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Giorno: 20 Febbraio 2014

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“iMove”: domani a Bologna la presentazione del progetto di mobilità europea

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna
L’assessore Patrizio Bianchi: “Intendiamo creare le condizioni per aprire il sistema educativo e formativo ad una dimensione internazionale”

Bologna – Un progetto per migliorare la cooperazione europea nella formazione e promuovere la mobilità dei giovani attraverso la collaborazione tra scuole ed enti di formazione, parti sociali e imprese. Si chiama “iMove – Innovation for MObility in VEt” e sarà presentato a Bologna domani, venerdì 21 febbraio, presso la Sala polivalente “Guido Fanti” dell’Assemblea legislativa (ore 9 – viale A. Moro 50 – piano terra).

Il progetto prevede la costituzione di un network di piattaforme che consentiranno di promuovere e coordinare la mobilità formativa in Europa, facilitando la progettazione dei percorsi di mobilità attraverso la realizzazione di un database comune delle imprese ed delle istituzioni ospitanti .

L’incontro costituisce l’occasione per approfondire il quadro delle strategie europee, nazionali e regionali per la mobilità nel prossimo settennio di programmazione 2014/2020. È previsto l’intervento della direzione generale Education & Culture – Unit Vocational Training and adult learning della Commissione Europea che presenterà il nuovo programma comunitario per la mobilità Erasmus+ e di Isfol sul ruolo che l’Agenzia Nazionale svolge per la valorizzazione dello stesso programma.
Concluderà l’incontro Patrizio Bianchi, assessore Scuola, formazione professionale, università e ricerca, lavoro della Regione Emilia-Romagna.

“Con questo progetto intendiamo creare le condizioni per aprire il sistema educativo e formativo ad una dimensione internazionale – spiega l’assessore Bianchi – attraverso una strategia globale incentrata su tre categorie di intervento: promuovere la mobilità internazionale degli studenti e dei formatori, promuovere l’internazionalizzazione e il miglioramento dei programmi di studio e incentivare la cooperazione strategica, i partenariati e lo sviluppo di capacità istituzionali”.

In questa logica l’assessorato ha avviato in modo sperimentale il programma Open ER, azioni di mobilità internazionale finanziate con oltre 4 milioni di euro del contributo di solidarietà del Fondo Sociale Europeo. Un’offerta di percorsi di mobilità internazionale che permetterà ad oltre 1000 persone, studenti, laureandi, laureati, persone occupate e imprenditori, di mettersi alla prova in un’esperienza di formazione e lavoro all’estero.

Per comunicare queste opportunità che saranno presentate nell’ambito dell’iniziativa I Move è stato realizzato il sito www.open-educazionericerca.it.

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Muzzarelli risponde a Sima 12 sulla sospensione dei mutui

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna
Muzzarelli: “Basta polemiche, ABI disponibile alla sospensione dei mutui”

Bologna – “Le polemiche ci stanno, ma davvero si sta superando il limite. Lamentare la mancata sospensione dei mutui quando questa mattina, in una nota, la stessa ABI dava notizia della disponibilità delle banche alla sospensione delle rate dei mutui.”
E’ quanto afferma Giancarlo Muzzarelli, assessore regionale alle Attività produttive, commentando le affermazioni del Comitato Sisma 12, secondo il quale non si sarebbe fatto nulla in questo senso.
“Tra l’altro – prosegue Muzzarelli – è proprio grazie all’impegno del Presidente Errani che si è ottenuto, sul tema dei mutui, il fondo di 3 milioni nella Legge di stabilità. Francamente si resta stupiti per come si tenti di raccontare una realtà che non esiste”.

Comune di Ferrara, tutti i comunicati del 20 febbraio

da: ufficio stampa Comune di Ferrara

BIBLIOTECA ARIOSTEA – Incontro con la sociologa Maura Franchi venerdì 21 febbraio alle 17
La percezione del mondo alla vigilia della Grande Guerra
20-02-2014

Sarà incentrato sulle trasformazioni dell’immaginario sociale alla vigilia del primo conflitto mondiale il nuovo incontro del ciclo ‘La Grande Guerra e il Novecento europeo’ in programma venerdì 21 febbraio alle 17 nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea. Relatrice della conferenza, aperta alla partecipazione di tutti gli interessati, sarà la sociologa Maura Franchi dell’Università di Parma.
La rassegna di appuntamenti promossa dall’Istituto Gramsci e dall’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara proseguirà con una serie di incontri mensili fino al novembre prossimo, con cui si cercherà, negli intenti degli organizzatori, di approfondire il significato di quel tragico evento che inaugurò ‘il secolo breve’ e fu causa di cambiamenti sconvolgenti per l’Europa del Novecento.

LA SCHEDA a cura degli organizzatori
I termini con cui parliamo del tempo e dello spazio esprimono un’idea del mondo e un’antropologia della vita quotidiana. Nel periodo che precede il primo conflitto mondiale, una serie di elementi, di scoperte scientifiche e di applicazioni tecniche contribuiscono a rompere i vincoli spazio/temporali che avevano regolato i ritmi della vita nei secoli precedenti.
Le tecnologie che si affermano all’inizio del Novecento hanno una forte influenza sull’immaginario sociale. Un esempio emblematico è rappresentato dal cinema. L’elemento in comune è la loro capacità di allargare i confini del mondo e di “manipolare” il tempo. Si diffonde una sorta di psicologia della velocità e del controllo del tempo che dà vita a un orizzonte di possibilità aperte.

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SCUOLA SALUTE E SPORT – Lunedì 24 febbraio dalle 10 nella sede dell’Istituto superiore Vergani-Navarra
Lo stile di vita dei giovani: salute, alimentazione e movimento
20-02-2014

Lunedì, 24 febbraio alle 10, nel salone d’onore di Palazzo Pendaglia, sede dell’Istituto di Istruzione Superiore “Vergani-Navarra” (via Sogari 3), prenderà il via un convegno sul tema “Lo stile di vita dei giovani: salute, alimentazione e movimento”. Si parlerà in particolare di due aspetti dell’educazione alimentare. Da una parte l’importanza della prima colazione, come pasto fondamentale della giornata, troppo spesso trascurato e sottovalutato, dall’altra il ruolo delle proteine nella dieta dello sportivo. L’appuntamento rappresenta la fase conclusiva di un progetto organizzato dall’Istituto e rivolto agli studenti con la finalità di promuovere tra i giovani uno stile di vita basato sulla corretta alimentazione e sul movimento, due fattori che incidono in modo decisivo sulla qualità della vita.
Intenso il programma della giornata. Alle 10.00, dopo il saluto della dirigente dell’istituto Roberta Monti, interverrà la nutrizionista Mirella Giuberti sul tema “L’importanza della prima colazione”. Di “sicurezza alimentare” parlerà invece Vittorio Ramazza, direttore Qualità di Coop Estense. Luca Sivieri, docente dell’Istituto, insieme ai propri studenti del “Vergani” darà una dimostrazione pratica delle colazioni in Europa e nel mondo. Il medico sportivo Umberto Vitali interverrà su “Eccesso di proteine? Grave problema per la salute e per l’ambiente”. “Le carni bovine: profili di qualità e sicurezza” sarà il tema che affronterà Giovanni Sorlini, Responsabile della funzione Qualità, Sicurezza e Sviluppo Sostenibile della Società Inalca Spa di Castelvetro (Mo), azienda leader in Europa nella produzione e trasformazione di carne bovina. Saranno presenti e si confronterà con gli studenti un gruppo di atleti del CONI di Ferrara. Modera l’incontro Alessandro Zangara, responsabile dell’Ufficio Stampa del comune di Ferrara.
Sarà una giornata di alto profilo educativo e professionale per gli studenti delle classi coinvolte nel progetto che forniranno il proprio contributo presentando il frutto del lavoro svolto su “Paese che vai…colazione che trovi”, una vetrina dei vari tipi di colazione diffusi nei Paesi dell’Europa e del mondo.

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CONCITTADINE CENTENARIE – La consegna delle targhe il 22 e 23 febbraio
Gli omaggi dell’Amministrazione comunale a Vanda Vacchi e Dorina Maestri
20-02-2014

Sarà il sindaco Tiziano Tagliani a consegnare alla concittadina neo centenaria Vanda Vacchi la tradizionale targa di benemerenza dell’Amministrazione comunale. L’incontro è previsto per sabato 22 febbraio alle 11 nell’ufficio del sindaco nella residenza municipale.

E’ invece prevista per domenica 23 febbraio alle 11 la consegna, da parte dell’assessore Luciano Masieri, alla concittadina neo centenaria Dorina Maestri della tradizionale targa di benemerenza dell’Amministrazione comunale, accompagnata da una lettera di auguri del sindaco.
La consegna avverrà nel corso dei festeggiamenti organizzati nella sede della Parrocchia di Cona (via Comacchio 540), a cui prenderà parte anche il presidente della Circoscrizione 4 Pietro Turri.

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AGENDA DEL SINDACO
Appuntamenti del 21 febbraio 2014
20-02-2014

Venerdì 21 febbraio

ore 11 – conferenza stampa presentazione convegno dal titolo “Giovanni Pico della Mirandola e la ‘dignità’ dell’uomo. Storia e fortuna di un discorso mai pronunciato” che si terrà tra Mirandola e Ferrara dal 24 e al 26 febbraio prossimi, a cura dell’Istituto di Studi Rinascimentali di Ferrara e del Centro internazionale di cultura ‘Giovanni Pico della Mirandola’; con ass. Maisto (sala dell’Arengo, residenza municipale)

ore 18 – inaugurazione mostra ai Diamanti “Matisse. La Figura” (sede Palazzo Diamanti, Corso Ercole I d’Este 21 – FE)

ore 21 – Concerto Chamber Orchestra, Sasha Waltz (sede Teatro Comunale di Ferrara)

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TRASPORTO PUBBLICO – Lunedì 24 febbraio alle 17 convegno nella sala della Caffetteria Castello (Castello Estense)
Opinioni a confronto sul trasporto pubblico locale, tra mercato e regole
20-02-2014

L’assessore regionale alla Mobilità Alfredo Peri, il direttore dell’Istituto “Bruno Leoni” Carlo Stagnaro, il segretario nazionale Cgil Fabrizio Solari e l’amministratore Unico Agenzia per la Mobilità ferrarese Giuseppe Ruzziconi saranno i protagonisti del convegno dal titolo “Il trasporto pubblico locale: le prospettive di sviluppo tra mercato e regolazione” organizzato lunedì 24 febbraio alle 17 nella sala della Caffetteria Castello. L’iniziativa è stata illustrata questa mattina, giovedì 20 febbraio in residenza municipale, dall’assessore comunale Luigi Marattin e dagli organizzatori Paolo Bevilacqua, Enrico Balestra, Francesco Badia e Luca Tagliani, riuniti in una sorta di gruppo informale “Economia InForma”, già impegnati nel proporre in città altri incontri pubblici sui temi economici.

