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Giorno: 22 Giugno 2014

Festa al Lido delle Nazioni per i 100 anni di Guido Farinelli con il Sindaco

da: ufficio stampa Comune di Comacchio

Guido Farinelli, residente al Lido delle Nazioni ieri sera ha festeggiato in allegria un secolo di vita, circondato dall’affetto dei figli Silvana e Loreto, dei nipoti, della pronipote e dal calore di tanti parenti e amici accorsi da Comacchio, Volania, Ferrara, Milano e Bologna per l’occasione. A sorpresa si è unito alla festa anche il Sindaco Marco Fabbri, che all’arzillo neo-centenario ha augurato altre cento primavere in salute e con la medesima verve. Guido Farinelli dal 1939 al 1955 è stato bracciante agricolo,successivamente coltivatore diretto, sino al 1970, quando si è trasferito con la moglie Adriana, da Volania al Lido delle Nazioni, dove ha continuato a lavorare sino all’età di 90 anni, occupandosi prevalentemente di giardinaggio. Ora vive con la nipote Isabella, infermiera al Pronto Soccorso dell’ospedale del Delta e con la badante ucraina Natalia . Guido è appassionato di letture di attualità ed è una buona forchetta. Durante la festa di compleanno ha dispensato battute e sorrisi a tutti, sino al taglio dell’ imponente torta con pan di spagna, panna, mascarpone e frutta, amorevolmente preparata in casa dalla nuora. Al simpatico centenario, accanito lettore, il Sindaco Fabbri ha donato un libro.

“Una mattina di giugno di cent’anni fa. A Sarajevo i primi due spari”: venerdì 27 uno spettacolo al chiostro di S. Spirito

da: organizzatori

Venerdì 27, a Ferrara, un dialogo a due voci, ma molte altre voci, storiche e contemporanee, sono coinvolte e fatte parlare. Prendendo lo spunto dall’attentato di Sarajevo, avvenuto giusto cent’anni fa, 28 giugno 1914, il dialogo affronta temi legati alla storia e all’attualità; Parla dei due spari da cui si innescò il processo che condusse alla scoppio della Grande guerra, ma anche dell’ assedio di Sarajevo avvenuto negli anni novanta del secolo scorso. Affronta il tema del nazionalismo, sfiora gli interrogativi di fondo sul perché della guerra, prospetta la necessità della convivenza e dell’assunzione di responsabilità. Una parte integrante della serata è affidata alle immagini e alle musiche eseguite dal vivo. Un modo non celebrativo per rievocare uno dei momenti di svolta dell’intera storia europea, guardando a ieri e pensando al domani.

Testo di Piero Stefani
lettori: Magda Iazzetta e Fabio Mangolini
con la partecipazione del coro Euphonè diretto da Silvia Marcolongo, della violinista Lucilla Mariotti e del pianista Massimo Rubbi

Ferrara, chiostro di S. Spirito, Vicolo S. Spirito 11
venerdì 27 giugno 2014, ore 21,15

In caso di maltempo lo spettacolo si effettuerà alla Sala Boldini,
via Previati 18

Il Ferrara Art Festival apre l’estate con due mostre e un concerto: un nuovo momento di grande arte contemporanea

