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Dio non è morto. Lo spiega bene Dino Buzzati quando, nel 1958, pubblica “Racconto di Natale”.
Lo scrittore mescola, con temi propri della sua poetica letteraria, fiaba e surreale, ironia e neogotico, lasciando scoperto il nervo dell’essenza natalizia – la condivisione dell’amore divino mettendo in rilievo l’uomo moderno e cogliendone, in modo apparentemente candido e senza mai rinunciare alla vena sarcastica che spesso caratterizza la propria opera, l’essenza più autentica, inserendo nello stesso racconto la morale.

“Che farà la sera di Natale – ci si domanda – lo scarno arcivescovo tutto solo, mentre la città è in festa? Come potrà vincere la malinconia? Tutti hanno una consolazione: il bimbo ha il treno e Pinocchio, la sorellina ha la bambola, la mamma ha i figli intorno a sé, […] il vecchio scapolo il compagno di dissipazioni […]. Come farà l’arcivescovo? Sorrideva lo zelante don Valentino, segretario di Sua Eccellenza […].”

Dio è ovunque, ci dice Buzzati; e, lezione ancor più preziosa, lo dice da laico; ben lontano dall’ortodossia, dai privilegi di casta, da una discrepanza tra ciò che realmente sono e ciò che dovrebbe essere, e rappresentare, la Chiesa e l’insegnamento religioso.
Lo dice attraverso don Valentino, solerte parroco che rinnega asilo e cibo a un mendicante e si trova, convinto di averlo fatto scappare, a rincorrere un Dio che tuttavia si allontana ogni volta in cui crede di averlo “trovato”, senza mai averlo realmente conosciuto. Prima nella magnifica chiesa che resta però fredda e buia, dopo lo sgarbo fatto all’uomo bisognoso; poi nella famiglia riunita intorno alla tavola imbandita che si rifiuta di condividere la propria abbondanza; e ancora nei campi rigogliosi, la cui ricchezza di frutti è rifiutata dall’avaro contadino.

“Andò ancora più lontano, cercando. Dio pareva farsi sempre più raro e chi ne possedeva un poco non voleva cederlo.”

E così via, in una spirale che lo riconduce al punto di partenza, la chiesa, che però gli riappare, seppure nel delirio del freddo, nuovamente calda e splendente; colma, finalmente, di quel Dio – sinonimo di altruismo, bontà d’animo e compassione – che l’ingenuo don Valentino, curioso incrocio tra il pavido don Abbondio e il sornione don Raffaè, non riesce prima di quel momento a cogliere.
E che capisce invece l’arcivescovo del paese, mettendo a nudo tutti quei re dagli abiti inesistenti, che cercano Dio nei posti sbagliati.

“Lentamente si voltò colui che stava pregando. E don Valentino, riconoscendolo, si fece, se possibile, ancora più pallido. «Buon Natale a te, don Valentino» esclamò l’arcivescovo facendosi incontro, tutto recinto di Dio”.

E (solo per stavolta): Buzzati-Nietzsche 1-1.

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Giorgia Pizzirani


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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