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Giorno: 29 Novembre 2014

Il quarto incontro del ciclo “Passato Prossimo”

da: Responsabile Eventi Libreria IBS.it Ferrara

La libreria IBS.it ha ospitato ieri il 4° appuntamento del ciclo Passato Prossimo. Pagine recenti di storia costituzionale, promosso dal Dottorato in Diritto costituzionale dell’Università di Ferrara. Tema dell’incontro: la crisi di legittimità del sistema dei partiti nella c.d. Prima Repubblica.
Ad aprire l’incontro è stato l’attore Marcello Brondi, con un’interpretazione di due testi sarcastici del teatro-canzone di Giorgio Gaber dedicati ai partiti italiani. E’ toccato poi ad Andrea Guazzarotti, costituzionalista dell’Ateneo estense, ricostruire la parabola delle forze politiche e delle loro organizzazioni, dalla nascita della Repubblica, alla loro centralità parlamentare, fino al tracollo conseguente a Tangentopoli.
Il successivo dialogo tra il politologo bolognese Piero Ignazi e il costituzionalista ferrarese Roberto Bin, invece, ha sviluppato le tesi sostenute nelle pagine del libro – scritto da Ignazi – che ha dato lo spunto all’incontro: Forza senza legittimità. Il vicolo cieco dei partiti (Laterza, 2012). Il pubblico, numeroso come in tutti i precedenti appuntamenti, ha così potuto ascoltare risposte non reticenti (e spesso contro corrente) a domande sempre attuali e non solo retrospettive: perché i partiti hanno così cattiva fama? Perché hanno perso iscritti, elettori e credibilità? Sono davvero entrati in una crisi priva di soluzioni? O, invece, sono solo meno legittimati ma ancora forti, come e più di prima?
Prossimo, ultimo incontro, del ciclo Passato Prossimo: venerdì 5 dicembre, alle ore 17.00. Tema: populismo, crisi della rappresentanza politica e avvento dei partiti carismatici.

Vaccini, l’Ordine Medici Ferrara contro il Ministero

da: Ufficio Stampa & Comunicazione di Camilla Ghedini

«La preoccupazione dei medici sta ormai superando quella dei pazienti. Il Ministero non può stare a guardare in nome della discrezionalità concessa in materia sanitaria alle Regioni. Regioni che in alcuni casi, come il Lazio, hanno bloccato i vaccini, mentre altre, come l’Emilia Romagna, al momento in cui scrivo permettono la continuità, lasciando tutto nelle nostre mani. Noi non possiamo assumerci questa responsabilità. Soprattutto considerando il fatto che da un lotto isolato, anche geograficamente, da cui è partita questa incresciosa vicenda, si è passati a più lotti. Questo modo di procedere, oltre che ambiguo, è deleterio. Un conto è evitare l’allarmismo, un conto è mettere noi professionisti nelle condizioni di prendere decisioni senza avere un adeguato supporto di informazione. Io da lunedì non somministrerò più vaccini. E così sarà di finché la situazione non sarà chiara. Ma tutto ciò comporterà conseguenze. Sia in termini di credibilità, sia, soprattutto, di salute. Perché c’è chi del vaccino ha bisogno per vivere. E pensare che rinunci a farlo, per il timore legittimo di morire, è contro ogni forma di etica. Il Ministero se ne assuma la responsabilità».

Bruno di Lascio, Presidente Ordine Medici di Ferrara

“Carta, nastri e solidarietà”: dal primo dicembre alla IBS.it bookshop di Ferrara arrivano i volontari di Coopi

da: Responsabile Eventi Libreria IBS.it Ferrara

Obiettivo: sfamare 5.000 bambini del Mali

Dal primo dicembre la libreria IBS.it bookshop di Ferrara ospiterà la campagna natalizia “Carta, nastri e solidarietà” promossa dalla ONG COOPI – Cooperazione Internazionale, con l’obiettivo di raccogliere i fondi che andranno a sfamare 5.000 bambini del Mali, paese dove 1 bambino su 6 soffre di malnutrizione acuta, che spesso può portare alla morte e il 38% dei bambini soffre di malnutrizione cronica.
I volontari di Coopi saranno in libreria a disposizione dei clienti per realizzare i pacchetti regalo e chi vorrà potrà contribuire alla campagna con una donazione libera.
“Per IBS.it è sempre stato molto importante partecipare e contribuire a campagne di solidarietà e alla raccolta di fondi. – racconta Luca Domeniconi, Vice Direttore Generale di IBS.it – Fondi che in questo caso saranno devoluti a progetti mirati e specifici. La clientela che frequenta le nostre librerie ha sempre apprezzato iniziative di questo genere. Siamo orgogliosi di aderire alla campagna di Coopi con la quale abbiamo intenzione di organizzare altre iniziative nel corso del 2015.”
Grazie alla partecipazione di IBS.it, COOPI inaugura in anticipo “Carta Nastri e Solidarietà”. L’iniziativa coinvoglerà tutti i negozi della catena IBS.it bookshop con uno spazio dedicato nei 10 punti vendita di Bergamo, Bologna, Ferrara, Firenze, Lecco, Mantova, Novara, Padova, Treviso, Roma.
Per informazioni 
IBS.it bookshop Ferrara
Piazza Trento Trieste – Palazzo San Crispino 
0532241604 – ibsferrara@ibs.it

