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da: ufficio stampa Save the Dogs and Other Animals onlus

Immagini shock dimostrano le violazioni sistematiche della legge rumena

A quasi un anno dall’approvazione della nuova legge per la gestione del randagismo, innumerevoli documenti filmati dimostrano che le autorità rumene si stanno limitando ad eliminare in modo brutale i cani abbandonati. Al contrario gli aspetti positivi della normativa – quali l’obbligo alla sterilizzazione degli animali con padrone e la loro registrazione in anagrafe canina – vengono sistematicamente disattesi.

Lo dimostrano video come quelli girati nella struttura-lager di Bacau, nel Nord-Est del paese, dove sono detenuti 2.000 cani che muoiono ogni giorno di inedia o di malattie, spesso agonizzando tra la sporcizia e le feci (ATTENZIONE, IMMAGINI FORTI):
https://www.youtube.com/channel/UCDn0LNWOUY-0wEelYYN0pzA/playlists

Bacau è solo un esempio di ciò sta accadendo nei canili pubblici romeni, come testimonia l’indagine svolta tra marzo e maggio 2014 dall’associazione Vier Pfoten e appena resa pubblica. L’inchiesta ha portato alla luce la situazione scioccante in cui versano tutti i 43 canili pubblici rumeni valutati, con violazioni che vanno dall’assenza totale di servizi veterinari a condizioni di detenzione che implicano sofferenze inimmaginabili per i quadrupedi. I risultati dell’inchiesta sono visibili in un rapporto ufficiale (in allegato), a cui è stato affiancato un video (ATTENZIONE, IMMAGINI FORTI):
https://www.youtube.com/watch?v=WwRfwERPd0M&index=2&list=PLD81EB07B4C817A3B

Le prove raccolte dimostrano in maniera evidente che la Romania non è in grado di applicare la normativa vigente a causa delle gravi carenze strutturali e logistiche del sistema preposto alla gestione dei cani randagi.

Pur non condividendo i contenuti della Legge 258/2013, Save the Dogs chiede al Governo del Primo Ministro Victor Ponta di intervenire quanto prima attraverso gli organi competenti per sanare una situazione inaccettabile.

Inutile ricordare che oltre alla sofferenza inflitta a decine di migliaia di animali, gli abusi documentati dalle associazioni danneggiano gravemente l’immagine internazionale della Romania.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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