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Giorno: 11 Ottobre 2014

Al convegno di Confartigianato la testimonianza di una signora brasiliana che a 59 anni diventa imprenditrice

da: ufficio stampa Confartigianato

«Io ho 59 anni, vengo da San Paolo del Brasile, sono in Italia da 30 anni. E qui, a Ferrara, tra due settimane, aprirò il mio centro da estetista. Diventerò imprenditrice di me stessa e voglio assumere collaboratori. Io credo in questa città, credo in questo Paese, ma dovete farlo anche voi. Io ve l’ho dimostrato, perché ho sempre lavorato qui, ho investito qui i danari guadagnati nel tempo, che oggi utilizzerò per cominciare la mia impresa. Non sono scappata all’estero, non sono tornata in Brasile, non ho portato là i miei risparmi. Ho avuto tanta paura, ma anche tanta fede. E a voi, qui in sala, tutte, dico ‘potete farcela’ ‘possiamo farcela’. Ma voi che siete italiane, voi che siete ferraresi, dovete usare tutta la vostra creatività, la vostra energia e il vostro senso di appartenenza. Non si deve smettere mai di sognare». Con queste parole, Rita di Carmo, ha incantato ieri il pubblico della Sala Zarri, dove era in corso il convegno organizzato da Confartigianato e UniCredit teso a promuovere un nuovo strumento per sostenere le imprese femminili nell’accesso ai finanziamenti. «Un servizio – , come hanno rimarcato il direttore Giuseppe Vancini, e Giovanni Bottega, responsabile UniCredit per lo Sviluppi e le relazioni con il territorio – teso ad aiutare le donne a presentare progetti che consentano loro di accedere al fondo centrale di garanzia prima ancora di avere avuto il benestare delle banche grazie ad un voucher corrispondente al valore (fino all’80% e con un limite massimo di 1 milione e mezzo di euro) della garanzia richiesta». Lei, Rita, ha incarnato il senso dell’iniziativa, dimostrando che «per essere imprenditrici, per volersi realizzare, per volere contribuire allo sviluppo del proprio territorio non c’è età». Parole confermate dalla Consigliera di Parità, Donatella Orioli, che ha ammonito dal ‘cestinare le persone ‘over’, «perché hanno spesso un bagaglio di esperienza e competenze che equivale a un grandissimo investimento». Il convegno è stato introdotto da Caterina Paparella, Presidente Donne Impresa Confartigianato ed è stato chiuso dalla collega regionale, Emanuela Battilega, entrambe soddisfatte dei nuovi percorsi messi in campo dall’associazione e UniCredit.

Coldiretti: giornata mondiale dell’alimentazione, boom di orti urbani e visite alle aziende agricole

da: ufficio stampa Coldiretti

Domenica 12 ottobre è la giornata mondiale dell’alimentazione, dedicata in particolare all’agricoltura familiare. Dalle 10 alle 18 visite nelle aziende agricole e con Coldiretti alla scoperta degli orti urbani con il progetto di Educazione alla Campagna Amica 2014/2015 rivolto agli studenti delle scuole primarie e medie.