COOPI è un’organizzazione umanitaria italiana fondata nel 1965, presente in 23 Paesi di Africa, America Latina e Medio Oriente. Nel 2013 ha realizzato 188 progetti di cooperazione internazionale, aiutando così 2,5 milioni di persone. L’intervento di COOPI si sviluppa su due assi principali: da una parte, la cura della malnutrizione acuta e severa, attraverso la distribuzione di cibo, medicinali e lo screening comunitario; e dall’altra, la sua prevenzione, tramite la sensibilizzazione delle comunità, la distribuzione di kit per la depurazione dell’acqua e il rafforzamento delle competenze del personale medico. www.coopi.org
IBS.it bookshop è la catena di librerie di Internet Bookshop Italia (Gruppo Messaggerie). Le librerie IBS.it bookshop sono il punto di convergenza tra la vendita tradizionale di libri e prodotti legati all’entertainment e la nuova frontiera del digitale. I punti vendita presenti in Italia ad oggi sono situati nei centri storici di grandi città: Roma, Firenze, Bologna, Padova, Bergamo, Ferrara, Mantova, Novara, Lecco, Treviso.

La Red Night del 22 novembre fa segnare un 38% in più di presenze rispetto al sabato precedente

da: ufficio stampa Ascom Ferrara

Il format della RED NIGHT, realizzato sabato 22 novembre, si conferma un successo seriale: i contapersone – installati dalla cabina di regia comunale del centro storico – situati presso via Bersaglieri del Po hanno permesso di registrare, (appunto il 22 novembre) il 38% delle presenze in più rispetto a quelle segnalate il sabato 15. In valore assoluto qualcosa rispettivamente come 16990 presenze contro le 12288 della settimana precedente.

“I dati parlano chiaro ed hanno bisogno di pochi commenti – spiega il direttore generale Ascom Ferrara Davide Urban – dopo il successo della prima edizione della Red Night (lo scorso 18 ottobre) la seconda edizione – che ha coinvolto tutto il centro storico di Ferrara abbellendo le entrate dei negozi con tappetti rossi, suggestive lanterne luminose e la possibilità di aperture serali – è una piacevole e concreta dimostrazione di quanto si può organizzare coinvolgendo in pratica 300 negozianti. Inoltre è la prova di cosa possa fare mettendo in rete energie e volontà positive per rilanciare e valorizzare la nostra città. Un successo che continua ancora oggi perchè continuiamo a ricevere richieste di adesione. I commercianti hanno capacità e passione e lo dimostrano quotidianamente. Il compito di Ascom è fornire loro mezzi e strumenti adeguati per accompagnare il loro lavoro”.

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Fondo europeo del mare e della pesca: Emilia-Romagna, Veneto e Friuli chiedono al Ministero la gestione delle misure di interesse locale

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

Alla vigilia dell’approvazione del Piano operativo nazionale per il Feamp, il Fondo europeo per la pesca 2014-2020, attesa per i primi mesi del 2015, le Regioni del Distretto per la pesca dell’Alto Adriatico – Emilia-Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia – chiedono che venga mantenuta essenzialmente a livello locale la gestione delle misure per l’acquacoltura e la vallicoltura; la competitività; l’ammodernamento delle barche e dei macchinari; la trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici; la ristrutturazione dei porti.
Della richiesta, sulla quale si è espresso favorevolmente anche il rappresentante del Ministero delle Politiche agricole, si è fatto portatore l’assessore regionale all’agricoltura dell’Emilia-Romagna Tiberio Rabboni, coordinatore del Distretto, nel corso dell’ultimo incontro svoltosi a Bologna. Tra i temi affrontati nel corso della riunione, anche la sempre più difficile situazione dei Consorzi di gestione della molluschicoltura. Le crescenti difficoltà di reperimento delle vongole, infatti, si sommano a regole europee sulle misure ammesse per il prodotto raccolto, che, secondo i molluschicoltori, non solo non rispecchiamo la reale situazione produttiva, ma che non riconoscono nemmeno alcuna flessibilità per il raccolto fuori norma. Rabboni ha dato la disponibilità delle Regioni riunite del Distretto a richiedere a Ministero e Ue, sulla base dei dati scientifici illustrati nel corso dell’incontro, una revisione dei parametri attualmente ammessi.

Teleriscaldamento: una delegazione russa in visita alla centrale Hera

da: ufficio stampa Hera

Una quindicina di tecnici della Gazprom Energoholding si è recata in Via Diana, dove ha potuto visitare l’impianto, considerato un’eccellenza a livello europeo. Gettate le basi per un proficuo rapporto di collaborazione

