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Giorno: 2 Marzo 2014

Ente Palio: il Carnevale ferrarese si riconferma un appuntamento eccezionale

da: ufficio stampa Ente Palio città di Ferrara

Il Carnevale Rinascimentale a Ferrara si conferma come uno degli appuntamenti più interessanti fra quelli proposti in regione per l’edizione 2014.
Da giovedì grasso ad oggi – domenica 2 marzo – la manifestazione, organizzata dal Comune di Ferrara con l’Ente Palio di Ferrara, ha animato e coinvolto cittadini e tanti turisti, giunti anche da numerose province dell’Italia settentrionale, ma anche dal Lazio, con spettacoli teatrali, iniziative culturali ed artistiche per grandi e piccini, cene, concerti, visite guidate ed eventi rievocativi nel segno del Rinascimento.
Centrale nella suggestiva kermesse carnavalesca, il grande Corteo di figuranti dell’Ente Palio di Ferrara che ieri pomeriggio si è snodato per le vie del centro storico della città emiliana – patrimonio UNESCO dell’Umanità – da Palazzo Schifanoia, una delle “Delizie Estensi” che ne arricchiscono il tessuto urbano, fino alla piazza Municipale, sulla quale si affaccia il Palazzo Ducale. Con la sfilata, trecento figuranti delle Contrade del Palio e della Corte Ducale hanno accompagnato la giovane Lucrezia, madrina della manifestazione, alla sua nuova dimora ed hanno recitato, danzato, dato di spada e fatto fuoco per accompagnare gli astanti in una passeggiata nella storia di Ferrara.
L’edizione 2014 del Carnevale Rinascimentale è stata infatti dedicata all’affascinante figura di Lucrezia Borgia, giunta in città nel febbraio del 1.502 per il suo fidanzamento con Alfonso d’Este, primogenito di Ercole, duca di Ferrara, proprio in occasione dei festeggiamenti del Carnevale.
Antonio Frizzi, in “Memorie per la storia di Ferrara raccolte da Antonio Frizzi con giunte e note del Conte Avvocato Camillo Laderchi (dalle origini al 1796)” edito nel 1848 a Ferrara, racconta che la giovane e bella Lucrezia “Fece tra l’immenso popolo un lungo giro per la città, per la quale tratto s’incontravano archi, statue, simboli, orchestre, rappresentazioni sceniche, fuochi d’artifizio, giuochi, salti, voli sopra le funi, e simili popolari spettacoli. In fine smontò al palazzo di corte, ove per 8 giorni si tennero banchetti, danze, ed altri divertimenti con incredibile sfarzo.”
A Ferrara, nell’anno corrente, i festeggiamenti sono durati “solo” 4 giorni, ma gli organizzatori contano di poter puntare a maggiori durate nelle prossime edizioni.
Il Corteo, composto da 300 persone in abiti rinascimentali, è stato impreziosito da una gradita presenza: una giovane modella coreana, giunta da Seoul, che opportunamente abbigliata ha sfilato con tutto il gruppo: il Carnevale Rinascimentale di Ferrara sarà infatti protagonista di una puntata speciale in una trasmissione di approfondimento della SBS TV, emittente nazionale coreana.
“Per noi è motivo di grande orgoglio ospitare fra di noi Nina, questo il nome della esotica figurante – ha commentato il Presidente dell’Ente Palio Alessandro Fortini – perché con il suo splendido sorriso porterà ancora una volta Ferrara e la sua storia a spasso per il mondo”.
Il Carnevale Rinascimentale a Ferrara si colloca quindi a pieno diritto fra gli eventi culturali ambasciatori della bellezza e della ricchezza del territorio e – grazie al successo dell’intera manifestazione, che si concluderà stasera con le visite animate guidate al Castello Estense e al Palazzo Schifanoia – fra le diverse letture ed opportunità che il turismo può dare della città. Con le manifestazioni del Palio di Ferrara, che verranno presentate ufficialmente sabato 8 marzo, si punta infatti a rendere la rievocazione storica un elemento di forza dell’offerta locale.