da: ufficio stampa Ferrara Art Festival

Con due mostre ed un concerto il Ferrara Art Festival ha vissuto, sabato 21 giugno, uno nuovo momento di grande arte contemporanea.
Quasi un benvenuto all’estate, quello che il curatore Virgilio Patarini ha voluto offrire con la bella mostra di Paolo Facchinetti ed Edoardo Stramacchia alla Galleria Il Rivellino e con la personale di Diego Palasgo alla neonata Galleria del Cammello (Camel Home Gallery).
Due eventi artistici, concepiti e realizzati nell’ambito del Ferrara Art Festival presso due location collaterali rispetto al centrale Palazzo Racchetta, che vedono al centro della scena le più differenti espressioni di quella che lo stesso Patarini ha definito Post-Avanguardia.
Nella mostra in parete al Rivellino (fino al 4 luglio prossimo) Facchinetti e Stramacchia propongono due percorsi che, intersecandosi, mostrano l’utilizzo della “tessera” pittorica quale modulo attraverso il quale realizzare opere pittoriche di grande impatto. “L’insostenibile leggerezza di certe tessere” è il titolo ironico che il curatore Patarini ha definito per questa mostra. Una leggerezza senza dubbio presente nelle forme e nella figurazione, accanto alla grande sapienza tecnica dei due artisti, che può essere letta come un equilibrio precario dell’esistenza, in continua lotta tra ripetizione e differenziazione.
Alla neonata Galleria del Cammello è stata presentata, invece, la mostra “Frammenti di memorie” (fino al 14 luglio prossimo). In parete le opere del pittore veneto Diego Palasgo, il quale, grazie ad un linguaggio pittorico sempre in bilico tra figurazione ed astrattismo, pone in luce la valenza formale dell’azione, sempre bilanciata da un sentimento quasi erotico, nella duplice forma della passionalità e della contemplazione. Un percorso ricchissimo, quello proposto, che pone lo spettatore di fronte a richiami alle avanguardie storiche (tra tutti ad Afro e Burri), ma che, al tempo stesso, si pone nei confronti del fare pittura con il rispetto e l’ammirazione che si devono porre nei confronti dell’arte del Rinascimento, intesa come base sulla quale innestare un discorso contemporaneo.
Hanno chiuso il sabato denso di mostre ed iniziative d’arte il cantautore Enrico Cipollini e il gruppo dei Chewing-Gum che, nel cortile di Palazzo Racchetta, hanno contribuito a creare un’ottima atmosfera grazie alla musica, in un connubio ideale tra le arti.
Tutte le mostre e gli eventi del Ferrara Art Festival e del collaterale Racket Festival sono ad ingresso libero.

E Montalbano affronta
il fango della corruzione

Pioggia e fango intorno, melmosa è l’indagine che il commissario Montalbano sta affrontando, una storia di appalti, frane e morti ammazzati…
La piramide di fango (edizioni Sellerio, 2014) è l’ultimo romanzo che ha per protagonista il commissario di Vigata alle prese con gli intrighi dell’edilizia e della politica, con costruzioni e permessi.
Piove su questo pezzo di Sicilia in cui le grandi opere si fermano e le società sono controllate dai Sinagra e dai Cuffaro, Montalbano è convinto che sia lo specchio della situazione nella quale si trova il paese intero. L’indagine si impantana di continuo, tutto quel fango Montalbano se lo sente fin sotto la pelle, procede “senza slancio, senza passioni, senza vitalità”, è come se una “brutta copia” del commissario avesse preso il posto di quello vero. C’è una malinconia che non lo molla, è il pensiero di Livia che, lontana e provata, dopo la morte di Francois non è più la stessa. Ma non appena Livia inizia a stare un po’ meglio, appena fra di loro riprendono “le sciarriatine”, Montalbano riparte.
A dirigere il commissario è la convinzione che davanti ai suoi occhi si stia mettendo in scena una commedia atto per atto. Ma chi è il regista? Chi muove questi attori che recitano una parte fin troppo studiata? La solita storia di corna non regge. Nulla è mai come appare a una prima occhiata, tanto meno per uno come Montalbano che alla comoda superficie ha sempre preferito l’impervia profondità delle cose.
Il fiuto da sbirro si unisce all’intuito dell’uomo che sa scrutare i dettagli di chi gli sta di fronte, cogliendone il non detto e il falso attraverso l’impercettibile. Come in una grande pantomima, il commissario recita a sua volta, finge di credere a una confessione molto bene orchestrata e imbocca la strada per la verità.
Ma la pioggia non cessa, certe domande faticano a trovare spiegazione, il rituale del cibo, con la sua sacralità così cara a Montalbano, è disturbato e la passeggiata al molo sotto un sole nascosto gli rende l’umore ancora più “nivuro”.
Montalbano ha bisogno dei suoi notturni per riflettere, la panchetta della verandina è bagnata, possono bastare una seggiola e un bicchiere di whisky, la risacca culla e fa nascere i pensieri.
Per arrivare in fondo all’indagine, il commissario deve agire a suo modo, che non è mai quello ortodosso di uomo delle istituzioni, per entrare nella piramide deve solo bucarla, come fu con quella di Cheope che accesso non aveva.
Salvo risolve il caso, può finalmente partire e andare da Livia a Boccadesse, lascia Augello e Fazio a concludere l’indagine, ad aspettarlo ci sarà anche Selene, la cagnolina che Livia ha adottato e che le ha fatto ritrovare la voglia di vivere. Benedetta Luna.