Una delegazione di una quindicina di tecnici della Gazprom Energoholding LLC, l’azienda russa che gestisce l’impianto di teleriscaldamento a Mosca, ha fatto visita alla centrale Hera di teleriscaldamento, in via Diana, 40.
La delegazione era guidata da tre direttori di area tecnica dell’azienda russa. Non è la prima volta che rappresentanti di realtà straniere visitano gli impianti di teleriscaldamento di Ferrara, considerati un’eccellenza tecnologica a livello europeo.
Va ricordato infatti che l’efficienza nell’uso delle risorse, le basse emissioni di CO2, l’utilizzo di energia rinnovabile (geotermia), sono stati i tre criteri che lo scorso anno hanno portato al riconoscimento ad Hera, per il sistema di teleriscaldamento ferrarese, della prestigiosa certificazione europea “Ecolabel”. Si tratta del marchio europeo che premia le performance migliori dal punto di vista ambientale, certificandone il ridotto impatto.
La visita è stata preceduta dall’illustrazione delle caratteristiche tecnico-scientifiche, degli impatti ambientali e delle rese energetiche dell’impianto, di sui sono state illustrate anche le modalità e i costi di gestione.
Occorre ricordare che in paesi come la Russia il teleriscaldamento rappresenta un terzo degli impieghi energetici. In tutta l’area Baltica, secondo i dati dell’Iea, l’Agenzia Internazionale per l’Energia, il 70% delle case è scaldato grazie a questa tecnologia. Mosca (18 milioni di abitanti) vanta una delle più estese reti di teleriscaldamento del mondo (16.000 chilometri di rete).
“Con la visita da parte di questa importante delegazione russa, che si è dimostrata entusiasta dell’alto livello tecnologico dei nostri impianti, si è instaurato un cordiale rapporto di collaborazione, che comporterà uno scambio di informazioni, proficuo per entrambe le aziende” – ha affermato Fausto Ferraresi Direttore Teleriscaldamento di Hera che ha accompagnato nella visita la delegazione russa assieme ai responsabili dell’impianto di Ferrara.

LA RIFLESSIONE
La faciloneria linguistica degli italiani

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato/ l’animo nostro informe – Eugenio Montale
Sarà l’età che avanza, sarà l’eco ancora strepitosa della bellissima conferenza di ieri tenuta da Stefano Prandi su Ennio Flaiano per il ciclo “Italiani brava gente. Rileggere il carattere degli italiani”, organizzato dall’Istituto Gramsci e dall’Istituto di storia contemporanea, ma la condizione del nostro popolo e di una parte di quest’ultimo, vale a dire quella dei vecchi, mi spinge a riflettere su certe cadute linguistiche e quindi anche culturali che sembrano essere d’uso comune proprio nella comunicazione.

Prandi riferiva ieri di una parola assai comune letta in un giornale cittadino e scritta con un grosso errore ortografico. Oggi un conduttore di una rete televisiva cittadina nel commentare la prossima settimana alti studi dell’Istituto di studi rinascimentali, vedendo scritto Duerer al posto di Dürer, ha proprio letto Duerer! Non è che le notizie fornite in quel servizio fossero di per sé eclatanti ma, quando vengono fornite in quel modo, riconosci comunque che il carattere degli italiani non cambia: disprezzo o meglio ignoranza per le regole grammaticali, per la forma, per le lingue. Sommo rispetto invece per qualcosa che poi si trasforma in “politichese”: frasi fatte, metafore, simboli, oltre all’ignoranza patologica delle lingue straniere.

E, si badi, non è il dialetto la causa prima di questa faciloneria linguistica ma l’uso della sbrigatività come mezzo utile per arrivare allo scopo. Poi, ed è pensiero comune, tutti debbono capire l’italiano! Sono lontane le radici di questa incuria. Per secoli la nostra lingua ha rappresentato un modello, poi è stata soppiantata da altre: prima il francese e poi l’inglese che hanno strutture linguistiche diversissime che noi tentiamo di riflettere. “E il bicchier mezzo vuoto” e la “sintesi” e tutto l’armamentario di una lingua che fa finta di essere informata e che poi rigetta per indigestione le stesse pseudo regole che si è data. Non parliamo poi della lingua scritta nei media come twitter o facebook. Alla fine siamo più affascinati dalla selva di microfoni che “imboccano” il parlante (quasi sempre un politico che di quello che costui sta dicendo; oppure da figure ormai familiari come quella di un signore che si mette la penna in bocca e fa finta di registrare sempre, ossessivamente, presente ovunque si materializzi un politico oppure di un suo gregario, un paffuto giovinetto rossiccio che spalanca la bocca pur di essere ripreso dalle telecamere.

Che pena!

Eppure oggi, svogliatamente, facendo zapping (sì! anche i soloni della lingua fanno certe cose o parlano come i media!) e dovendo riposare gli occhi, mi capita di vedere su una rete dedicata alla musica uno spettacoloso documentario “Casa Verdi” che racconta la vita nella gloriosa casa milanese dove sono ospitati gli artisti che non possono più vivere da soli ma sono protetti dignitosamente.

Una signora, con ancora un filo di voce e con i gioielli rimasti di una forse fastosa carriera, canta “La vergine degli angeli”; altri la guardano e applaudono: volti anonimi comuni che non hanno più nulla dell’eleganza, dell’eroismo, della leggerezza a cui votarono la loro vita.

Eppure meravigliosi, quasi che il contatto diretto con la bellezza avesse lasciato per sempre un segno di nobiltà. Così vorresti abbracciare il cantante che è stato imitato, lui racconta, da Di Stefano, e che, quando lo pensa gli viene “il mal di gola”. Meravigliosa metafora e traduzione da cantante del termine “nodo alla gola”. E la danzatrice di tip tap che sa benissimo per avere sposato un americano che si chiama, in inglese, “step dance” e che quando vede ballare Fred Astaire e Cyd Charisse esclama: “Ora Cyd, poverina” dice Tata Vanoni così si chiama, “è morta”. Ma non lo dice del grande Fred Astaire.

