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Giorno: 28 Novembre 2013

cattani

Cattani: “Investire per superare la crisi. Carife? Un fallimento politico”

“Dalla crisi si esce se rilanciamo il volano degli investimenti”. Così Luigi Cattani, una vita nel sindacato, immagina la fine del tunnel che ci attraversa: “La soluzione – spiega – non sta certo in una maggiore flessibilità contrattuale, da 15 anni battiamo questa strada e i risultati… si vedono! C’è a monte certamente un problema di ambiguità del quadro di riferimento, 47 normative che disciplinano il mercato del lavoro dentro le quali ci sta tutto e il suo contrario. Ma un conto è semplificare e razionalizzare, altro è avere mano libera come pretenderebbero gli imprenditori per cancellare ogni forma di regolamentazione e seppellire una volta per tutte i contratti collettivi”.
Gli imprenditori però sostengono che la flessibilità favorirebbe una maggiore fluidità anche in ingresso nel mercato del lavoro…
“E infatti la disoccupazione ha raggiunto punte record, specie quella giovanile! Certo, molta parte di responsabilità va ascritta alla crisi. Ma c’è anche una chiave di interpretazione diversa: nonostante l’introduzione di numerose forme di contratti atipici la realtà documenta un aumento medio dell’orario settimanale di lavoro a 47/48 ore. Il lavoro si concentra sugli occupati. Questo significa che la medicina della flessibilità ha fallito clamorosamente il suo obiettivo”.
Resta il fatto che per investire servono i capitali. E le banche nicchiano.
Qui la situazione è al limite della legalità. Gli istituti ricevono denaro con un tasso di interesse dello 0,25% e prestano normalmente al 7/8%. Quando prestano…”
C’è chi immagina che la soluzione sia uscire dall’Euro così, svalutando, si recupera competitività e al contempo, in un regime di autarchia, ci si affranca dai rigidi vincoli alla spesa imposti dall’Unione europea.
“La storia dell’Euro è il solito modo per non affrontare i problemi: l’Italia deve sì rivendicare una maggiore elasticità nei vincoli di spesa dai quali rischia di rimanere strangolata, ma non risolverà i suoi guai isolandosi. Penso piuttosto che la Banca centrale europea, oltre che stampare moneta per il circuito bancario il quale poi la gestisce con le storture indicate, dovrebbe anche stampare moneta immediatamente trasferibile ai cittadini tramite lo Stato”.
In che maniera?
“Per esempio attraverso forme dirette di sostegno o di finanziamento agevolato a progetti. E un pool di banche, debitamente disciplinate, dovrebbero accantonare la propensione commerciale per recuperare quella di servizio e di supporto all’impresa e ai cittadini”.
Come del resto sarebbe nella natura delle banche popolari e delle casse di risparmio, tipo Carife…
“Già, la Carife però, ormai da decenni, ha smesso di fare ciò che lo statuto le imporrebbe. Ha puntato tutto sulle sulle grandi imprese benevise dal potere politico trascurando le piccole e medie”.
E a proposito di Carife, quali sono le ragioni del tracollo?
“Alla base c’è il fallimento di una strategia sbagliata, quella di puntare sull’industria del mattone, indotta dalle intrusioni di una classe politica miope. I crolli della Coop Costruttori e poi della Cir di Mascellani si sono tirati dietro anche la Cassa di risparmio. Paradossalmente, a doversi fare carico del problema in primis sono i lavoratori, con licenziamenti e riduzione dei salari. E poi ci sono gli azionisti, spesso piccoli risparmiatori che hanno investito parte dei loro risparmi in quote che oggi hanno perso gran parte del loro valore”.

1 – SEGUE

Leggi la seconda parte

Unicità della rosa nella natura morta che passa per Ferrara

Bicchiere con acqua e una rosa su un piattino di metallo. E’ una natura morta dipinta da Francisco de Zurbarán in mostra a Palazzo dei Diamanti, Ferrara, fino al 6 gennaio 2014. Un olio su tela piccolino, prezioso e luminoso, che riallaccia i fili della pittura – e in questo caso, in particolare, della natura morta – in una triangolazione internazionale che vola sopra i confini di spazio e tempo.

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“Bicchiere con acqua” di Zurbaran, 1630

In questa tela di dimensioni minute, come in altre nature morte del “Caravaggio spagnolo” , persino il clamore classico e quello barocco che caratterizzano la sua arte sembrano mettersi un po’ in disparte. La lezione di realtà della pittura caravaggesca, fatta di luci e ombre, diventa strumento per dar voce a un linguaggio moderno. L’opera lascia parlare gli oggetti, tanto più significativi quanto più comuni, veri. Per evidenziare l’attualità di Zurbarán ci vengono in aiuto alcune opere, sempre legate in qualche modo alla città estense. Ecco allora Jean Siméon Chardin, protagonista qualche anno fa di un’altra grande mostra di Palazzo dei Diamanti. Anche in quel caso un autore non particolarmente noto, che anziché rappresentare l’atteggiata aristocrazia della Francia del ’700, si dedica a soggetti un po’ marginali, con scene di vita minore e con quelle nature morte piene di umiltà e sentimento cui deve la fama.

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“Il cestino di fragole selvatiche” di Chardin, 1761

A mettere insieme queste opere e questa poetica artistica arrivate dalla Francia del ’700 e dal Spagna del ’600 dà un contributo decisivo Giorgio Morandi, che dalla confinante Bologna raccoglie l’eredità di questa poetica e la rilancia facendo apprezzare questo genere nel mondo.