Dal rigoroso fiscalismo estense alla redistribuzione:
ciclicità della storia

L’AMMINISTRAZIONE DEGLI ESTENSI A FERRARA / 4

Che la conquista del potere da parte di Azzo VII d’Este (oggi ricordato come Azzo Novello), nel 1240, abbia significato per Ferrara la perdita dell’autonomia comunale, tramite l’instaurazione di un governo autoritario, è cosa ben risaputa. E che il fiscalismo estense sia stato, almeno all’inizio e in altri momenti storici, uno fra i più severi è altrettanto scontato. Tuttavia «Le spese pubbliche dello stato estense seguirono una linea costantemente ascensionale […]. I beni demaniali estensi erano costituiti dalle terre e dai boschi, dai palazzi e dalle chiese, nonché dal commercio […]. Soprattutto le incette dei grani furono all’ordine del giorno; ma va ricordata la funzione benefica talora espletata da siffatti ammassi privati del sovrano, quando – e lo ricordano cronisti spesso piuttosto liberi nei loro giudizi verso gli Estensi – parte di quelle scorte veniva distribuita alla popolazione affamata o venduta a prezzi assai modici e arrendevoli».*
Ad esempio nel 1505, allorché Alfonso I si avvicendò ad Ercole I, il quale aveva quasi dissestato le finanze con le spese di guerra e nelle grandiose opere edificatorie, il giovane duca affrontò con saggezza la situazione economica ed amministrativa di Ferrara. Da un lato tacitò amici e parenti, dividendo fra loro gli oggetti preziosi appartenuti al defunto padre ed elargendo adeguati appannaggi ai fratelli, cautelandosi così da future lamentele nel ristretto ambito della famiglia e della corte. Dall’altro, abolì i dazi e le gabelle istituite dal padre, acquistò grano a Venezia e lo fece distribuire ai più indigenti per alleviare i danni causati dalla carestia e, nello stesso tempo, si prodigò nel fronteggiare una spaventosa epidemia che stava decimando la popolazione ferrarese. Non mancò, inoltre, di guadagnarsi ulteriore consenso popolare spogliando di beni e di potere alcune illustri famiglie, come gli Strozzi, ormai invise per la loro arroganza e avidità all’intera cittadinanza.
Anche Ercole II si distinse per la notevole rettitudine. Innanzitutto, evitò per quanto possibile di partecipare alle guerre del suo tempo, ricorrendo abilmente a idonei pretesti diplomatici; in secondo luogo, «Non appena al potere, aveva cercato di porre un riparo alla gravosa e preoccupante situazione finanziaria lasciatagli in eredità dal padre. L’erario era esausto e pare, tutto sommato, che il duca sia riuscito a reintegrarlo senza infierire sui sudditi e che anche in seguito si sia guardato dall’imporre tasse troppo gravose se non in circostanze del tutto eccezionali»**. Così pure il suo successore Alfonso II, per quanto sia stato uomo ben più distaccato e pragmatico, destinò considerevoli aiuti alla sua gente terribilmente provata dalle paurose scosse di terremoto verificatesi fra il 1570 e il 1572. Né la sua seconda moglie Barbara d’Austria lesinò la propria dedizione agli umili e agli infelici, fondando il Conservatorio delle orfane di santa Barbara allo scopo di ospitare fanciulle rimaste orfane per le calamità o abbandonate dai genitori.

*L. Chiappini, Gli Estensi, Dall’Oglio, Varese 1988, pp. 328-9.
**Ibidem, p. 251.

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GERMOGLI
l’aforisma
di oggi…

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…
 
“Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo” (Pier Paolo Pasolini)
 

IMMAGINARIO
balconi
tricolore

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura.

Balconi tricolore (foto di Giorgia Mazzotti) – clicca le immagini per ingrandirle

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Balconi tricolore (foto di Giorgia Mazzotti)
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