Un’umanità nobile che si rivela fatta di fango ma destinata alle stelle della musica. Della danza, della prosa e di tutto ciò che rende meno triste la vita.

Un medico le accarezza chiede se vogliono risentire ancora Montserat Caballè nel “O mio babbino caro” e tutti dicono di sì chiudono gli occhi o come fa la bellissima arpista strofinano impacciate il sacchetto dei medicinali.

Non credo, e lo penso con tristezza, che quella bellissima Casa Verdi sia mai stata visitata da un comico che si è fatto politico e che mai nella sua espressione più proterva ha saputo esprimere con pari dignità il senso di un mestiere e di un’arte che lo hanno reso famoso.

Così al suo Forrest Gump, al suo declino triste, come quello di chi è solo, le parole hanno deciso per lui.

LA NOVITA’
Gianni Morandi, un ragazzo 7.0

L’11 dicembre Gianni Morandi compirà 70 anni, un traguardo importante, vissuto tra autoscatti, Facebook, televisione, canzoni, cinema, concerti, libri, radio, giornali, video e ogni tipo di mass media il terzo millennio ci abbia regalato.

“Autoscatto 7.0” è il titolo dell’antologia natalizia uscita il 25 novembre, che comprende anche il duetto “Credo nell’amore” con Alessandra Amoroso (versione breve) e i due brani inediti tratti dalla colonna sonora del film “Padroni di Casa” di Edoardo Gabriellini, interpretato dallo stesso Morandi: “Amor mio” e “Lascia il sole”.

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Autoscatto 7.0, la nuova compilation

Il doppio album contiene 33 brani, di cui 20 scelti dai suoi fan di Facebook (oltre un milione), tramite un vero e proprio referendum. Il 15 ottobre 2014 il cantante bolognese e sua moglie Anna sono stati una notte e un giorno davanti al computer a leggere i quindicimila commenti con i quali i fan suggerivano i titoli delle canzoni da inserire nella compilation. Il brano più gettonato è risultato “Uno su mille” seguito da “C’era un ragazzo”. Il terzo inedito, del ‘social album’, si intitola “Io ci sono”, scritto da Emiliano Cecere, Valerio Marconi, dallo stesso Morandi e dal centese Saverio Grandi, autore, quest’ultimo, di oltre 250 brani, per artisti come Eros Ramazzotti, Vasco Rossi, Patty Pravo, Laura Pausini, Fiorella Mannoia, Raf, Alessandra Amoroso, Emma, Valerio Scanu, Marco Mengoni.

Morandi lo si può facilmente incontrare in una delle tante spiagge della riviera romagnola, nell’atto di togliersi il cappellino, per una fotografia da postare nella sua pagina Facebook, dove giornalmente cura un diario fatto di notizie, considerazioni e momenti di vita famigliare, oltre a offrire spettacolo con i suoi “clippini”. Si tratta di un’estensione degli appunti che da oltre cinquant’anni scrive su carta, in parte pubblicati nel libro “Diario di un ragazzo italiano”.

Grazie al social network lo abbiamo visto partecipare alle maratone (Ravenna, Bologna, Boston), mangiare tagliatelle in qualche ristorante dell’Appennino emiliano e nelle trattorie vicine casa sua, in gita con moglie e amici, negli autogrill (durante i numerosi spostamenti per lavoro), nel centro di Bologna intento a fare spese, alle feste di paese e della parrocchia, in attività di solidarietà e allo stadio Dall’Ara a tifare per il Bologna.

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La pagina Facebook di Gianni Morandi

Da qualche tempo gli ex-dipendenti della Rca, organizzano un raduno periodico, con relativa visita alla vecchia sede dello stabilimento di Roma, auspicando l’apertura di un museo, che ricordi l’importanza avuta da questa casa discografica, nella storia musicale italiana. Morandi, venuto certamente a conoscenza della cosa, con discrezione e senza preavviso, ha pubblicato su Facebook la foto che lo ritrae davanti all’entrata della ex-Rca, con questo commento: “5 settembre, Roma ore 17, arrivare in questo luogo è un vero tuffo al cuore. In questo edificio, al km 12 della via Tiburtina, c’era la gloriosa Rca Italiana, con gli studi più belli d’Europa, dove Morricone ha diretto e registrato molti dei suoi capolavori, dove sono passati artisti di caratura mondiale come Frank Sinatra e Artur Rubinstein, dove sono nati musicalmente grandi cantautori come De Gregori, Cocciante, Zero, Dalla, Venditti e tanti altri, dove a sedici anni io ho fatto il mio primo provino e inciso le mie canzoni più significative. Negli anni ’60, la Rca è stata la casa discografica più importante d’Italia, costruendo in gran parte la storia musicale di quegli anni irripetibili”.
5.0 anni di spettacolo l’hanno reso ancora più attento alle novità, pronto a cavalcare i nuovi media, con l’originalità che soltanto la semplicità e la sincerità sanno creare, senza riempire le sue pagine di pettegolezzi, stupidaggini o catastrofismi, preferendo diffondere fiducia e ottimismo.
Quest’anno Morandi è ritornato a esibirsi dal vivo, dopo tanto tempo, spinto dal successo dello show dell’anno scorso all’Arena di Verona, trasmesso da Canale 5. Tra pochi giorni si esibirà sul palcoscenico di Radioitalialive, che trasmetterà la performance in radio e in televisione (canale 70 digitale terrestre, 725 di Sky e 35 di Tivusat).

