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Giorno: 11 Dicembre 2013

Pci-Ds

Oro del Pci, la lettera di Bottoni censurata dall’Unità

Due mesi fa Giorgio Bottoni, storico amministratore del Pci e poi tesoriere della federazione provinciale, scrive all’Unità per spiegare le ragioni che nel 2007 lo avevano indotto a lasciare i Democratici di sinistra. Nella lettera racconta che ciò avvenne prima che il patrimonio del partito nel quale aveva militato per tutta la vita fosse congelato all’interno di una fondazione privata, per impedirne il passaggio all’allora nascente Partito democratico. Egli definisce quell’atto una “sottrazione al legittimo proprietario”, aggravata “dal capestro delle nomine a vita degli amministratori”.
La sua lettera, datata 14 ottobre 2013, non viene pubblicata. Noi l’abbiamo recuperata e la riproduciamo integralmente qua sotto.

“Cara Unità,

Ritorno a chiederti un po’ di spazio che normalmente mi stai negando, almeno nelle ultime occasioni, per aiutare Emanuele Macaluso, i cui scritti leggo sempre con molto interesse, ad individuare, stando alla sua metafora la vera rete, altrimenti quando scrive “a proposito di autogol” rischia di buttare la palla in tribuna. Nello scritto odierno, mentre racconta della sua” esperienza eccezionale” ad un certo punto scrive “Mi chiedo: perché il Pd che voleva unire queste storie, ha mollato le Case del popolo…?”

Da diretto testimone a Ferrara, ultimo amministratore e primo tesoriere della Federazione provinciale del partito (il cambio della denominazione per la stessa funzione è stata decisa dal congresso nazionale del 1989), per venti anni mi sono occupato dei patrimoni immobiliari del partito, curandone i passaggi dal Pci al Pds ai Ds senza perderne neppure un mattone, ma accrescendone quantità e qualità d’uso.
Quando si è posto il problema di fare il Pd, una scelta da me condivisa e sostenuta, diversamente anche da Macaluso, invece di ripetere quanto fatto nei precedenti passaggi, la direttiva che veniva dalla tesoreria nazionale dei Ds è stata di non attuare il passaggio delle sedi al Pd, ma di dare vita a delle fondazioni, per valutare come si affermava la nuova formazione politica. Una sorta di attesa di giudizio, inoltre nello statuto-tipo da attuare in tutte le fondazioni – credo siano diventate 93, una per ciascuna Federazione – a modifica della proposta iniziale di confluire in un unica fondazione nazionale, vi era il capestro: la nomina a vita degli amministratori delle fondazioni stesse. Decisioni che mi hanno portato a dissentire, rompendo un rapporto quotidiano, durato una vita, perché quella scelta diventava di fatto una separazione con sottrazione al legittimo proprietario, il partito per il quale erano stati compiuti sacrifici, giustamente ricordati, da parte dei militanti e dei nostri elettori. Il PD non ha mollato proprio niente, eventualmente gli è stato sottratta la titolarità delle sedi, Case del Popolo comprese, prima ancora che il Pd nascesse.
Sarebbe apprezzabile se l’iniziativa della “Notte Rossa” (promossa il 12 ottobre, particolarmente a Bologna e provincia) tra le finalità indicasse non una generica sinistra, ma un Pd che ne rappresenta l’autentica prospettiva e che legittimamente ne potrebbe rivendicare e utilizzare la titolarità.

Quanto ai temi che il congresso giustamente deve affrontare che significa discutere, mettere a confronto le posizioni, riflettere sulle esperienze: il dramma degli immigrati, chi fugge dalla miseria, la condizione vergognosa delle nostre carceri. Di tutto ciò dobbiamo attribuirci le colpe? Dobbiamo scordarci chi ha governato, promesso e non fatto? Dobbiamo tenerci la Bossi Fini, perché Alfano ritiene la soppressione di quella legge sarebbe un atto demagogico? Dobbiamo tenerci la Giovanardi che mette in galera i drogati? Dobbiamo scordarci dei costi pagati politicamente quando il condono è stato attuato dal governo Prodi? Dobbiamo prendere o lasciare? Sarà meglio entrare nel merito, come lo stesso Epifani ha già detto, con gradualità, il condono e amministra, alla fine, o come ad eventuali ultime misure.
Attribuire la scelta di Renzi come frutto dei sondaggi, o il dire che ragiona come Grillo, mi sembra che si commetta un errore e facciamo un torto alla nostra intelligenza e a quella delle persone che dovrebbero esprimerci il proprio consenso”.