E’ un vero e proprio record la crescita nelle città capoluogo dell’Emilia Romagna delle aree verdi destinate a orti pubblici, che in soli due anni sono più che triplicate, passando dai 200 mila ettari del 2011 ai 612 mila ettari del 2013. E’ quanto emerge, alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, da una analisi di Coldiretti Emilia Romagna sulla base dei dati Istat delle aree verdi di proprietà comunale che vengono divisi in piccoli appezzamenti e adibiti ad uso domestico, all’impianto di orti e al giardinaggio ricreativo.
E’ boom – commenta Coldiretti Emilia Romagna – che, senza voler richiamare alla memoria gli “orti di guerra”, oggi costituisce una risposta alla crescente domanda di verde anche nelle città che, complice la crisi, da un lato spinge un cittadino su quattro alla coltivazione “fai da te” per uso domestico, e dall’altro risponde alla voglia di trascorrere più tempo a contatto con la natura. Una tendenza che –continua Coldiretti – si accompagna anche ad un diverso uso anche del verde privato con i giardini e i balconi delle abitazioni che sempre più spesso lasciano spazio ad orti per la produzione “fai da te” di lattughe, pomodori, piante aromatiche, peperoncini, zucchine, melanzane, ma anche di piselli, fagioli fave e ceci da raccogliere all’occorrenza.
E’ anche per rispondere a questo desiderio di verde e di contatto con la natura che Coldiretti EmiliaRomagna per l’anno scolastico 2014-2015 promuove “Educazione alla Campagna Amica”, il programma di educazione alimentare promosso da Coldiretti Donne Impresa e Campagna Amica, rivolto agli alunni delle scuole elementari e medie per affiancarli in un percorso di crescita nella conoscenza degli alimenti e nella sana alimentazione (per informazioni: www.emilia-romagna.coldiretti.it ).
Il programma quest’anno ha per tema “Un orto di classe: curare la terra, nutrire la vita”, e si propone di fornire spunti e strumenti di avvicinamento al tema dell’Expo Milano 2015, “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, incentrata su cibo e alimentazione. Il progetto formativo prende le mosse proprio dall’orto, in tutte le sue varie accezioni, familiare, urbano, sociale, agricolo, e accompagnerà insegnanti e alunni attraverso un percorso multidisciplinare ascoprire tutte le tematiche connesse alla cura dell’orto, alla riscoperta del rapporto città e campagna, al recupero di conoscenze e tradizioni del territorio e all’adozione di comportamenti responsabili e rispettosi dell’ambiente.
Con l’aiuto di esperti Coldiretti, alunni e insegnanti potranno avere tutte le informazioni necessarie su come si realizza un orto, su come si semina e si cura una pianta, la biodiversità animale e vegetale dell’orto, la definizione di un sistema ecologico che non genera rifiuti, la conoscenza della stagionalità delle produzioni, la scelta di una corretta alimentazione, la riscoperta del mondo rurale. Al termine del percorso gli alunni dovranno dimostrare con un proprio lavoro il bagaglio di conoscenze acquisite e, dove le condizioni lo permettano, realizzare un vero e proprio orto scolastico. Un’attività quest’ultima che non dovrebbe essere difficile in quanto, secondo elaborazioni di Coldiretti Emilia Romagna su dati Istat, nelle scuole delle città capoluogo della nostra regione ci sono 2,5 milioni di metri quadrati di giardini scolastici dove con un po’ di buona volontà è possibile ricavare lo spazio per un orto scolastico.
Le scuole che non avessero a disposizione terreno per l’orto possono sempre sperare di essere fortunate nel sorteggio dei “kit dell’orto del contadino Giò”, un vero e proprio orto biologico fuori terra, facilmente assemblabile, con irrigazione autonoma, semplicità di coltivazione. Ne sarà sorteggiato uno per ogni provincia e alla scuola vincitrice sarà assicurato anche il supporto di un personal-trainer che darà assistenza agli alunni e agli insegnanti, e per chi nel frattempo desiderasse conoscere più da vicino da dove viene il cibo e come si coltiva, domenica 12 sarà anche l’occasione della “Giornata dell’alimentazione in fattoria”, promossa dalla Regione Emilia-Romagna con una serie di aziende agricole che in tutte le province potranno essere liberamente contattate e visitate. Per Ferrara le aziende Coldiretti coinvolte sono la Fattoria di Zia Isa, a Viconovo di Ferrara (via dell’Ansa, 28); l’azienda agricola Callegari Paolo a Chiesuol del Fosso (Via Pelosa, 34B) e l’agriturismo La Florida, a Bondeno (Via Per Burana, 103). Ulteriori informazioni sul sito www.fattorieaperte-er.it.

Coldiretti: il mercato di Campana Amica torna a Pomposa per tutto ottobre

da: ufficio stampa Coldiretti

Cresce l’interesse per l’appuntamento della domenica con il mercato contadino dei produttori di Coldiretti – Campagna Amica. Tre domeniche per i prodotti a km zero e di stagione prima della pausa invernale.