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“Anche se il tempo passa”: con un inedito e 15 giovani cantanti il 4 marzo Bologna ricorda Lucio Dalla

di Claudia Balbi

Il primo marzo del 2012 è stato un giorno doloroso per il mondo musicale italiano e per Bologna che ne una delle capitali. Molti chilometri a nord, ben oltre la Milano “gambe aperte che ride e si diverte”, a Montreaux si spegneva Lucio Dalla. Un infarto e Bologna è diventata più “dark”, come la canzone-ode che Lucio aveva dedicato alla sua amata città, “Dark Bologna”. Piazza Grande, il bar Margherita, via d’Azeglio e persino il cielo e i piccioni di Bologna si sono fermate per un attimo insieme a 50mila persone a piangere il compagno di giochi, l’amico di una vita, il cantante e l’uomo. Un anno dopo in Piazza Maggiore sono arrivati gli amici di Dalla, Ron, Samuele Bersani, Fiorella Mannoia, tutti insieme sul palco a dare voce al ricordo dell’amico scomparso. A due anni dalla sua morte Bologna si riaccenderà sotto una luce diversa con la notte bianca di Via d’Azeglio. Una festa per quello che sarebbe stato il settantunesimo di Lucio.

Organizzata dalla neonata associazione “Da quando sei partito” in collaborazione con Ascom, Comune e Teatro del Navile. Stessa data, nuovo luogo, come afferma Mauro Felicori, direttore comunale del settore promozione della città di Bologna: «Abbiamo ancora nella memoria lo straordinario concerto di piazza Maggiore, ma qui siamo ad un registro diverso, un registro familiare. Lo stesso Lucio giocava su questi due registri: un giorno era l’amico, il vicino di casa e il giorno dopo era in televisione». E’ forse per questo motivo che Bologna ha avvertito un dolore e un vuoto incolmabile. Dalla era talmente immerso nella vita quotidiana della sua città che quando è morto il dolore ha letteralmente paralizzato la città. «Bologna ha sempre amato Lucio e Lucio ha sempre amato la città ma come in ogni storia d’amore il valore dell’altro si apprezza di più nella sua assenza» afferma Paolo Piermattei, compositore e autore di Dalla e oggi direttore artistico di “4 marzo sotto casa di Lucio”. «La mia sensazione è che non sia morto davvero, la sua arte da un senso di continuità, io lavoro nel suo studio e lo respiro ancora».

Un amore senza fine. Che si rigenera nel tempo, grazie ai giovani della fucina “Pressing”, etichetta discografica voluta fortemente da Lucio nata nel 2011, oggi seguita dagli eredi di Lucio, e molti altri cantanti che hanno conosciuto il cantante, che martedì suoneranno in Via d’Azeglio.

Quindici cantanti, che hanno avuto modo di conoscere Lucio, e la strada. Stefano Fucili, Paco Ciabatta, Andrea Lorenzoni, Leo Borelli, Roberta Giallo, Riccardo Majorana e Iskra Menarini sono solo alcuni degli amici di Dalla che canteranno al cielo, in versione rigorosamente acustica, le canzoni di Dalla, quattro brani a testa, distribuiti su tre pedane disposte lungo via d’Azeglio. Cinque ore di musica, dalle 18 alle 23, si va dai successi più noti come “Il cielo” e “Attenti al lupo”, a quelli meno noti come “Anche se il tempo passa”, brano inedito, che fa parte dell’ultimo disco di Dalla “Questo è amore” uscito nel novembre del 2011, che sarà interpretato da Roberta Giallo e Leo Borrelli autore della canzone. A chiudere la serata Iskra Menarini, storica accompagnatrice di Lucio, e un coro di venti elementi che si misureranno con il testo di “Caruso” e le sue profetiche parole “Ma sì, è la vita che finisce / ma lui non ci pensò poi tanto, / anzi si sentiva felice / e ricominciò il suo canto”. Alle 20 si accenderanno anche le luci di scena del Teatro del Navile, con lo spettacolo “La strada e la stella”, ingresso su prenotazione e una mostra fotografica dedicata al cantante. La notte bianca di Lucio sarà anche “social”, in Corte Galluzzi infatti, verrà allestito un palco sul quale lasciare un messaggio o farsi una foto col cartellone dell’evento, da postare alla pagina facebook “4 marzo sotto casa di Lucio”.