Giorgio Bottoni

Ferrara, li 14.10.2013

4 – CONTINUA

museo-valli-argenta

Nasce “Consumiamo il consumabile”: una mappa per la sostenibilità

E’ di fine novembre la presentazione del nuovo progetto a respiro provinciale Consumiamo il Consumabile: la prima mappa per il consumo sostenibile.
Il suo obiettivo? Segnalare ai cittadini tutti gli esercizi o le realtà che sul territorio si attengono e lavorano secondo i principi del rispetto ambientale. Un sito web e una App gratuita per poterli individuare.

Un’iniziativa ampia e strutturata che interessa realtà che si inscrivono in categorie quali Ristorazione e Ospitalità, Acquisti Sostenibili, Mercati Contadini, G.A.S (Gruppi di acquisto sostenibile) e Fontane Pubbliche.

Chiare e imprescindibili poi le regole per tutti gli esercizi commerciali e non che vorranno aderire, tra di esse: la riduzione nell’uso di packaging e imballaggi, l’adozione di prodotti locali, freschi e di stagione, mercati a km 0, rivendite di oggetti usati e di recupero o l’utilizzo di energie rinnovabili.

A titolo completamente gratuito, le realtà che si attengono a tali principi potranno essere inserite sulla mappa di Consumiamo il consumabile (contattando il Ceas Museo delle Valli) e individuate così dai consumatori che operano scelte consapevoli ed attente a temi green ed ambientali.

Promosso da Ceas Museo delle Valli di Argenta, Ceas Centro Idea Ferrara, Ceas Giardino delle Capinere Ferrara, Ceas Mesola, dai Comuni di Argenta e Mesola, nonché da Soelia Spa e con il contributo della Regione Emilia Romagna, il progetto in fase di start-up promette di segnare un nuovo importante passo per la coscienza ambientale del nostro territorio.

Pci-Ds

L’oro del Pci, Valente: “Io col Pd non c’entro, ma quei soldi spettano a loro…”

“Quelli della fondazione sono compagni di specchiata moralità, li conosco da anni. Ma questo non sposta il problema: c’è una stortura che va affrontata e risolta”. Alfredo Valente, oggi ai vertici del Prc a Ferrara, ripercorre la sua vicenda. “Sono stato iscritto al Pci dal 1976 fino al 1992. Sono uscito un anno dopo il congresso di Rimini che decretò la fine del Partito comunista italiano e la nascita del Partito democratico della sinistra. Rimasi disorientato e mi servì tempo per capire cosa fare. Da una parte c’era la neonata Rifondazione comunista con a capo Cossutta, un uomo con il quale non mi identificavo. Io, come Rossi e Zappaterra, ero dall’area ingraiana e Ingrao, pur in dissenso era rimasto nel Pds. Ma dopo un anno capii che non potevo più restare e approdai a Rifondazione, nel frattempo arricchita dall’apporto di compagni di Dp e altri soggetti. Allora ritenevo che al nuovo soggetto che si era staccato dal Pds fosse dovuto un risarcimento, una parte del patrimonio. Ma la scelta fu diversa e tutto rimase al Pds e successivamente passò ai Ds. Per logica e per coerenza ritengo che ora quel patrimonio spetti al Pd, c’è un’indiscutibile continuità del gruppo dirigente. Negarlo equivarrebbe a un’espropriazione nei confronti di chi è confluito dai Ds al Pd. Non ho alcun interesse a sostenere questa tesi. Io faccio ancora parte di Rifondazione. Paradossalmente se fosse riconosciuto il diritto della fondazione di trattenere il patrimonio potremmo avanzare delle rivendicazioni anche noi: se la storia è finita ognuno si riprende la sua parte. A questo punto potremmo anche intraprendere un’azione collettiva, una class action come si usa dire. Ma ripeto, per logica quel che c’è spetta al Pd”.

