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Giorno: 18 Gennaio 2015

LA RIFLESSIONE
Un po’ di silenzio, per favore

“È facile amare le persone lontane, molto facile pensare alla gente che muore di fame in India. Ma prima dovete vedere se regna l’amore in casa vostra e in quella del vostro vicino e nella strada in cui abitate, nella città in cui vivete, e solo dopo guardate fuori.” Madre Teresa di Calcutta

Madre Teresa era un esempio, di quelli che non esistono più, Madre Teresa era saggia. Madre Teresa era una piccola grande guida, Madre Teresa era una luce, di quelle che non brillano più. In questi giorni di guerra, minacce, assalti, attentati kamikaze e bombe, le scuole dei bambini non osano più insegnare la bellezza, la bontà e la pazienza.
La stampa parla di giovani vite in fumo, perse, fagocitate dalla violenza, dal nonsenso e dal colore nero, ovunque campeggia questa funebre tonalità. Il “Je suis Charlie” si mescola con il “Je suis palestinien” o il “Je suis Syrien”. Quando finirà questa improvvisazione? Ormai guardiamo con paura oltre le porte dei nostri vicini, aldilà dei confini e delle frontiere, l’altro e il diverso diventano sospetti. Tutti. Non cogliamo più l’amore nelle strade delle città in cui viviamo, la gioia di un amico che arriva con una torta di mele, di un fidanzato innamorato che ci porta dei fiori, di un mondo fatto anche di solidarietà, quella dei nostri quartieri, delle nostre periferie umide e abbandonate. Guardiamo fuori, solo, oltre i nostri orizzonti, ci fanno guardare fuori, ci spaventano con la paura, perché un popolo spaventato, terrorizzato e allertato se ne sta più tranquillo, lo si controlla meglio. Chiudiamoci allora un po’ di più, in certi momenti, non parlo certo di frontiere o d’isolamento ma penso al guardarci dentro, allo starci vicino, in sacrosanto silenzio. Amiamoci di più, stringiamoci in un grande girotondo, anche per guardarci in faccia. Lasciamo stare i bambini, lasciamoli giocare e correre spensierati e liberi per i prati. Basta ipocrisia. Un po’ di silenzio, allora, per favore. Solo un po’ di silenzio. Al verde di un giardino fiorito, all’ombra di cieli senza nuvole.

Fotografia di Simonetta Sandri, Giardino dell’Hermitage, Mosca

Passeggiata e sale in zucca

Pronto Ada, come stai? Aspetta che ti racconto. Devi sapere che il sant’uomo sta scrivendo il terzo volume della sua trilogia, così almeno dice lui. Lo vedo transitare tra cucina e tinello con aria peregrina e se gli rivolgo la parola non mi sente, oppure proclama: “Penso”, come a dire non rompermi le palle. L’altro pomeriggio, che era più in vena, ha preso a raccontarmi la trama del nuovo lavoro e io non capivo niente e assentivo, e più assentivo e meno capivo, finché lui dev’essersi stancato del mio silenzio attento, che lo usa anche Renzi quando non ha la maggioranza, mi ha piantato in asso dicendo: “Vado a fare una passeggiata, così penso meglio”. Dopo trent’anni di matrimonio felice non l’ho ancora capita la questione e cado in un madornale errore, gli chiedo, già che è fuori, di comperare un pacchetto di sale. Colto di sorpresa lo vedo turbato: “Come dev’essere il sale, grosso o fino?” “Grosso, amore mio, grosso, sempre grosso!” “Va bene, alla Conad hanno anche il sale iodato e quello di Cervia e quello rosa confetto, quale mi consigli di prendere?”. Cominciavo a pentirmi di avergli dato un incarico, ma non depongo il sorriso: “quello che vuoi, amore”. Secondo gravissimo errore, lasciagli libertà di scelta, però sopravviviamo. Ha indossato il cappotto, si accinge a varcare la soglia e… va. Non sono passati cinque minuti che suona il cellulare: “Mia adorata, senti che cosa ho pensato: già che vado al supermercato non è il caso che di sale ne compri due pacchetti, uno grosso e uno fino?” “Certo, amatissimo, certo lo sai che i tuoi pensieri sono santi!” Finita la passeggiata il sant’uomo ritorna. “Ho messo tutto sul tavolo in cucina!”. In cucina, deposto sulla tovaglia a fiori di campo, troneggia un imponente filone di pane toscano perfettamente insipido. Lo giuro, non turberò mai più la passeggiata del genio.

