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Giorno: 1 Gennaio 2014

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Le novità del 2014, l’anno del ‘fare per farcela’

La storiella che l’uscita dal tunnel è lì dietro l’angolo ce la raccontano ogni due mesi. Però il traguardo si sposta sempre un po’ più in là. E la luce non arriva mai.

Quel che porta di nuovo questo 2014 non è l’ennesima profezia sull’imminente superamento della crisi. E’ uno spirito diverso, che da un po’ di tempo si coglie nell’aria, fra le persone: la voglia di ricominciare, di provarci davvero, a prescindere; di mettere in campo energia, fantasia e magari quell’ottimismo della volontà imprescindibile per tornar a vedere le stelle.
La cappa di scoramento e rassegnazione che ci ha oppresso in queste stagioni sembra lasciare il posto a un rinnovato impegno, alla consapevolezza che non ci si può aggrappare ad alibi, per quanto fondati, per giustificare l’inerzia; si sta affermando la convinzione che ciascuno ce ne deve mettere del suo, intimamente persuaso che ce la faremo perché dobbiamo farcela.

Ci sono segnali, anche piccoli, ma significativi, di un ritrovato vigore. Il festival MeMe, in svolgimento in questi giorni a Ferrara, ne è in qualche modo un’espressione. In quel piccolo e dimenticato angolo di città che ospita la fragile eppure ambiziosa rassegna, si incontrano saperi tradizionali e nuove frontiere della tecnologia capaci di tradurre le idee – e talvolta persino i sogni – in realizzazioni concrete, generando una condizione potenziale in cui i bisogni individuali possano essere soddisfatti nella prospettiva della personalizzazione. E’ la logica dei fablab, che pongono in connessione la ricerca e il mercato, traducendo le concettualizzazioni in prototipi e dunque in concrete anticipazioni di una realtà possibile e praticabile.
La strada da percorre è proprio questa: puntare sulla creatività, in ogni ambito, per mettere a punto soluzioni a bisogni o problemi altrimenti insolubili con le vecchie ricette.

E’ anche la maniera per contrastare l’insostenibile, esiziale dittatura dei poteri forti, abbarbicati a privilegi e rendite di posizione e perciò naturalmente poco inclini a sperimentare e innovare: il cambiamento di mentalità e di linee d’azione pone a repentaglio i consolidati equilibri che da sempre, gattopardescamente, le classi dirigenti tentano di preservare.

Un anno “Bello”, in queste ore, ho augurato a tutti i miei amici e altrettanto auguro a voi, lettori. Bello nella pienezza del termine, per tutto ciò che il concetto esprime e significa.
Bello eticamente, innanzitutto; perché la bellezza della condotta individuale sta in una mirabile sintesi fra libertà e responsabilità: un consapevole esercizio del proprio libero arbitrio non disgiunto dalla valutazione degli effetti conseguenti alle scelte compiute.
E bello anche esteticamente, perché la meraviglia suscitata da ciò che di piacevole e armonioso ci attornia (un tramonto, un palazzo, un fiore, un profumo, un gesto d’amore) è il potente stimolo che induce in ciascuno il desiderio di migliorare se stesso per essere degna parte dell’universo.
La Bellezza – declama l’aforisma di Dovstoievskji che pubblichiamo oggi nella sezione Germogli – salverà il mondo.

Un anno Bello mi auguro sia anche per ferraraitalia, questo nuovo peculiare prodotto giornalistico che ricerca la profondità e, per quanto possibile, sfugge la superficie e con essa la superficialità.

Ci definiamo, nel sottotitolo di testata, “indipendenti”. Questo non vuol dire che siamo neutrali. Indipendenza significa non dover obbedire ad altri che alle nostre coscienze: significa che non abbiamo padroni, né interessi da tutelare.
Ma non siamo indifferenti. Siamo schierati: in difesa di idee, principi, valori in cui crediamo. Rivendichiamo la nostra visione del mondo e un punto di vista che non mistifichiamo, ma anzi palesiamo con onestà nelle analisi e nelle opinioni proposte su queste pagine, perché la trasparenza è imprescindibile condizione per un corretto contraddittorio. Siamo schierati, ma senza dogmatismi: autenticamente aperti al dialogo. Ricerchiamo un serio e argomentato confronto con ogni interlocutore, perché riteniamo sia proprio su queste basi che si fondano civiltà e progresso.

Abbiamo scelto un asse verticale di azione, sfuggendo quello orizzontale che porta a scivolare sulle cose, poiché intendiamo, appunto, stimolare e propiziare occasioni di riflessione e di dibattito. I riscontri, per ora, sono decisamente incoraggianti; ci confortano e ci inducono a procedere con convinzione su questa rotta.

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Auguri opinabili da uno snob improvvisato

Nel pensare come avrei potuto passare un fine d’anno lontano dalle beghe e dai problemi di ogni giorno mi sono immaginato come uno snob (categoria sociale che poco frequento) avrebbe trascorso quelle ore per aver la forza di resistere fino all’indomani senza pensare ai fuochi, ai petardi e alla vita comune. Perciò questa versione di un io che poco m’appartiene, oggi la assumo per sforzarmi di pensare a come si comporterebbe lo snob (anzi, molto di più il dandy – potrei dire con snobistica puntualizzazione, già calato nel personaggio – visto che a Parigi aspettano le mie voci per il Dictionnaire du dandysme dedicate a Filippo de Pisis e ad Alberto Arbasino…).

Dunque, dopo avere ascoltato per la millesima volta Carmen con la Callas, letto il sublime Paris France di Gertrude Stein, quindi avere atteso il discorso del capo dello stato e deciso di consolare le mie pene fisiche e politiche con l’ultimo canto del Paradiso di Dante, avrei certamente optato per bere champagne e mangiare pochissimo. Indi mi sarei prodigato a preparare i rifugi per Lilla, per combattere l’idiozia di chi si crede uomo a sparare i botti e a divertirsi con gli incendi dei castelli, massima mediocrità di divertimenti. Ma purtroppo anche con queste dandystiche intenzione, la vita “reale” (anzi: quella falsa del solo “fare” e niente “pensare”) non si può eliminare. E mentre mi preparo a ritornare, domani, in trincea, vi auguro buon anno con questa stupenda meditazione di Gertrude Stein. Lascio a voi di applicarla alla nostra contemporaneità: è un indovinello abbastanza facile ma per mettervi sulla buona via con il corsivo vi fornisco un indizio.

“Una volta mi trovavo su una nave diretta in America. C’era anche l’Abbé Dimnet e parlavano di un’esercitazione antincendio, ce n’era una in corso, tutti dovevano indossare un salvagente e venne calata una scialuppa ma nessuno salì a bordo della scialuppa, l’Abbé Dimnet era indignato, mi disse dovrebbero salire a bordo della scialuppa, ditelo al capitano, dissi, lo farò disse, tornò indietro, che ha detto il capitano domandai, ha detto, disse furibondo, ha detto che non si può salire a bordo della scialuppa se non si ferma la nave sarebbe troppo pericoloso e fermare la nave costerebbe troppo e ci vorrebbe troppo tempo. L’Abbé Dimnet era furibondo, disse ‘ecco qual è la verità, si preparano si preparano e non sanno mai se saranno capaci di fare quello per cui si sono preparati”.

Facile no come indovinello! A proposito la prima edizione di questo mirabile libro è del 1940. Auguri.