Il 4 marzo in via d’Azeglio ci sarà una festa di strada con la musica del futuro, i giovani cantanti. «Fin da piccolo ascoltavo le sue canzoni e la cosa che mi colpiva di più era che la sua musica parlava sempre di futuro senza mai ripiegarsi sul passato e la sua grande identificazione con la gente» afferma Piermattei commosso. La notte bianca del 4 marzo proverà a mettere in comunicazione questi due elementi, la gente comune e il futuro della musica, le canzoni di Dalla il collante che li farà stringere in un vortice di note, emozioni e gorgheggi.

[© www.lastefani.it]

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Cesare Pavese, un classico in mezzo a noi

di Claudio Cazzola

Potenza degli anniversari: e non si allude tanto a quelli resi per così dire obbligatori dal rituale dell’attesa, la quale ogni volta si scatena in reminiscenze che durano tutt’al più un dì, quasi fosse obbediente alla regola pseudo-aristotelica dell’unità di tempo.

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Copertina de La “Musa nascosta”: mito e letteratura greca nell’opera di Cesare Pavese, a cura di Eleonora Cavallini, dupress, Bologna, 2014

Si pensi viceversa all’anno 1964, il quale vede uscire alla luce un volume ed un contributo critico riguardanti entrambi la figura di Pavese. Il primo è rappresentato dal fascicolo doppio 3/4 della rivista «Sigma» (Cesare Pavese, Il mito e la scienza del mito), contenente lavori che costituiranno poi a buon diritto l’ossatura bibliografica della critica, in quanto destinati ad inaugurare una fertile aratura della produzione del Nostro per gli anni a venire; per il secondo, trattasi dell’estratto della tesi di laurea elaborata da Gianni Venturi (La prima poetica pavesiana: “Lavorare stanca”), apparso sulla «Rassegna della Letteratura Italiana» nel medesimo anno. A mezzo secolo esatto, per superiore volontà del Fato – ecco un esempio di anniversario genuino – esce in questo 2014 l’opera che raccoglie gli “Atti” del Convegno svoltosi a Ravenna nei giorni 19 e 20 marzo 2013 dedicato a La “Musa nascosta”: mito e letteratura greca nell’opera di Cesare Pavese.

I quindici saggi, afferenti ad altrettanti studiosi appartenenti ad esperienze culturali felicemente diverse, sono in maggioranza dedicati, et pour cause, ai Dialoghi con Leucò. Pubblicati nel 1947, ritenuti a buon diritto la summa del lavoro di ricerca pavesiano sul mito greco classico, essi vengono scandagliati da diverse angolature critiche in grado di rinnovare la curiosità intellettuale di chi legge, invitandolo alla rilettura di quello che Pavese medesimo, nell’Avvertenza, chiama «un vivaio di simboli cui appartiene, come a tutti i linguaggi, una particolare sostanza di significati che null’altro potrebbe rendere».

Se ogni rappresentazione della realtà si trasfigura in simbolo (Giusto Traina), allora è rintracciabile pure nell’apparente normalità delle vicende naturali il personaggio dell’eroe (Maria Cristina Di Cioccio), specialmente se macchiato di tracotanza, in greco “hybris”. Alla verifica semantica di codesto termine lessicale è dedicato pure l’intervento di Monica Lanzillotta, mentre lo specifico rappresentato dal “mostro”, con riferimenti al Polifemo omerico e non solo, è analizzato da Lucilla Lijoi; quanto al vivaio di simboli appena sopra richiamato, esso è al centro delle pagine offerte da Bart Van den Bossche, in particolare la nozione di “selvaggio”, collegata con l’esperienza vissuta da Pavese a Brancaleone Calabro, argomento del cortometraggio Il confino di Cesare Pavese, rintracciato presso la Cineteca di Bologna e studiato da Alessandro Bozzato. Dal repertorio omerico al teatro ateniese del quinto secolo a. C., in particolare le figure femminili euripidee: ecco una delle fondamentali fonti ispiratrici secondo l’analisi condotta da Angela Francesca Gerace; e, come terzo corredo dopo questi, il ruolo del magistero platonico in rapporto al modo di raccontare i miti studiato da Elena Liverani. E ancora: una “grecità sommersa” degna di essere portata alla luce secondo Enrica Salvaneschi, che attraverso esempi omerici perviene ad un frammento di Saffo opportunamente glossato; e i simboli primari di vita, morte e rinascita su cui si concentra l’attenzione di Beatrice Mencarini, alla ricerca dell’Eden perduto.