“Il trasporto pubblico locale su gomma e rotaia – ha affermato l’assessore Marattin – vede comparire un nuovo concorrente per la gestione del servizio. E’ una azienda tedesca privata quella che ha manifestato interesse e potrebbe sfidare FER (Ferrovie Emilia Romagna) e Trenitalia nella gara europea per l’assegnazione dal gennaio 2017 di alcune tratte ferroviarie regionali. Dovrà essere una gara competitiva – ha aggiunto Marattin – perchè ritengo sia giusto che chi eroga meglio il servizio lo possa gestire”. Con l’obiettivo di creare consapevolezza fra i cittadini e portare buone idee sui temi economici, è nato appunto il gruppo “Economia informa”, costituito da giovani under 30, che ha deciso di organizzare questo appuntamento e mettere diverse voci a confronto. Sarà riservata particolare attenzione – hanno assicurato gli organizzatori – alle molte problematiche inerenti al trasporto pubblico e al coinvolgimento dei partiti per il miglioramento dello stesso, aspetti non sempre approfonditi.
L’incontro sarà moderato dal giornalista ferrarese Marco Zavagli, direttore di Estense.com e collaboratore de “Il Fatto Quotidiano”. L’intero convegno, che è a ingresso libero, sarà ripreso e messo a disposizione sulla rete internet.

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Il debito pubblico, questione d’interessi
di G. Zibordi e C. Bertoni *

20-02-2014

Se qualcuno affermasse che potremmo risparmiare 70 miliardi l’anno senza diminuire la spesa pubblica o combattere l’evasione fiscale, potremmo far ripartire l’economia risparmiando 70 miliardi l’anno e investirli per la ripresa delle nostre imprese potremmo avere a disposizione 70 miliardi senza uscire dall’Euro e rispettando i Trattati…

Ci credereste? La soluzione è questa, lo dice l’articolo 123 del TFUE: il governo può creare una banca di proprietà statale che lo finanzi. Il sistema è semplice: la Bce crea il denaro e lo presta alla banca pubblica allo 0,25% e la banca pubblica lo presta allo Stato allo 0,50% invece che all’attuale 4%.

Su 2.000 miliardi di debito pubblico arriveremo a risparmiare 70-80 miliardi l’anno. Troppo bello per essere vero? Per la Germania no. Lo fa già! Per la Francia no. Lo fa già!

Noi comunque lo abbiamo chiesto direttamente alla Unione Europea e alla BCE. La risposta è stata che sì, si può fare. Le aziende chiudono, la disoccupazione aumenta, le tasse aumentano, si tagliano i servizi? Bene, tutto questo si può evitare e subito. Nell’articolo che segue l’approfondimento tecnico e la corrispondenza con la BCE. Nella speranza che “qualcuno” lo faccia, subito. Occorre però fare presto.

Claudio Bertoni e Giovanni Zibordi

Il debito pubblico è un problema di interessi, non di deficit eccessivi e si può risolvere.

di Giovanni Zibordi e Claudio Bertoni

L’immagine che ognuno di noi ha dell’Italia è di un paese in cui “non ci sono soldi” e la spiegazione che ci viene fornita è che i governi da decenni spendono di più di quello che incassano per cui l’accumulo dei deficit pubblici cronici ha creato un enorme debito rendendo necessaria l’austerità.

In realtà, la causa dell’elevato debito pubblico, attualmente di 2.100 miliardi, sta nel fatto che negli ultimi trenta anni lo Stato italiano ha pagato più di 3.000 miliardi di interessi. La soluzione del problema è quindi ridurre il costo degli interessi sul debito ad un livello pari o inferiore all’inflazione, come accade in Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone, Cina o come si faceva anche in Italia fino al 1981. Aggiungiamo che in termini di costo annuale lo Stato italiano ha pagato in media il 3% circa in più dell’inflazione (ad esempio adesso il BTP a 10 anni paga un 3,7% e l’inflazione in Italia è dello 0,6% e questo “spread” costituisce una rendita finanziaria permanente).

Il problema del debito pubblico non è, quindi, un problema di deficit eccessivi, ma di interessi eccessivi: ce lo dicono i dati. Basta notare che dal 1992-1993 le spese delle Stato in Italia sono sempre inferiori alle entrate e addirittura, se guardiamo alla situazione attuale nel mondo, l’Italia è oggi il paese in cui lo Stato ha il surplus di bilancio più alto!

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Se guardiamo i numeri nella tabella successiva            vediamo che il debito pubblico italiano è esploso di colpo tra il 1982 al 1993, quando la spesa per interessi passò da 35 a 156 miliardi (traslando le lire di allora in euro di oggi). Si può quindi sostenere che, a parità (presumibilmente) di sprechi e corruzione, il debito pubblico è raddoppiato in percentuale del PIL a causa della spesa per interessi.

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Come si vede nell’ultima colonna della tabella (in valori attualizzati e traslati in euro di oggi), i deficit annui (differenza tra spese ed entrate) hanno oscillato intorno ad una media di 40 miliardi annui e in percentuale del PIL hanno oscillato dal 3% al 7%, ma la spesa per interessi è raddoppiata in quattro anni, dai 35 miliardi del 1980 ai 69,8 miliardi del 1984 e di nuovo è raddoppiata a 142 miliardi nel 1991 per toccare un picco a 157 miliardi nel 1992.

Quello che si vede nella tabella è anche che dal 1992 lo Stato italiano ha applicato politiche di austerità, cioè di aumento delle tasse, aumentando le sue entrate in modo da avere sempre un avanzo di bilancio (differenza tra spese ed entrate prima degli interessi), come si vede nell’ultima colonna. Nonostante più di venti anni di politiche di austerità, cioè di imposizione fiscale crescente iniziate con i governi Ciampi e Dini nei primi anni ’90, lo Stato non è poi più riuscito a ridurre il debito pubblico a causa della “rincorsa” degli interessi che si cumulavano.

La ragione di questa esplosione di spesa per interessi è che nel 1981 è caduto l’obbligo della Banca d’Italia di comprare debito pubblico calmierandone gli interessi (e dal 1989 si è vietato formalmente, nel Trattato di Maastricht ogni finanziamento dello Stato da parte della sua Banca Centrale).

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La “Troika” (UE, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario) e i governi Monti, Letta e ora Renzi, non menzionano mai, però, questo semplice fatto, che il debito pubblico si è cumulato a causa del fatto che lo stato è Stato costretto a finanziarsi sul mercato e quindi pagare interessi reali elevati, mentre prima usufruiva del finanziamento di Banca d’Italia che ne riduceva il costo ad un livello pari o inferiori all’inflazione e quindi il debito non si accumulava (in percentuale sul PIL). In aggiunta, come molti sanno, con l’euro circa metà dei BTP sono stati comprati da investitori esteri per cui almeno metà degli interessi pagati sono usciti dalla nostra economia (a differenza di quanto avveniva fino a metà anni ’90).

Detto in parole semplici, lo Stato italiano è stato obbligato a farsi prestare denaro a costi di interessi dettati dalle banche estere (diciamo dal mercato finanziario estero), quando invece avrebbe potuto continuare a farsi finanziare a costo zero dalla Banca d’Italia.

Se quindi eliminiamo questo laccio finanziario che costringe all’austerità permanente, l’Italia potrebbe ridurre le tasse in modo sostanziale e tornare ad essere un paese con un economia paragonabile agli altri paesi europei e non un caso quasi disperato di depressione economica come accade ora.

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Nella tabella l’andamento del Pil dagli anni ’70 ad oggi.

>> La soluzione

Lo Stato italiano può però invertire questo meccanismo e da subito. In apparenza non sembra possibile farlo senza uscire dall’Euro e rompere i trattati europei perché l’Unione Europea ha vietato alla Banca Centrale Europea di finanziare l’acquisto diretto di titoli di stato1 e l’unica azione che la BCE può fare è quella di creare denaro per prestarlo alle Banche.

E’ vero che la BCE ha anche comprato nel 2011-2012 titoli di stato di paesi in difficoltà, ma come misura di emergenza e in misura molto limitata perché appunto è vincolata dai trattati europei (a differenza delle Banche Centrali dei paesi anglosassoni e asiatici). La BCE da quando è iniziata la crisi finanziaria nel 2008 ha però creato (“dal niente” e senza costi) circa 2,800 miliardi di euro e ha di recente fornito alle banche più di 1,000 miliardi ad un costo vicino a zero, usati da queste per comprare titoli di stato a lunga durata come i BTP. In pratica le banche italiane hanno ricevuto prestiti ad un costo inferiore allo 0,5% con cui hanno comprato BTP che rendevano più del 4%.

E’ evidente che se lo Stato potesse prendere a prestito dalla BCE lo stesso denaro che ha fornito alle banche a questo tasso, risparmierebbe decine di miliardi e della famosa “spread” non si sentirebbe più parlare, ma come sappiamo questa strada sembra sbarrata, oltre che dall’opposizione dei quattro paesi nordici, dai trattati europei che l’Italia ha firmato.

In realtà il comma 2 dello stesso articolo 123 offre una scappatoia agli Stati dell’Eurozona2, perché prevede che gli enti creditizi di proprietà pubblica possano anche loro ricevere finanziamenti dalla BCE. E poi niente impedisce che girino questi soldi allo stato.