Il caledoscopico Amleto di Peter Brook

STANDING OVATION: I PIU’ ACCLAMATI SPETTACOLI TEATRALI DEL XXI SECOLO
“La tragédie d’Hamlet” di William Shakespeare, nell’adattamento e regia di Peter Brook,
Teatro Comunale di Ferrara, dal 28 al 30 maggio 2003

Chiusura memorabile della stagione di prosa, questa sera al Teatro Comunale in esclusiva 2003 per l’Italia, con “La tragédie d’Hamlet” di William Shakespeare, nell’adattamento e regia del grande Peter Brook. Inutile soffermarsi sull’arcinota vicenda della tragedia composta dal Bardo verso la fine del Cinquecento, più interessante è forse ricordare che l’oggi ormai ultrasettantenne Peter Brook è da molti considerato il maggior regista teatrale vivente, e che alcuni suoi allestimenti, in parte ispirati alle teorie di Artaud, sono ormai ritenuti “modelli” storici del Novecento oltre che indiscussi capolavori: “Marat-Sade” (1964), “Orghast” (1971), “Mahabharata” (1987).
Brook ha peraltro affrontato allestimenti shakespeariani un po’ nel corso di tutta la sua vita, dal “Romeo and Juliet” pennelato da tagli di luce bianca e arancione al “Measure for measure” con la processione di storpi e pezzenti, dal “Titus Andronicus” con la magistrale interpretazione di Lawrence Olivier al “Sogno di una notte di mezza estate”. In merito a questo suo recente spettacolo ha commentato lo stesso regista: «Che cosa si può dire a un giovane attore che si cimenta in uno di questi grandi ruoli? Dimentica Shakespeare. Immagina unicamente che il personaggio sul quale stai lavorando è esistito davvero, immagina che qualcuno lo abbia seguito ovunque con un registratore nascosto, in modo che le parole che ha detto siano proprio queste».
“La tragédie d’Hamlet” va in scena in lingua francese con sopratitoli in italiano e prevede una diversa disposizione dei posti a sedere: infatti il pubblico si disporrà su gradinate collocate attorno ad una scenografia quanto mai essenziale, caratterizzata semplicemente da un grande tappeto rettangolare con alcuni cuscini.
Ora l’amletico dilemma è: come si fa a recensire un capolavoro? Nel 1955, dopo aver assistito ad “Aspettando Godot” di Beckett, il critico del Sunday Times scrisse: «Cercare di racchiudere il significato della commedia in una frase è come cercare di catturare il Leviatano con una retina da farfalle». Qui siamo più o meno nelle stesse condizioni. “La tragédie d’Hamlet” esula da qualsiasi classificazione, i piani critico ed estetico coincidono, la strepitosa recitazione rende irrilevante l’assenza di una scenografia “storica”, gli atemporali costumi sono fantastici. La soluzione scenica, solo apparentemente semplice, è in realtà un ricchissimo caleidoscopio di velluti, drappi e colori; le musiche, suonate dal vivo con strumenti orientali da Antonin Stahly (Orazio in scena), evocano un “altrove” sonoro di suggestiva efficacia.

L’OPINIONE
Utopia e generosità. Pensieri e virtù poco italiani

Il lato peggiore degli “itagliani”, tra tante debolezze che non sono sufficientemente equilibrate da attitudini virtuose, consiste in un cicaleccio espresso da labbra strette che esprimono riprovazione se non sdegno oppure da uno scuotimento della testa da parte di signore con permanentina fresca. E’ ciò che sta accadendo nella vicenda delle due ragazze liberate e/o riscattate da bande terroristiche. L’esempio di alcune dichiarazioni tra Lega e Movimento 5Stelle era assai prevedibile ma su questo basterebbe controbattere con la lapidaria dichiarazione de “La Jena” sulla Stampa torinese: “Io il riscatto lo pagherei per tutti: perfino per Salvini” che mi sembra una risposta elegante e precisa.

