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Giorno: 25 Maggio 2014

Il politologo Pasquino: “Il voto conta, l’astensione no. Fuori dall’euro? Una stupidaggine”

di Jessica Saccone

Quest’anno, per la prima volta, oltre agli eurodeputati si elegge anche il presidente della Commissione europea. Lo slogan della campagna del Parlamento europeo per invitare i cittadini a recarsi alle urne il 25 maggio è stato, infatti, “This time is different”. Perché questa volta è diverso? Qual è la portata del cambiamento? Lo abbiamo chiesto al noto politologo Gianfranco Pasquino, docente dell’ateneo bolognese.
Certamente il fatto che ci siano dei candidati alla presidenza della Commissione europea è un passaggio importante. Da quasi 15 anni molti che hanno un ruolo in Europa ritengono sia giusto che i cittadini eleggano il presidente. Questa non è una situazione di elezione diretta tuttavia, perché bisogna tenere conto dei risultati. Toccherà infatti ai vari capi di governo in sede di Consiglio europeo suggerire chi dovrà essere il presidente, poi il parlamento ratificherà. Certo, sarebbe meglio se il presidente fosse anche il capo di uno schieramento che ha già una maggioranza in Parlamento, però nessuno l’avrà, quindi ci sarà un accordo tra social democratici e democristiani.

In questa interminabile fase di crisi quali provvedimenti potrebbe e dovrebbe adottare l’Unione europea per propiziare un credibile rilancio?
La crisi non è il prodotto delle economie europee, ma solo parzialmente il risultato di errori economici di alcuni Paesi dell’Unione. La crisi, che arriva dagli Stati Uniti, ha certamente una componente economica molto rilevante, legata soprattutto alle leggi, alle direttive europee e a come sono state applicate. Non c’è una politica economica comune, sebbene ci sia l’unità monetaria. Alcune istituzioni europee sono lente nel loro funzionamento e non hanno forse sufficienti poteri nei confronti degli Stati nazionali, che vogliono mantenere una loro sovranità. I passaggi futuri dovranno essere certamente un’omogenizzazione economica e maggior efficienza delle istituzioni.

In questo periodo, in relazione all’Europa, si è dibattuto spesso di politiche di difesa centralizzate a livello comunitario e di coordinamento degli interventi di contrasto alla criminalità organizzata. Qual è il suo pensiero in merito e quali altri temi indicherebbe nell’agenda politica dell’Unione?
Bisogna riuscire ad applicare un principio tanto sbandierato: sussidiarietà. Agli Stati nazionali spetterebbero quelle competenze che sono capaci di esercitare, mentre l’Ue dovrebbe acquisire tutte le altre. Sarebbe auspicabile una concentrazione dei poteri nelle mani dell’Ue e quindi della Commissione, cioè del governo, stimolata dal Parlamento, e una diffusione delle competenze appunto ai vari Stati nazionali. Questa operazione è complessa, ma la strada della sussidiarietà è quella da percorre, in un sistema politico che credo diventerà federale.

Si avverte in giro molto scetticismo. Secondo il sondaggio dell’Istituto Demopolis , 20 milioni di italiani potrebbero restare a casa il 25 maggio: un dato senza precedenti per il nostro Paese. L’astensione dovrebbe restare più contenuta nelle regioni del Centro Nord, grazie al traino delle Amministrative, ma appare in crescita al Sud e soprattutto nelle Isole. Cosa si dovrebbe fare per contrastare questa deriva?
Votare è importante. Il voto conta, l’astensione no. Il livello di partecipazione degli elettori in questo caso è determinato dall’interesse verso l’Ue, che dovrebbe essere alimentato dai partiti. Il problema è che i partiti non sanno condurre campagne elettorali e non sanno scegliere candidati capaci di spiegare che cos’è l’Europa, facendone comprendere non solo la necessità ma soprattutto l’utilità. L’Italia senza l’Europa sarebbe già sprofondata nel Mediterraneo. Auspico nel rinsavimento degli ultimi giorni e che soprattutto gli elettori non scelgano solo se andare a votare o meno, ma anche per chi.