La Tv l’ha recentemente visto protagonista in una puntata di Zelig, condotta insieme a Geppi Cucciari, mentre il giornalista Mario Pezzolla, su Radio Margherita, gli ha dedicato la trasmissione “Andavo a 100 all’ora”. Per numerose settimane, Pezzolla ha accompagnato i radioascoltatori nel mondo di Gianni Morandi, proponendo una scaletta di oltre 400 brani, con notizie musicali, di costume, di intrattenimento e la partecipazione di artisti, giornalisti e personaggi dello spettacolo.

Michele Perfetti e la psicopoesia senziente

Scrittura verbo-visiva, così l’ha definita il critico ed artista Lamberto Pignotti, oppure “Poesia Totale” (Adriano Spatola), più specificatamente, a seconda dei ‘file’, si narra di poesia sonora, poesia tecnologica e poesia visiva (Perfetti, il Gruppo 70 ed altri).
Per la poesia visiva, nello specifico, dagli anni ’60 e dal Gruppo 70 di Firenze, avanguardia supportata e promossa da critici e artisti quali, infatti, Pignotti, Spatola e altri, protagonista indiscusso, di fama planetaria, nel settore, fu Michele Perfetti, mostre in Italia, Europa, Sud America… e a Ferrara.

Dalle primissime esplorazioni ormai storiche, poesia tecnologica e frammenti quotidiani, “000 più 1″, a poesie tecnologiche visive, “Black Notes”, alle mostre più recenti, “Un excursus a zig zag”, la parola che diventa mutante, post-tipografica, fino all’auto azzeramento nel puro segno, sogno, immagine… e alle personali più relativamente recenti: ad esempio il quasi florilegio storico Virtuale con lo stesso Pignotti (“Belle Lettere”).
Oppure, Perfetti, tra i principali psicopoeti, capace di captare il cosiddetto inconscio tecnologico di Franco Vaccari memoria, altro protagonista di quelle avanguardie, e cristallizzarlo dinamicamente
in opere d’arti inedite al gusto estetico comune.
La poesia come video game senziente, in una nano danza, orizzontale, verticale, obliqua,
dribblando anche, mossa non sempre prevedibile in tale post letteratura sperimentale, certo
ridondante concettualismo.
Michele Perfetti è scomparso nel 2013: così lo ricorda, significativamente l’Archivio Adriano Spatola: “Poco più di un anno fa scompariva a Ferrara Michele Perfetti, poeta visivo della prima ora e fedele sostenitore di questo genere di “controinformazione” letteraria e artistica, sino a farne una missione, per tutta la vita. Nato a Bitonto nel 1931, aveva manifestato già negli anni 50 la sua propensione a nuovi modelli di scrittura poetica, ma fu dopo il 1963, grazie alla scoperta del neonato Gruppo 70 fiorentino, che la Poesia Visiva gli aprì nuovi orizzonti artistici, poetici e politico-filosofici.
All’epoca il Circolo culturale Italsider di Taranto (quando l’acciaieria, ancora statale non si limitava ad avvelenare il territorio) metteva a disposizione uno spazio per i nuovi fermenti che germogliavano a profusione fra i giovani artisti e poeti, consentendo inediti rapporti a livello nazionale e internazionale. Michele Perfetti, con la collaborazione di un altro entusiasta sostenitore di queste novità, Vittorio Del Piano, vi organizzò numerose mostre, collettive e personali. Fra queste una di sue poesie visive intitolata …000+1, in occasione della quale pubblicò il libro qui riprodotto, con le brevi prefazioni di Eugenio Miccini e Lamberto Pignotti: fondatori questi ultimi del Gruppo 70 (movimento a cui Michele Perfetti aveva aderito) insieme con Luciano Ori, Lucia Marcucci, Ketty La Rocca e il musicista Giuseppe Chiari, uno dei pochi artisti italiani presenti nel movimento Fluxus, nato in America e rapidamente divenuto globale.”

da Archivio Adriano Spatola, “Michele Perfetti (1931-2013), la Poesia Visiva come missione”
Per leggere il testo completo scarica il pdf [vedi]

Per saperne di più sull’artista visita il sito di Edizioni Riccardi [vedi]

da “Dizionario della letteratura ferrarese contemporanea”, eBook a cura di Roby Guerra (Este Edition-La Carmelina, 2012)

LA STORIA
Quando una vecchia fabbrica fa design…

da MOSCA – Un muro che acquista improvvisamente un nuovo look, una parete che rinasce e si risveglia, lasciando da parte le ombre che l’hanno occupata, uno spazio che rivive. Arrampicato su una scala lunga e un pochino instabile, scalpello in mano, berrettino triangolare rigorosamente fatto a mano, un muratore gratta i vecchi mattoni uno a uno, riporta alla luce gli antichi colori, ridà luce a immagini spente e ormai sbiadite. La storia fa capolino, chiede di presentarsi e di non scomparire, di rimanere, magari con un altro vestito, ma di non essere dimenticata, di poter servire ancora a qualcosa e a qualcuno. Non vuole l’oblio, vuole esserci, ancora oggi. Presente e viva.