Uno stato della UE che controlli enti creditizi potrebbe farsi finanziare da loro i deficit, pagando un interesse vicino a quello che la BCE offre, cioè vicino allo zero e comunque non superiore all’inflazione. L’ideale sarebbe non continuare ad emettere BTP; ma utilizzare prestiti diretti, ad esempio a tre anni, che rispetto all’acquisto di BTP offrono il vantaggio che il loro valore a bilancio non oscilla di anno in anno a causa di andamenti di mercato e quindi elimina il problema degli attacchi speculativi sul BTP.

Su un debito pubblico italiano attuale di circa 2.000 miliardi questo significa arrivare a pagare interessi per ad esempio 10-20 miliardi annui invece che gli oltre 80 miliardi attuali. Anche se occorre del tempo perchè man mano il debito a scadenza venga rifinanziato con prestiti diretti di banche pubbliche, in pratica l’effetto di “calmiere” sul mercato lo sentiresti da subito, perché il mercato finanziario si renderebbe conto che lo Stato italiano ha di nuovo accesso diretto alla liquidità. In pratica avresti un effetto calmieratore sul costo del debito simile a quello che ottengono in Giappone, Gran Bretagna, Stati Uniti con l’accesso diretto alla liquidità della loro Banca Centrale

Le cifre che indichiamo sono esemplificative e l’analisi può essere fatta in modo più dettagliato, ma la sostanza è che se il debito pubblico venisse man mano rifinanziato tramite prestiti diretti di banche pubbliche (che hanno accesso al finanziamento della BCE), il suo costo non verrebbe più determinato dal mercato finanziario. Si tornerebbe cioè alla situazione pre-1981, quando il costo del debito pubblico non era un problema perché era costantemente pari o inferiore all’inflazione.

Va sottolineato che non ci sarebbe alcun rischio per le banche pubbliche, perché lo Stato italiano, al netto degli interessi, è un ottimo “pagatore”, come si evince dai dati della tabella precedente. Infatti lo Stato italiano sarebbe in attivo negli ultimi 20 anni di 500 miliardi di euro (sempre al netto degli interessi). E’ chiaro che è un ottimo cliente per qualsiasi banca e un banca pubblica può prestare senza fini di lucro, ad un costo che copra le sue spese amministrative. Senza contare che prestare allo Stato non è considerato nei regolamenti bancari europei un rischio che richiede di accantonare capitale e di conseguenza è possibile per le banche prestare 500 o 1.000 miliardi senza dover aumentare di un euro il loro capitale (cosa dimostrata dal programma di Draghi chiamato “LTRO” lanciato a fine 2012, in cui appunto le banche hanno comprato centinaia di miliardi di BTP senza accantonare alcun capitale addizionale).

>> Uno scambio di email con la Banca Centrale Europea

Esiste quindi la strada per lo Stato italiano per arrivare a risparmiare anche 70 miliardi di euro di interessi all’anno. Abbiamo voluto verificare questa possibilità, (applicata in Germania e Francia tramite due enti pubblici, rispettivamente KfW e Bpi), contattando gli uffici dell’Unione europea circa la fattibilità dell’utilizzo di banche pubbliche per finanziare lo stato.

La risposta ricevuta per email (a nome della BCE) è stata affermativa: “il divieto di scoperto bancario e di altre forme di facilitazione creditizia in favore dei governi non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati”. Inoltre, in riferimento a banche pubbliche: “gli istituti di credito possono liberamente prestare i soldi ai governi o comprare i loro titoli di stato, nonché prestare soldi a qualsiasi cliente”

E’ quindi possibile per lo Stato italiano nazionalizzare una Banca, la quale acceda alla liquidità della BCE e finanzi il suo debito ad un tasso di interesse appena superiore a quello applicato dalla BCE stessa e in ogni caso sempre molto inferiore a quello di mercato, che va ricordato è attualmente superiore del 3% all’inflazione.

Stiamo parlando qui di come “trovare” non due o tre miliardi con l’IMU o qualche privatizzazione o risparmiando sulla sanità, le scuole, le infrastrutture, ma risparmiando sugli interessi, sulla rendita che da decenni lo Stato italiano paga a investitori esteri, banche e anche a investitori italiani.

Si tratta alla fine di scegliere tra rendita finanziaria favorendo il lavoro e le imprese. La rendita finanziaria ha incassato in trenta anni dallo Stato, lo ricordiamo ancora, più di 3mila miliardi di euro di interessi, mentre le imprese e i lavoratori italiani venivano schiacciati da una tassazione soffocante, giustificata con il peso del debito pubblico di 2mila miliardi, creato dall’accumularsi di questi interessi.

Gli italiani devono rendersi conto che non è vero che “non si può fare niente” contro il peso del debito pubblico e delle tasse a causa dei trattati firmati e delle posizioni degli altri governi all’interno delle istituzioni europee. In realtà, un governo italiano competente e che abbia a cuore gli interessi degli italiani invece che del “mercato finanziario” può muoversi anche all’interno dei trattati europei.

* Giovanni Zibordi, si occupa di mercati finanziari e gestisce uno dei siti finanziari più noti in Italia, www.cobraf.com economia a Modena, ha anche tre anni di dottorato in economia a Roma, un MBA a UCLA e ha lavorato precedentemente in consulenza manageriale e ha vissuto a Los Angeles e New York per sette anni.

* Claudio Bertoni si occupa di impresa ed è stato per più di vent’anni imprenditore nell’ambito del commercio equo e solidale. Dottore in Scienze Agrarie sa che i beni reali valgono di più del denaro e ricerca come cittadino le soluzioni possibili ai problemi monetari di macroeconomia.

>> Post fazione

Alcune obiezioni – Per quanto riguarda l’obiezione sul mancato rendimento che questi ultimi avrebbero sui loro investimenti in titoli di stato, va notato che gli investitori italiani hanno oggi solo un terzo dei titoli di stato e si concentrano in prevalenza sui BOT e CCT che rendono meno dell’1% mentre gli investitori esteri e le banche si concentrano sui BTP che pagano intorno al 4%. Si può stimare quindi che su circa 80 miliardi di interessi annui ne ricevano non più di 20-25 miliardi. In secondo luogo i detentori di titoli di stato in larga maggioranza appartengono alla fascia più benestante della popolazione, che è quella che ha in realtà beneficiato della crisi, perché ha goduto di rendimenti (al netto dell’inflazione) maggiori degli anni precedenti e anche di guadagni in conto capitale. In terzo luogo, quando, a causa del finanziamento diretto di banche pubbliche allo stato suggerito, i rendimenti dei BTP scendessero intorno o sotto l’1% le famiglie italiane possono comunque investire in fondi e titoli di reddito fisso in tante altre parti del mondo. Infine, se i titoli di stato diventeranno meno attraenti, possono essere spinte a investire allora di più in obbligazioni italiane aziendali, aiutando così il finanziamento delle imprese italiane.

>> Il carteggio originale con L’Unione Europea e la Banca Centrale Europea

Date: Tuesday, 10/12/2013 17:23:50
From: “Claudio Bertoni”

Subject: [Case_ID: 830870 / 1548784] art. 123- Delucidazioni
————————————————–

[…]

E’ chiaro che la BCE non può acquistare direttamente Titoli di Stato e quindi quello che è mia intenzione approfondire ora, e in ultimo, sono le seguenti domande:

1) comma 2 art. 123 TFUE: è possibile per un Ente creditizio di proprietà pubblica accedere all’offerta di liquidità, oggi al tasso dello 0,25%, della BCE?

2) Se sì come penso, questo Ente creditizio di proprietà pubblica può prestare denaro al Governo affinchè lo stesso possa pagare i suoi debiti ai mercati finanziari? Ovviamente attraverso la cessione a garanzia dei Titolo di Stato acquistati dall’Ente creditizio pubblico stesso?

3) E l’Ente creditizio pubblico può decidere liberamente il tasso di interesse?

Grazie ancora per la vostra cortese risposta

———- Messaggio inoltrato ———-
Da: Europe Direct <citizen_reply@edcc.ec.europa.eu>
Date: 13 gennaio 2014 10:50
Oggetto: [Case_ID: 0830870 / 1548784] art. 123- Delucidazioni
A: claudio.bertoni1910@gmail.com

Gentile Signor Bertoni,

La ringraziamo per il suo messaggio. Desideriamo scusarci per il ritardo.

Le inoltriamo le risposte alle sue domande, fornite dalla Banca centrale europea:

1) comma 2 art. 123 TFUE: è possibile per un Ente creditizio di proprietà pubblica accedere all’offerta di liquidità, oggi al tasso dello 0,25%, della BCE?

1. Gli enti pubblici creditizi dell’area dell’euro sono un elemento importante del sistema bancario e pertanto hanno un ruolo essenziale nel fornire prestiti all’economia reale. Pertanto è importante per l’Eurosistema che essi siano trattati alla pari degli istituti creditizi privati nel contesto delle operazioni di rifinanziamento per assicurare un efficiente trasmissione delle decisioni riguardanti la politica monetaria all’economia. Pertanto la risposta alla sua prima domanda è si ed e per questo che l’articolo menzionato è presente nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)*. L’articolo stabilisce che il divieto di scoperto bancario e altre forme di facilitazione creditizia in favore dei governi “non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati”.

2) Se sì come penso, questo Ente creditizio di proprietà pubblica può prestare denaro al Governo affinchè lo stesso possa pagare i suoi debiti ai mercati finanziari? Ovviamente attraverso la cessione a garanzia dei Titolo di Stato acquistati dall’Ente creditizio pubblico stesso?

2. Non è il ruolo della banca centrale di decidere per gli istituti di credito come utilizzare i soldi. In pratica, gli istituti di credito possono liberamente prestare i soldi ai governi o comprare i loro titoli di stato, nonché prestare soldi a qualsiasi cliente. Questo è possibile nel caso in cui esista una decisione commerciale indipendente da parte dell’ente pubblico creditizio di entrare in tale rapporto con lo Stato. In questo contesto è necessario ricordare la clausola stabilita dall’articolo 124 del TFUE, che stabilisce quanto segue: “È vietata qualsiasi misura, non basata su considerazioni prudenziali, che offra alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri un accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie.” Lo Stato, nel caso in cui adottasse una legge, regolamento o qualsiasi altro strumento giuridicamente vincolante, che obbligherebbe un istituto finanziario a comprare i titoli di stato governativi, violerebbe l’articolo 124.

