Skip to main content

D- Pisapia, i Liberal che fine hanno fatto?
R – Dunque, qui non voglio cimentarmi nelle differenze tra liberismo e liberalismo anche perché di certo non mi sento all’altezza di un Croce o di tutte le trattazioni in merito. Semplifichiamo, così capisco anche io, dicendo che sebbene la parola si accosti a libertà, non sempre questa ne dà il giusto significato. Tutti vogliamo essere liberi e tutti vorremmo prendere liberamente le nostre decisioni e partecipare alle decisioni comuni.
Un sistema che ti permette la proprietà privata, la sua difesa in opposizione alle aspirazioni di altri che devono contenersi davanti alle tue aspettative e desideri, è sicuramente il sistema migliore, più antico, più adatto all’essere umano. Il capitalismo se lo facciamo nascere con lo sviluppo dell’agricoltura e il primo recinto va in questa direzione per capirsi.
Poi succede che magari uno più forte viene e ti abbatte il recinto oppure, ai giorni nostri, ti dice che il denaro è una merce più importante delle patate o dei pomodori e prende il controllo dello strumento. Per farlo deve convincerti che i suoi interessi coincidano con i tuoi e alla fine arrivi a credere che produrre dei biglietti di carta o degli impulsi elettronici è più difficile che aspettare che un raccolto arrivi a maturazione e grazie a quella che potremmo definire “ingegneria del consenso” (che non ho inventato io ovviamente) riesce a proportela come la cosa migliore perché “tutti fanno o la pensano così”.
Oggi il capitalismo è liberismo o liberal ed è anche finazcapitalismo, come diceva Gallino. Quindi è il nulla più assoluto, tutto frullato per un prodotto finale senza anima dove si dice tutto e il contrario di tutto. Libertà, massima aspirazione dell’essere umano, insieme a mercati e capitali liberi e globalizzazione, massima schiavizzazione attraverso il debito delle popolazioni mondiali e concorrenza sleale dove vince solo il più forte e dove le imprese locali e i territori non vengono tutelati.
L’unico che potrebbe mettere freno a questo è lo Stato che opera esattamente come dovrebbe operare … uno Stato. Questo concetto è stato rubricato come statalismo, nazionalismo, populismo e soprattutto contrario alla libertà, quindi non Liberal. Libertà di chi? Di quelli che operano sui mercati e fanno partire il ciclo di cui sopra. Ricordatevi gli interessi in conflitto che il vero Liberal cerca di nascondere con il solito “siamo tutti nella stessa barca” che è come dire che Marchionne ha gli stessi problemi e gli stessi interessi dell’operaio dell’ILVA.
Il liberismo, o liberalismo, diventa la dottrina dominante e grazie al consenso della massa (che è impegnata a vestirsi tutta allo stesso modo, a farsi gli stessi tatuaggi, a bere lo stesso aperitivo credendosi assolutamente originale e unico) diffonde le sue malattie: concorrenza sfrenata, globale è bello, lo sfruttamento che cos’è?, se la banca fallisce è colpa del direttore ladro o della corruzione).
Come rispondo secco alla tua domanda allora? Il liberal è intorno a noi, un po’ dentro di noi oramai nella sua versione malata, come un virus. Oggi Liberal è Renzi molto di più di Berlusconi, la Serracchiani molto di più della Boldrini, lo era Pannella e lo è la Bonino e la Fornero, Monti e Draghi. Cioè tutte quelle persone che prendono decisioni non a favore del popolo ma dettate dagli interessi dei mercati finanziari, delle borse, degli equilibri di bilancio, della tutela della contabilità piuttosto che della crescita e dello sviluppo sostenibile dell’essere umano. Sono coloro che sanno perfettamente come funziona il sistema ma non hanno un interesse in conflitto con gli interessi del salumiere all’angolo sotto casa tua.
Cominciamo a chiederci cosa abbiamo da spartire noi con questi e forse cominciamo a metterci sulla strada giusta. Forse dovremmo scindere le cose e coniare un significato accettabile per liberale diverso da liberismo. Qualcosa per dire non sono altro e che vada incontro all’esigenza delle contrapposizioni, oppure potremmo dire semplicemente “sono umano” e fregarcene.

