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Giorno: 18 Novembre 2015

NOTA A MARGINE
Magica onnipotenza, il treno esaltante della musica

di Paolo Stegani

Avete mai provato quella magica sensazione di onnipotenza che ti coglie durante qualcosa di epico? Che sia un momento quotidiano o extra-ordinario, rimane dentro e per un bel pezzo. Se poi vi succede ad un concerto sarà indimenticabile. Di concerti in vita mia ne ho già visti (per mia fortuna) molti e di vari tipi ma quello che hanno tenuto i Foo Fighters in quel di Casalecchio Di Reno se non passa direttamente in cima alla mia lista dei favoriti poco ci manca.
Sold out da mesi tutte e tre le date italiane (considerando anche quella inizialmente non prevista che hanno aggiunto a Cesena dopo l’iniziativa estiva di Rockin1000), mi sono trovato davanti un pubblico variegato ed eterogeneo che solo i grandi gruppi possono vantare. Uno dei pochi concerti dove ho voluto concedermi il “lusso” delle gradinate, quando in genere amo il parterre, ma la visibilità era talmente ottimale da non farmelo assolutamente rimpiangere. La band di apertura termina poco dopo il mio arrivo e comincia invece l’attesa per l’entrata in scena del gruppo per cui siamo tutti lì, all’interno dell’Unipol Arena, a sopportare una temperatura molto (ma molto) caliente.
Poi stop. Basta. Tutto scompare, com’è giusto che sia.
Il grande tendone con sopra il logo del gruppo che oscurava il palco fino a un momento prima è bucato dalle luci stroboscopiche e da dietro di esso arriva assordante il suono del primo accordo della serata. Che sarà una concerto speciale, però, lo si capisce solo dopo, quando arriva implacabile il primo (e quindi il più difficile da dimenticare) urlo di quel pazzo di Dave Grohl che infiamma noi presenti, dal primo all’ultimo.
‘Are you ready? Are you fuckin’ ready?’
Al nostro urlo di risposta irrompe un riff, riconosciuto da tutti alla prima nota. Il tendone si affloscia e cade a terra.
Quattro musicisti gasati, più quello che ha l’aria di essere un sovrano sul suo trono di spade, si lanciano in una delle esibizioni più incredibili e spinte all’estremo del loro classico Everlong.
È una scaletta accurata, quella dei Foo Fighters, ma soprattutto non viene concesso nemmeno un attimo di pausa fra un brano e l’altro, cosa che contribuisce a rendere tutto più esaltante e facile per quelli che, come il sottoscritto, in quelle situazioni amano distruggersi le corde vocali. Ad Everlong seguono infatti brani altrettanto energici come Monkey Wrench e la celebre protagonista della già citata iniziativa di Cesena, Learn To Fly.
Le uniche pause cominciano a vedersi da metà concerto in poi, quando Dave spiega l’importanza che abbia avuto la città di Bologna nella sua gioventù.
‘Posso fare ciò che voglio? Sì? Allora la prossima canzone è per me’.
Così Dave introduce Big Me, unica vera ballad del concerto, dedicata a quei bolognesi che hanno avuto a che fare con lui in passato (il che comporta, inevitabilmente, lo sventolio di cellulari ed accendini al ritmo della sola chitarra utilizzata per il brano).
È alla fine di Walk che arriva la presentazione dei musicisti, a ognuno dei quali è concesso un momento di gloria personale, fra assoli e citazioni di brani celebri (propri e non).
Comincio a notare una cosa che non spesso ho visto in altri concerti: una partecipazione straordinaria del pubblico. Non solo dei singoli spettatori ma una grande coesione generale che genera cori e balli di un’ energia invitante, accogliente, rara.
Lo stesso Dave Grohl se ne accorge e si concede frasi come ‘Il pubblico di Bologna è il più bello di tutti’.
