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Da: Comitato FARE! con Flavio Tosi

Abbiamo deciso di votare “sì” al referendum costituzionale perché l’Italia ha bisogno di governabilità, e questa riforma la assicura. Il Paese necessita di coraggio, quello che in passato è mancato troppe volte, soprattutto quando il centrodestra, in Parlamento, avrebbe avuto i numeri per trasformare in realtà le riforme che aveva promesso. Da tempo sosteniamo che questa non è certo la migliore delle riforme possibili, e nelle sedi opportune il nostro Movimento si è battuto per modificarla. La scelta finale però era tra rimanere ancora una volta fermi, impantanati nelle sabbie mobili tipiche di uno Stato che non vuole voltare pagina e guardare avanti, oppure decidere di dare un segnale forte e accettare la sfida del cambiamento. Votare “sì” non significa essere renziani: questa è una semplificazione strumentale. Pensiamo a un grande giornalista storicamente di centrodestra come Vittorio Feltri: ha dichiarato che voterà “sì”, ma è indubbio che sia tutto tranne che renziano. Il voto non deve essere un giudizio sull’operato del presidente del Consiglio, bensì una lucida analisi di quanto verrà proposto nel quesito referendario. Null’altro. E’ un confronto tra riformisti e reazionari: se si ferma tutto, di nuovo, sarà l’immobilismo. Il nostro Paese forse non avrà una nuova occasione di cambiamento. Perché lamentarsi se poi non si vuole dare un taglio al passato? Il voto di Fare! va al di là dell’appartenenza politica: eravamo e siamo profondamente diversi rispetto al Partito Democratico. Così come questo voto non deve essere letto come una prova generale per la fusione e per l’apparentamento di partiti e movimenti. Per noi non è e non sarà così. Voteremo “sì”, con coerenza, perché questa riforma assomiglia molto a quella proposta nel recente passato dal centrodestra unito, e noi non cambiamo idea solo per meri interessi di bottega. Noi, a dispetto di altri partiti, non abbiamo votato “sì” all’ Italicum e alle riforme salvo poi rimangiarci tutto. E dunque: rispettiamo le opinioni altrui, ma siamo fermamente convinti che se non prevarranno i “sì” l’Italia rimarrà ferma al palo, ancora una volta, con pesanti ripercussioni, anche a livello internazionale.

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Riceviamo e pubblichiamo


PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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