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Giorno: 3 Dicembre 2015

Sabato 5 dicembre davanti al Duomo di Ferrara accensione dell’albero in vetro di Murano

da: organizzatori

Fontane danzanti e albero di vetro, sabato 5 dalle ore 17 è festa in Piazza Cattedrale. E per il Touring Club Italiano, Ferrara è tra le dieci mete da visitare durante le festività

Un pomeriggio davvero speciale, quello di sabato 5 dicembre dalle ore 17, quando davanti alla nostra bella Cattedrale ci sarà uno spettacolo di luci e scintillii. L’accensione dell’albero in vetro di Murano sarà infatti seguita dallo spettacolo delle fontane danzanti itineranti più grandi d’Europa, che incanteranno grandi e piccini con un mix di acqua, musica e fuoco. Quaranta minuti di pura emozione con replica alle 19.40.
Appositamente per vedere l’albero di Murano verranno in città alcune delle travel blogger più seguite d’Italia, che porteranno le festività di Ferrara in tutto il paese. Un segno di quanto il Natale di Ferrara attiri la curiosità di molti, al quale si aggiunge la segnalazione del Touring Club Italiano che indica la nostra città come una delle mete da visitare durante queste feste definendo “spettacolare” l’incendio del Castello Estense.
E sabato sarà anche l’occasione per partecipare ai due contest fotografici del momento. ll primo è #luciaferrara2015, organizzato in collaborazione con ig_ferrara e igersferrara: fino al 10 gennaio, tramite l’hashtag #luciaferrara2015, si potranno condividere immagini che sappiano cogliere l’atmosfera magica che le luminarie di Natale sanno donare alla città.
Il secondo, con una nota più ironica e scherzosa, “Ma che albero è”, riguarda il tanto chiacchierato albero in vetro di Murano: per partecipare al contest basterà pubblicare il selfie, su Facebook o instagram, con l’hastag ‪#‎machealberoè‬ ‪#‎nataleaferrara‬ ‪#‎natale2015‬. Il selfie pubblicato entro il 10 dicembre, che otterrà il maggior numero di like, riceverà un cesto natalizio con prodotti tipici.

Le Estetiche e le Epistemologie del contemporaneo al centro di un convegno Unife

da: Ufficio Comunicazione Eventi Unife

Domani, venerdì 4 dicembre, a partire dalle ore 14.30 e sabato 5 presso Palazzo Bonacossi, (via Cisterna del Follo, 5), si terrà il convegno internazionale “Estetiche ed Epistemologie del contemporaneo”, incentrato sui modi in cui l’estetica offre strumenti per la riflessione su campi d’indagine tradizionalmente non contigui alle discipline umanistiche, per attuare nelle sue forme e metodologie, interessanti processi d’analisi ed esiti conoscitivi.
“Da quella riflessione – spiegano gli organizzatori – emerge un’idea di estetica come indagine filosofica sull’intero campo dell’esperienza e sul mondo contemporaneo, finalizzata non solo a istituire una disciplina settoriale che abbia per soggetti privilegiati le opere d’arte o ‘belle’, ma anche a intervenire su ambiti e settori eterogenei, per analizzarne e integrarne le dinamiche, le forme e i contenuti secondo nuove prospettive”.
Per informazioni: Carlotta Cocchi – 0532/293554 – 338/6195391

La Musica, il Cervello ed il recupero del benessere psico-fisico al centro della Lectio Magistralis del Prof. Eckart Altenmüller