My Hero, Breakout ed una inaspettata Wheels (‘Non la facciamo spesso ma ve la meritate!’) danno il ritmo ad una serata che sembra un treno lanciato alla massima velocità, per giunta pronto a deragliare. L’intento evidente (poi infatti esplicitato) del gruppo è quello di eseguire brani di ogni singolo album del loro repertorio: grandi classici, naturalmente, ma anche pezzi meno scontati come Arlandria e White Limo (entrambi dall’album Wasting Light) e The Feast And The Famine, dall’ultimo album Sonic Highways, mai precedentemente introdotta in scaletta.
Un Dave Grohl con la gamba rotta dimostra più vitalità ed energia di tanti altri cantanti in circolazione e quello che non può fare, ovvero camminare, viene sostituito dal movimento avanti e indietro del suo trono, veramente degno di un re del rock’n’roll.
Si riprende con i brani legati fra loro, mitragliate di assoli e vari momenti introspettivi dove il vero show lo facciamo noi del pubblico, cantando ad un volume incredibilmente alto, di cui Dave Grohl continua visibilmente a stupirsi canzone dopo canzone.
‘Voi italiani siete pazzi, fate tutto quello che vi si chiede!’.
Forse provocati da frasi come queste, quando arriva la tranquilla Skin And Bones accade l’ impensabile, per noi quanto per la band.
A Dave scappa un ‘Manà Manà ‘ stile Muppets Show, che magari avrebbe potuto passare inosservato… e invece no.
La replica è immediata: ‘Tu-tu-rururu’.
Gli schermi mostrano l’espressione sorpresa e divertita di tutti, Foo Fighters compresi. Non l’avessimo mai fatto.
‘Manà Manà ‘.
E noi: ‘Tu-tu-rururu’.
Cara Skin And Bones, mi dispiace per te, ma ormai è fatta: un minuto buono di questo botta e risposta al termine del quale Dave Grohl non riesce più a trattenere le risate e noi gli applausi entusiasti. Come si fa a non amare un cantante del genere?
Ritorno in grande stile alle chitarre distorte con This Is A Call, e dopo la cover di In The Flesh? dei Pink Floyd arriva il brano di chiusura, da tutti atteso per la sua bellezza ma triste segnale che si è purtroppo giunti alla fine.
‘Non siamo soliti fare bis: saliamo sul palco e semplicemente suoniamo, suoniamo, suoniamo’ aveva detto Grohl qualche canzone prima.
Non ce n’è bisogno, se finisci un concerto così.
Best Of You l’ho ascoltata mille volte e non delude mai, ma in versione live è un’altra cosa. Non solo per la durata, che raddoppia, ma per quello che si genera fra loro e noi.
O meglio: non so se avvenga sempre, ma posso confermare che a Bologna è stato così.
I cori lenti, potenti, intensi di metà canzone sono i veri protagonisti di quello che sembra essere un inno: un inno al rock’n’roll e a tutto ciò che esso rappresenta.
Finisce fra i fischi degli strumenti, lasciati apposta al massimo volume, e gli applausi entusiasti di tutti coloro che come me hanno potuto assistere ad un’esibizione indimenticabile.
Quel fischio assordante sembra quello di una macchina d’ospedale, a simboleggiare la morte di qualcosa.
Strano a dirsi, dato che una volta usciti ci siamo sentiti più vivi di quando siamo entrati, ma forse inconsciamente racchiudeva già il dolore di noi tutti, ancora ignari, per le vittime di Parigi: un dolore che ha portato i Foo Fighters a decidere di annullare le prossime date del tour.
Ma non è così che voglio ricordare la serata di venerdì: mentre altrove la celebrazione della Vita veniva interrotta, mi piace pensare che invece, a Bologna, la Vita e la Musica siano state celebrate a dovere, un po’ per tutti.
Voglio citare la frase di un amico:
‘Andare al concerto dei Foo Fighters è come fare sesso. Quando la serata è quella giusta, tutto parte da una sguardo, e poi sono due ore e mezza di puro godimento. La mattina dopo ti alzi, ti guardi allo specchio, ridi e pensi: ‘Cosa diavolo è successo ieri notte?”.
Amen. E non solo, aggiungo io.
Ti guardi allo specchio e pensi: ‘Is someone getting the best of me?’