3 – CONTINUA

scuola-infanzia

Il diritto di tutti i bambini e le bambine a una scuola d’infanzia di qualità

di Loredana Bondi

Ricorre in questi giorni l’anniversario della legge (la 1044 del 2 dicembre 1971) dello Stato italiano che ha istituito il servizio educativo dei Nidi sulla base di intenti davvero edificanti dal punto di vista sociale e culturale. E’ stata la prima forma di disciplina normativa e di fatto è rimasta per decenni pura enunciazione di principio causa finanziamenti assolutamente inadeguati per realizzare l’obiettivo originario.
Da allora, tante promesse e impegni di Governi e Parlamento si sono udite, ma non si è mai concretizzato l’impegno reale di investire nell’educazione e cura dei cittadini più piccoli. Perché questo obiettivo costa “troppo” per la comunità e, ad eccezione di qualche stanziamento all’interno della finanziaria di qualche anno fa con il Governo Prodi, non se ne è più parlato.
L’attuale Legge di stabilità non stanzia un euro per i servizi per la prima infanzia, mentre in altri paesi dell’Unione Europea, ad esempio la Francia, il finanziamento è pari al 50% dell’investimento. Gli Enti locali hanno tentato di arginare le grandi difficoltà finanziarie in cui si trovano, taluni aumentando le rette, altri esternalizzando (o addirittura chiudendo alcune sezioni di Nido), mettendo ancor più in crisi le famiglie che, già colpite dalla situazione economico-sociale, sono spesso costrette a ritirare i propri figli da scuola. La crisi prolungata produce un welfare incapace di difendere i diritti dei bambini e i servizi per l’infanzia; aumentano così le difficoltà dei Comuni e dei gestori privati a mantenere il sistema esistente.
Ecco perché il Gruppo nazionale Nidi e Infanzia, associazione di promozione sociale che opera a livello nazionale per la diffusione della cultura dell’infanzia e dei suoi servizi, ha organizzato anche quest’anno una serie di eventi pubblici che coinvolgono cittadini, genitori, bambini e operatori con incontri e un flash mob in tante piazze di città e paesi d’Italia per richiamare l’attenzione di tutti su questo grosso tema della vita della nostra comunità, proprio in occasione della ricorrenza della Legge 1044 del dicembre 1971 di istituzione dei Nidi e della Legge 444 del 1968 della Scuola statale dell’infanzia.
E’ l’occasione per ribadire la necessità di garantire ai bambini e alle loro famiglie un percorso educativo di qualità che richiede di essere consolidato e riaffermato con forza, perché rappresenta un patrimonio di risorse culturali, umane e professionali che sta correndo grossi rischi. Si chiede, quindi, ai Consigli Regionali e Comunali di pretendere dal Governo e dal Parlamento, in sintonia con le politiche europee, con i documenti della Commissione Europea e con l’esperienza consolidata dell’Ocse una serie di interventi:
primo, una nuova legge che garantisca il diritto all’educazione fin dai primi anni di vita e sancisca la continuità educativa 0-6 anni con il sostegno e potenziamento dei servizi per l’infanzia di qualità;
secondo, un welfare capace di salvaguardare i diritti di tutti i bambini, ricordando che là dove sta bene un bambino, stanno bene tutti;
terzo, la salvaguardia e lo sviluppo del patrimonio di servizi, di idealità, di cultura e concretezza che la crisi prolungata sta mettendo a rischio e con essa lo sviluppo dell’intero Paese.
La capacità di sviluppo, intelligenza e personalità dei propri cittadini è la ricchezza di un Paese. Iniziare dai più piccoli significa investire nel presente e nel futuro. Credo davvero che in Italia il percorso formativo non debba finire dopo, ma debba cominciare prima con Nidi e scuola dell’infanzia di qualità per tutti.