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Da ufficio stampa MEIS

Il Giardino delle Domande del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – MEIS si è arricchito di due nuovi ulivi (uno c’era già) e di quattro melograni. Grazie a un paio di donazioni di privati, salgono così a sette gli alberi biblici presenti in Via Piangipane 81, a Ferrara.

“Un albero per ognuno dei dieci anni dello Stato di Israele” – ha sottolineato il Direttore del MEIS, Simonetta Della Seta, affiancata dal Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Ferrara, Rav Luciano Meir Caro, dalla professoressa Anna Lodi Sansonetti e dall’avvocato Claudio Maruzzi, Delegato per Ferrara di KKL Italia Onlus, l’organizzazione ecologica che punta allo sviluppo, alla bonifica e al rimboschimento della Terra di Israele.

Rivolgendosi agli studenti del Liceo Artistico Severini di Ravenna, stamani in visita al Museo, Della Seta ha ricordato che “il primo dei Salmi dice che l’uomo è come un albero e mette le radici solo se è una persona buona. L’albero è molto importante nella cultura ebraica, è il segno di Dio. Qui al MEIS stiamo cercando di far crescere un luogo che racconti la storia e la cultura degli ebrei italiani e dell’ebraismo, che sono incentrate sulla vita. Perciò, per noi, aver creato un giardino con piante di alloro, mirto, timo, lavanda e maggiorana (gli aromi utilizzati per l’Havdalah, la preghiera di fine Shabbat) e poter piantare altri alberi è parte di un percorso anch’esso incentrato sulla vita, su una cultura viva che ci riguarda tutti, ebrei e non ebrei”.

Prima di procedere alla piantumazione dei nuovi alberi, cui non si sono sottratti gli alunni ravennati, anche Rav Meir Caro ha evidenziato il rapporto assai stretto e particolare che, sin dalle origini dell’universo, lega il mondo ebraico agli alberi: “Vengono creati il terzo giorno e, senza di essi, la vita dell’uomo sarebbe impossibile. Hanno tanti significati, alcuni di natura ancestrale. Quando Dio crea l’umanità, colloca Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden affinché lo lavorino e lo custodiscano. Ed è attraverso gli alberi che Dio pone all’uomo un’alternativa: ubbidirgli e diventare immortale, ma restando inconsapevole della differenza tra il bene e il male, oppure conoscere questa differenza, ma non poter consumare il frutto dell’albero della vita, condannarsi alla mortalità. E sappiamo bene quale fu la scelta…”.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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