Quello che mi preoccupa e mi rattrista, al di là dello scatenamento mediatico, è l’indifferenza o l’imbarazzo o la mancanza (apparente) d’interesse dell’altra metà del cielo. Sembra quasi che le donne, quelle le cui parole contano, si trovino in una specie di imbarazzato bivio tra solidarietà alle ragazze o condanna di una avventura considerata perlomeno azzardata. Tra le parole che colgono questa disparità di vedute, forte e chiara si alza la voce di Natalia Aspesi che con la leggerezza calviniana di cui è maestra affonda il coltello nella, talvolta, ipocrisia che avvolge il silenzio di tante donne, ponendo una serie di interrogativi: “sempre secondo quelle persone pericolosamente avare con gli altri, le rapite dovranno ripagare la loro salvezza per tutta una vita. Vuol dire che fossero loro al governo, le avrebbero lasciate soffrire e morire? Fossero anche state le loro sorelle, le loro figlie? Che il volontariato è un lusso per sciocchine? Che voler aiutare gli altri è un inutile hobby? Che se gli assassini di Parigi avessero chiesto per non uccidere, un riscatto, il governo francese avrebbe dovuto lasciar morire i giornalisti di Charlie Hebdo, la poliziotta, gli ebrei del negozio kosher?”

A che servono le migliaia di scarpette rosse che nell’entusiasmo per la difesa e la dignità delle donne si sono esposte in tutte le piazze d’Italia?. Il peggiore degli insulti: “se la sono cercata”! A cui Roberto Saviano può legittimamente rispondere: “Eppure Greta e Vanessa non erano alla loro prima missione umanitaria, non erano ragazzine sprovvedute, ma giovani donne con degli interessi e degli ideali. Qualche decennio fa alla loro età si era già madri.” Ecco allora che l’accusa più grave, quella della irresponsabilità viene minata al fondo. Prosegue Saviano spiegando che Greta e Vanessa partono per portare aiuto a popolazioni che non hanno nulla, in cui bambini muoiono per mancanza di tutto: “Ma al commentatore medio che ci siano centinaia di migliaia di persone a cui manca tutto non interessa”.
Non voglio commentare, ma ce ne sarebbe bisogno, l’avvertimento che Saviano inquietamente si pone. Se prima c’era reticenza a scrivere con parole ciò che ora si scrive impunemente sul web, questo limite ora è stato superato: che a Emma Bonino è giusto sia venuto il cancro, che queste ragazze sicuramente sono state abusate “ben gli sta!” vuol dire solo che il livello etico degli “itagliani” si è ulteriormente abbassato e che non hanno alcun rispetto per le parole. Si è perfino scritto che le ragazze non avevano nemmeno avvertito i genitori. Come se fosse necessario a vent’anni affrontare il giudizio di chi forse le avrebbe dissuase di seguire il loro sogno di rendersi utili. Un’utopia, certo, ma un’utopia generosa che le donne avrebbero dovuto compartecipare in pieno se è vero come è vero che anche gli stati che non pagano riscatto poi traversalmente lo fanno pagare alle agenzie di assicurazioni.

E le parole forti di Saviano sono del tutto condivisibili: “Mi vergogno delle reazioni di molti miei connazionali, delle loro parole, del loro livore, del loro odio. Se un Paese non è capace di stare accanto a due giovani donne volontarie, che hanno passato in condizioni di sequestro quasi sei mesi della loro vita, allora merita il buio in cui sta vivendo”.
Non voglio, inoltre, addentrarmi nelle discussioni politiche che siglano una mancanza interiore di generosità e di comprensione etica: dalle grasse parole di Salvini a quelle del governatore Luca Zaia, dagli imbarazzi di Gentiloni a quelle del sindaco di Padova Tosi, ai deliri grilleschi in odio al politico di turno.
Vorrei per una volta sola, (una!) riaprire la speranza all’utopia, dimostrare una comprensione verso una generosa illusione che è tra le corde meno usate non solo degli “itagliani” ma di tutto il popolo italiano.