L’elenco dei sei candidati alla presidenza della Commissione è pronto. Non tutti i partiti appoggiano un candidato, dal momento che alcune forze (come il Movimento 5 Stelle in Italia) non hanno stretto alleanze a livello europeo. Mentre altri partiti (in primis l’Efa che fa capo a Marine Le Pen o la Lega Nord) hanno deciso di non candidare nessuno, per non legittimare un’istituzione, l’Unione Europea appunto, che non riconoscono. Come interpreta questo rifiuto?
Se fosse una posizione razionale, risponderei in maniera razionale. Dove saremmo se non ci fosse l’Europa? Chiederei loro quali sarebbero i vantaggi nel ritornare agli Stati nazionali. La sola idea evoca il nazionalismo, che è stata una forza dirompente negativamente nel contesto europeo. Bisogna perciò fare appello a valori che hanno una componente emotiva: l’Europa ha garantito la pace, la prosperità; e anche se gli ultimi 5 anni sono stati difficili, resta un polo di attrazione anche per altre realtà nazionali, è uno spazio di libertà dove non si applica per esempio la pena di morte. Ricordo a costoro che i loro figli avranno un futuro migliore anche grazie all’Europa. Se acquisiscono una istruzione adeguata possono anche sfruttarla in qualsivoglia Paese dell’Unione. Bisognerebbe perciò controbattere con argomentazioni non emotive, perché io credo la politica si faccia con la testa e non con la pancia.

Il Tribunale di Venezia ha rinviato alla Corte Costituzionale la legge elettorale per le europee per soglia di sbarramento del 4%. La ritiene una limitazione?
Penso che se non ci fosse la rappresentanza dei partiti risulterebbe eccessivamente frammentata. Dovrebbe esserci la ricerca di una maggiore coesione tra i partiti. Tutti astrattamente avrebbero diritto di essere rappresentati e di potersi esprimere, ma siamo consapevoli che è necessario ragionare nella logica delle coalizioni per garantire la governabilità. Quindi accetto la soglia come strumento che incoraggia le aggregazioni.

Secondo i sondaggi, il Pd è primo partito, inseguito da M5S e ben distante da Forza Italia, che è sotto la soglia del 20%. Secondo lei, quello per le europee sarà anche un voto sul governo?
Quando vota un elettorato nazionale, esprime anche delle valutazioni su quelle che sono le dinamiche del proprio Paese. Le conseguenze sul quadro politico sono però limitate. Non viene chiesto agli italiani se mandare a casa il presidente della Repubblica o se vogliono un nuovo governo. I partiti tuttavia ricevono dei messaggi importanti. Vedremo se il Pd sarà il primo, se Berlusconi raggiungerà il 20%, se il Movimento 5 stelle è al 25 % o addirittura sopra. Tutte queste variabili dipendono dagli elettori.

Renzi ha detto che è “sconclusionato chi vuole uscire dall’euro”. Cosa ne pensa?
Io credo che abbandonare l’euro sia una stupidaggine. Dal punto di vista politico sarebbe un messaggio pessimo all’Europa, perché diremmo che, a differenza di altri Paesi, noi non siamo in grado di funzionare con l’euro. Tornando alla lira, inoltre, avremmo una moneta esposta a speculazioni internazionali e più debole dell’euro. Perderemmo pure potere d’acquisto. E’ una proposta irrazionale, che non a caso proviene da partiti come quelli di Grillo e di Salvini, che in chiave europea sono certamente i più stravaganti.

