttamente riferibili alla criminalità organizzata
  • 25mila-50mila euro al giorno il ricavo del clan Valle-Lampada per la gestione di videopoker e macchinette slot-machine
  • 400mila slot machine in Italia, una macchinetta “mangiasoldi” ogni 150 abitanti
  • 3.746 i videogiochi irregolari sequestrati nel 2010, alla media di 312 al mese
  • 120.000 gli addetti che lavorano nel settore, che muove gli affari di 5.000 aziende
  • Lombardia la regione dove si spende di più
  • Tre volte alla settimana la media di gioco per i giocatori patologici, più di tre ore alla settimana e per una spesa ogni mese dai 600 euro in su
  • 5-10% il sovrapprezzo che i clan pagano sui biglietti vincenti del Gratta e Vinci per riciclare soldi
  • 294 sale e più di 50mila slot machine distribuite tra Roma e provincia.
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Francesca Carpanelli

È redattrice editoriale free lance e autrice di alcuni corsi di geografia per la casa editrice Zanichelli. Insegna italiano agli stranieri presso CIEE Italia e presso l’associazione Cittadini del Mondo a Ferrara. Ha lavorato come tecnico del suono in Italia e negli Stati Uniti.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Cari lettori,

dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “giornale” .

Tanto che qualcuno si è chiesto se  i giornali ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport… Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e riconosce uguale dignità a tutti i generi e a tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia; stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. Insomma: un giornale non rivolto a questo o a quel salotto, ma realmente al servizio della comunità.

Con il quotidiano di ieri – così si diceva – oggi “ci si incarta il pesce”. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di  50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle élite, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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