3) E l’Ente creditizio pubblico può decidere liberamente il tasso di interesse?

3. La domanda non è chiara. Tuttavia, nel contesto della decisione indipendente presa dall’istituto creditizio di prestare soldi ai clienti, il prezzo dell’operazione deve essere basata su considerazione finanziarie e economiche (per esempio, il profilo di rischio del cliente). Per quanto riguarda la decisione di comprare titoli di stato pubblici, si aspetta che il tasso di interesse nominale per i titoli governativi (come per gli altri) venga determinato dalle caratteristiche del titolo stesso (incluso il profilo di rischio dell’emittente, la liquidità e commerciabilità del titolo, etc.). Il rendimento effettivo del titolo (emesso da un pubblico o provato) negoziato sul mercato riflette l’evoluzione di queste caratteristiche nel tempo.

Ci auguriamo che queste informazioni possano esserle di aiuto. La preghiamo di contattarci nuovamente in caso avesse ulteriori domande.

NOTE

1 – art. 123 della Versione consolidata del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea Comma 1: “Sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Banca Centrale Europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni, organi od organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali.

2 – “Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati”

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Rottura dell’argine del Secchia: gli interventi di Peri e Gazzolo in Commissione

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna
Nodo idraulico di Modena – Gli assessori Peri e Gazzolo rispondono in Commissione durante l’audizione: “Per la Regione la difesa del suolo è una priorità: stanziati in bilancio 16 milioni di euro. Adesso occorre dare immediata attuazione al piano straordinario, per il quale servono risorse certe e costanti. Necessario pensare anche a un radicale riassetto di Aipo”

Bologna – Avviare immediatamente il piano straordinario di mitigazione del rischio sul nodo idraulico di Modena; disporre di risorse certe e costanti per la cura del territorio; proporre alle altre Regioni del Po un radicale riassetto istituzionale di Aipo, per migliorarne l’efficacia operativa.
Sono queste le priorità sottolineate oggi dagli assessori regionali alla Programmazione territoriale, Alfredo Peri, e alla Difesa del suolo, Paola Gazzolo, durante l’audizione che si è svolta in Commissione territorio, ambiente e mobilità sulla rottura dell’argine del Secchia.
“Il Piano straordinario per il nodo idraulico di Secchia-Panaro e Naviglio c’è – ha sottolineato l’assessore Peri – adesso occorre realizzarlo in tempi rapidi e certi. Per questo c’è bisogno di risorse immediate, che lo stesso Governo si è impegnato a concedere. Fino ad ora sono già stati finanziati interventi, in corso o da realizzare entro l’anno, per oltre 26 milioni di euro. Ben prima che avvenisse la rottura del Secchia la Giunta regionale ha inviato al Governo un piano di interventi urgenti programmati, con la richiesta di ulteriori finanziamenti per 19 milioni, divenuti poi 21 in seguito all’evento calamitoso. Si tratta di risorse indispensabili per mettere in lavorazione subito ciò che avevamo già pianificato, e che dopo l’alluvione ha un carattere di urgenza ancora maggiore ”.
“Un altro punto su cui è necessario intervenire – ha aggiunto – è Aipo, struttura fortemente indebolita da meccanismi amministrativi e organizzativi che così come sono le tolgono efficacia e tempestività d’azione. Il governo complessivo del sistema territoriale del bacino del Po deve essere una priorità nazionale, per l’importanza che riveste in termini economici, ambientali e sociali non solo per l’Emilia-Romagna. Proponiamo alle altre Regioni del Po e al Governo un nuovo assetto complessivo dei poteri e delle competenze, che risponda ad una logica di migliore efficacia degli interventi, non solo in caso di emergenza, ma anche di gestione ordinaria del territorio”.
“Per la cura del territorio servono risorse certe e costanti – ha ribadito Gazzolo -. Come Regione stiamo facendo la nostra parte e le nostre scelte politiche sono chiare: nel bilancio 2014 abbiamo destinato 16 milioni di euro alla sicurezza del territorio, ben più degli 11 milioni introitati per il demanio. Inoltre, già prima della rottura dell’argine, abbiamo messo a punto e inviato al Governo il Piano straordinario con la richiesta di finanziamenti per interventi urgenti”. “In Emilia-Romagna – ha concluso Gazzolo – il reticolo idrografico è di 75 mila chilometri quadrati, a fronte dei 46 mila di quelli stradali. Ciò dà l’idea di quanto complesso e articolato sia il sistema di gestione e difesa del suolo, e di quanto sia indispensabile poter contare su finanziamenti sicuri e continuativi. La competenza dei finanziamenti della difesa del suolo è dello stato, ma noi abbiamo sempre garantito la nostra compartecipazione e continueremo a farlo”.

Il Circolo Legambiente si esprime sulla mozione avanzata dal Sindaco di Comacchio sul progetto di sviluppo turistico

da: Circolo di Legambiente “Delta del Po”-Comacchio

Apprendiamo che il Sindaco di Comacchio con delega all’urbanistica, Marco Fabbri, presenterà venerdì sera 21 febbraio in consiglio comunale, una mozione sul “progetto di sviluppo turistico e territoriale del comune di Comacchio”.

Sul tema abbiamo già annunciato la presentazione pubblica di un Dossier contente alcune nostre critiche e proposte puntuali. La nostra prima “critica” però era sul processo e sul metodo, che su tematiche così grandi non può che passare attraverso un “confronto” trasparente e approfondito fra tutte le parti coinvolte.

Speriamo che la mozione del Sindaco di venerdì sera vada in questa direzione, e speriamo, se così fosse, che venga accolta dal consiglio comunale.

Altre soluzioni che prevedano discussioni riservate ai soli politici sul tema del futuro del territorio e che non considerino le numerose problematiche ancora aperte e non risolte sul territorio sui temi urbanistici, edilizi, inadeguatezza del sistema fognario-depurativo, problemi di infrastrutture e piani per la mobilità, fragilità, tutele, vincoli, con un approccio globale, troveranno la nostra ferma denuncia e opposizione.

Fra le promesse e gli impegni che l’attuale maggioranza e Sindaco hanno preso con la cittadinanza, non solo attraverso le promesse dei programmi elettorali, ma anche attraverso atti formali (vedi le linee di indirizzo per la realizzazione del PSC approvate dal consiglio comunale nel Giugno 2013) vi è sicuramente l’impegno a “arrestare (se possibile invertire) il processo di consumo di territorio, in particolare quello in “orizzontale” sulla fascia costiera, orientando le politiche di crescita urbana, in particolare sulla costa, verso il riuso di aree già urbanizzate e la riduzione del suolo occupato e del carico urbanistico complessivo”.
Inoltre, sempre con lo stesso atto si diceva che “La pianificazione dovrà assicurare la partecipazione attiva della cittadinanza, la coerenza fra le condizioni del territorio, le previsioni di sviluppo, la sostenibilità insediativa-ambientale-territoriale,…”

Confidiamo nella coerenza politica e amministrativa dei nostri amministratori.

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Sospensione mutui nelle zone terremotate, Errani apprezza la disponibilità dell’Abi

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Bologna – “La disponibilità dell’Abi sulla sospensione delle rate dei mutui è un passo avanti per venire incontro alle esigenze dei cittadini e delle imprese delle zone terremotate”. Lo dice il presidente della Regione e commissario alla ricostruzione Vasco Errani a commento della posizione dell’associazione delle banche. “E’ un segnale importante, frutto dell’impegno congiunto dei parlamentari e della Regione. Ora ci auguriamo che questa apertura – aggiunge Errani – diventi concreta e solida e continueremo a lavorare perché ciò avvenga, per dare sempre maggiori certezze ai territori colpiti”.

Spending review in salsa ferrarese: taglio netto da 24 a 10 Comuni

L’Associazione nazionali Comuni italiani – Anci – e il suo presidente, in un recente convegno hanno annunciato, nell’ambito dell’imminente riordino istituzionale, che troppi sono gli oltre ottomila Comuni e che sarebbe opportuno, urgentissimo e politicamente corretto, ridurli partendo da un minimo di popolazione tra i 20/25 mila abitanti per Comune.

La trasformazione del Senato, la modifica del titolo quinto, le funzioni e le competenze concorrenti, lo sconfinamento di ruoli e funzione delle Regioni, le Province ormai spinte ad essere enti di secondo grado e di area vasta, i servizi di pubblica utilità affidati ad aziende municipalizzate e vicine alle parziali privatizzazioni, oltre ad assumere dimensioni più ampie, saranno il nuovo quadro e il cambiamento che si imporrà a breve nella nuova politica dei territori.

La spending review deve passare anche per questi nuovi riassetti istituzionali ed organizzativi della macchina burocratico – amministrativa del nostro paese, e bene fa l’Anci ad assumere questa nuova svolta sugli enti locali.

Se pensiamo che in Piemonte i Comuni sono 1.200 di cui 800 con meno di 1.000 abitanti, e tantissimi di 300 anime, ci domandiamo, come può essere possibile governarli nelle economie di scala, nelle prestazioni ai cittadini, nel farsi rete, e nei raccordi legislativi e programmatici della sua Regione, se così minimali e ormai rivolti al nanismo sia demografico che politico,?

Si governano solo con una loro adeguata dimensione sia territoriale che abitativa e funzionale, negli obiettivi e nei risultati di efficienza, efficacia ed economicità.

Partendo da almeno 20.000 abitanti, e valutando caratteri di contiguità, di prossimità, di altura e di costa, di storia e tradizioni, sicuramente si procederà bene; sarà assicurato un buon grado di governabilità lasciando al Parlamento l’articolato del Disegno di legge, alle Regioni la formulazione degli ambiti, sentite le municipalità, e poi indicendo un referendum per coinvolgere i residenti sui vantaggi e altro.

Il tutto è realizzabile entro due anni, e in questo modo avremo al massimo 3.000 Comuni e non è poco.