[© www.lastefani.it]

L’economista Zamagni: “La politica torni il regno dei fini, il mercato il regno dei mezzi”

di Jessica Saccone

Queste elezioni Europee hanno evidenziato segnali di una possibile deriva populista da un lato e di una spinta radicale dall’altro. A Stefano Zamagni, ordinario di Economia politica dell’Università di Bologna, qualificato osservatore delle vicende politiche, abbiamo chiesto una valutazione degli scenari futuri.
Renzi ha già sottolineato che l’Italia non sarà ostile, ma neanche suddita dell’Ue. Significa che in futuro non ci sentiremo ripetere “l’abbiamo dovuto fare perché l’ha chiesto l’Europa”?
Il problema oggi è quello di avviare un processo per il quale la politica torni ad essere il regno dei fini e il mercato il regno dei mezzi, e non il contrario. La globalizzazione, che non è stata ben gestita, ha invece comportato un’inversione e quindi un adeguamento alle logiche di mercato. Questo non succede solo in Italia, come purtroppo la cultura provinciale diffusa porta a pensare, ma anche negli Stati Uniti e persino in Germania. Oggi, partecipare alle elezioni europee significa fare in modo che gli elettori maturino la consapevolezza che non si può andare avanti così. Le conseguenze nefaste dell’austerity che subiamo sono state determinate dalla prima e seconda battaglia di Maastricht, durante le quali vennero compiuti degli errori. Ci si era illusi, infatti, che con la moneta unica e l’integrazione economica dei mercati, sarebbero arrivate anche quella sociale e politica, ma così non è stato.

Nel secondo semestre del 2014 l’Italia presiederà il governo dell’Unione. Crede si possa prefigurare una sostanziale correzione di rotta rispetto al rigore imposto dalla Merkel?
Io penso e spero di sì. Il governo Renzi sta cercando di rovesciare il legame di causalità tra sfera economica e sfera politica. Già in questi primi tre mesi il premier sta tentando di contrastare i poteri forti della burocrazia, della finanza, ha raddoppiato la tassazione delle banche, ha falcidiato gli stipendi degli alti burocrati, ha detto no alla concertazione con i sindacati. Se Renzi riuscirà a resistere e si affermerà in Europa, rovescerà quel legame di subalternità della politica rispetto all’economia.

Il cittadino italiano ha spesso avuto un rapporto controverso con l’Ue. L’introduzione dell’Euro, la crisi, il patto di stabilità, l’inflazione da regolamentare… Ad oggi, secondo lei, che considerazione ha il cittadino italiano dell’Europa? Si sente parte di essa? O si sente succube?
Il problema è che i cittadini non sono informati. I media non dicono le cose come stanno. Il cittadino capisce perfettamente, ma si sente avulso, a causa della mancanza di investimento nella cultura e dunque nella corretta informazione.

Come valuta l’ipotesi da alcuni partiti formulata di uscire dall’euro? Un sistema finanziario che si regge su una moneta creata dal nulla, sulla quale gli Stati nazionali non hanno alcun diretto controllo è destinato a crollare prima o poi? E il sistema monetario occidentale, non legato all’oro dal 1944, è una immensa truffa, una bolla di sapone basata sul nulla come in tanti sostengono?
Quella di uscire dall’euro è l’esempio più eclatante di ignoranza di natura economica che grida vendetta. Diverso è se non si fosse entrati dall’inizio, ma dopo 15 anni significherebbe provocare conseguenze negative. Chi propone di uscire dall’euro, chiede di ritornare alla lira, con lo Stato italiano che batte moneta, noi che facciamo una svalutazione competitiva e riusciamo a dare respiro alle imprese. Questo però è un discorso demenziale, che durerebbe un anno. Le ritorsioni ci metterebbero in ginocchio.

Cosa ne pensa delle tesi del sociologo Luciano Gallino che parla esplicitamente di “golpe delle banche e dei governi”?
Gallino è un sociologo di valore. Forse per ragioni temperamentali e politiche usa un linguaggio a tinte forti. “Golpe” è un termine mutuato dalla politica. La sfera economica non fa golpe. Credo lui voglia dire, pensiero che condivido, che le grosse banche dettano la linea.