Genitori e social: tra paure ed opportunità

da: ufficio stampa @ Comunicazione

GENITORI E SOCIAL: TRA PAURE E OPPORTUNITA’. Come proteggere i minori dalla rete. E’ il titolo dell’iniziativa gratuita e aperta alla cittadinanza, sostenuta da Confartigianato e Comune, in programma stasera (lunedì 19 gennaio), alle 21.30, alla Sala Zarri della Confartigianato (via Veneziani, 1). A condurla, anche con proiezioni video, sarà Carmen Dal Monte, presidente dell’Associazione Culturale 123imparoastudiare, composta da docenti e formatori. Questi i temi trattati: uso consapevole dei Social Network; identità virtuale e identità reale; protezione della Privacy personale on line; come difendersi (molestie e bullismo). L’iniziativa di stasera inaugura un progetto di 123imparoastudiare rivolto ai ragazzi tra i 13 e i 18 anni, con prima lezione gratuita mercoledì 21 alle 17.30 alla Sala Zarri. Gli obiettivi, come spiega Dal Monte, sono: «Insegnare tecniche di consultazione immediata della rete; rendere i ragazzi autonomi nello studio; renderli consapevoli delle loro capacità; risolvere le problematiche legate all’ansia; apprendere l’organizzazione del tempo».
Info, per stasera, 0532/786111. Su corso, www.123imparoastudiare.it e 349/4476384

Privatizzazione dei servizi pubblici locali: cause ed effetti

da: comitato Acqua Pubblica Ferrara

Conferenza stampa martedì 20 gennaio dalle 15 alle 16 a Ferrara presso Bar Tiffany, Piazza Municipale

Il Comitato acqua pubblica incontra il sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani, lunedì 19 gennaio, per discutere l’effetto congiunto delle politiche governative (in particolare del Decreto Sblocca Italia e della Legge di Stabilità) sulla vita degli Enti locali e sulla gestione dei servizi pubblici di interesse generale, inclusa l’acqua. Contro le privatizzazioni governative (la causa), le proposte del movimento per la tutela dei beni comuni e contro un vero e proprio furto di democrazia.
Durante la conferenza stampa si riporteranno gli esiti dellìincontro con il sindaco e anche gli ultimi sviluppi rispetto alla situazione locale in tema di disagi degli utenti (gli effetti) e alle mobilitazioni programmate a livello regionale.

Comitato acqua pubblica Ferrara

per contatti
Marcella Ravaglia 327-0170698
Corrado Oddi 342-9218650

SETTIMO GIORNO
Cercasi opposizione disperatamente

NAPOLITANO – Il Capo dello Stato va veramente in pensione, non è un nuovo espediente per prolungare ancora il mandato e, pertanto, è arrivata l’ora di tirare le somme del suo impegno novennale. Un voto? Non me la sento, posso dire soltanto che negli ultimi anni non sono stato politicamente d’accordo con lui. Con Napolitano abbiamo spesso confrontato le idee trovandoci sulla stessa lunghezza d’onda, eravamo nello stesso partito, il Pci, lui era uno dei grandi della segreteria, io ero un buon scrittorello, quello che sono rimasto. Ricordo una volta che, a Bologna, seguimmo insieme un importante convegno alla John Hopkins University, Napolitano era uno dei due ospiti d’onore, l’altro era l’allora ambasciatore Usa in Italia, John Volpe, detto anche John Golpe, il quale lanciò un’idea assolutamente liberticida: era necessario, disse, nominare quattro uomini ai quattro lati del mondo che sarebbero dovuti diventare gli “architetti della libertà”. I popoli? La gente comune, imprenditori, impiegati, operai, intellettuali avrebbero dovuto affidare le loro idee e la loro sicurezza ai quattro g mondiali. Ci avrebbero pensato loro. Uscendo per una pausa nel giardinetto dell’università americana, con Napolitano ci sedemmo su una panchina a ragionare e fummo pienamente d’accordo sul fatto che l’idea di Volpe (di Golpe) rappresentava la strada maestra per sopprimere libertà e democrazia. Poi Giorgio Napolitano divenne il leader dei miglioristi e addio al Pci. Negli ultimi anni il vecchio uomo politico ha affidato il governo (senza indire elezioni, forse un bene) a personaggi del tutto insignificanti, se non addirittura nefasti per la nostra società, ma assomigliavano tanto, ognuno a modo suo, a uno dei quattro “architetti della libertà” dell’ambasciatore Volpe, messi lì, così è sembrato, a far da pali, come avrebbe scritto Giuseppe Giusti, finché non è arrivato il signorino di Firenze (quello che assomiglia tanto al cugino saputello e antipatico di Tom Sawyer) questo non è mica di passaggio, fa tutto lui. Come Berlusca.