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“Vaso di fiori” di Giorgio Morandi, 1950

I quadri morandiani pieni di bottiglie, vasi o paesaggi ci dicono perché quelle nature morte sono ancora attuali. Per farlo basta uno dei vasi con i fiori di Morandi. Zurbarán trasfigura la rosa alludendo alla Madonna, bianca e virginea come il bicchiere, pura come l’acqua, splendente come lo specchio. Morandi, che ama molto l’opera di Zurbarán, quello stesso messaggio raccoglie e riscrive in una chiave laica, novecentesca, usando una gamma ridotta di colori che rende il fiore scabro, intimo, poetico. Una rosa irrinunciabile non più come regina floreale o divina, ma come quella del Piccolo Principe, unica perché annaffiata, protetta e curata da lui: la rosa addomesticata, la rosa del cuore, che ti emoziona perché è proprio quella lì. Staccata dal giardino del re o oltre un umile muro con in cima cocci di bottiglia poco importa, è la sola per noi, ora, davanti al quadro.

Economia? Poca. Luci accese anche di notte

Sarà uno spreco piccolino, ma è pur sempre uno spreco del tutto ingiustificato. Le luci dell’androne centrale della facoltà di Economia restano accese tutta la notte, tutte le notti. Peraltro lo storico palazzo Bentivoglio di via Voltapaletto, nel quale la facoltà ha sede, è stato dotato pure di un impianto anti-piccione, il cui effetto è dubbio (abbiamo osservato piccioni accovacciati sui rumorosi dissuasori, evidentemente sordi o del tutto incuranti del disturbo sonoro), mentre certi sono il costo di acquisto, di installazione e di mantenimento. Bene, il fastidioso ciak ciak che dovrebbe mettere in fuga i volatili, ha forse come unico risultato un effetto collaterale, quello di vivacizzare le conversazioni di chi fa capannello davanti all’ingresso, rallegrando le chiacchiere con il ritmo di maracas che sortisce dal dispositivo. Davanti a Economia
In ogni caso va apprezzata la coerenza: anche l’impianto antipiccione, al pari di quello di illuminazione, resta in funzione pure la notte. Vien da pensare che un banale temporizzatore potrebbe disattivare l’uno e l’altro. Ma forse non lo si fa, perché magari si va a caccia del mitologico piccionpistrello o si sta sperimentando l’effetto sulla zanzara doc, attratta dalla luce e poi stordita dal fastidioso antipiccione…

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Vittime dell’acqua: un miliardo senza la potabile, cinque milioni i morti

L’acqua è un problema di tutti ed è una risorsa delicata e strategica per il nostro futuro. E’ proprio di quest’ultimo periodo infatti il frequente richiamo istituzionale e dell’opinione pubblica sull’emergenza idrica. Sono più di un miliardo le persone nel mondo che non hanno acqua potabile e dunque grave è la mancanza di condizioni igieniche di base. Le malattie determinate dall’acqua sono cresciute in questi ultimi tempi e si calcola che abbia causato oltre 5 milioni di vittime. La crisi idrica mondiale già oggi rappresenta una delle minacce maggiori e una della principali cause di conflitto. Purtroppo fa spesso notizia l’accesso idrico come fonte di controversie internazionali (che a volte sfociano addirittura in guerre; ad es: conflitto tra Giordania, Siria, Palestina ed Israele; tensioni tra Egitto e Sudan; le dighe in Turchia sul Tigri e sull’Eufrate che ridurranno notevolmente l’afflusso di acqua di tali fiumi in Iraq e in Siria; purtroppo tanti altri casi, spesso non dichiarati, ma pesantemente perseguiti).
Le minacce per l’ambiente e le dichiarazioni di difficoltà si susseguono in molti forum e si è impegnati a dimezzare il numero di persone che non hanno acqua potabile e soprattutto di accelerare i piani di efficienza idrica in tutti i Paesi. Talvolta consideriamo lontane da noi queste problematiche e ne prendiamo coscienza solo quando ci toccano da vicino; questo succede sempre più spesso.

Al centro dell’attenzione vanno tutti i corsi d’acqua; gli ecosistemi di acqua dolce forniscono infatti servizi fondamentali alla biodiversità, al ciclo idrogeologico e alla capacità di autodepurazione. Bisogna allora fare delle valutazioni globali sulla crisi idrica e sulla sostenibilità della risorse naturali, analizzando anche l’impatto dei cambiamenti climatici sul ciclo idrogeologico.
In verità in Italia l’allarme è ormai esteso ad un terzo dei Comuni italiani a forte rischio idrogeologico; molte riserve idriche, soprattutto al centro-sud sono a secco e si stimano danni all’agricoltura per alcuni miliardi di euro.
La necessità di avviare iniziative per ridurre i prelievi di acqua e di incentivarne il riutilizzo è ormai improcrastinabile; diventa dunque obiettivo fondamentale limitare il prelievo di acque superficiali e sotterranee, la riduzione dell’impatto degli scarichi sui corpi idrici ricettori, il risparmio attraverso l’utilizzo multiplo delle acque reflue.
L’Italia è tra i maggiori utilizzatori di risorse idriche e dunque bisogna in particolare proprio incentivare il risparmio della risorsa acqua in settori, come quello agricolo che oggi ne assorbe circa il 60% (mentre l’attuale fabbisogno irriguo del comparto agricolo potrebbe essere coperto potenzialmente da acque reflue recuperate).