Il mercato contadino di Campagna Amica a Pomposa di Codigoro, che vede l’offerta di prodotti a km zero e di stagione, raccoglie consenso e straordinariamente cala il poker: tutte le domeniche di ottobre, il 12, il 19 ed il 26, le aziende di Campagna Amica – Coldiretti, saranno presenti nell’area del parcheggio a pochi passi dalla millenaria Abbazia, nei pressi dei chioschi, a partire dalle 9 del mattino sino alle 17, proponendo frutta e verdura di stagione, miele, vino, confetture econserve, riso e piante e fiori.

Corrado Govoni
e la poesia elettrica

Ho optato per una cifra neutra, oggettiva, selezionando per la letteratura ferrarese del nostro tempo, scrittori genericamente lineari e-o sperimentali (poeti video e-o digitali inclusi): opzione esclusivamente s-oggettiva creativa e meritocratica, secondo me; autori celebri, noti, meno noti, poco noti, audience o meno dei nomi e degli scrittori “storicizzati”. Non un mero dizionario meccanico, ma spesso la focalizzazione dell’opera più rilevante: secondo criteri critici, prossimi, sia a certa analisi transtestuale e aperta, suggerita, ad esempio dal postmoderno essenzialmente francese, Deleuze, Baudrillard, sia da figure celebri ma liminari quali Franco Rella, sia lo stesso Giorgio Colli che definì poeta anche chi vive come tale, al di là (ovvio relativamente) del prodotto-opera in sé. Tutti contemporanei, eccetto pochissimi, selezionati per certo ruolo archetipico fondamentali per la letteratura ferrarese (e non solo) di fine secolo e del primo Duemila. A partire da Corrado Govoni.

Corrado Govoni, nato a Ferrara (Tamara di Copparo, 1884), spirato a Roma (Anzio, 1965) resta tutt’oggi il più geniale poeta ferrarese del XX secolo, uno dei più grandi della letteratura italiana contemporanea. Dopo anni di relativo oblio, a partire dal trentennale della morte, l’editoria e l’ambiente poetico nazionale hanno riportato all’attenzione Corrado Govoni, capace di assurgere a suo tempo fra i protagonisti del futurismo e tra i più fedeli amici (almeno nella fase eroica dei primi tempi) di Marinetti e Palazzeschi: il carteggio di quest’ultimo con Govoni appare significativo, e altrettanto un eloquente tributo postumo del poeta al fondatore Marinetti (citato da De Maria in “Marinetti e il futurismo”). Tale riscoperta segue la riscoperta stessa del Futurismo, di cui sono stati recentemente promotori i vari Benedetto, Grisi, Agnese, Tallarico, Verdone e De Maria (ecc.).
Nel trentennale della morte (1995), Ferrara stessa con la rivista “Poeticamente” gli ha dedicato un omaggio contemporaneo, “Elettriche Poesie”, ricordandolo come poeta vivo e vitale di questi anni duemila (anche in “Rete a Ferrara” in versione trailer). Negli anni Ottanta, la città dedicò al poeta un importante convegno (centenario della nascita) ben puntualizzato anche da Antonio Caggiano, il noto critico e scrittore nonché cronista d’arte del Resto del Carlino. Corrado Govoni fu autenticamente futurista, cavalcò la rivoluzione della poesia italiana e mondiale, scoprì lo spirito moderno con colori squisitamente artistici. Al passo con i futuristi e con le avanguardie, Corrado Govoni immaginò e sperimentò un rinascimento moderno in netta polemica con il modernismo volgare e materialista che ha poi dominato l’intero XX secolo: Corrado Govoni anticipò – pure – con esiti raramente uguagliati, la Poesia visiva e le Neoavanguardie del secondo Novecento; e i vari Spatola, Sanguineti e Perfetti provengono tutti dalla lezione govoniana. Alle soglie del 2000, in particolare, i toni non solo aggressivi, ma aurorali, sereni e cosmici della poesia govoniana, rispetto alla ‘tradizione’ futurista (ad esempio, tra l’anarchismo letterario di Marinetti e il lirismo meccanico di Soffici), ci indicano autentiche preveggenze ecologiche di ovvia importanza: in Govoni, l’utopia futurista diventa un’utopia verde, futuribile, come è evidente anche in certo suo crepuscolarismo, una visione della macchina, tra i bordi di Spengler e lo stesso Marinetti.
Letto oggi, in Govoni non vibrano più soltanto virilismo guerriero, automobili, aeroplani e radio bellicose, ma anche auto elettriche, centrali solari e sensualità: la poesia del futuro come ecologia dirompente…

da “Dizionario della letteratura ferrarese contemporanea”, eBook a cura di Roby Guerra (Este Edition-La Carmelina, 2012)