Di seguito, abbiamo simulato il quadro del ferrarese ed ecco i nuovi 10 Comuni contro gli attuali 24 e già 26.

Alto ferrarese: 1. Cento 2. Bondeno + Vigarano 3. Mirabello + Sant’ Agostino + Poggio Renatico

Città capoluogo: 4. Ferrara

Medio ferrarese: 5. Argenta 6. Portomaggiore + Voghiera + Masi Torello 7. Copparo + Ro + Berra + Jolanda + Formignana + Tresigallo

Basso ferrarese: 8. Ostellato + Fiscaglia + Lagosanto 9. Comacchio   10. Codigoro + Mesola + Goro

Così ci pare essere funzionale, in questo modo i ferraresi potrebbero anche risparmiare almeno il 10% della spesa corrente, per un totale di 30 milioni di euro.

UECOOP: eletti i vertici nazionali della centrale cooperativa promossa da Coldiretti. Il Presidente è Losapio

da: ufficio stampa Coldiretti
L’Unione Europea delle cooperative rappresenta oltre 4.000 cooperative di tutti i settori per oltre mezzo milione di associati. Eletto nella giunta esecutiva nazionale anche il ferrarese Mauro Tonello.

Gianpietro Losapio di 43 anni impegnato professionalmente da oltre 15 anni nel mondo della cooperazione sociale è stato eletto dall’Assemblea nazionale presidente di UECOOP, l’Unione Europea delle Cooperative che rappresenta oltre 4.000 cooperative che operano in tutti i settori cooperativi (agricoltura, pesca,produzione lavoro, sociale, abitazione, cultura, turismo, sport, ecc.) allaquale fanno capo oltre mezzo milione di soci presenti in tutte le regioni. Losapio – sottolinea UECOOP – ricopre attualmente il ruolo di Presidente della Coop. Soc. Comunità Oasi 2 San Francesco onlus, attiva in Puglia sin dal 1986 e di Direttore del Consorzio nazionale di coop. sociali NOVA onlus, una dellerealtà italiane maggiormente impegnate sui temi dell’innovazione nel campo delle politiche sociali e del welfare comunitario. Sposato con due figli haricoperto incarichi come fundraiser in primarie organizzazioni nazionali e come project manager di azioni comunitarie, nazionali e regionali sui diversi temi del sociale, con esperienze anche nel campo della gestione di servizi pubblici locali.

Rivoluzionare una rappresentanza fatta tutta di quantità, numeri, crescita a tutti i costi, con l’ansia di occupare e coprire spazi per l’auto mantenimento che ha spesso dimenticato i principi alla base della mutualità e della cooperazione” . E’ questo uno degli obiettivi del neo presidente di UECOOP Gianpietro Losapio enunciati al momento dell’elezione nell’ annunciare la promozione di un Codice Etico di autoregolamentazione, ispirato al rigoroso rispetto dei principi costituzionali e normativi alla base della mutualità, sarà la barra cui ancorare l’agire di UE.COOP. L’etica che si chiede alla politica e alla Pubblica Amministrazione deve essere innanzitutto etica di impresa – ha precisato Losapio – nel sottolineare che la brutta cooperazione non ha fatto male a se stessa meno di quanto non ne abbia fatto al sistema intero”. La cooperazione deve fare dell’innovazione una pillar strategy non semplicemente con l’introduzione di nuove tecnologie ma introducendo nei processi organizzativi un approccio permanente di apertura a ciò che è nuovo, in altre parole – ha precisato Losapio – fare cooperazione deve significare “saper fare cose antiche in modo nuovo”. La cooperazione a cui penso – ha continuato Losapio – è quella che neanche si concepisce al di fuori del rapporto col suo territorio di riferimento e che sa ri-connettersi alle nuove generazioni. Il passaggio dal welfare state al welfare community di questi anni, che ha tagliato del 75 per cento le risorse, si è consumato – ha denunciato Losapio – a suon di tagli del governo centrale, sulla pelle degli enti locali e in ultima grave violenta battuta sulla pelle dei cittadini, in particolare di quelli esclusi e in povertà che sono saliti a 5,8 milioni. Cade di fattol’universalità dei diritti costituzionalmente sanciti (scuola di qualità, sanità, sicurezza, tutele, assistenza), mentre esistono varchi enormi di spreco e inefficienza dei sistemi, pubblico e privato. Ciascuno dovrà predisporsi a fare la sua parte (Istituzioni pubbliche, mercato, società, non profit) perché il come si sostiene il welfare del futuro sarà la cifra della tenuta del tessuto democratico e del futuro stesso del nostro paese. UE.COOP – ha concluso Losapio – ha il dovere di costruire un pensiero lungo su questo e disegnarepossibili scenari per ricostruire il filo della fiducia sociale, senza la quale alcuna attività è possibile (economica, politica, sociale, ecc.).
Entra nella giunta esecutiva nazionale anche il ferrarese Mauro Tonello, presidente regionale di Coldiretti e vice presidente nazionale della stessa associazione agricola, in quanto presidente della cooperativa di servizi CISAC di Ferrara.

UE.COOP, Unione Europea delle Cooperative, si è costituita il 21 febbraio 2013 ed è stata riconosciuta e autorizzata in data 24 aprile 2013 con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, quale Associazione nazionale di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n.220.
Aderiscono a uecoop una quarantina di cooperative ferraresi, quasi la metà delle quali attive nel settore della pesca e acquacoltura oltre che nel sociale e nell’agricoltura.

Maschere e costumi per chi vuole immergersi nelle feste del Carnevale Rinascimentale: Sabato 22 parte il Temporary Store

da: ufficio stampa Carnevale Rinascimentale Ferrara

Uno dei principale obiettivi del Carnevale Rinascimentale di Ferrara è quello di rendere partecipi pubblico e visitatori desiderosi di immergersi nel divertimento, lasciandosi contagiare dalle sontuose atmosfere di corte presso le tante cene e feste in programma, consultabili sul sito www.carnevalerinascimentale.eu.

Con questo obiettivo sabato 22 febbraio, alle ore 15.30, inaugurerà il Temporary Store, in via Cortevecchia n.20, nel pieno centro di Ferrara, un punto dedicato al pubblico del carnevale, dove sarà possibile noleggiare costumi d’epoca rinascimentale e altri generi, oltre ad acquistare maschere artigianali della commedia dell’arte italiana, realizzati dalla pluripremiata sartoria Dietro le Quinte e da Mascheremana, con scontistica del 10% rispetto ai prezzi di listino.
Il Temporary Store sarà attivo fino a lunedì 3 marzo, domeniche comprese, dalle 10.00 alle 18.30, coprendo tutto l’arco delle celebrazioni del Carnevale Rinascimentale dal 27 febbraio al 2 marzo. Per le prenotazioni il numero di telefono è 338-3427989.

Sarà inoltre possibile noleggiare costumi storici presso la Corte Ducale dell’Ente Palio (in questo caso il numero è 370-1221049), maschere e costumi di tutti i generi sono poi disponibili presso la Sartoria Vitali Lucilla di Pontelagoscuro (tel. 338-4432773 sconto del 15% per il Carnevale Rinascimentale) mentre per favorire i turisti provenienti da altre città gli organizzatori hanno stabilito delle convenzioni con la Sartoria Teatrale Alberani di Bologna (tel. 051 6272020, previsto uno sconto del 20%) e la Sartoria Lady Camelot di Cesena (Prenotazioni: cell. 392 1585064, sconto del 10%).

Storie in frantumi. Nelle chiese colpite dal terremoto, anche le vetrate istoriate aspettano di essere curate

“Il singolare influsso esercitato dalla luce che filtra attraverso il vetro colorato” scriveva Paul Scheerbart nel 1914, “era già noto agli antichi sacerdoti assiri e babilonesi; essi furono i primi a introdurre lampade di vetro colorato nei loro templi”: da queste lampade si passò, nell’epoca gotica, alle finestre di vetro colorato: “che queste producano un effetto di particolare solennità” concludeva lo scrittore tedesco, autore di Architettura di vetro, “non dovrebbe destare particolare sorpresa […] il suo effetto sulla psiche umana non potrà essere che positivo”.

La ferita, per certi versi irreversibile, portata al nostro millenario patrimonio artistico dal violento sisma del 20 e del 29 maggio 2012, abbattutosi al centro dell’Emilia, e in parte sulle aree confinanti a nord e a ovest, ci ha ricordato, improvvisamente e quasi l’avessimo distrattamente dimenticato, che la nostra storia si rispecchia e si rigenera nelle torri civiche, nelle quinte scenografiche e abitate delle chilometriche strade porticate, nei campanili, nelle chiese. In sostanza, nell’insieme del patrimonio artistico immobile e mobile, all’interno del quale spiccano per originalità le pareti di luce invetriate e istoriate.
La tradizione che ha creato questo libro aperto, luminoso e colorato, posto sulle pareti sacre e profane del nostro patrimonio storico risale, nel mondo occidentale, a oltre mille anni fa: nel XII secolo, il monaco tedesco Theophilus, ovvero Rogkerus di Helmarhausen, scrive un trattato che definisce i canoni costruttivi delle vetrate istoriate, e l’abate Suger di Saint Denis pone le basi del significato mistico e religioso delle rappresentazioni, che hanno raccontato, in controluce, alle molteplici generazioni che le hanno osservate, le vicende dei santi, le emozioni interiori della devozione, le rappresentazioni araldiche e le perpetuazioni nobiliari.

Fatta eccezione per alcune rappresentazioni del Quattrocento, realizzate a Bologna ad opera di artisti importanti quali il Francia, Lorenzo Costa o Francesco del Cossa e dal loro contemporaneo vetraio-artista operante a Bologna, il monaco benedettino beato Jacobs Griesinger di Ulm, la maggior parte delle vetrate istoriate oggi visibili nel nostro territorio, sono state manufatte, legate e installate nel corso del XX secolo. I primi anni del Novecento, con l’elevazione delle innumerevoli chiese ispirate all’imperante stile Neogotico, e il secondo dopoguerra, con il piano di ricostruzione, videro, fra Bologna, Ferrara e Modena, un’intensa attività edificatoria nel comparto religioso. Le vetrate istoriate, da parte loro, in un percorso stilistico originale aderente alle architetture o talvolta collegato a uno stile più moderno, hanno sempre rivestito un ruolo di prim’ordine in entrambi i periodi.