LA STORIA
Bublik, progetto lenzuola parlanti

Il brulicante quartiere moscovita di Ottobre Rosso non smette mai di stupire. Pare inventarne sempre una per meravigliare, per accendere la fantasia e lasciar riflettere su presente e passato. La Fondazione V-A-C (di cui vi parleremo più dettagliatamente nelle prossime puntate, vi basti per ora sapere che la fondazione supporta la creatività di giovani artisti contemporanei occupando una parte della centrale elettrica dismessa Ges2) è un bell’esempio di come coniugare la creatività dei giovani di oggi con i la storia e la tradizione passate. Nonché con i suoi valori. Per non dimenticare quanto di buono ci è stato lasciato e quanto di nuovo si possa sempre trovare in esso, magari reinventandone alcuni elementi. Con passione e nuova forza.

Nell’esposizione dedicata, dalla Fondazione, alle pratiche artistiche nell’ambiente urbano, che vuole (ri)trovare i legami fra lo spazio urbano e l’arte, abbiamo scovato una chicca, passateci il termine: Bublik, il “progetto lenzuola”, della giovane creativa Elena Kholkina.

Progetto lenzuola, Elena Kholkina

Facciamo un passo indietro, dunque.

Durante l’epoca sovietica, le autorità cittadine avevano costruito molti edifici insoliti e inusuali, se pur legati ad alcuni importanti fatti dell’epoca. Uno di questi era sicuramente rappresentato dall’edificio cilindrico di appartamenti costruito nel 1972 dall’architetto sovietico Eugene Stamo e dall’ingegnere Aleksandr Markelov. Ubicato nel distretto (rayon) di Ochakovo-Matveevskoe, nella zona sud-est di Mosca, l’edificio è chiamato Bublik dai residenti e dai vicini, per la sua somiglianza con la rotonda e gustosa ciambellina dolce, bollita prima della cottura, tipica dell’est Europa chiamata bagel (e appunto бублик / bublik, in russo e ucraino, obwarzanek, in polacco, riestainis, in lituano).

Bublik_in_Kiev

L’edificio residenziale fu disegnato per contenere 913 appartamenti e, secondo gli architetti, 5 edifici simili dovevano essere costruiti prima delle Olimpiadi del 1980. I 5 edifici dovevano ricordare il simbolo olimpico ma solo due furono completati. Il villaggio doveva contenere tutto (negozi, farmacie, campi da calcio, ufficio postale), dar vita a una sorta di micro-comunità autosufficiente, una cittadina in miniatura, ma il progetto si rivelò di difficile realizzazione: alti costi di mantenimento, lontananza eccessiva fra gli edifici. Difficile poi associarli agli anelli olimpici e difficile da realizzare.

Bublik, edificio
Bublik, edificio
Bublik, edificio

In queste case fu girato il film “Courier” e le sue finestre si vedono nei fotogrammi finali del famoso film sovietico “Mosca non crede alle lacrime”. Quanto oggi rimane è l’idea delle buone relazioni di vicinato dell’epoca sovietica, l’importanza della costante socializzazione di persone che vivono l’una accanto all’altra ogni giorno, che condividono valori, pensieri e giornate. Luoghi di ritrovo, dove socializzare e sentirsi complici, dove aiutarsi in momenti più o meno difficili, dove essere solidali, vicini. In un mondo, come quello moderno, dove questi valori spesso paiono persi o confusi con il rumore della città e del suo movimento vorticoso e dove i rapporti di vicinato paiono perdersi e essere sostituiti dagli scambi virtuali di email e messaggi sui social network, Elena Kholkina, nel mese di agosto 2015, ha voluto fare un esperimento, un bell’esperimento. In questo edificio periferico a forma di anello, fra i suoi nove piani di vite, l’artista ha cercato di sorpassare la predominanza della comunicazione online e, per fare questo, ha steso lenzuola ad asciugare, senza preavviso. Su ciascuna di esse vi era una storia, quella di un abitante del Bublik, da lei raccolta in precedenza. Queste storie dovevano diventare (e lo sono diventate) motivi di scambio e di comunicazione reale, “live”, tra i lettori, creando un peculiare “social network offline”.

Si tornava a parlare, a comunicare, a conoscersi, a scambiare le proprie storie di vita.

Il tutto culminato in una piccola festicciola con i simbolici bublik, le ciambelline, da lei organizzata per i residenti, mostrando le foto e i video di quegli incontri.

Un cerchio che si chiude, una forma rotonda che lega e unisce. Un anello che continua.

