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di Eleonora Rossi

‘Che hai fatto in questi giorni? T’ho aspettato. E tu? Nulla. Ho desiderato di tornare. Per me? – ella mi domandò, timida e umile. Per te’. (Gabriele D’Annunzio, L’innocente)

‘L’amore resta’: nel titolo, un conforto, quasi una carezza. Nonostante le sofferenze, “tutto l’amore, dato e ricevuto, da qualche parte resta. Ed è fondamentale trattenerlo”. Parola di Leandro Barsotti, autore, compositore, giornalista de ‘Il Mattino’ di Padova, gruppo Espresso. Martedì 28 febbraio 2017, nella splendida sala affrescata della libreria Ibs+Libraccio, Matteo Bianchi – giornalista, autore e organizzatore di eventi – ha presentato il primo romanzo di Leandro Barsotti, ‘L’amore resta’, casa editrice L’orto della cultura. “L’amore non finisce. Cambia. Si trasforma. Resta, si legge sulla seconda di copertina del volume. Una relazione interrotta spinge mister B. a lasciare la sua vita di Milano per seguire un progetto sociale in Africa. Il tormento lo insegue: l’amore vissuto così intensamente, che fine ha fatto? E che significato dare a questa attrazione sconvolgente che ora prova per la bella e selvaggia Iman, incontrata in un villaggio dell’Etiopia? La vicenda di mister B. si tinge di giallo quando improvvisamente un equivoco internazionale lo costringerà a fuggire dalla polizia e lo porterà a vivere l’esperienza del carcere. Sarà l’amore a salvarlo?”.

Leandro Barsotti “si addentra nei tortuosi territori dell’amore contemporaneo con spirito d’avventura, si interroga sulla natura dell’amore, inteso come rapporto a due teso a soddisfare il desiderio di unirsi all’altro, e si pone la domanda che fin dall’antichità ha animato dispute letterarie e filosofiche: che cos’è l’amore? Cosa significa amare?”. L’autore ha scelto un io narrante per la sua storia: “Con la prima persona ti metti in gioco veramente. Non mi piace il cuore raccontato per interposta persona. Il protagonista è un mio alter ego, ma con elementi di fantasia: molte situazioni vissute personalmente, come i viaggi in Africa, si intrecciano alla finzione narrativa, come il carcere o la droga, in una cornice più ampia”.

Il primo romanzo di Leandro Barsotti arriva dopo anni dedicati alla scrittura, non solo di articoli, ma di canzoni. Come cantautore, ha realizzato cinque album negli anni Novanta, ha partecipato a due festival di Sanremo e un premio Tenco; il suo maggior successo è stato “Mi piace”. Nel 2007 ha scritto ‘Il jazz nel burrone’, una biografia romanzata (accompagnata ad un cd) dedicata al cantautore francese Serge Gainsbourg. “Avevo voglia di raccontare l’amore in un modo più ampio di quello che ho fatto nelle canzoni, dove si è costretti a condensare in poche parole una storia e a scegliere solo una ‘faccia’ dell’amore, si pensi alla bellezza dell’innamoramento oppure alla sofferenza. In questo libro ho attraversato tutti gli stadi dell’amore, dall’innamoramento alla delusione, dalla caduta agli inferi alla rinascita. Mi interessava mettere a confronto dinamiche amorose complesse: una relazione psicologica e sentimentale molto profonda con una donna italiana e il rapporto travolgente con una donna africana, Iman”.