Le riprese trasmesse dai media e dalla rete, con le immagini del lavoro prezioso, e talvolta rischioso, degli operatori impegnati nell’emergenza post-sisma, hanno consentito di apprezzare appieno le frenetiche operazioni di salvataggio, di recupero e messa in sicurezza del patrimonio artistico mobile: degli arredi e degli oggetti che erano conservati all’interno degli edifici storici e religiosi. Sullo sfondo, all’interno del campo di ripresa, a un’attenta osservazione delle immagini che scorrevano, non poteva sfuggire lo sfolgorio delle multicolori vetrate istoriate legate al piombo poste sulle pareti: il frutto di un’arte “difficile, artificiosa e bellissima”, come scriveva Vasari nelle Vite alla metà del Cinquecento. Un’arte che spesso, in Italia, è stata considerata un ibrido tra la rappresentazione per immagini di un soggetto sacro e la funzione svolta a protezione di ciò che si trova all’interno delle pareti.
Quando non sono crollate insieme alle strutture architettoniche di cui facevano parte, queste vetrate, con i loro santi spesso ieratici e severi, sono rimaste sostanzialmente al loro posto e, dopo diversi mesi dall’evento sismico, si trovano ancora lì: simbolo, testimone e auspicio di una volontà di rinascita.

Nella chiesa di Mirabello, nel Ferrarese – pressoché azzerata nel timpano principale, nel portale, sul tetto e nella parte absidale completamente crollata – sono andate perdute in modo irrimediabile le due eccellenti vetrate figurate degli anni Cinquanta, che misuravano più di tre metri di altezza ed erano poste dietro l’altare. Realizzate dall’artista pittore Giuseppe Cassioli e legate al piombo dal maestro fiorentino Guido Polloni, le due vetrate, che rappresentavano in figura intera San Tommaso e San Giuseppe con Gesù, erano il frutto di una donazione effettuata da una famiglia locale, poi espatriata.
In situazioni meno devastanti ma critiche, come nella chiesa di Poggio Renatico, sempre nel Ferrarese, le crepe più profonde si sono originate in corrispondenza delle discontinuità presenti nelle pareti, ovvero le finestrature. La violenza del sisma ha procurato spesso il distacco dei telai in ferro dalle murature; in alcuni casi è stato il telaio a mantenere in parte aggregata la muratura, in altri la vetrata è uscita dai ritegni metallici perimetrali ed è caduta al suolo all’interno della chiesa, danneggiandosi. In una parte consistente delle chiese i vetri applicati all’esterno, a protezione delle vetrate istoriate (in alcuni casi inefficaci, pericolosi e in parte dannosi), si sono rotti, in quanto rigidi; le vetrate legate al piombo, al contrario, hanno opposto una soddisfacente resistenza al movimento oscillatorio, conservando un’apparente buona coesione dei tasselli in vetro legati.
La spiegazione di quest’ultimo fenomeno può essere ricercata proprio nella peculiarità manifatturiera della legatura dei tasselli in vetro soffiato che compongono la vetrata: dopo il taglio sagomato e la cottura della grisaglia dipinta e fissata a caldo sulla loro superficie, i tasselli vengono assiemati in base al disegno e costretti da righelli in piombo con sezione a forma di H; poi saldati agli incroci o alle giunzioni. Al termine dell’assiemaggio di vetro e righelli, affinché la vetrata composta si mantenga unita e rigida, su di essa viene disteso un impasto collante che entra negli spazi residui fra piombi e vetro e che viene lasciato riposare fino a essicazione. Il tutto viene poi inquadrato, in genere all’interno di una solida armatura di ferro, che porta legature destinate a un altro telaio fisso e zanche per il fissaggio della vetrata alla muratura.
In alcuni casi l’oscillazione e la vibrazione laterale provocate del sisma potrebbero avere distaccato le paste collanti interstiziali pregiudicando la stabilità delle vetrate e deformandole (per valutarlo occorrerebbe un’ispezione ravvicinata); inoltre alcune saldature negli incroci dei righelli potrebbero essersi aperte, con grave pregiudizio alla coesione complessiva e con rischi di rottura o di fuoriuscita dei tasselli in vetro dai piombi in caso di esposizioni prolungate alla pioggia e al vento.
Una ricerca che da alcuni anni porto avanti sul territorio fra Bologna e Ferrara, mi ha consentito di approfondire la conoscenza della storia manifatturiera e artistica delle vetrate istoriate, applicate nel secolo scorso all’interno delle nostre chiese. Lo studio itinerante ha messo in evidenza, fra l’altro, già prima dell’evento sismico, lo stato di sofferenza di molte realizzazioni: l’umidità persistente sul vetro istoriato, le aggressioni biologiche generate da fattori climatici, gli agenti inquinanti presenti nell’aria esterna e nel microclima interno a causa dell’attività antropica, la naturale pressione del vento, alcuni interventi di protezione eseguiti in modo non sempre idoneo, e un’antica predisposizione alla manutenzione minimale del patrimonio, hanno creato una serie di danni che, inaspriti dal sisma, in diversi casi potrebbero essere fatali.

I drammatici eventi del maggio 2012, potrebbero rappresentare un’opportunità decisiva per intervenire con un progetto che, mettendo in campo le migliori competenze e le conoscenze ottenute grazie alle sperimentazioni e alle esperienze condotte in questi ultimi anni, conduca a una campagna di manutenzione, di recupero e di restauro di questi manufatti creativi e cangianti, con la dovuta attenzione a evitare i frettolosi, e talvolta impropri interventi occorsi nel passato.

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Hera: venerdì 21 febbraio sarà sospeso il servizio di raccolta itinerante RUP

da: ufficio stampa Hera

Hera informa che venerdì 21 febbraio sarà sospeso il servizio di raccolta itinerante dei Rifiuti Urbani Pericolosi (RUP) quali, ad esempio, detergenti, igienizzanti, insetticidi, smalti e vernici .

E’ comunque possibile conferire i rifiuti pericolosi di origine domestica, presso le stazioni ecologiche di Hera a Ferrara.

Il servizio riprenderà normalmente dal venerdì successivo.

Oltre 1.200 euro di sanzioni elevate nella zona del Delta da parte della Polizia provinciale

da: ufficio stampa Provincia di Ferrara

È stato intenso l’ultimo fine settimana per la Polizia provinciale, che ha elevato sanzioni per complessivi 1.212, euro, sia per infrazioni al codice della strada che nel campo della pesca e della raccolta di tartufi.
Prima una pattuglia di agenti ha intercettato verso la mezzanotte alcuni pescatori romeni con 32 carpe vive a bordo del loro furgone, del peso medio di alcuni chili cadauna. Un’azione illegale costata agli autori una multa di 360 euro, oltre all’immediata liberazione del pesce, al sequestro di un gommone di due metri ed di circa 25 metri di rete a tramaglio nella zona delle Valli del Mezzano.
Poco distante, una seconda squadra ha fermato altri due romeni alla guida di un furgone con la revisione scaduta, le gomme lisce e i fari spenti. Risultato, una serie di violazioni al codice della strada per 336 euro.
È stato poi sanzionato un tartufaio di Ravenna sorpreso nella ricerca di trifole nella pineta del Lido di Spina. Un’attività non consentita che ha comportato una sanzione amministrativa di 516 euro.
Infine, è stato fermato un automobilista senza i dispositivi di illuminazione anabbaglianti, alla guida di un veicolo con la revisione periodica scaduta e successivamente un altro conducente a bordo di un mezzo con le gomme lisce.
“Grazie al continuo lavoro degli agenti, effettuato anche durante le ore notturne, nei giorni festivi e spesso in condizioni disagevoli – ha sottolineato il comandante della Polizia provinciale Claudio Castagnoli – riusciamo a controllare il territorio sotto il profilo della sicurezza e del rispetto della legge. Condizioni fondamentali – aggiunge – che, se affermate e fatte rispettare con impegno e continuità, contribuiscono all’affermazione di una cultura della legalità che va a vantaggio di tutti i cittadini”.

Una città a mattoncini: per due giorni Ferrara diventa la capitale del Lego

da: ufficio stampa Ascom Ferrara

Sabato 22 e domenica 23 febbraio, presso la prestigiosa sede del Castello Estense di Ferrara, sala “Imbarcadero Uno”, si terrà la manifestazione ItLUG Ferrara 2014 UNA CITTA’ A MATTONCINI dedicata a grandi e piccini, tutti appassionati dei mitici mattoncini LEGO®. Grazie alla partecipazione di oltre venticinque espositori, provenienti da tutto il nord Italia, si potranno ammirare magnifiche costruzioni, ambienti e diorami interamente ricostruiti in LEGO. Tra queste la grande ricostruzione di Piazza delle Erbe di Verona, riprodotta con oltre 30mila mattoncini. E poi, ancora, città immaginarie, treni, astronavi e tutto ciò che la fantasia (e i mattoncini) permettono di costruire.
“Con questo appuntamento – spiega il direttore generale di Ascom Ferrara Davide Urban – intendiamo realizzare un interessante esposizione legata al gioco come i mattoncini LEGO®, di valenza educativa che risulta particolarmente gradita alle famiglie (e non solo). L’obiettivo è quello di dare un ulteriore momento di interesse ed aggregazione per il centro storico della città convogliando flussi di visitatori a Ferrara affinché possa essere un week end gradevole pieno di appuntamenti di interesse dal gioco all’arte con la grande mostra dedicata a Matisse, dall’enogastronomia allo shopping”
L’evento – che sarà inaugurato alle ore 11 di sabato 22 febbraio – è organizzato ASCOM Ferrara, con la collaborazione di ItLUG, patrocinio del comune di Ferrara, Provincia di Ferrara, Camera di Commercio di Ferrara e la sponsorizzazione di CARISBO, GIOCHERIA Ferrara e lo Studio Tecnico Sandri Arch. Federica. L’appuntamento è inserito nell’ambito di “Viva Movida”, progetto di valorizzazione e promozione del centro storico della città, promosso da ASCOM-Confcommercio Ferrara. Saranno presenti all’evento, in qualità di espositori, i gruppi AFOL “CLV BrickTeam”, “ÆMILIA Bricks” e ItLUG. GIOCHERIA in collaborazione con LEGO Italia allestirà alcune aree gioco.

