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da: ufficio stampa Comune di Comacchio

Una testimonianza toccante quella che questa mattina, presso la Sala Polivalente S. Pietro di Comacchio, Cesare Moisè Finzi, scrittore ferrarese scampato alla Shoah, ha dato ai ragazzi delle scuole medie comacchiesi. Il “Giorno della memoria” nella Città dei Trepponti era cominciato al Parco della Resistenza, dove il Sindaco Marco Fabbri, insieme all’Assessore alla cultura Alice Carli avevo reso omaggio ai martiri della resistenza ed in particolare, nell’anniversario del loro eccidio, a Giuseppe Ghirardelli, Giovanni Farinelli, Edagardo Fogli (MOVM) e Vittorio Bulgarelli. Il momento clou della giornata, però, è stato sicuramente quello vissuto a Palazzo Bellini.
Di fronte ad una nutrita platea di ragazzi, Cesare Finzi, ha, infatti, raccontato la sua esperienza di ragazzino catapultato nella guerra e diventato vittima delle leggi razziali. “Ero un bambino come tutti gli altri – ha raccontato – andavo scuola e mi piaceva giocare con gli amici, ma il 3 settembre 1938, una data che non dimenticherò mai, sono andato a comprare il giornale per mio padre e il titolo sulla pagina diceva ‘insegnanti e studenti ebrei esclusi dalle scuole governative e pareggiate’. Pensate ad un bambino di 8 anni che legge questa frase e si chiede perché non è degno di andare a scuola con tutti gli altri”.
Nonostante tutte le difficoltà di quegli anni, Finzi è riuscito comunque a continuare gli studi. “Nel giugno del 1940 andai a fare l’esame per accedere alla scuola media – ha proseguito rivolgendosi agli studenti presenti – nella lista il mio nome e quello del mio amico Nello erano gli ultimi, perché neanche i nostri nomi potevano stare con quelli degli altri. Finimmo ovviamente in fondo alla classe, separati dagli altri ragazzi, ma la professoressa pensò bene di spostarci, affermando che tanto non avremmo contagiato nessuno con la nostra malattia”. “Pensate – ha spiegato commosso lo scrittore – una donna laureata, ma plagiata dalla propaganda, credeva veramente che avessimo la coda come gli animali. Per noi fu una vera umiliazione, ma se io sono ancora vivo e ho potuto continuare a studiare, per Nello fu tutto inutile, perché nel marzo del 1945, dopo essere stato consegnato ai nazisti, morì in un campo di concentramento”.
Con l’entrata in guerra dell’Italia, la storia della famiglia Finzi diventa, purtroppo sempre più drammatica. “Con lo sbarco degli alleati, i fascisti si ritirarono nel nord Italia lasciando ai nazisti la possibilità di operare liberamente i rastrellamenti – ha raccontato ancora Finzi – Si era aperta la caccia all’ebreo e i miei parenti a Bolzano furono subito catturati e deportati. Di loro non seppi più nulla per 50 anni, ma poi scoprii che finirono uccisi ad Auschwitz. La loro cattura ci convinse a scappare verso il sud Italia ed solo grazie all’aiuto di alcune famiglie del luogo e di un anonimo che ci fornì documenti falsi che siamo riusciti a scampare alla cattura”. “Quelle persone – ha concluso – erano donne e uomini veri e spero che voi ragazzi possiate diventare come loro quando sarete grandi”.
La giornata commemorativa ha dato spazio anche agli allievi della Scuola Media “A. Zappata” di Comacchio che hanno messo in scena “Storia di Viola”, spettacolo teatrale incentrato sulle sorti e l’amicizia di due ragazzine, Viola, ebrea, e Donatella. “Il fatto di rendere protagonisti in ragazzi in rappresentazioni come queste è un approccio che ci piace – ha voluto sottolineare l’Assessore Alice Carli – occasioni come questa giornata servono a farci ricordare, perché ricordare significa conoscere e la conoscenza può aiutarci a non commettere mai più gli stessi errori”.

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COMUNE DI COMACCHIO


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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