Perché la comunicazione diretta fra le persone è sempre la migliore e non vi è nessun social network che la possa sostituire. Ci è piaciuto. Molto. Brava Elena. Salviamo questo dal passato. Almeno questo. Ne vale la pena.

Sabato 21 novembre al Circolo Arci Zone K il trio “Big Kahuna” in concerto

da: Circolo Arci Zone K

Un altro sabato all’insegna del rock al Circolo Arci Zone K, di Malborghetto di Boara. Il ricco e variegato programma del Circolo, propone questa sera, i Big Kahuna, trio ferrarese formato da Andrea Cera voce e chitarra, Michele Massellani batteria e Andrea Bignardi Basso.
I loro pezzi sono pillole dirette allo stomaco di 3 minuti e pochi secondi al massimo di durata, pieni di energia senza troppi fronzoli, ricchi dei colori del rock’ n’ roll, con sbandate nel reggae, nello ska il tutto sospinto da una energia punk che pulsa dentro senza sosta.
Dopo aver aperto per Paul Heaton & Jaqui Abbot (ex Housemartins e Beautiful South) e I Monaci del Surf tra gli altri, sono in attivo con una costante attività live che li ha portati anche ad esibirsi al Bannerman’s rock and whiskey bar di Edimburgo e allo storico Roadhouse di Manchester ed al HOME FESTIVAL di Treviso il 6 settembre scorso tra artisti del calibro dei Negrita, Modena City Ramblers, Punkreas, etc.
Dal 1 marzo 2015 la band sta portando in giro il disco “Honolulu Rock city”, registrato presso Officine Underground di Montebelluna (TV) accompagnato dal video “Miky is a Ska Boy”. Nelle note di copertina campeggia una frase “written, performed and produced by the Big Kahuna” che da il senso di questa band, instancabile, sicuramente da vedere live per la loro energia, immediatezza, spontaneità e assoluto carisma.
Ad accompagnare la band prima e dopo lo spettacolo, la selezione musicale di VOSTOK 1 ORG. con un finale quindi tutto da ballare fino alle ore 2!
Apertura del Circolo prevista come sempre per le ore 18. Inizio concerto ore 22 circa. Ingresso Gratuito, riservato ai Soci Arci. Per info: 346.0876998.

Dieci anni Fuoristrada

E’ fuoristrada che si sperimentano davvero nuovi percorsi.

A dieci anni dalla prima edizione di “Fuoristrada”, questa sera e domani ritorna la rassegna dedicata ai giovani emergenti italiani all’interno del Festival di danza contemporanea del Teatro Comunale di Ferrara.
Molti dei nomi che si sono avvicendati sul palcoscenico ferrarese oggi sono protagonisti di primo piano sulla scena nazionale. Nello stesso tempo il Teatro si è confermato sul territorio come riferimento per lo sviluppo della danza contemporanea e della ricerca; ha contribuito a valorizzare nuove personalità artistiche; ha coinvolto in esperienze di formazione un pubblico sempre più giovane e trasversale. Nel corso degli anni il progetto costruito in collaborazione con le altre realtà della rete regionale Anticorpi si è via via arricchito. E questa “vetrina” ferrarese è uno dei momenti più attesi per artisti, operatori e pubblico: qui – lontano dalle tensioni e dalle emotività dei debutti nelle programmazioni estive – giovani e giovanissimi interpreti propongono i risultati, spesso davvero stimolanti, del loro percorso artistico.

Programma:

Mercoledì 18 novembre, ore 21
Delle ultime visioni cutanee – concept, coreografia e azione Nicola Galli
Ci sono cose che vorrei davvero dirti – coreografia Giovanni Leonarduzzi con Giovanni Leonarduzzi e Raffaello Titton

Giovedì 19 novembre, ore 21
40.000 centimetri quadrati – di e con Claudia Catarzi
Horizon – di e con Manfredi Perego
Sarai – coreografia e concept Francesca Penzo, con Roberto Penzo e Francesca Penzo

Impossibile: questione di punti di vista

Un buon auspicio per questo nuovo inizio!

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Albert Einstein

Chi dice che è impossibile non dovrebbe disturbare chi ce la sta facendo. (Albert Einstein)

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

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