Tra le proposte collaterali alla mostra la possibilità di poter vedere a prezzi agevolati il nuovissimo film”The Lego Movie” in uscita nelle sale italiane: basterà ritirare un apposito coupon presso la sede della mostra in Castello (sala Imbarcadero 1) e questo darà diritto ad uno sconto presso i Cinepark Multisala di Cento e Cineplus Multisala di Comacchio (nel week end del 22 e 23 febbraio) e presso l’Apollo Cinepark di Ferrara (l’1 ed il 2 marzo).

Orari di apertura al pubblico della mostra:
Sabato 22 Febbraio, dalle 10:00 alle 19:00
Domenica 23 Febbraio, dalle 10:00 alle 19:00
Ingresso libero

Cittadini o consumatori: il Pil non misura ciò che rende la vita degna d’essere vissuta

Nella prima parte dell’articolo [leggi], l’autore traeva spunto da una citazione del celebre economista Victor Lebow del 1955, per fare un passo indietro nella storia e rintracciare i caratteri fondanti dello spirito del consumismo, ossia del pensiero egemone ancora oggi. Nella parte che segue, invece, indica rischi e soluzioni praticabili per scrollarci dalle spalle il peso dei “consumi” ed evolvere finalmente sulla strada dei “bisogni” .

4. Il rischio del riduzionismo fondato sul PIL
Ad onor del vero questo modello imperante fondato sul PIL e la coazione al consumo è stato messo in discussione fin dal suo avvento, non solo dai critici di professione ma anche da soggetti ben addentro nelle pratiche del potere; ecco, per restare sempre oltre Atlantico, cosa ne disse R.Kennedy, allora candidato alla presidenza, nel suo celebre discorso del 1968, pochi giorni prima di essere assassinato:

“Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”.

Un discorso di straordinaria attualità (credo che vorremmo tutti poter essere orgogliosi di essere italiani) che ci mostra come anche un potente possa uscire dallo stereotipo e lanciare nuove sfide se davvero è un leader dotato di visione. Un discorso che ci mostra con esemplare chiarezza i rischi che si corrono quando un indice (qualsiasi indice) viene sostituito alla realtà dei fatti che dovrebbe rappresentare.

5. Le conseguenze inattese e gli effetti perversi della crescita
Cosa si paga per questo riduzionismo esasperato ed dominante fondato sull’imperativo della crescita, quotidianamente celebrato dai media, globalmente accettato ma che appare quanto mai fuori luogo, almeno da un punto di vista epistemologico, in un contesto che dice di fare della complessità, della pluralità e della libera ricerca della verità i suoi fondamenti? A fronte della mostruosa produzioni di merci che stanno avvelenando il pianeta e che sembrano offrire – almeno a noi occidentali (non ancora impoveriti) –  grandi possibilità di scelta e la possibilità di crogiolarsi nella propria soggettività svuotata di vigore, ecco alcuni degli effetti perversi (ma non certo inattesi) che ci toccano direttamente:

  • la distruzione dell’ambiente e l’inquinamento (fronteggiare con greenwashing e se si può con nuove tecnologie pulite);
  • la crescita costante del disorientamento e dell’alienazione (curare con Prozac, Viagra e con tutti i preparati di big pharma);
  • L’aumento della patologizzazione e la conseguente sempre più estesa medicalizzazione della vita;
  • la diminuzione del senso di sicurezza e della fiducia (risolvere con aumento della videosorveglianza, della forze di polizia private e la guerra implacabile al terrorismo);
  • l’esclusione di sempre più persone dalla fruizione di beni e servizi e la concentrazione della ricchezza in pochissime mani (nessuna soluzione).

A tutto questo la cultura mainstream, incurante delle conseguenze, contrappone dunque le sue soluzioni perfettamente in linea con la sfida consumista lanciata da Lebow 60 anni fa e quotidianamente ribadita da un esercito di neo liberisti d’accatto (politici, giornalisti, professionisti, consulenti, docenti): più consumo, più crescita, più libero mercato. Nessuno di costoro viene sfiorato dall’idea che si possa e forse si debba cambiare direzione ed inventare qualcosa di diverso.  Ovviamente, nessuna presa di posizione decisa, che vada al di là della chiacchiera politicamente corretta, per fronteggiare gli effetti perversi, le esternalità e gli effetti collaterali; poca o nessuna riflessione seria ed approfondita sulla dimensione dei bisogni, sul modo in cui sono socialmente organizzati e sui modi alternativi attraverso cui le persone potrebbero soddisfarli.

6.Che fare? In cerca di soluzioni innovative
E’ possibile uscirne salvando capra e cavoli e, in caso affermativo, come? In tal senso è ancora percorribile ed utile l’alternativa exit or voice (or loyalty) proposta da A. Hirshmann nel lontano 1970? O forse sta emergendo qualcosa di nuovo, di cui non si riconoscono ancora i contenuti, i confini e le potenzialità?

Ciò che davvero inquieta nella prospettiva dominante è la pretesa, che non esito a definire metafisica, di risolvere l’umano nel consumo e di volere imporre questa unica scelta indiscriminatamente a tutti i paesi e a tutte le culture. Questa situazione non rosea, resa più chiara dagli effetti della crisi e ancor più dai rimedi somministrati dai potenti per affrontarla, ha però il pregio di mettere i cittadini di fronte ai fatti crudi, un passaggio insidioso ma forse indispensabile per una diffusa presa di consapevolezza; offre una spinta ad evolvere, come affermano molti soggetti vicini a tutte quelle costellazioni di movimenti che sempre più spesso cercano di costruire forme alternative di vita, di esplorare piste creative ed innovative che sempre più spesso coinvolgono la sfera personale, culturale e sociale; stimola a riflettere e ad inventare soluzioni non convenzionali, a pensare fuori dagli schemi e ad ampliare gli schemi di pensiero; suggerisce di inventare nuove soluzioni e modelli che rendano obsoleta la realtà esistente.

Di sicuro qui c’è una grande sfida anche per tutti quegli operatori del bisogno (penso in particolare alle professioni di cura, sanitarie e sociali)  che non si fermano a svolgere il loro compitino ma allargano la loro riflessione sul bisogno, fino ad indagarne le cause sociali ed ambientali. Di sicuro un cambiamento diffuso è necessario poiché non ci si può più permettere – citando G. Bateson – l’ostinazione molto occidentale di curare i sintomi senza dedicare ogni sforzo per intervenire sul sistema; e, di sicuro, il sistema a cui faceva riferimento non era quello economico neo liberista né quello finanziario che tante attenzioni ricevono dalla nostra classe dirigente.

2. FINE

Leggi la prima parte

Quando la dacia non è una marca di autovettura…

Da MOSCA – “Casa dolce casa” nella campagna russa, circondati dal calore di una stufa, se fa freddo, e comunque da tavole imbandite, cani, gatti, bambini, caramelle. Ci si è arrivati con una familiare piena di vivande, torte e biscotti preparati dalle nonne. Qualcuno l’ha raggiunta con gli autobus o i treni suburbani, gli ėlektrička. Se la destinazione del desiderio è, invece, più lontana, si caricano i bagagli pesanti su aerei pieni di viaggiatori che cercano solo un po’ di quiete da routine e smog quotidiani.
Stessa direzione per tutti, le dacie di campagna, dove ogni famiglia russa che si rispetti (oggi non più solo russa) scappa nel fine settimana per cercare riposo, calore invernale, refrigerio estivo.
Molte di esse assomigliano a casette delle favole, con le tendine ricamate alle finestre, con un camino che fuma e cornicioni delicatamente e finemente orlati. Una mansarda dalla piccola finestra circolare, permette di sbirciare silenziosamente la luna addormentata.

La dacia è parte della stessa cultura russa, un angolo di paradiso che, ai tempi del regno di Pietro il Grande, era riservato ai ceti più elevati (o meglio, ai vassalli leali allo zar), ma che, durante il periodo sovietico, divenne un rifugio semplice, di legno, assegnato dallo Stato per particolari meriti, dove poter liberamente coltivare orto e alberi da frutto, preparare dolci marmellate e conserve, e passare serene giornate di riposo con famiglia e amici. In russo arcaico, la parola dača significa “qualcosa di dato” e ricorda il latino “data”. Da qui la sua origine storica.

Il periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale conobbe una crescita rilevante delle dacie e, in mancanza di una legge che ne vietasse la costruzione, molti lotti di terreni furono occupati da cittadini che cercavano uno sfogo in campagna. Nel 1955, fu introdotta la cosiddetta “Società di giardinieri” che riceveva il diritto all’uso permanente della terra per fini agricoli, oltre al permesso di allacciarsi a rete elettrica e idrica. Si trattava di una sorta di fattorie collettive. Nel 1958, fu creata una nuova forma di cooperativa per la costruzione di dacie che riconosceva il diritto del singolo a costruire una piccola casa sulla terra locata dal governo. Il crollo dell’Unione Sovietica vide il ritorno alla proprietà privata e molte dacie furono privatizzate, pure nei villaggi di medie e grandi dimensioni.
Ancora oggi se ne trovano di bellissime, anche appena fuori porta, con la loro tipica architettura e le finestre lavorate, edificate solitamente a gruppi di tre, come la Trinità. E’ una vera moda, una tendenza tale per cui molti parlano scherzosamente di “daciamania”.