Pavese però non è soltanto un lettore, un assimilatore ed un ripropositore di testi classici, bensì si produce pure in una attività di traduzione non del tutto ancora nota al grande pubblico. Quanto al greco, chiarisce ogni cosa Alberto Comparini, cui si deve un profilo esauriente del “curriculum” scolastico pavesiano, in particolare la frequenza di quella opzione moderna (priva della lingua greca) frequentata presso il Regio Liceo torinese D’Azeglio. Ecco quindi, nello specifico, i tentativi di resa in lingua italiana degli epiteti fissi appartenenti all’oralità omerica, studiati da Sara De Balsi; quelli di due frammenti di lirica greca, rispettivamente di Ibico e di Saffo, analizzati da Eleonora Cavallini, organizzatrice del convegno e curatrice del volume medesimo, la quale propone, fra altre suggestioni, un raffinato confronto della versione del frammento saffico con la lirica Paternità; ecco infine Giovanni Barberi Squarotti, che compie una ricognizione dei libri posseduti e postillati da Pavese stesso – e proprio lo scorso anno sono uscite con sua cura, per i tipi fiorentini di Olschki,  le Odi di Quinto Orazio Flacco tradotte da Cesare Pavese.

Con il proprio saggio, collocato ad apertura di volume, Gianni Venturi offre infine al lettore la possibilità, ed il privilegio, di ripercorrere la storia culturale del Novecento attraverso la riproposizione di figure fondamentali, quali Mann, Nietzsche, Jung, Heidegger, Kerényi, nonché dei Maestri (Binni e Varese), amici e sodali compresi (Pertile e Mutterle fra altri). Ma è soprattutto nel nome di Jesi che si stringe saldamente l’anello dell’itinerario da cui siamo partiti, quel Furio Jesi mai conosciuto di persona e rimasto sempre una voce al telefono e un indirizzo postale, ma che tanta fecondità di spunti e di stimoli riuscì a fornirla, come testimonia Venturi stesso: «Nel momento più complesso della ricerca di Jesi sul mito in Pavese l’allusione al famoso volume di “Sigma” che ancor oggi rimane un momento fondamentale della critica pavesiana, Jesi in polemica con la mia risentita protesta all’uso del termine decadente poneva le premesse per permettere a uno storicista per vocazione e insegnamento di capire come questo termine in realtà poneva Pavese al centro del discorso più complesso e europeo sul mito» (pp. 21 s.).

Orizzonte dunque che varca i confini angusti del nostro cortile, a farci respirare in libertà benefica aria di mito classico.

Indicazione bibliografica del volume:
La “Musa nascosta”: mito e letteratura greca nell’opera di Cesare Pavese, a cura di Eleonora Cavallini, Du.press, Bologna, 2014

L’esigenza di approfondire, ed eventualmente ridefinire, il rapporto di Pavese con il mito e con i classici greci, ha dato origine al convegno “La Musa nascosta: mito e letteratura greca nell’opera di Cesare Pavese”, tenutosi a Ravenna, presso il Dipartimento di Beni Culturali, il 19 e 20 marzo 2013, e ora al presente volume, che raccoglie, in forma rimeditata e talora ampliata, i contributi dei partecipanti al convegno stesso. Studiosi di varia provenienza ed estrazione, di Università italiane e straniere, si sono riuniti per indagare quella che Pavese stesso definiva la sua “Musa nascosta” e per tracciare insieme il profilo di Pavese “filologo”.

Eleonora Cavallini è Professore ordinario di Storia e letteratura greca all’Università degli studi di Bologna, di Storia della tradizione classica nella cultura moderna e contemporanea e di Antropologia storica del mondo greco presso la Facoltà di Conservazione dei beni culturali dell’Università di Bologna, sede di Ravenna. Dirige la collana « Nemo. Confrontarsi con l’ antico», pubblicata dall’editore Du.press di Bologna con il patrocinio del Dipartimento di Storie e metodi per la conservazione dei beni culturali.

