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Da: Università di Ferrara

Con ‘I Natali di Eduardo’ al via la decima edizione di Anatomie della Mente

Al via il nuovo ciclo di Anatomie della Mente, le conferenze dei Giovedì di Psicologia di Stefano Caracciolo, Ordinario di Psicologia Clinica dell’Università di Ferrara, giunto quest’anno alla decima edizione e con accesso libero e gratuito per tutta la città.
Il primo appuntamento ‘I Natali di Eduardo’, si terrà giovedì 15 dicembre alle ore 16.30 presso la Sala Agnelli e il Teatro Anatomico della Biblioteca Comunale Ariostea, (via delle Scienze, 17), e vedrà il Prof. Caracciolo intrattenere il pubblico sulle tradizioni del Natale riesplorate con i metodi psicobiografici nei rapporti fra vita e drammaturgia di Eduardo De Filippo.
Ed è lo stesso Caracciolo ad anticiparci l’argomento della conferenza… “Perché Natale si festeggia il 25 dicembre? Il Mistero della Natività di Gesù Cristo affonda le sue radici storiche nelle feste romane dell’antichità (Lupercalia), in cui il culto era basato sulla Grotta dove alcuni animali nutrivano i gemelli Romolo e Remo e in cui si festeggiavano con un rito di purificazione tutti i nuovi nati. Nel III secolo dopo Cristo però le autorità della Chiesa Cattolica fissano nel Calendario Liturgico la stessa data come Festa della Natività (Natale). Infine con Papa Sisto III (432-440 d.C.) si fissa la prima celebrazione della Messa di Natale a mezzanotte del 25 dicembre. Da qui l’uso di costruire tettoie in legno con greppie e mangiatoie (Praesepe in latino deriva proprio da qui) in cui si iniziarono a porre statue lignee della Natività. Dal 1700 in poi la tradizione popolare napoletana ha costruito una vera e propria arte presepiale in cui alle statuette dei personaggi della Sacra Famiglia si aggiungono altri personaggi della vita quotidiana e di oggetti concreti con il significato simbolico di augurio per il nuovo anno.‘Natale in Casa Cupiello’, scritta da Eduardo De Filippo in tre diverse versioni nel periodo 1930-35, è entrata a pieno titolo nelle tradizioni natalizie, in relazione anche alle celebri rappresentazioni televisive, culminanti nella domanda “Te piace o’Presepe?” rivolta dall’anziano protagonista, Luca Cupiello, al figlio Tommasino, ottenendone quasi in punto di morte un tiepido assenso dopo tanti ostinati “No, nun me piace!”. Il presepe di Eduardo in Casa Cupiello rappresenta la tradizione delle usanze natalizie, tramandate con i valori familiari di padre in figlio, ma rimanda anche al rispetto e alla gratitudine per le persone anziane. Nel caso di Eduardo e dei fratelli Peppino e Titina De Filippo, la vicenda allude anche alla loro difficile vicenda familiare, per i tempi scandalosa, di figli illegittimi – i cosiddetti figli di N.N. – del grande autore teatrale Edoardo Scarpetta. E’ a questa situazione che dobbiamo l’ispirazione per una serie di capolavori teatrali di Eduardo che hanno proprio al centro della trama il tema del mancato riconoscimento della paternità, da ‘Filumena Marturano’ a ‘De Pretore Vincenzo’”.

Per informazioni: Carlotta Cocchi – 0532/293554 – 338/6195391
Ferrara, 13 dicembre 2016

Le arti dell’illusione al centro di un convegno internazionale a Unife

“Le arti dell’illusione”. E’ questo il titolo del convegno internazionale che si terrà da domani, mercoledì 14 alle ore 14.30, a venerdì 16 dicembre alle ore 14 presso l’Aula Magna del Dipartimento di Economia e management, (via Voltapaletto, 11), organizzato da Patrizia Castelli, docente di Iconografia e Iconologia del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Ferrara.
Inaugurato e concluso da un ciclo di proiezioni cinematografiche organizzate dall’Associazione studentesca Tana Libera, che si terranno martedì 13 dicembre e 20 dicembre dalle 14 alle 19 presso l’Aula Magna del Dipartimento, il convegno ha come obiettivo principale di illustrare diversi aspetti dell’illusione grazie ai numerosi relatori di diverse aree disciplinari: dalla storia e la filosofia, alla medicina e neurofisiologia, dall’economia e l’iconologia alla storia dell’arte e del teatro.
“Il termine ‘illusione’ – ci spiega Patrizia Castelli – significa «proiezione in ambito immaginario di elementi che non troveranno corrispondenza nella realtà contingente». L’illusione si può anche intendere come percezione falsata da un errore dei sensi o della mente. L’illusionista, colui che esercita l’arte dell’illusione, è anche abile nell’arte dell’incantare: un ciarlatano che da sempre si esibisce davanti ad un pubblico ignaro, attonito e spesso ottuso. Nelle piazze si presentavano venditori di elisir che promettevano la guarigione e, mediante amuleti, anche facili guadagni. La bacchetta magica e la virgula divinatoria (bacchetta idromantica) sono strumenti che oscillano tra pratiche magiche e pseudo-scientifiche, ora condannate ora difese da teologi, filosofi e scienziati. L’aspirazione degli uomini di mettersi in contatto con l’aldilà è presente dalla remota antichità, ma viene fatta oggetto di una discussione nel mondo moderno che coinvolge soprattutto scienza, filosofia e religione. Così l’alchimia, anche questa condannata fin dall’antichità come scienza perversa, trova un suo significato e una sua spiegazione ed appare anche alla base di illusori guadagni. Gli alchimisti ricoprono un ruolo significativo nei traguardi che si prefiggono i governanti i quali guardano con interesse alle ‘scienze esoteriche’ anche come ad un mezzo concreto su cui basare nuove conquiste. Le illusioni sono inoltre elemento sostanziale delle arti. Ciò che appare illusorio, magico e inquietante in un periodo storico non lo è più in quello successivo, quando si ha una piena comprensione scientifica dei fenomeni, come chiaramente scrisse Campanella. Ma l’illusione è ben presente in aree diverse da quelle a cui sembra appartenere: economia, medicina, logica e neuroscienze offrono la possibilità di gettare luce su questo aspetto nella contemporaneità”.

Per informazioni: Carlotta Cocchi – 0532/293554 – 338/6195391

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UNIVERSITA’ DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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