D- Pisapia, Ferrara nel 2020, il tuo sogno?
R – Qui andiamo nel concreto insomma. Come ti ho detto penso che la riscossa debba partire dal locale e il mio locale è Ferrara per cui ho la risposta alla tua domanda. Nel 2019 Ferrara sarà più “illuminata”, partecipativa, avrà preso forma e sarà operativa come Centro di partenza per una riscossa nazionale, per una nuova visione e un nuovo paradigma antropologico. Congressi, conferenze, dibattiti aperti. Un laboratorio alla luce del sole. I ferraresi sapranno di cosa si parla quando si dirà economia locale, progettare il futuro, sistema monetario e avrà visto esempi concreti di tutto questo. Attenzione, storicamente per le rivoluzioni (io parlo in senso culturale e filosofico ovviamente) basta una percentuale di persone consapevoli. Quanti ce ne vorranno? 10.000 persone informate, che possano dire “noi sappiamo” sono un numero sufficiente.

Autobiografia in libertà di Claudio Pisapia
“Dunque, sono nato esattamente 50 anni fa a Cava dè Tirreni e, come direbbe Massimo Troisi, una “ridente cittadina del sud Italia” in provincia di Salerno. I portici di Cava ricordano un po’ Bologna. Una conca umida in mezzo ai monti ma a tre o quattro chilometri da Vietri sul Mare e quindi dalla Costiera Amalfitana. Ho vissuto molto a Roma e per qualche anno a Riyadh per lavoro. Poi ho scelto di venire a Ferrara, una cittadina di provincia dalle luci basse la sera, viva a sprazzi, che secondo me vuole aprirsi ma non riesce ancora ad aggregarsi e per la quale mi piacerebbe contribuire ad accendere luci più illuminanti. Ho frequentato il liceo classico e poi mi sono un po’ diviso tra lavoro e università, laureandomi nel 1994 in Scienze Politiche (una volta c’era l’indirizzo politico-internazionale, adesso non saprei).
A Ferrara grazie all’incontro con alcuni “ragazzi” predisposti allo studio e alla ricerca abbiamo messo su un laboratorio con l’intento iniziale di capire noi il perché della crisi del 2008, da dove siamo partiti, poi quella del 2011 e poi siamo ripartiti da capo, dalla macroeconomia e dal sistema monetario. Ci siamo chiesti, perché il sistema funziona così male? Da dove vengono i soldi? Chi li crea? Sono davvero merce? Capita la base tutto è sembrato più facile e a questo punto bisognava dirlo agli altri, alle persone. Il 2013 abbiamo chiesto a molti economisti di venire a Ferrara e abbiamo realizzato conferenze con prof. del calibro di Amoroso, Sapelli, Galloni, Rinaldi, Zibordi, Cattaneo e una tappa del Barnard – Mosler tour che ha visto all’Apollo la partecipazione di quasi 700 persone. Abbiamo iniziato poi noi a fare degli incontri dove spieghiamo la base della macroeconomia ma soprattutto la filosofia, l’idea che bisogna partire dalle basi e dalla comprensione che il sistema non è neutrale, come non è neutrale la moneta, non esiste per sua autonoma decisione, non ha una vita separata dalle nostre intenzioni. Siamo noi che all’inizio dobbiamo decidere quali sono i nostri obiettivi e tutto diventa uno strumento adattabile al fine. Non bisogna perdere il controllo o cedere gli strumenti. Scrivo con costanza su ferraraitalia.it e da un po’ anche su scenarieconomici.it. Mi è stato chiesto di partecipare, e ho accettato, alla rivista trimestrale vivere sostenibile e da dicembre prossimo sarò presente su cartaceo. Intervengo a volte su estense.com con qualche lettera al direttore. Mi ha ospitato anche il blog hackthematrix.it e curo un paio di blog: Claudiopisapia.blogspot.it ospito temporaneamente il pensiero del Gruppo Cittadini Economia di Ferrara e li vengono pubblicizzate tutte le attività in corso. Poi claudiopisapia.info, appena messo su, ospiterà prettamente il mio pensiero. Sto preparando un libro che sarà autoprodotto, auto stampato e auto tutto, con il fine di finanziare le attività del Gruppo Economia, per cui sarà possibile comprarlo nelle occasioni degli incontri che saranno promossi nei prossimi mesi.”

Info:
http://scenarieconomici.it/la-gabbia-di-claudio-pisapia/
http://scenarieconomici.it/nixon-e-il-1971-finisce-lera-delloro-di-claudio-pisapia/
http://scenarieconomici.it/il-referendumrealta-o-finzione-di-claudio-pisapia/
http://www.ferraraitalia.it/author/claudio-pisapia

tag:

Roby Guerra


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it