Claudio Cazzola, ex docente stimatissimo del Liceo-ginnasio statale «L. Ariosto» di Ferrara, è autore di numerosi volumi e studi su autori classici e contemporanei. Attualmente è docente di Letterature e lingue moderne e classiche presso l’Università degli studi di Ferrara.

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La poesia crepuscolare e futurista di Corrado Govoni

CORRADO GOVONI
(a 130 anni dalla nascita)

Corrado Govoni (1884-1965) nacque a Tamara, centro poco lontano da Copparo, da una famiglia di agricoltori benestanti. Egli pure si dedicò, in certi periodi della sua vita, alla conduzione del fondo di famiglia ma la malasorte lo costrinse, dopo uno sfortunato tentativo di installarsi a Milano, allora capitale del movimento futurista, a vendere tutte le proprie terre e ad intraprendere i più svariati mestieri. Trasferitosi definitivamente a Roma nel 1926, vi lavorò dapprima come dirigente della Siae, poi come segretario dello Snas e quindi come impiegato in un ministero. Visse i suoi ultimi anni in dignitoso isolamento, si spense a lido dei Pini, nei pressi di Anzio ed è sepolto alla certosa di Ferrara.

Autore anche di romanzi e opere teatrali, Govoni è oggi ricordato soprattutto per le numerose e rilevanti sillogi poetiche, fra le quali spiccano: Le fiale (1903), Armonia in grigio et in silenzio (1903), Fuochi d’artifizio (1905), Gli aborti. Le poesie d’Arlecchino. I cenci dell’anima (1907), Poesie elettriche (1911), Inaugurazione della primavera (1915), Rarefazioni (1915), Il quaderno dei sogni e delle stelle (1924), Canzoni a bocca chiusa (1938), Govonigiotto (1943), Aladino (struggente elegia in memoria del figlio trucidato alle Fosse Ardeatine, 1946).

Corrado Govoni collaborò ad alcune tra le fondamentali riviste letterarie della sua epoca, quali ad esempio “Poesia”, “La Voce”, “Lacerba”.
«Due antologie della lirica govoniana curate da G. Spagnoletti, Firenze, Sansoni 1953 e da G. Ravegnani, Milano, Mondadori 1961 (assai più vasta) – scrive il filologo Pier Vincenzo Mengaldo – non rendono sufficiente giustizia all’importanza della sua produzione crepuscolare e futurista, comunque sacrificata a lungo dall’egemonia della “lirica nuova” e dell’ermetismo. […] Govoni è soprattutto attratto dalla superficie colorata del mondo, dalla varietà infinita dei suoi fenomeni, che registra con golosità inappagabile e fanciullesca, quasi in una volontà di continua identificazione col mondo esterno […]. Ciò non significa affatto che la sua poesia sia stata inefficace sui lirici successivi; è vero il contrario: il suo sterminato repertorio di immagini è stato una riserva a cui quei poeti (a cominciare da Ungaretti e Montale) hanno attinto a piene mani, seconda per importanza solo a quella pascoliana e dannunziana».

Sebbene sia stato costretto ad emigrare dalla città natale (come peraltro quasi tutti gli artisti estensi del Novecento) per lavorare e affermare il proprio talento, Govoni dedicò a Ferrara dei versi bellissimi, di certo meno ridondanti di quelli di Carducci e più suggestivi di quelli di D’Annunzio.
Si legge in un passo de La casa paterna:

“[…] con i suoi conventi dai muraglioni lunghissimi
sopravanzati da rami di fichi centenari;
col castello rosso nell’acqua
in cui si specchiava
la luna di calcina dell’orologio
e si vedevano dai cancelli guizzare i pesci.”

Tratto dal libro di Riccardo Roversi, 50 Letterati Ferraresi, Este Edition, 2013

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GERMOGLI
l’aforisma
di oggi…

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

“L’umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all’umanità” (John Fitzgerald Kennedy)

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IMMAGINARIO
la foto
di oggi

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città e i suoi abitanti.

Listone, lavori infiniti… (foto di Aldo Gessi) – clicca sull’immagine per ingrandirla

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Listone, lavori infiniti… (foto di Aldo Gessi)