La crisi economica ha spinto l’Ue ad adottare misure sempre più stringenti di coordinamento e controllo sui bilanci degli Stati membri come anche un sistema di vigilanza sui principali operatori economici e finanziari. L’approvazione del fiscal compact a livello intergovernativo e l’operato della ‘troika’ ha però sollevato in alcuni Paesi molteplici riflessioni e proprio di recente il Parlamento italiano ha rilevato la necessità di un maggiore controllo democratico sulle scelte economiche e più poteri di indirizzo sul semestre europeo. Concretamente secondo lei cosa bisognerebbe fare?
La questione dei bilanci è legata alla situazione dei Paesi dell’Europa meridionale, cioè Italia e Grecia. Noi italiani abbiamo peccato creando il debito pubblico, cominciato alla fine degli anni ’70. L’Italia dopo la guerra ha ricostruito se stessa senza debito, anzi, si è addirittura verificato il miracolo economico. Il debito non si è creato per la crescita. E’ solo un atto di egoismo nei confronti delle generazioni giovani. L’Europa dice basta, ma dovrebbe avviare un fondo per l’occupazione, finanziandolo con la tobin tax, la tassa sulle transazioni finanziare, e un fondo per la ricerca.

Ogni volta che la Bce e i governi hanno varato delle misure anticrisi, esse si sono tradotte in due sostanziali vie: maggiori aiuti alle banche e aumento delle tasse, come ad esempio l’aumento dell’Iva. Come si può avere fiducia in un sistema di questo tipo?
Bisogna fare dei distinguo. L’Iva aumenta in maniera selettiva, cioè su quelle linee di produzione e di consumo che si ritiene di dover penalizzare, mentre su altre si riduce. Nella media ponderata di tutto, complessivamente l’Iva non è però aumentata. L’aiuto alle banche è vero, anche se Draghi ha lavorato bene. Il sistema bancario ha raggiunto dei livelli tali che se va in crisi, il default europeo è assicurato. Draghi applica il principio del binormale, cioè si chiede tra due azioni negative qual è quella che produce il minor male. In prospettiva, le banche perderanno quote di potere, ma non di mercato.

Ci sono segnali abbastanza chiari sulla base dei quali si pensa la crisi si espanderà in tutta Europa, salvando solo la Svizzera e l’Inghilterra (quest’ultima infatti non a caso ha mantenuto la sua moneta, pur avendo il 17 per cento di quote nella Bce). Sarà così?
Questa è fantascienza economica. Chi ragiona così non valuta il lato reale dell’economia, cioè delle imprese. La forza delle Svizzera è legata ai flussi finanziari. Questo processo è già iniziato, dopo averle tolto il segreto bancario, perdendo miliardi. La ricchezza di un Paese dipende dalla creatività. L’Italia è il paese con il più alto tasso di creatività, ma non di innovatività.

L’esito delle elezioni europee contribuirà ad influenzare le scelte e l’assetto della futura governance europea. Anche di quella italiana?
E’ talmente legato ad una pluralità di vicende sul fronte politico, non si possono fare previsioni. Dipende per esempio dal Presidente della Repubblica se, come si vocifera, vorrà dimettersi, dall’esito stesso delle elezioni e dal modo in cui si scioglieranno i nodi all’interno del centro-destra. Credo sia opportuno rafforzare tuttavia il fronte sociale in modo che sia capace di affrontare le vicende e avversità.

[© www.lastefani.it]

Io voto Tsipras, sarto positivo…

IO VOTO TSIPRAS è l’anagramma di “SARTO POSITIVO” e io voto l’Altra Europa con Tsipras perché è una lista che prova a cucire diversi “tessuti sociali” per creare “abiti mentali” nuovi.
IO VOTO TSIPRAS è l’anagramma di “OSPITAVO SORTI” e io voto l’Altra Europa con Tsipras perché pratica una diversa idea di accoglienza e di solidarietà.
…e poi IO VOTO TSIPRAS anche perché è l’anagramma di “VOTA SPIRITOSO“, credo infatti che ci sia un gran bisogno di idee vivaci, di intelligenza creativa e di acutezza di vedute.