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Mosca, Museo dell’ ebrasimo
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Mosca, Museo dell’ ebrasimo

Piano piano quel muro acquista l’aspetto lindo e inconfondibile delle aree industriali rimesse a nuovo, vecchie ciminiere imperiose, un tempo fumanti, e design ultramoderno, formula vincente dei distretti creativi di New York, Helsinki, Londra o Berlino ma anche di Mosca. Qui le zone industriali occupano un quinto della città, un immenso patrimonio che si presenta agli occhi del turista e dell’abitante curioso man mano che il comune trasferisce la produzione fuori dal centro. Ma l’era post industriale qui è giovane, le aree dismesse di cui il mondo della cultura si impadronisce per dare sfogo alla creatività sono realtà recenti. «Nascono in luoghi che ormai erano non-luoghi, spazi fuori dal tempo – dice Serghey Nikitin, professore universitario di Architettura e storia di Mosca – fabbriche sprofondate in una città per cui non avevano più alcuna importanza, relitti di un’altra epoca». E, allora, in questi luoghi, rinati, fioriscono centri culturali, bar, pub, scuole di fotografia e di design, scuole di danza, musei, ritrovi vari.

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Mosca, Winzavod

Vecchi garage e vecchie fabbriche vengono occupate dall’estro e dalla fantasia. Brulicano di artisti, giovani fotografi e designer. Tutto bolle, tutto ferve. Le menti sfavillano. I luoghi rivivono, di una nuova e splendida vita, ripensata, ricolorata, rifatta, rinnovata.
Così, ad esempio, al Centro d’arte contemporanea Winzavod, s’incontrano e concentrano molte menti creative moscovite. Dopo un lungo isolamento, gli artisti russi si sono messi di nuovo a confronto con i colleghi europei, mostrando, ancora una volta, di non essere da meno. Winzavod è un’ex-fabbrica prima di birra (la Moskovskaya Bavaria) e poi di vino, trasformata, dal 2007, in uno spazio espositivo di più di 20.000 metri quadri, con varie gallerie permanenti e temporanee, librerie, scuole e caffetterie. Un vero e proprio quartiere, dove chi vuole isolarsi dalla confusione della città, si può rifugiare, uno spazio che ha conservato le vecchie strutture in mattone arancione e le tubature a vista, come a voler ricordare che quella è ancora una fabbrica, non più di bevande ma di arte. Io mi ci ritrovo.

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Ottobre Rosso, Mosca

Oppure basta andare nella zona della ex fabbrica di cioccolato Einem, aperta nel 1867 dai tedeschi Theodor Ferdinand von Einem e Julius Heuss, nazionalizzata nel 1918 e, nel 1992, ribattezzata Ottobre Rosso, dove si trova molta della vita culturale moscovita attuale. Nel 2007, lo stabilimento fu spostato a nord della città e la centralissima area fu riconvertita, secondo le esigenze più moderne di una capitale in rapida e vorticosa trasformazione. Dal 2010, Ottobre Rosso – il cui nome ben si addice se si osservano i bellissimi bricchi color rosso acceso – non ha più niente a che fare con il cioccolato, se non per il nome che è rimasto sulle classiche tavolette che si acquistano come souvenir. Mi viene in mente il bambino Charlie Bucket dell’omonimo film con Johnny Deep, pur non avendo nulla a che fare, lo so, ma questo posto fa pensare a una favola buona, dal finale dolce e zuccherino, ignoro il perché. Pura e semplice fantasia libera e liberata … Oggi l’area, che si trova di fronte all’imponente monumento di Pietro il Grande che svetta su una altrettanto imponente nave, ospita centri di fotografia dal forte e penetrante odore di pellicola, gallerie moderne e alternative, con esposizioni temporanee, il Museo di fotografia Lumiere, il suo fornito bookshop.

Si parla, a proposito, di archeologia industriale, anche in Italia molte vecchie fabbriche riprendono vita. Nuova vita ai vecchi edifici, allora. Importante per storia e memoria. E se, come diceva Jean Rostand, “un uomo non è vecchio finché è alla ricerca di qualcosa”, cerchiamo il nuovo in quel vecchio, sempre, un vero riciclaggio del passato. Per restare sempre ed eternamente giovani, noi e le vicende di quei luoghi lontani.

Fotografie di Simonetta Sandri

L’EVENTO
Pink Floyd in latino stasera a Ferrara

di Stefano Gueresi

Pink Floyd in versione latina in scena a Ferrara: stasera (ore 21) il concerto in Sala Estense, piazza Municipale di Ferrara. Il progetto si chiama “Occulta lunae pars”, ovvero “The dark side of the moon”. I testi sono tradotti in latino da una prof del liceo, Valeria Casadio, adattati in metrica e approvati dagli stessi Floyd. Li porteranno in scena i Mojo Brothers (Silvia Zaniboni – chitarra solista, Nicola Scaglianti – voce, Thomas Cheval – tastiere, Michele e Filippo Dallamagnana – basso e batteria).

