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Dove finiscono i tappi delle bottiglie di plastica che vengono raccolti nei negozi, durante le manifestazioni, nel corso di eventi pubblici? E’ una delle domande ricorrenti che in tanti si pongono, a Ferrara e non solo. Sfatiamo subito luoghi comuni e leggende metropolitane: questa pratica non è una bufala e non cela alcun torbido retroscena. I tappi delle bottiglie in plastica vengono raccolti per essere riciclati.
Costituiti di materiale particolarmente resistente si prestano ad essere recuperati. Hanno una vita doppia, tripla e potrebbero essere riutilizzati praticamente all’infinito. Sono infatti di polietilene ad alta densità, un materiale carissimo dal punto di vista ambientale ma riciclabile quasi al 100%. Per produrre un chilogrammo di tappi sono necessari 1,75 kg di petrolio, fra materia prima ed energia impiegata, e molta, troppa acqua; riciclarli è sicuramente più sostenibile.
Lo sanno bene le associazioni, in Italia come all’estero, che da anni si occupano della raccolta di questo materiale e che legano questa attività a iniziative socialmente rilevanti. Il Centro Mondialità Sviluppo Reciproco, probabilmente il più attivo in questo ambito nel nostro Paese, ha sede a Livorno ma opera su tutto il territorio nazionale; dal 2003 porta avanti un progetto per l’approvvigionamento idrico nella Regione di Dodoma in Tanzania. In Francia, la “Bouchons d’ Amour”, ha quasi 100 punti di raccolta in tutto il Paese, vanta sinergie e collaborazioni con società sportive e aziende importanti e ha portato a termine progetti di ampio respiro sia a livello nazionale che internazionale (dall’acquisto di ausili per disabili alla costruzione di scuole in Paesi svantaggiati).

A Ferrara abbiamo invece “I Tappi di K”, un progetto che dal 2007 vede impegnata l’associazione Viale K nella raccolta, gestione e vendita dei tappi colorati.
“Abbiamo punti di raccolti disseminati in città e in provincia ma raccogliamo anche sulla costiera romagnola e in province limitrofe – ci ha spiegato Francesca, che lavora con l’associazione. – Da qualche anno facciamo da snodo alla raccolta di questo materiale nella nostra regione, non credo ci sia un’altra associazione attiva quanto noi in Emilia Romagna. Tutto quello che facciamo è accogliere e sostenere progetti socialmente rilevanti in cambio di… tappi.”
L’associazione, infatti, non solo raccoglie il materiale proveniente da luoghi diversi ma lo lavora. “Laviamo i tappi, li facciamo asciugare e li maciniamo per rivendere poi i coriandoli di polietilene ottenuti ad un paio di aziende del Veneto che li utilizza per produrre altri tappi, arredi da giardino, giocattoli, oggettistica.” – ha aggiunto Francesca.

La provenienza dei tappi è tanto frammentata che non è facile quantificare un totale del materiale rimesso nel circolo virtuoso del riciclo, ma l’associazione ha spiegato per bene come funziona. “I tappi ricevuti vengono lavorati in due laboratori della comunità Rinascita, uno a Ferrara e l’altro a Sabbioncello, dagli ospiti delle nostre strutture di accoglienza. Il loro lavoro in questa attività fa parte del nostro modello educativo per il reinserimento sociale: cooperare e rendersi utile, mantenere un impegno, è un punto fermo per la rieducazione di un adulto. Il nostro primo “macinino da tappi” è stato acquistato nell’autunno del 2009 ma, in realtà, a livello economico il polietilene dei tappi non ha un valore esorbitante: le aziende che lo acquistano lo pagano a circa 40 centesimi al chilogrammo, l’equivalente di una grande sporta per la spesa. Di questi soldi, 14 centesimi vanno alle associazioni che ce lo hanno consegnato e che sono obbligate ad utilizzarlo per progetti benefici (perché è per la qualità di questi che le abbiamo arruolate), 15 centesimi se ne vanno in spese vive (macchinari ed energia) e quello che resta viene all’associazione come contributo per i nostri ospiti.”

Possiamo quindi dire che con i tappi di plastica si può lucrare, certo, ma in sostenibilità ambientale e sociale. E da oggi tutti a raccogliere tappi.

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Ingrid Veneroso


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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