Ci sono poi le gosdacie, le dacie di stato assegnate a membri del governo, accademici, ufficiali superiori dell’esercito e altre figure di rilievo. Nella Russia moderna, l’amministrazione presidenziale continua a possedere numerose dacie che vengono affittate a funzionari governativi. Il presidente russo ha la residenza ufficiale nella sua dacia a Zavidovo e Novo-Ogarëvo, la sua personale è a Ozero. Le gosdacie a Komarovo, vicino a San Pietroburgo, e a Peredelkino, a 25 km da Mosca, sono abitate da intellettuali e artisti sovietici. Peredelkino è stato battezzato il “villaggio degli scrittori”, perché creato da Stalin per premiare gli scrittori, gli artisti e i grandi intellettuali dell’epoca. Qui ricevevano una dacia i cantori del regime ma anche romanzieri, accademici, maestri di scacchi, uomini dal grande valore artistico e intellettuale. Anche Evgenij Evtushenko, poeta a lungo dissidente, ha posseduto una casa a Peredelkino per lungo tempo. Si trattava di una comunità dove ci si conosceva, dove si respiravano letteratura e arte; un luogo incantevole circondato da neve che si scioglieva a maggio e da un bosco. Oggi, qui, sono arrivate le ruspe per costruire un complesso residenziale: ville, piscine, garage sotterranei, guardie e cancelli elettronici, uno di quei luoghi dove vanno ad abitare i “nuovi ricchi”. A Peredelkino si trova ancora la dacia-museo di Boris Pasternak che qui ha vissuto ed è sepolto, con la famiglia, nel cimitero accanto alla chiesa del paese, fra alberi di betulle, faggi e pini. La dacia-museo è aperta al pubblico ed espone gli effetti personali del poeta, tra cui i dipinti del padre Leonid Pasternak, la sua collezione di ceramiche in stile georgiano e la sua grande biblioteca.

Abbiamo poi sfogliato un numero del mensile Marie Claire del dicembre 2012, dal titolo “Il rifugio dell’inverno in una dacia che ricorda il romanzo Dottor Zivago”, dove il fotografo Sergio Ghetti è stato invitato a passare un fine settimana a Petrushovo, sulla strada di Kazan, nella dacia di Irene Commau, intellettuale di origine russa e sovietologa all’Istituto francese di relazioni internazionali. Irene racconta di essere capitata lì nel 1992, in quell’angolo di Russia eterna che compare negli archivi storici per la prima volta nel ‘500. L’edificio da lei acquistato era una scuola elementare costruita nel 1912 e caduta ormai in disuso, e le era piaciuto immaginare che, nella storia delle pareti di quella casa, vi fossero rimaste le risate e gli allegri strilli degli alunni. D’altra parte, in quella casa sarebbero cresciuti i suoi figli, al ritmo di quei risolini. Un tuffo nel passato e nell’infanzia felice.
Anche il National Geographic, nello stesso anno, ha pubblicato un bellissimo servizio fotografico su questi luoghi d’incanto. Il numero di chi si sposta a vivere qui, per scelta, è in crescita.
Insomma, molte persone, anche straniere, sono contagiate sempre di più dal desiderio di possedere un terreno da coltivare e vivere in una casetta calda e confortevole, se pur piccolina, sotto una volta celeste stellata e silenziosa, dove basta chiudere il cancello per dimenticarsi di tutti e di tutto, e sentire solo il profumo delle fragole e delle rose che sbocciano.

Franco-Cardini

Andar per giardini, d’inverno

di Andrea Nascimbeni

Correre dietro a chimere, con l’illusione di essere colti; stordirsi con fole impossibili, condite di indegne paccottiglie; “bersi ridicoli polpettoni, in cui le sciocchezze e le banalità pullulano, dove con la scusa della “storia”, si sciorinano errori e bugie e, in nome di una falsità eretta a sistema, si confonde lo share con la serietà, l’audience con il fondamento scientifico: perché, non dimentichiamolo, la storia è scienza, juxta propria principia certamente, ma non per questo, di rango inferiore.

Il medioevo impazza: un fenomeno mediatico che ci riporta “ai secoli bui”, illuminati non tanto dal lume di seri studi, che si appellano a fonti sicure, da ricerche documentarie, quanto, piuttosto e ahimè, dico io, da luci della ribalta, da fotoelettriche di un set. Un medioevo da cinema, da festa cittadina o da sagra paesana, in cui abbonda la fiction: play games, in cui tra una giostra e una cena delle beffe, molti si travestono e giocano. Oppure visitano a frotte, inopinatamente, perché sono cascati nel tranello mediatico, paeselli pirenaici assolutamente “innocenti”, come Rennes-le-Château: eppure colpevoli – agli occhi di qualche sedicente odierno imbonitore della carta stampata – di custodire segreti terribili che, guarda caso, traggono la loro origine da una gnosi maldigerita. Tanto più piace, quanto meno si studia, povero medioevo!

Poi, a soffrirne, in questo analfabetismo di ritorno in cui è caduto il postmoderno, è la “cultura” con la maiuscola. Perché, nonostante il tempo trascorso, sembra che la querelle tra Illuminismo e Romanticismo, circa il Medio Evo, sia approdata ad un nulla di fatto: chi vince, tra Voltaire e Walter Scott? Sembra più facile leggere i fantasy nonostante la mole, swords and dragons a go-go, Dan Brown, Ken Follett o Norman Cohn, piuttosto che una sola riga di Étienne Gilson, Marc Bloch o Johan Huizinga. Intanto, le nostre università languono, le cattedre di storia medioevale o di filologia romanza, appassiscono come le rose e i centri di studio come quello di Spoleto, sono in affanno: gli studenti prendono altre vie, i neolaureati migrano all’estero.

Ma torniamo comunque alla nostra età di mezzo, che è una miniera da cui attingono letterati e artisti: il luogo degli opposti, come sosteneva Régine Pernoud, e il tempo in cui gli uomini oscillano tra la stabilità del castello e il moto inquieto del pellegrinaggio, in cui convivono la fede adamantina di San Bernardo e l’arditezza di Abelardo, Maria di Lais e Ildegarda di Bingen.

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Copertina di L’imperatore, il re del mondo, il cavaliere di F. Cardini

E, soprattutto, accostiamoci in sintesi ammirata al libro di Franco Cardini, storico di gran fama, L’imperatore, il re del mondo, il cavaliere edito da Cartabianca, opera in cui ricerca storica, esperienza narrativa e invenzione fantastica si intrecciano in modo mirabile. Un “racconto iniziatico” come lo definisce l’autore stesso, e la memoria letteraria scivola inevitabilmente verso L’asino d’oro di Apuleio o Die Zauberflöte di Schikaneder per Mozart, in cui è chiara la duplice valenza: sociale perché si diventa parte di un corpo sociale attraverso l’iniziazione; e personale, in quanto si acquista consapevolezza del proprio essere e padronanza di sé. “Un (quasi) nuovo romanzo” – è sempre Cardini che scrive – perché nato nel lontano e nevoso inverno del 1979-80 in località Paliana sull’Appennino tosco-emiliano, dove l’autore e la sua famiglia restarono bloccati da una nevicata, copiosa come poche altre, sui monti a Nord del passo della Futa. Il forzato isolamento favorì la genesi del romanzo che sarà edito da Camunia nel 1996, auspice l’amico Raffaele Crovi, con il titolo Il giardino d’inverno. Dal giardino d’inverno a Il Giardino della Vita il passo è breve. Come scrive l’indimenticabile don Franco Patruno nell’Introduzione «(é) chiara allusione a quel Giardino della Vita che anche la letteratura ha cantato come paradiso perduto. Ma per Franco non ci sarebbe pellegrinaggio senza mèta, non si avvierebbe, cioè il cammino, se non si vedesse Gerusalemme sullo sfondo, non come fondale di un proscenio illusorio ma come approdo di cuori e nazioni».

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Illustrazione di M. P. Forlani a L’imperatore, il re del mondo, il cavaliere

A percorrere il Vortice del Tempo per ritrovarsi dopo molte vicissitudini al punto di partenza, presso la reggia di Federico II di Svevia, è un cavaliere, uno di quei milites silvani di cui parla il più celebre dei Carmina burana e l’ambiente é il bosco, fin dai tempi dei Romani – la Silva Ercynia di tacitiana memoria, per esempio – luogo del mistero.

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Illustrazione di M. P. Forlani da L’imperatore, il re del mondo, il cavaliere

A commento e illustrazione di questo viaggio, in cui già la sapienza narrativa di Franco Cardini conduce il lettore, si rimane incantati dai bei disegni di Maria Paola Forlani: in un intreccio di segni fitti, Maria Paola «propone il suo Giardino, … e la fiaba nascosta nella storia emerge in tutta la sua chiarezza grazie al tocco dell’artista» (dall’Introduzione di Don Franco Patruno).

F. CARDINI, L’imperatore, il re del mondo, il cavaliere, Carta Bianca ed., Faenza, 2013, ill.

autostrada

Al volante gli italiani amano la sinistra

In strada gli italiani amano la sinistra. E in autostrada diventano persino estremisti. Hai voglia a farle a tre o quattro corsie: a destra non ci va nessuno. Motivo? Non una repiscenza per i comportamenti elettorali. Banalmente, l’automobilista italiano non ama essere sorpassato. E si difende come può. Sbarrando il passo a chi si azzarda.
Così alla guida sceglie la sinistra. Sempre. A prescindere. In chiave tattica. Non si sa mai che qualcuno possa sopraggiungere con l’ardire di passare davanti.
Questo capitava già nelle autostrade a due corsie. Si marcia preferibilmente a sinistra, si lascia sgombra la destra. In quelle a tre il fenomeno diviene ancor più evidente: è ben raro trovare qualche veicolo nella prima corsia. E’ considerato umiliante transitarvi.
Tutt’al più ci passa – sfrecciando – qualche auto sospinta da duecento cavalli e oltre, che per aggirare l’ostruzionismo dei ‘sinistrorsi’ utilizza per il sorpasso l’unica pista sempre libera.
Ostinarsi a progettare e realizzare autostrade a quattro corsie è pura follia. Lo dimostra l’Autosole, nei tratti maggiorati: nella corsie dei paria ci cresce l’erba…

GERMOGLI
l’aforisma
di oggi…

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…
 
“I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca sotto quella di un maniaco sessuale” (Woody Allen)

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IMMAGINARIO
La foto
di oggi

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città e i suoi abitanti.

Ponte sul Po (foto di Roberto Fontanelli) – clicca sull’immagine per ingrandirla

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Ponte sul Po (foto di Roberto Fontanelli)