Per ulteriori informazioni, visitare la pagina su Corrado Govoni in Wikipedia [vedi], la pagina di Roby Guerra [vedi] e il sito di Este Edition [vedi]

IL FATTO
In fabbrica c’è il robot, Cipputi resta a casa

L’annuncio della Volkswagen di voler sostituire con i robot una parte dei circa 32 mila lavoratori che andranno in pensione dal 2015 al 2030 è un cambiamento destinato ad avere ripercussioni importanti. La decisione della casa automobilistica tedesca è di natura economica: il costo del lavoro oggi è superiore ai 40 euro/ora contro gli 11 dell’Est Europa, i 10 della Cina; ma il robot oggi arriva a 5 euro all’ora e forse costerà ancor meno in futuro.
La Volkswagen continuerà ad assumere giovani ai livelli attuali, ha detto il capo del personale Horst Neumann. Ma non è solo questo il punto. Che nell’industria avanzata il ricorso ai sostituti meccanici sia in crescita non è una novità, mentre sotto i nostri occhi sta cambiando la natura del lavoro e l’apporto umano nei processi manifatturieri dei paesi dell’Ocse si sta profondamente modificando. Insomma, non più solo ‘homo faber’.
La robotica peraltro, invade sempre più le nostre esistenze: nelle aziende, nelle case, negli uffici, negli ospedali. Secondo l’International Federation of Robotics tra il 2012 e il 2015 verranno venduti nel mondo 15,6 milioni di robot. In Giappone oggi le vendite di sostituti meccanici superano le 20 mila unità all’anno in cui sono comprese modelle, badanti, cuochi robot. Tra l’altro, l’Italia è il quarto paese al mondo per l’utilizzo dei robot nella chirurgia. Arriveremo forse al personal robot, mentre si sta sviluppando la sperimentazione per ottenere umanoidi sempre più simili a noi.
Qualche considerazione. La prima: il cambiamento della natura del lavoro vedrà – sta già vedendo – tutti i soggetti interessati alle prese con questo problema. Il robot non si ammala, non protesta, non va in ferie, lavora 24 ore su 24: come sarà la fabbrica di un non lontano futuro? Meglio pensarci già da ora.
Seconda considerazione: lo sviluppo della robotica, che riguarderà applicazioni attualmente inimmaginabili in aggiunta a quelle attuali, è uno dei settori della nuova economia: anche in Italia, anche in Emilia-Romagna, dove possono svilupparsi nuove realtà produttive.
Da ultimo, cambierà il senso della vita. Se la rivoluzione elettronica in trent’anni ha così tanto modificato le nostre esistenze – non sempre in meglio – quella robotica cosa comporterà? Per adesso, abbiamo come principale termine di paragone la fantascienza o i film come “Blade Runner”. Tra pochi anni, che passeranno velocemente, non saremo più dentro un film.

L’EVENTO
Pittrice del Po a Casa dell’Ariosto

Alberi, rive del fiume, canne e foglie. Sono pezzetti di terra e acqua, di natura e cielo alle pareti per festeggiare l’88° compleanno della pittrice del Po, Carolina Marisa Occari. All’opera delicata e intensa dell’artista scomparsa pochi mesi fa, la Casa dell’Ariosto di Ferrara dedica una mostra nel giorno della sua nascita. Domani alle 17,30 l’inaugurazione con le opere di una vita intera. Disegni, acquerelli e incisioni realizzati dal 1946 al 2013.