L’autore nel suo romanzo delinea due tipi umani complementari, come il giorno e la notte. “Io non so niente di loro: loro sanno tutto di me”. In entrambe le donne il protagonista si riconosce e trova una risposta: “L’amore che sembrava dirci qualcosa di nuovo, quando ci si guardava negli occhi e ci sembrava di aver trovato la ‘soluzione’ al nostro esistere, si specchia in un altro amore, non cercato”. Il romanzo offre un respiro ampio rispetto alla canzone, ma al tempo stesso pulsa di musica, a partire dalle prefazioni di Alberto Salerno e Mara Maionchi; dai manifesti di concerti, ai testi ascoltati in cuffia sull’aereo, ai cantanti ricordati in molte pagine. “Nel libro mi autocito – sorride l’autore – quando ascolto ‘Lasciarsi andare’, il mio brano che partecipò a Sanremo nel 1997”. Canzoni che sono la colonna sonora del romanzo. Il viaggio del protagonista, tra emozioni contrastanti, è un viaggio intorno al vuoto: “Il vuoto non è fatto di niente, è fatto di vuoto (…). Perché il vuoto ritorna. Il vuoto ha fame”(p. 19). Percorso labirintico, di inciampi, vicoli ciechi, inattese vie d’uscita.

Pagina dopo pagina la scrittura di Barsotti conduce il lettore “in luoghi esotici, fatti di colori, suoni e profumi, al limite dell’onirico”. E per assecondare questo spaesamento l’ordine del racconto oscilla tra passato e presente narrativo, con un ricorso costante al flash-back che conferisce un ritmo sincopato, quasi fosse un singhiozzo. Come ha osservato Matteo Bianchi, la purezza dei brani lirici si contamina con la scrittura di taglio giornalistico e con il linguaggio “social”. La prosa ora si distende, ora viene smantellata nei whatsapp, nelle cronache urgenti dei quotidiani on line e dalla coda di commenti legittimi o inopportuni: “Volevo dare al romanzo il ritmo dei nostri giorni – spiega Barsotti -. Ho due figli grandi e dialogare con i ragazzi giovani aiuta a capire meglio quello che stiamo vivendo. In pochi anni è cambiato il nostro modo di comunicare: dalla telefonata alla scrittura nei messaggi, all’emoticon – linguaggio affascinante perché quasi tribale – per ritornare ancora al messaggio vocale, all’ascolto.

Con i social, facebook e instagram, il Grande Fratello è entrato nelle vostre vite, nei nostri smartphone. Tutti possono vedere ciò che vogliamo mostrare, quello che rimarrà di noi”. Ecco allora – per contrasto – l’Africa: il senso della distanza, lo spazio in cui molte cose perdono la propria rilevanza e “ti trovi di fronte a te stesso, al tuo mondo interiore prima offuscato dal Luna park della quotidianità – spiega l’autore -. Il protagonista intraprende un percorso sia orizzontale sia verticale: nello spazio e nella profondità di se stesso”. Dimostrando, come osserva Bianchi, che “non si esiste per gli altri, ma soltanto quando si ha la coscienza di sé”.

Una consapevolezza conquistata riattraversando le spine di una relazione sofferta con una donna che non ha più nemmeno un nome, solo un’iniziale, puntata, maiuscola: ‘M.’: “Lei era M., come una montagna russa, come salire e scendere da questa M., la lettera più ingombrante della parola amore”. Una partenza con ‘fiducia’ e ‘forza d’animo’ annotate, accanto a farina e olio, nella “lista delle cose da portare”. E poi l’evoluzione del dolore, che frana come un peso “sull’unghia dell’alluce sinistro. (…) L’unghia il giorno dopo era nera. Qualche giorno ancora poi è caduta. Ne è cresciuta un’altra, ma irrequieta, incerta, cattiva quando ha tentato di infilarsi nella carne ferendola”. “Sei a un attimo dallo zero”, ma “senti il rumore della vita”.

Un cambiamento necessario, irrimandabile: “Sei in movimento, o cresci o muori”. “L’amore è rivoluzionario – conclude Leandro Barsotti -. Ci chiede di guardare le ferite e accettarle”. Perché, nonostante tutto – come si legge circa a metà del libro (e del viaggio) – “quell’amore lì, è rimasto. Resta incastrato in un luogo che è solo tuo. Assetato delle emozioni che hanno cambiato quello che eri. Resta lì, in te. Come una perla luminosa che diventa vita nel guscio morbido della tua coscienza”. “L’amore resta seduto davanti alla vita che sembrava dover essere la tua vita per sempre”. L’amore resta.

‘L’amore resta’ di Leandro Barsotti, edizione L’orto della cultura

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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