OPPOSIZIONE – Da tutto questo si deduce che, nonostante la vecchia conoscenza con Napolitano, sono stato e sono imparzialmente critico sul suo operato, ma un poco mi ha disgustato quella che in Italia passa per essere l’opposizione, la quale, incapace di svolgere adeguatamente il ruolo importante di critica che le spetta di diritto in un sistema democratico (?), non riesce a far altro che urlare, oh come urlano gli oppositori e, quando non hanno più parole, insultano. Succede così che l’opposizione politica in Italia è inesistente: non un argomento che sia uno oltre il grido e l’improperio. Nel linguaggio politichese in uso qui da noi non si dice “amico caro, hai sbagliato”, ma “sei un cretino”.

DIOGENE – Aveva ragione il filosofo greco Diogene, il quale abitava in una botte (per non pagare l’Imu?) e andava in giro con la lanterna “per cercare l’uomo”, diceva a chi gli chiedeva ragione del suo strano comportamento. Ho provato anch’io a cercare l’uomo con la lanterna, ma subito il telefono ha trillato (erano le 14 e stavo riposando): era la signorina di un call center che mi proponeva un contratto favorevole per l’uso della lampada. Ho risposto che in casa non c’è alcuno, “il signore è morto poco fa”, ho aggiunto. E’ seguito un silenzio interdetto, poi la voce: “mi sa dire quando resuscita?”

La giusta distanza in amore al tempo degli ex

Qual è la giusta distanza fra due persone perché il legame non scivoli pericolosamente nella simbiosi o non diventi estraneità per eccesso di lontananza?
Gloria Husmann (psicologa) e Graciela Chiale (sociologa), nel saggio “L’amore al tempo degli ex. Ti amo… ogni giorno di meno” (edizioni Biglia Blu, 2014), raccolgono e analizzano le storie di uomini e donne che hanno vissuto l’esperienza della coppia e del suo fallimento, ma anche della sua riuscita.
Le due studiose osservano come le relazioni siano figlie dell’ambiente di provenienza delle persone e della società contemporanea: dalle relazioni si può entrare e uscire con poco impegno e senza particolare progettualità. Si tratta di legami “fragili”, la loro ragione, sostengono Husmann e Chiale, è riconducibile al modello in cui le persone hanno vissuto, fatto di poco tempo e poco spazio, genitori indaffarati in altro, la solitudine come compagnia. I legami fragili, perciò, non conoscono la condivisione e mettono al riparo dalla sofferenza per un eventuale abbandono. Si cerca, insomma, di giocare d’anticipo sul dolore.
Ma come lo si sceglie l’altro? E perché, dopo i primi entusiasmi spesso confusi con amore, salta fuori l’incongruenza? La scelta del partner fatta per ansia o per colmare un vuoto, è quasi sempre dannosa perché sopraffatta da un’urgenza fuorviante che fagocita il tempo naturale e impreciso che serve per un consolidamento fra due persone. Ci si fulmina e poi fa più male di prima.
“La distorsione della percezione” dell’altro, che in genere avviene nella prima fase di un rapporto, induce ad attribuire all’altro, arricchendolo, capacità che, dopo un po’ di tempo, sembreranno davvero ridimensionate o, nel peggiore dei casi, deludenti. Uno degli errori è considerare l’altro come completamento, se non addirittura riparatore. Ma l’altro è l’altro.
Ciascuna coppia procederà, poi, in base alla sua “architettura artigianale”, un work in progress che può resistere anche per anni, se fatto di riscoperta, negoziazione, comunicazione profonda e rispetto per l’autonomia delle parti.
P.S.: che l’amore sia una mèta e non un inizio, anche Husmann e Chiale ci ricordano che lo avevamo già imparato con Erick Fromm…

GERMOGLI
L’ignoranza.
l’aforisma di oggi…

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

montesL’anniversario della nascita di un grande filosofo e una modesta, e triste, verità.

“L’ignoranza è la madre delle tradizioni”. (Montesquieu)

IMMAGINARIO
Artigiani in piazza.
La foto di oggi…

La Fiera dell’artigianato artistico sul fianco del Duomo di Ferrara. Vetro, ceramica, legno, carta, stoffe si trasformano secondo l’abilità e la creatività degli artigiani. Come ogni terza domenica del mese e sabato precedente (eccetto luglio, agosto, dicembre). In piazza Trento Trieste dalle 9 alle 19,30.

OGGI – IMMAGINARIO MERCATINO

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Mercatino in piazza Trento Trieste (foto di Franco Colla)
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Mercatino in piazza Trento Trieste (foto di Franco Colla)

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

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