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“La vecchia fornace a Serravalle”, acquerello di Carolina Marisa Occari

Curatori della mostra e del catalogo – edito da Marsilio – i figli dell’artista, Licia e Luca Zampini. Al critico Gianni Cerioli il compito di raccontare i percorsi dell’opera e dalla vita di Carolina.
Nata a Stienta – 18 chilometri da Ferrara e e 31 da Rovigo, di cui è frazione – a Ferrara studia e prende la maturità artistica al Dosso Dossi. A Bologna si iscrive all’Accademia di belle arti, dove è allieva di Giorgio Morandi, da cui impara così bene l’arte dell’incisione. Nel 1954 le sue acqueforti e riproduzioni a stampa ricevono il premio dell’Accademia per l’incisione e il primo premio per il bianco e nero dall’Università di Bologna. Ma, soprattutto, la sua capacità di rendere in bianco, in nero e in grigio paesaggi e immagini naturali le valgono la proposta del grande maestro e insegnante. Al termine degli studi, Morandi le chiede ufficialmente di fargli da assistente. Lei ci pensa, ma poi rinuncia. “Voleva restare vicina al suo fiume” racconta il figlio. Vicina al Po, che l’ha ispirata in tanti disegni e incisioni, anche durante l’alluvione del Polesine del ’51, quando realizza tante opere, ora conservate in collezioni private, all’Accademia dei Concordi di Rovigo e alla Cassa di risparmio del Veneto-Intesa San Paolo.
Luca – che il talento artistico materno lo ha riversato nella fotografia – ama ricordare Carolina con le mani quasi sempre macchiate d’inchiostro e i vestiti “pieni di patacche”. Una luce speciale illumina il suo sgardo, mentre ricorda una madre attentissima, che pure incarnava lo stereotipo del genio, capace di illuminazioni artistiche folgoranti, eppure tante volte così inconsapevole del mondo intorno o dei dettagli pratici. “Era un po’ persa – ride Luca – distratta. Figurarsi che da ragazza, sovrappensiero, una volta raccontava di essersi presentata a un distributore di benzina per fare il pieno al motorino, salvo poi rendersi conto di essere in sella alla bicicletta!”. Anche l’altra figlia Licia, che ha curato la catalogazione di tutte le opere, ha raccontato sorridendo del caos artistico degli oggetti della mamma, con alcuni disegni rintracciati perfino in mezzo ai panni.

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“Alluvione del 1951 a Occhiobello”, olio di Carolina Marisa Occari

Madre e artista, del resto, sono le due anime parallele di Carolina creatrice. Che anziché fare l’assistente del grande maestro Morandi si sposa e, dal 1958 al 1963, dà alla luce quattro figli. Intanto insegna a Tresigallo, Codigoro e altri comuni ferraresi per una ventina d’anni. Resta quindi così poco spazio e tempo per la sua vocazione artistica. Che però torna fuori appena i bambini crescono, e che la fa ricominciare a dipingere dal 1976. Da quel momento non smette più. In golena, nelle valli o seduta nel giardino della vecchia casa sul Delta del Po, Carolina acquerella fronde d’alberi e argini, tratteggia il vecchio ciliegio della sua gioventù, l’olmo, la quercia, come pure il verde intenso che coglie nel cortile alberato sotto la sua casa, nel condominio di via Francesco del Cossa affacciato sull’Istituto Canonici Mattei di Ferrara.
Le sue opere ora sono in mostra alla Casa dell’Ariosto, via Ariosto 67. Ingresso libero. Promotori dell’evento il Comune di Ferrara, Ferrara Arte, Biennale donna, Cassa di Risparmio del Veneto. Dal 12 ottobre al 7 dicembre 2014, ore 10-12,30 e 16-18, chiuso lunedì.

Leggi anche su Ferraraitalia: “L’addio a Carolina Marisa Occari: maestra d’incisione e allieva di Morandi insegnava agli studenti l’arte di guardare” di Davide Bassi