Le lancette dell’amore

La notte dell’epifania capita sempre qualcosa: una bambina che nasce, un cane che arriva, i regali di compleanno. Chiamami anche se è notte (Mondadori, 2014) di Michela Monferrini è la storia di una Ragazza che nasce il 6 gennaio 1986, è la storia di vite che si affacciano e di altre che lasciano, ma mai del tutto. È una storia di cose che iniziano e di cose che finiscono, di cose che ‘iniziano perché qualcosa finisce’ di altre che ‘finiscono perché qualcosa inizi’.
Chiamami anche se è notte è scandito in blocchi di vita di Bambina che poi diventa Ragazza, in un tempo che lei misura in un modo speciale perché papà le ha insegnato che esistono orologi speciali, non tutti segnano lo stesso tempo, alcuni vanno per conto loro, seguono un ritmo diverso, si fermano e stanno ad aspettare il momento giusto che arriverà.
Ragazza cresce e si innamora di Ragazzo, è arrivato il momento di consegnare il proprio ‘sacco passato’, è pesantissimo, tutti e due se lo portano dietro da sempre, ha tutto dentro. Tra loro ‘innamorarsi era stato un dialogo così: devo fare una consegna. Anche io. Questo sacco diventa ogni anno più pesante. Anche il mio. A volte ho avuto paura di non riuscire a trovare la persona giusta a cui consegnarlo. A volte ho avuto paura di averla già incontrata e di non averla riconosciuta. Credevo di restare schiacciato sotto il suo peso […]. Volevo il tuo indirizzo e ne ho sbagliati alcuni. Aaddeessoppuuooiiddaarrllooaammee’. Si sentono più leggeri ora che si sono scambiati i fardelli, le spalle possono aprirsi come ali, il passato non è più dietro, è intorno a loro, mischiato.
E le cose che non stanno nel sacco e che hanno perso per sempre l’uno dell’altra? Come faranno a consegnarsele? Ci racconteremo tutto, risponde Ragazzo.
Il sacco passato di Ragazza è pieno di lacrime, quello di Ragazzo no perché non ha mai pianto. Ha lacrime compatte lui, non sgorgano, spuntano solo un po’, se ne stanno lì quasi per sbaglio e non scendono, non ce la fanno perché Ragazzo è un comandante che sa frenare il pianto.
Un giorno, quando Ragazza accudisce Charlie, il cane regalato dai genitori quando aveva dieci anni e che è la memoria degli ultimi quindici anni di vita di Ragazza, anche Ragazzo piange, rovescia il suo sacco di lacrime sul pavimento. Charlie è il fuori sacco, Charlie è il passato di Ragazza quando Ragazzo non c’era. Se Charlie se ne va, pensa Ragazzo, il dolore arriverebbe addosso a Ragazza, magari di notte.
E allora chiamami anche se è notte, che lo puoi dire solo se è vero, solo se sai che sarai lì a rispondere.

Il violino del Padrino e le melodie del dopoguerra

“MUSICI LEGGERI” FERRARESI
OSCAR CARBONI, CARLA BONI E PIERGIORGIO FARINA

Oscar Carboni – Considerato il decano degli interpreti della canzone melodica di origine locale, il ferrarese Oscar Carboni (1914-1996) mosse i suoi primi passi eseguendo serenate su richiesta. Naturalmente dotato di un timbro bellissimo, si impose nel 1939 al concorso per le voci nuove e intraprese la sua attività nell’orchestra di Pippo Barzizza, quindi proseguì la sua carriera alla radio e nel teatro di rivista. Nel 1942, entrò a far parte dell’entourage di Renato Rascel, l’anno successivo fondò una sua compagnia con la cantante Giorgia Valeri, che poi sposò, e alla fine della guerra si trasferì in Brasile, dove rimase sino al 1950. In seguito ha continuato ad esibirsi soprattutto nelle balere, riproponendo con successo i suoi inossidabili cavalli di battaglia: Tango delle capinere, Tango del mare, Firenze sogna, Serenata celeste, Madonna delle rose (canzone con la quale giunse secondo al festival di Sanremo nel 1951).

