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Se si parla di Expo si è immediatamente indotti a pensare a Milano 2015. E’ invece il ricordo dell'”Expo delle Meraviglie” che voglio recuperare. Fu l’evento internazionale all’interno del quale venne progettato il Crystal Palace o il Palazzo di cristallo, costruito per celebrare nel piὺ fastoso e florido clima vittoriano la prima grande Esposizione universale.
“The great exhibition of the works of industry of all nations”, promossa dalla Royal Society of Arts come celebrazione delle moderne tecniche industriali, invenzioni e merci inaugurata dalla Regina Vittoria, si tenne a Londra a Hyde Park dal 1° maggio all’ 11 ottobre del 1851.

crystal-palace-expoIl Crystal Palace, un insieme di meraviglie estetiche e tecnologiche per il tempo, è il primo e monumentale fabbricato per certi versi rivoluzionario nel concetto architettonico e nei materiali utilizzati. Prende vita e forma all’interno di un contesto economico e sociale, europeo e mondiale, in profonda trasformazione grazie al contributo di eventi rilevanti come l`affermarsi e la crescita dell’industrializzazione inglese e centro-europea e la pubblicazione nel 1848 del Manifesto di Karl Marx e Friedrich Engels.
Il team di progettisti della struttura capitanati dall`architetto Joseph Paxton, giardiniere costruttore di serre, si misurò nella realizzazione dell’opera in tempi brevi, nove mesi, per un progetto fuori dagli schemi architettonici fino ad allora imperanti, e attraverso l’utilizzo in tutta la costruzione di due materiali allora sostanzialmente all’esordio della loro carriera d’utilizzo per fabbricati con quella destinazione: l’acciaio e il vetro.

crystal-palace-expoIl Crystal Palace è l’icona per antonomasia di una nuova modalità di progettare, per diversi osservatori apripista dellapoetica della leggerezza e della trasparenza”, la Glasarkitektur, un vero capolavoro di ingegneria ispirato se vogliamo alle grandi serre e che ebbe un intenso seguito e grande fortuna con le architetture che ancora oggi ammiriamo nelle stazioni ferroviarie e nelle eleganti gallerie urbane delle più importanti città italiane ed europee. Evitato l’impiego di pietre e di mattoni Paxton decide di guardare con grande fiducia e coraggio al materiale trasparente per eccellenza, da utilizzare per l’involucro esterno, nelle coperture e nelle pareti verticali: il vetro, sostenuto perimetralmente da una struttura portante leggera in acciaio ed incidendo profondamente nel rapporto fra esterno e interno della realizzazione.
Il Crystal Palace conteneva l’Esposizione universale con padiglioni espositivi, percorsi e servizi in genere per i visitatori, quindi il vetro avrebbe dovuto consentire un rifornimento consistente di luce in quanto all’interno erano ubicati oltre ai materiali esposti negli spazi dedicati, anche alti alberi e una grande quantità di piante che in questo modo potevano vivere e crescere all’interno degli spazi espositivi.

crystal-palace-expoTutte le lastre in vetro erano modulari, ne furono impiegate quasi 84.000 metri quadrati pari a 260.000 lastre in vetro piano di sei millimetri di spessore per una formato circa di un metro per tre, la dimensione massima producibile in quel momento storico e corrispondente ad un terzo della produzione vetraria inglese, la più importante quantitativamente in quel tempo nel mondo. Per fare un confronto comprensibile e sottolineare l’ardita scelta dei progettisti di allora, nel rivestimento esterno in vetro della torre Burj Khalifa a Dubai alta 830 metri e costruita 150 anni dopo sono stati impiegati quasi 170mila metri quadrati di vetro.

crystal-palace-expoMa un triste destino attendeva questo gioiello dell’architettura in vetro e acciaio. Ultimata l’Esposizione, l’intero edificio fu smontato nei suoi singoli componenti, (in analogia a ciὸ che è previsto per i padiglioni a Expo Milano 2015), trasportati con autotreni e rimontati in un altro luogo a sud di Londra, Sydenham Hill, che dal 1852 divenne la nuova ubicazione del gigante trasparente, sede di altre manifestazioni e attività. Il 30 novembre 1936 un furioso e disastroso incendio distrusse completamente l’edificio; le cronache del tempo descrivono così l’accaduto: “Di notte, luce e fumo potevano essere riconosciuti a chilometri di distanza”. Si chiudeva nel modo più drammatico la meteora del Crystal Palace, la fine di un`epoca si disse, la più spettacolare creatura di Joseph Paxton e del tempo, che aveva ospitato 28 nazioni di tutti i continenti con oltre tredicimila oggetti esposti e con la partecipazione di sei milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo.

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Marco Bonora

Nato sul confine fra le province di Bologna e Ferrara, dove ancora vive e risiede . Si occupa di marketing e di progettazione nel settore Architettura per una industria vetraria, lavora in una multinazionale euroamericana. E’ laureato in Tecnologie dei beni culturali e in Scienze e tecnologie della comunicazione presso l`Università di Ferrara. Scrive articoli su riviste del settore e ha pubblicato due volumi tematici sul vetro contemporaneo innovativo e sul vetro artistico delle vetrate istoriate del `900 presenti nelle chiese del nostro territorio. Grande passione da sempre per i viaggi a corto e lungo raggio e il mare.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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