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Da Comitato Mi Rifiuto

Il nuovo regolamento TARI rispecchia esattamente tutte le premesse che lo hanno preceduto, evidenziando come sia stato costruito su una idea punitiva del servizio raccolta anziché premiante. Dalle multe elevate per chi abbandona i rifiuti (pratica che deve essere condannata) ad una tariffa ancora imperniata in aumento sul conteggio delle superfici dell’abitazione anziché sul concetto “chi produce paga“. Si accentua così quella mai sopita perplessità sul fatto che una persona in una casa di 100 mq sia indotta a produrre più rifiuti della medesima persona racchiusa in uno spazio abitativo di 50 mq. Ovviamente non vi è nessuna logica in tutto questo se non il semplice fatto che si è voluto mascherare sotto la voce Tariffa Rifiuti una patrimoniale sugli immobili dei cittadini, questo sì, per garantire le coperture del servizio di Hera, senza che quest’ultima sia tenuta a rendere il proprio servizio più efficiente e più economico per il cittadino. Il gestore presenta il conto, il comune paga che si raggiungano, o meno, i migliori risultati per il cittadino poco importa, la fattura sarà sempre coperta. Dalla prima presentazione del nuovo regolamento, si apprende che il comune di Ferrara ha predisposto una tariffa sul conto preventivo di Hera: un conto che si riduce solo per la presenza di un contributo regionale (che è un modo diverso per dire che lo paghiamo con le nostre tasse) e senza mettere in conto l’ammortamento delle nuove calotte (nome bizzarro per uno strumento che al freddo parrebbe incepparsi regolarmente) il cui costo sarà esposto nella fattura a consuntivo. Dobbiamo aspettarci allora che dal prossimo anno il conto di Hera potrà essere incrementato di 700-800mila euro, ma che ora non sia politicamente opportuno mostrare, infatti, ci risulta difficile pensare che negli uffici amministrativi di Hera non sappiano già ora quantificare gli ammortamenti della spesa per le calotte, in caso contrario sì che dovremmo seriamente preoccuparci di “come viene presentato il conto ogni anno”.
Hera investe nelle calotte, se queste andranno bene oppure no noi pagheremo, proprio perché se il cittadino è multato quando lascia per terra il suo sacco del pattume (magari per una calotta che non funziona) il Gestore può scaricare tutti i costi dei suoi investimenti sulla sua bolletta. Sia chiaro, la legge glielo consente, così come gli permette di farsi pagare gli interessi sul capitale investito. Come dire: comunque vada, anche se la città potrà essere sommersa dal pattume, Hera avrà i suoi investimenti pagati e il capitale avrà una remunerazione garantita per legge. Facile assumersi un rischio di impresa quando il rischio stesso è a carico degli utenti finali. Se fosse così per tutti gli imprenditori, oggi, ognuno di noi sarebbe imprenditore di sé stesso.
La morale finale è che, inciviltà a parte di chi butta per strada il proprio pattume per pigrizia o per disagio, la nostra città potrà diventare il peggior esempio di decoro urbano, con tutti gli oneri aggiuntivi per fotocamere, guardiani, aumento della pulizia stradale che ne comporta. Ciò che continuiamo a rimproverare a questa amministrazione è che continua, sorda, pacatamente ad andare avanti su un percorso senza ascoltare nessuno. Noi del Comitato abbiamo partecipato agli incontri e agli eventi con esponenti della giunta. Abbiamo sentito tante promesse, tante aperture alle pressioni dei residenti e delle imprese ferraresi, peccato però che alla fine, alla presentazione ufficiale dei documenti, il riscontro è che tutto quello che si è detto sono solo parole al vento. La carta racconta una realtà dove i problemi non sono assolutamente stati recepiti.
Per questi motivi riteniamo che si debba continuare a essere vigili, a lottare, a mobilitarsi civilmente nella battaglia e chiedere a tutte le forze politiche di farsi interpreti del vero pensiero della gente. Nessuno è contrario al cambiamento, ma riteniamo che debba essere condiviso a partire dal basso e non essere imposto con la forza dall’alto.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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