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Studenti del liceo Roiti di Ferrara cantano brani dei Pink Floyd in latino in Biblioteca Ariostea, giugno 2014 (progetto dell’editore Nicola di Cristofaro di Agendae Res)

“The dark side of the moon” è un album entrato nella storia della musica. Ne racconta alchimie e segreti Stefano Gueresi, musicista e compositore, che le caratteristiche di questi brani le ha approfondite anche grazie a una lunga chiacchierata con Alan Parsons in occasione di una delle sue ultime tournée italiane.

Parlare di un disco come “The dark side of the moon” dei Pink Floyd potrebbe sembrare un’operazione superflua. Quante recensioni ha ricevuto questo disco, la cui copertina indimenticabile fece capolino nelle vetrine dei negozi specializzati a cavallo tra il 1972 e il 1973? Probabilmente è l’opera più famosa della storia della musica rock, e uno dei più venduti in assoluto negli ultimi decenni. Spesso si è parlato della “longevità” di questo gioiello, che a distanza di decenni lascia ancora stupefatti per la qualità del suono e per la genialità delle idee. In effetti si tratta di un lavoro assolutamente unico nel suo genere, unico anche nella storia del complesso inglese, per una serie di motivi contingenti e in virtù di quella alchimia magica che rende possibile la nascita di un capolavoro in determinate situazioni, con un gruppo di lavoro affiatato, uno studio di registrazione speciale , una supervisione attenta e ispirata.

Sicuramente i Pink Floyd erano arrivati a un bivio della carriera. Potevano farsi risucchiare nella schiera dei tanti gruppi pop-rock di un certo rilievo che si sciolsero anzitempo per mancanza di coesione, di vedute, o semplicemente di idee. Potevano finire smembrati e riciclati in tante formazioni diverse come accadde a tanti gruppi storici dell’epoca.”The dark side of the moon” segnò la grande svolta per la band, consacrandola sul gradino più alto della popolarità mondiale, secondi soltanto agli inarrivabili Beatles. La creatività e la magia di queste pagine musicali non furono più replicate dal complesso inglese.

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Alan Parsons

Tanti i motivi. Sicuramente un valore aggiunto fu rappresentato dalla presenza di Alan Parsons in veste di “ingegnere del suono”. Parsons aveva già colaborato con i Beatles durante la lavorazione del celeberrimo “Abbey road”, e dopo l’esperienza con i Floyd e altri gruppi intraprese una fortunatissima carriera solista. “The dark side of the moon” nasce da una stratificazione di ispirazioni, da spunti nati in lunghe sedute di registrazione, in intervalli di sessions, nelle lunghe ore di attesa tra un “take”  e l’altro. Di questo lento processo v’è traccia nel video “Pink Floyd at Pompei”, dove, tra una ripresa e l’altra nel magico sito archeologico, tra la posa dei cavi e degli strumenti e l’allestimento del set, scorgiamo il tastierista Richard Wright accennare agli accordi pianistici di “Us and them”, una delle canzoni più suggestive ed eteree dei Floyd.

Alan Parsons valorizzò la vena creativa della band, inserendo molte delle trovate più indovinate. E’ il caso della inquietante e magnetica sovrapposizione dei suoni di sveglie e orologi in una camera di riverberazione in “On the run”. Idea sua  l’inserimento dei suoni di un registratore di cassa e di macchine calcolatrici in “Money”, il battito del cuore che scandisce alcuni passaggi delle due suite da venti minuti che compongono il disco. Viene inserito grazie al suo contributo il sax di Dick Parry, malinconico e struggente, ma anche i cori di Lesley Duncan, Lisa Strike e Doris Troy, e la sensazionale voce di Clare Torry per “The great  gig in the sky” che conclude la prima parte.

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Syd Barrett in primo piano davanti agli altri membri dei Pink Floyd sulla copertina di un album (Photo by Keystone Features/Getty Images)

A livello musicale e strumentale i Pink Floyd offrono in questo lavoro il meglio della loro lunga carriera. Il preciso lavoro fatto di ritmi suadenti e di atmosfere oniriche della sezione ritmica di Waters e Mason, i sognanti tappeti sonori delle tastiere di Wright, e il lirismo elegante e profondo della chitarra di David Gilmour, regalano momenti davvero indimenticabili. Così come le voci, molto “british”, quasi indolenti nel raccontare storie di vita quotidiana, dove si parla di stress, di consumismo, della voracità del tempo odierno e anche della mente, delle sue pieghe angosciose e delle sue tare. Evidente il riferimento alla vicenda umana di Syd Barrett, il fondatore del gruppo, che si bruciò letteralmente per l’uso smodato di Lsd abbinato ad altre sostanze  allucinogene e a farmaci come il Mandrax. A Syd Barrett verrà dedicato l’intero disco successivo dei Pink Floyd, “Wish you were here”, uscito nel 1975.

“The dark side of the moon” ha venduto decine di milioni di copie in tutto il mondo e ha conquistato più di una generazione, ponendosi senza alcun dubbio tra le opere più importanti della storia della musica moderna. Interessante sentirne, stasera a Ferrara, la versione latina interpretata da una giovane band.