Carla Boni – Dopo una faticosa gavetta, durante la guerra (negli spettacoli per le truppe italiane e tedesche e successivamente nell’avanspettacolo) Carla Boni (1925-2009) ha raggiunto la notorietà vincendo il festival di Sanremo nel 1953 con la canzone Viale d’autunno. Alla quale hanno fatto seguito nuovi successi come Polvere di stelle, Scandalo al sole, Jezebel, Quando dormirai (dal film Le piace Brahms?) e altri ancora. Il suo matrimonio, nel 1958, con il popolare Gino Latilla è stato una specie di evento nazionale, basti pensare che subito dopo la cerimonia i due sposi sono intervenuti al celebre “Musichiere” di Mario Riva, per cantare insieme il brano dal titolo (appunto) Sposi. La sua più recente e importante stagione artistica risale agli anni Ottanta, con il revival del periodo d’oro della canzone melodica italiana.

Piergiorgio Farina – Nato a Goro (Fe), Piergiorgio Farinelli (1933-2008), in arte Piergiorgio Farina, ha debuttato nel 1968 al festival di Sanremo con la canzone Tu che non sorridi mai, in coppia con Orietta Berti, salendo poi sul medesimo prestigioso palcoscenico anche nel 1975 per la riesecuzione – con il suo strumento prediletto: il violino – di tutti i brani in gara. Ha collaborato con musicisti del calibro di Jean-Luc Ponty, Hengel Gualdi, Joe Venuti; fra i brani che lo hanno reso celebre al grande pubblico sono almeno da ricordare: Speedy Gonzales, Il Padrino (parte II), Diana, In the Mood, Baby Love, Stardust, Venus. Polistrumentista ma virtuoso del violino/jazz, Farina si è cimentato pure in esperienze cinematografiche, ha infatti preso parte ai film L’amore è come il sole (1969) di Carlo Lombardi e Dancing Paradise (1982) di Pupi Avati.

ACCORDI
il brano musicale
di oggi
‘Avanti pop’

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta…

(per ascoltarlo cliccare sul titolo)

Tetes de boises, Avanti pop (la terza versione di questo video contiene una dedica a Federico Aldrovandi)

Oggi abbiamo scelto ‘Avanti Pop’. Non è un’operazione-nostalgia, ma la consapevole affermazione che di un riscatto morale c’è un’insopprimibile e indifferibile necessità. E quindi, lasciamoci trascinare dalle note de Tetes de de Bois “avanti pop alla riscò, bandiera rock”: un’esortazione buona per ogni onesto ideale…

Tetes de boises, Avanti pop (un altro video con splendide immagini)

IMMAGINARIO
‘Nel nome del padre’
per una politica consapevole

Oggi, in coincidenza con la tornata elettorale, riserviamo il nostro immaginario a una riflessione sul senso autentico della politica e il suo progressivo degrado dovuto a intrecci sempre più solidi fra i poteri forti, quelli che governano le istituzioni e quelli che che gestiscono la finanza e le banche: questa oggi è la vera mafia. A ricordarcelo lucidamente è lo spettacolo teatrale “Nel nome del padre” tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Claudio Fava (figlio di Pippo, giornalista ammazzato appunto dalla mafia) di cui vi proponiamo la visione integrale.

In nome del padre, dal romanzo di Claudio Fava, con Roberto Citran [vedi]