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Per anni ho pensato che le architetture di pietra fossero l’obiettivo della mia vita, ma poi, qualcosa che sonnecchiava nel mio Dna si è svegliato e, da quel momento, non ho più smesso di avere qualche pianta da curare. I miei primi esperimenti li ho fatti a casa dei miei genitori: avevamo una grande terrazza e mio padre trasformò un cassettone di un vecchio letto, in una specie di aiuola rettangolare, dove seminai i miei primi ravanelli e una diabolica bustina di semi di dragoncello. Il dragoncello, o estragone (Artemisia dracunculus) è una pianta aromatica molto comune nella cucina francese, ma io la ricordo come un’infestante insulsa e puzzolente. Avrei dovuto capire già da allora, che quello che sta scritto nel retro delle bustine o nelle etichette dei fiorai e ancora su libri e manuali, sono indicazioni generali basate su medie statistiche puramente indicative. Questo significa che, rispettando alla lettera le indicazioni, la pianta ha buone probabilità di svilupparsi con quelle caratteristiche di forma e misura, ma può succedere anche l’esatto contrario. Quella è stata la prima di una lunghissima serie di prove, fallimenti e successi che mi hanno insegnato ad accettare come unica regola il rispetto, nel senso che ho imparato ad accettare il mio modo di essere giardiniera e a rispettare quello che la terra può fare spontaneamente, senza troppe forzature.
Tutto chiaro, quasi banale, eppure, ancora oggi, persevero nei miei errori, cercando di fare cose sovradimensionate al mio tempo e alla mia attrezzatura. Il più frequente è il desiderio di cimentarmi con le semine. Sembra tutto così facile: controlli se la luna è quella giusta, apri la bustina, prepari i vasetti, li riempi con un buon terriccio fine, prepari i buchi proporzionati alla dimensione dei semi, copri con un velo di terra quelli piccoli o interri quelli più grossi, una spruzzata di acqua, proteggi i vasetti con un telo di plastica trasparente, forato e aspetti. Questa è la teoria. La pratica è diversa. Un anno acquistai da una rinomata ditta inglese una trentina di bustine costosissime. Mi preparai con cura e dopo qualche settimana di attesa, avevo dei vassoi pieni di terra e di piantine germogliate con successo. Quell’anno non feci bene i conti con le lumache e quando decisi di togliere il telo di protezione, mi dimenticai di spolverizzare il tutto con una dose generosa di veleno (non avevo ancora imparato ad usare la cenere come efficace deterrente naturale) e in una notte, tutte le mie piantine furono divorate dalle simpatiche bestiole. Per anni non seminai più nulla.
Negli ultimi anni ho fatto altri esperimenti, soprattutto dopo aver provato il sito della ‘Semeria’ [vedi] che mi ha permesso di sbagliare senza spendere delle follie. L’anno scorso, io e il marito, abbiamo costruito una seminiera riciclando cassettine da frutta, le abbiamo impilate e sostenute con una struttura di assi di legno, non è bella, ma è solida, funzionale e posso fissare il telo protettivo alla struttura stessa. Anche l’anno scorso però, ci sono stati degli imprevisti: parte delle piantine sono state schiacciate dalle gatte che sono andate a dormire in cima alle cassette; altre si sono seccate perché mi sono dimenticata di innaffiarle, altre ancora sono sparite perché ho avuto fretta di metterle in terra. In compenso ho avuto una buona fioritura di annuali come le ipomee e i piselli odorosi, ma quella che mi ha dato più soddisfazione è stata la Nicotiana alata, una pianta che desideravo da tempo. È una erbacea perenne, i suoi fiori si aprono di sera e profumano la notte. Ci sono varietà comuni a fiore bianco e altre dai colori pastello e come dice il nome, è una parente della pianta del tabacco. Di tutte quelle seminate alcune piantine sono finite in un grande vaso, sono fiorite a fine estate e poi, come spesso fanno le perenni, è sparita durante l’inverno. Pensavo fosse defunta, ma pochi giorni fa, ho visto delle promettenti foglioline che stanno spuntando dalla terra. Un’altra invece è già fiorita ed è bellissima, forte e piena di foglie larghe e pelosette. Avevo buttato il fondo di una bustina di semi in una crepa del marciapiede. Il colpo di genio era stato ispirato dal ricordo di alcune Nicotiane che avevo visto crescere benissimo lungo il muro di una vecchia villa. La posizione protetta ha conservato le prime foglie dell’anno scorso, la pianta è cresciuta durante l’inverno mite e adesso è alta 80 centimetri e i suoi fiori sono stati una sorpresa color tramonto. Certo, restringe il passaggio, ma quando la sfiori alla sera, profuma l’aria e ti regala un po’ di meraviglia. Buona Pasqua.

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Giovanna Mattioli

È un architetto ferrarese che ama i giardini in tutte le loro forme e materiali: li progetta, li racconta, li insegna, e soprattutto, ne coltiva uno da vent’anni. Coltiva anche altre passioni: la sua famiglia, la cucina, i gatti, l’origami e tutto quello che si può fare con la carta. Da un anno condivide, con Chiara Sgarbi e Roberto Manuzzi, l’avventurosa fondazione dell’associazione culturale “Rose Sélavy”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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