Dopo la piena

“L’ultima finitura poi, nella quale si scorgeva la sottigliezza di un’arte e esperienza di secoli, stava dandola il reggitore della famiglia, l’anziano, che ripassava attento e leggero, in punta di vanga, le scoline. Striavano queste, rete varia e capricciosa, dietro infinite vene d’acqua da seguire o attrarre o respingere, da arginare e da raccogliere; striavano le fette di quel grigio, forte e fertile limo di Po, che ormai era pronto, assestato, sminuzzato delicatamente; e odorava di un sottile sentore di terra asciutta. Il contadino aveva l’arte avita di riconoscere a palmo a palmo, da un colore della zolla, da un filo di erba vegetata, quasi al fiuto, i più lievi indizi dei minimi tratti dove affiorava acqua interna, o dove ristagnava la piovana a far pozza, con danno futuro del frumento e della canapa. Sulla traccia di tali indizi, apriva con la vanga piccoli solchi, rigagnoli, e meno che rigagnoli, lievi ed accorti inviti all’acqua delle piogge autunnali e delle nevi invernali e degli acquazzoni primaverili, che fluisse alle scoline, ai fossatelli ed ai fossi. Egli era di quelli che sapevano, per antica scienza istintiva, aprire e mantenere senza aiuto di strumenti un declivio di pochi pollici in un solco lungo centinaia di passi. Era l’ultima rifinitura delle terre, dunque, innanzi d’aprir la bocca al sacco delle sementi scelte; innanzi di tornarvi sopra per l’ultima volta a spargere con il gesto largo e regolato del seminatore in testa alla fila dei lavoranti, uomini, donne, ragazzi, che, rastrellando e zappettando con mano leggera, ricoprivano il seme, sotterravano, a che germogliasse, la speranza dell’annata. Finalmente, su ogni fetta seminata veniva piantata una croce di legno o di stelo di canapa, benedetta dal prete.” (Riccardo Bacchelli, “Il mulino del Po” volume secondo, capitolo VII).

La piena del Po è passata, ormai non fa più notizia. Passiamo oltre e dimentichiamo il problema, lo nascondiamo come polvere sotto il tappeto, in attesa di un’altra emergenza che ci metta di fronte alla nostra stupidità. Un problema, sempre lo stesso da anni, qui, lungo gli argini maestri del nostro grande fiume, come in tutte le altre zone sinistrate d’Italia, che si chiama: acqua. Noi siamo acqua, viviamo grazie all’acqua e l’acqua è sacra come sacra è la terra. Gli antichi imparavano a loro spese che a queste divinità bisognava chiedere il permesso per abitare. Il permesso era concesso quando gli uomini imparavano il rispetto della terra e dell’acqua attraverso un’esperienza diretta, brutale, che non lasciava alternative. Questa esperienza diventava cultura.
Una cultura vera, specializzata e molto raffinata, fatta di mille mestieri, come quello descritto da Bacchelli in questa pagina straordinaria, di colui che conosceva “l’arte” di tirare i tracciati delle scoline più fini, il primo elemento di una gerarchia di canali che disegnava la terra della pianura, e sapeva ottimizzare il drenaggio, aiutando l’acqua, nei momenti di abbondanza, a scendere verso i fiumi senza fare danni. Ogni volta che leggo questa pagina mi colpiscono le parole e gli aggettivi che sottolineano la gentilezza verso la terra, la mano di chi la lavorava doveva essere leggera, sottile, attenta, come la mano di un amante che accarezza la sua donna. Siamo diventati dei bruti violenti e la terra ci ripaga con la stessa moneta, nessuna meraviglia, solo la consapevolezza delle migliaia di occasioni sprecate, dello sperpero incalcolabile di denaro pubblico, della colpevole ignoranza e della ipocrisia schifosa e feroce che ci tocca ascoltare nei piagnistei di chi ha sprecato l’occasione di valorizzare questa conoscenza antica, con le tecnologie e i mezzi che abbiamo oggi a disposizione.

Foto di Francesca Vincenzi

IMMAGINARIO
Auguri don Franco.
La foto di oggi…

Sacerdote e uomo di cultura, persona capace di ascoltare e di comunicare, dotato di grande ironia e grande serietà. Nato il 29 novembre 1938, don Franco Patruno compirebbe oggi 76 anni. Critico d’arte e cinema per l’Osservatore Romano, ha diretto Casa Cini per una trentina d’anni, fino alla sua morte, nel 2007. Fedele alla propria vocazione religiosa, ma libero da chiusure ideologiche e aperto al dialogo culturale, ha saputo dare precisi indirizzi artistici a questo luogo, in via Boccacanale Santo Stefano, e un po’ a tutta Ferrara. Buon compleanno.

OGGI – IMMAGINARIO PERSONE

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Don Franco Patruno

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

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GERMOGLI
A proposito di Cibo.
L’aforisma di oggi…

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

Manuel-Vázquez-Montalbán1Noi che, specialmente aspettando EXPO 2015, non potremmo più essergli indifferenti.

“In realtà nessun essere umano indifferente al cibo è degno di fiducia”. (Manuel Vázquez Montalbán)