L’APPUNTAMENTO
Le tante vie dell’antimafia

Dopo la presentazione di Mafie del Nord. Strategie criminali e contesti sociali, lunedì mattina al dipartimento di Giurisprudenza, la Festa della legalità e della responsabilità 2014 torna ad affrontare il tema del radicamento della criminalità organizzata nel Nord Italia, cambiando però l’angolo di osservazione. L’appuntamento di lunedì con la ricerca curata dal gruppo di sociologi coordinato da Rocco Sciarrone ha rappresentato un momento di riflessione, in cui l’obiettivo era la ricerca di un metodo di studio del fenomeno per coglierne le diverse sfaccettature. La serata di mercoledì alla Sala Boldini, con la proiezione del documentario Romagna Nostra. Le mafie sbarcano in riviera, è stata ancora momento di riflessione, ma quella riflessione che nasce dalla denuncia. Il documentario è, infatti, il frutto dell’impegno dei ragazzi del Gruppo Antimafia Pio La Torre di Rimini che per più di un anno hanno lavorato alla ricostruzione del radicamento della criminalità organizzata tra Ravenna, Rimini, Riccione e San Marino: dal gioco d’azzardo dominato dai calabresi, all’affare del riciclaggio attraverso le strutture alberghiere controllato dalla camorra. Hanno realizzato interviste a giornalisti, avvocati, amministratori pubblici e magistrati, hanno letto gli atti delle inchieste e hanno ricostruito le operazioni della forze dell’ordine. E quando non hanno ricevuto attenzione o risposta da case di produzione e distribuzione a livello locale e nazionale, invece di lasciar perdere, hanno imboccato la strada del crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal basso, raccogliendo in brevissimo tempo i circa 2.000 euro con i quali hanno sostenuto le spese necessarie a realizzare il documentario. “Il nostro obiettivo è abbattere due stereotipi”, hanno spiegato Stefano e Davide, arrivati da Rimini per presentare il loro lavoro, “quello della negazione della presenza delle mafie al Nord” e “quello di una criminalità fatta di colletti bianchi, per cui sarebbe difficile riconoscere i mafiosi perché non utilizzano metodi violenti”. Romagna Nostra è quindi il racconto di fatti, aggressioni, intimidazioni, omicidi e sparatorie, avvenuti negli ultimi 25 anni in riviera.
romagna-nostra-le-mafie-sbarcano-in-riviera-2_673_676Due mezzi, due metodi diversi, che hanno in comune la ricerca, lo studio, la passione, l’onestà intellettuale. Per una maggiore consapevolezza di una realtà che ancora molti non riescono o non vogliono vedere, si possono percorrere entrambe le vie. Entrambi, infatti, la ricerca sociologica di Sciarrone e il documentario dei ragazzi riminesi, arrivano alle stesse conclusioni: “La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.” (Giovanni Falcone)

Ragionare da umani,
ragionare da alberi

Anni fa, durante un corso di specializzazione, rimasi colpita dalle parole di un relatore: “Se vuoi lavorare con gli alberi, ragiona da albero”. Forse si trattava di una battuta, forse era una citazione altrui, di certo chi aveva espresso questo pensiero non era esattamente uno qualunque, infatti si trattava di Gildo Spagnolli, una figura mitica per chi si occupa di giardini e di verde pubblico in Italia. Spagnolli ha praticamente fondato la Giardineria del Comune di Bolzano, da lui diretta con energia e competenza per quarantadue anni, creando un esempio di progettazione e di gestione delle aree verdi urbane, stabile e indipendente dalle logiche elettorali. È sufficiente aprire la pagina del sito della città di Bolzano, scorrere i servizi che fornisce la Giardineria e leggere con quanta chiarezza sono espressi, per renderci conto che stiamo parlando di un altro pianeta. Dal vivaio delle piante, ai giardinieri che le curano, fino ai progettisti e amministratori, la Giardineria fornisce un pacchetto di gestione completa, che delega agli esterni solo alcuni interventi di pulizia. Soprassediamo sul fatto che tutto questo ha determinato una conoscenza della complessità del sistema del verde della città che dovrebbe essere una componente fondamentale di chi lavora in questo settore, vorrei però sottolineare un aspetto della Giardineria che mi piacerebbe fosse obbligatorio ovunque: il vivaio comunale.

