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Da: Confartigianato

Nei giorni scorsi la Camera di Commercio ha diffuso i dati relativi all’imprenditoria giovanile nei primi 9 mesi dell’anno in corso – nasce più di una attività al giorno, costituisce il 7,8% del totale – sottolineandone gli aspetti positivi di crescita. Assodato che qualsiasi numero preceduto dal segno più non può che essere confortante e di buon auspicio, noi riteniamo non si debba cadere nei facili ottimismi. Gli stessi numeri dell’Osservatorio della Camera di Commercio ci confermano infatti che a livello regionale rimaniamo fanalino di coda. Mettendo a confronto Ferrara con le altre province dell’Emilia Romagna nei primi 6 mesi
del 2016, risulta che ‘primi’ arriviamo solo nell’agricoltura, con il 24,7% del totale. Secondi,
dopo Reggio Emilia, nella sopracitata imprenditoria giovanile, che al 30 giugno era all’8,3% e dunque nel successivo trimestre è calata. Nell’industria, con l’8%, siamo terzultimi, prima di Ravenna e Rimini. Nel commercio, con il 31,6 %, penultimi, prima di Reggio Emilia. Nelle costruzioni, con il 14,6 %, ultimi. Nelle start up innovative, ultimi. Per attrattività di imprese estere, ultimi. I numeri, e arrivo al punto, sono sempre positivi o negativi, incoraggianti o disincentivanti, rispetto al punto di osservazione. Certo, guardando alla ‘sola’ Ferrara la crescita c’è. Guardando a livello regionale, si evince
invece che molto dobbiamo ancora fare. Anche per questo, nell’imminenza degli accorpamenti delle Camere di Commercio, come Confartigianato ribadiamo la nostra contrarietà a Ravenna, cui ci accomuna il dato positivo dell’agricoltura – seppure Ravenna, più di Ferrara, vanti un maggior numero di aziende di trasformazione – e in parte del turismo. La vocazione del nostro territorio è prevalentemente manifatturiera e per questo più simile a Bologna, Modena e Reggio Emilia. Noi rimaniamo convinti che servano strategie di lungo respiro e la scelta della Romagna – alla quale pare siano oggi inclini la maggior parte delle altre associazioni di categoria – si rivelerà fallimentare, perché a confronto sono differenti modelli imprenditoriali, incapaci di trainarsi l’un l’altro. L’accorpamento avrebbe dovuto unire le forze. Così, appare chiaro, fa sintesi delle debolezze.

Giuseppe Vancini,
Segretario Generale Confartigianato

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CONFARTIGIANATO


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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