È evidente che produrre in proprio il necessario richiesto dai progettisti, garantisce una coerenza totale tra progetto e realizzazione e, soprattutto, la qualità delle piante stesse. Piante sane, ben formate, messe in terra nel momento giusto, sono un’ottima partenza per ridurre i costi di manutenzione nel tempo e permettere di ragionare in termini di piantagioni stabili, evitando il cava-e-metti delle annuali. Nel caso degli alberi, la qualità della pianta dovrebbe essere un obbligo, ma non è così. Gli alberi sono organismi straordinari, la loro forma, caratteristica per ogni specie, è una macchina perfetta che ne garantisce salute e stabilità. Quando un albero crea dei problemi, nella stragrande maggioranza dei casi è colpa degli esseri umani. I casi più frequenti sono quelli della diffusione di malattie che si trasmettono usando attrezzi infetti e non puliti, o ignorando le pratiche di smaltimento del legno malato (come nel caso della epidemia di cancro colorato del platano). Poi ci sono errori di piantagione, specie sbagliata per lo spazio a disposizione, con conseguenti sbancamenti di muretti e pavimentazioni, e errori di potatura. Gli alberi non amano le potature, i tagli su legno vivo sono delle ferite che permettono l’ingresso agli intrusi: funghi, parassiti, malattie varie e che possono compromettere la stabilità perché, interrompendo l’asse di crescita, si formano ramificazioni con angolature che, nel tempo, cedono per il loro peso. Basterebbe questo per pensarci bene prima di pigliare in mano una sega a motore e ridurre una pianta maestosa a uno scheletro di legno, eppure questa convinzione è talmente dura a morire che persino l’animazione di apertura di Google, nel giorno di equinozio d’autunno, ci mostrava degli alberi, che dopo aver perso le foglie, avevano la ramificazione tipica di un albero cimato, o ancora peggio capitozzato.
Intorno a noi è rarissimo vedere un albero con la sua forma caratteristica, perché per decenni ai giovani alberi veniva castrata la punta, si spezzava la “freccia”, il ramo che sale dalle radici e esce dalla terra diretto verso il cielo, per favorire una forma regolare, sferica e innaturale della chioma. Ma non c’è verso, continuiamo a ragionare da umani, “perché si fa così”, ma quello che può avere un senso per un albero da frutto che deve produrre molto e vivere poco, non ne ha per un albero che fiancheggia una strada, che fa ombra in un parcheggio o che ci delizia nei giardini. Per le alberature storiche, ormai, bisogna considerare caso per caso, ma per le nuove piantagioni impariamo a scegliere in base allo spazio disponibile, scegliendo piante ben formate e dritte. Ci sono alberi bellissimi, di tutte le forme e dimensioni e, se non abbiamo lo spazio per un gigante in giardino, impariamo a goderne la bellezza in un parco e a scegliere con criterio i nostri amici vegetali, in modo da evitare di ridurli a patetici moncherini privi di grazia e bellezza. Insomma, bisogna avere buon senso e cominciare a ragionare da alberi, e capire che quando un albero potato vigliaccamente produce uno sproposito di ramificazioni, non lo fa perché si diverte, ma perché ha paura e sta cercando di sopravvivere.

[La foto è di Raffaele Mosca]

IMMAGINARIO
Lolli in scena.
La foto di oggi…

“Ho visto anche degli zingari felici” canta Claudio Lolli, anni ’70  E in quegli anni di contestazione lo zingaro felice diventa simbolo dell’uomo che si contrappone al modello sociale unico e globalizzato. Nomade del pensiero, “lo zingaro” più famoso della canzone impegnata torna oggi a Ferrara. Alle 20,45 sul palco della Sala Estense, in piazza Municipale, Lolli sarà insieme con Massimo Altomare (del duo Loy e Altomare) e i Meseglise. E’ la 3a “Rassegna storica della nuova canzone d’autore” dell’associazione Aspettando Godot.

OGGI – IMMAGINARIO MUSICA

Claudio-Lolli-cantautore-zingari-felici-rassegna-storica
Claudio Lolli in un’immagine storica del cantautore di “Ho visto degli zingari felici”

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

[clic sulla foto per ingrandirla]

GERMOGLI
Pane e tempesta
L’aforisma di oggi…

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

Pensando a Genova e ai suoi genovesi. Il nostro sostegno.

Stefano Benni“E per noi ogni giorno è prezioso. E abbiamo i racconti. E sappiamo riparare le cose […]. E anche se il vento ci soffia contro, abbiamo sempre mangiato pane e tempesta, e passeremo anche questa”.

(Citazione: Stefano Benni, Pane e Tempesta)