da: Ufficio Comunicazione Eventi Unife

La Musica, il Cervello. E’ questo il tema della Lectio Magistralis che si svolgerà domani, venerdì 4 dicembre, dalle ore 14.30 alle ore 18.30 nell’Aula Magna del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Ferrara, (c.so Ercole I D’Este, 37), tenuta da Eckart Altenmüller, Direttore dell’Istituto Internazionale di Fisiologia della Musica e Medicina per i Musicisti e Direttore del Dipartimento di Neurologia dell’Università di Hannover in Germania.
La lezione dedicata al ruolo della musica nel recupero del benessere psico-fisico, è organizzata nell’ambito delle attività didattiche del Corso di Perfezionamento in Musica e Musicoterapia in Neurologia dell’Università di Ferrara, diretto dal Prof. Enrico Granieri della Clinica Neurologica insieme al Maestro di Musica Prof. Giorgio Fabbri e al Prof. di Musicoterapia Alfredo Raglio.
L’iniziativa si articolerà in due momenti principali. Il primo dal titolo “Come la musica nutre il cervello” verterà sui processi di plasticità cerebrale indotti dalla musica nelle persone in buona salute e nelle persone colpite da disordini neurologici. La seconda parte sarà dedicata al tema “Come la musica produce emozioni”, con la presentazione di brani musicali per flauto traverso seguiti da interventi esplicativi del Prof. Altenmüller.
Tra i brani la Sonata a minor of J.S. Bach, la Sonata a minor of C.P.E. Bach, Etude in G-Major by Carl Andersen, Suite Mythologique by Leonardo di Lorenzo, Requiem for Flute by Fukushima e Syrinx by Claude Debussy.
La lezione, aperta a tutti, è rivolta agli studenti del Corso di Musica e Neurologia, agli operatori sanitari, ai medici specialisti in Neurologia, Neuropsichiatria Infantile, Pediatria, Fisiatria, Foniatria, Audiologia, Psicologia, ai Fisioterapisti, agli Infermieri, agli Educatori Professionali, ai Logopedisti, ai laureati nelle Professioni Sanitarie e in Scienze Motorie, a docenti e studenti del Conservatorio e musicisti.
A richiesta sarà rilasciato l’attestato di frequenza presso la segreteria della Clinica Neurologica, settore 1C3, Ospedale di Cona. Per info: e-mail tdm@unife.it – tel. 0532 236304
Per informazioni: Carlotta Cocchi – 0532/293554 – 338/6195391

Crisi Open.Co e Lavoranti in Legno: la cooperazione deve presentare il piano industriale

da: Ufficio formazione e informazione CdLT CGIL Ferrara

Nella giornata di ieri si è tenuto l’incontro presso l’assessorato alle attività produttive della Regione Emilia Romagna del Tavolo di crisi Open.co e Lavoranti in Legno per fare il punto sulla costituzione del nuovo soggetto industriale.
La situazione che si sta determinando, la lentezza con cui evolvono le procedure per la liquidazione coatta della cooperativa Lavoranti in Legno di Ferrara, rischia di vanificare il lavoro sin qui svolto per ridare un futuro occupazionale e produttivo alle realtà coinvolte.
Per queste ragioni si è convenuto, unitamente alla Regione Emilia Romagna, alle istituzioni locali e a Legacoop regionale e territoriale, di sollecitare il Ministero dello sviluppo economico per la nomina del commissario liquidatore della Lavoranti in Legno.
Nel contempo Legacoop Emilia Romagna deve presentare il piano industriale e di sostenibilità finanziaria che dovrà garantire la continuità produttiva ed occupazionale delle realtà di Ferrara, S.Martino Reggio Emilia e Castelvetro Modena.
Per gestire questa fase il Tavolo di crisi sarà riconvocato entro il 31 dicembre 2015 per individuare l’ammortizzatore sociale coerente con la liquidazione coatta/amministrativa della Lavoranti in legno (Open.Co è già da Agosto 2015 in liquidazione coatta amministrativa) ed entro il 28 gennaio 2015 per analizzare il piano industriale, finanziario ed occupazionale del nuovo soggetto industriale, confermando così quanto stabilito con il verbale del 23 ottobre 2015.
Solo rispettando gli impegni sin qui assunti, in particolare dal sistema cooperativo, saremo in grado di garantire un futuro a centinaia di lavoratrici e lavoratori contestualmente alla tenuta sociale ed economica dei territori interessati. Mercoledì 9 dicembre p.v. alle ore 10,30 presso la sala riunioni della storica sede della Lavoranti in Legno si svolgerà l’assemblea sindacale per approfondire la situazione.
Per Filca-Cisl e Fillea-Cgil Ferrara Sandro Guizzardi

Onav di Ferrara segnala: L’Amarone, il Valpolicella ed il Recioto dalle colture biologiche di Ferrara

da: Onav sezione di Ferrara

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L’AMARONE , IL VALPOLICELLA ED IL RECIOTO DA COLTURA BIOLOGICA A FERRARA
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FERRARA, lunedì 14/12/2015 – Per iscriverti clicca qui
La Sezione ONAV di FERRARA segnala che il prossimo lunedì 14/12/2015 alle ore 20:00
sarà proposto un incontro sul tema:

L’AMARONE , IL VALPOLICELLA ED IL RECIOTO DA COLTURA BIOLOGICA A FERRARA

DEGUSTAZIONE DI N.5 VINI DELL’AZ.AGR. ANTOLINI:

1)  VALPOLICELLA CLASSICO

2)  VALPOLICELLA SUPERIORE RIPASSO

3)  AMARONE CLASSICO MOROPIO

4)  AMARONE CLASSICO CA’ COATO

5)  RECIOTO

L’ENOLOGO ANTOLINI PIER PAOLO CI ILLUSTRERA’ IL SISTEMA DI COLTURA USATO E LA TIPOLOGIA

DEI TERRENI E DEI VITIGNI. AL TERMINE DELLA PRESENTAZIONE LO CHEF DEL RISTORANTE ” IL BAGATTINO”

CI DARA’ LA POSSIBILITA’ DI ABBINARE I VINI CON: UN TORTINO DI PATATE CON PORCINI IN RISTRETTA DI

VALPOLICELLA E SALUMI . ZIA FERRARESE , COPPA DI TESTA E CICCIOLI CROCCANTI.

TAGLIATELLA CON CINGHIALE E FUNGHI PORCINI – INFINE DOLCI DELLA CASA CON GRAPPA DI AMARONE

                             L’INCONTRO E’ PREVISTO PER IL GIORNO

                             LUNEDI’ 14 DICEMBRE 2015 ALLE ORE 20.00

                             PRESSO IL RISTORANTE “IL BAGATTINO” NEL

                             CUORE DI FERRARA VIA CORREGGIARI 6

LA SERATA E’ APERTA A TUTTI COLORO CHE VORRANNO INTERVENIRE – QUOTA DI PARTECIPAZIONE : SOCI ONAV €30

NON SOCI €40 – SOCI ANAG €35 =  E’ NECESSARIA  LA PRENOTAZIONE TEL.3472772155 LINO BELLINI DELEGATO

PROVINCIALE ONAV  O AL RISTORANTE “IL BAGATTINO” tel.0532 206871. NUMERO MINIMO DI PARTECIPANTI 30 MAX 50

IN CASO DI ISCRIZIONI MULTIPLE INDICARE SEMPRE I NOMI DEGLI ISCRITTI NELLE NOTE. LA PRENOTAZIONE DEVE

ESSERE CANCELLATA ALMENO 48 ORE PRIMA DELL’EVENTO

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Luogo dell’evento:
RISTORANTE IL BAGATTINO
VIA CORREGGIARI 6 FERRARA
amm.ilbagattino@libero.it

Visualizza la mappa

se vuoi iscriverti all’evento clicca qui
Il contributo di partecipazione è fissato in €30,00 per i soci, €40,00 per i non soci.
L’evento è aperto a tutti.
Il numero di partecipanti è fissato in un minimo di 30 e un massimo di 50.
Se sei socio ONAV, per cortesia ricordati di portare i bicchieri
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Delegato Provinciale: Lino Bellini – 347 2772 155
email: ferrara@onav.it   www: www.onav.it

Domenica 6 dicembre, al Circolo Arci Zone K Adriano Viterbini e Stefano Pilia in concerto

da: Circolo Arci Zone K

Domenica 6 Dicembre 2015 il Circolo Arci Zone K di Malborghetto proporrà al pubblico ferrarese un concerto davvero prestigioso, saranno infatti di scena, per la rassegna “Collateral” ed in collaborazione con Arci Ferrara e DNA Concerti, Adriano Viterbini e Stefano Pilia, musicisti tra i più interessanti nel panorama chitarristico italiano odierno.
Dopo il fortunato esordio solista Goldfoil, il 23 ottobre Adriano Viterbini, già chitarra e voce dei Bud Spencer Blues Explosion, ha dato alla luce per Bomba Dischi/Goodfellas il suo secondo lavoro intitolato Film O Sound. L’album è anticipato dal singolo Tubi Innocenti.
In questo percorso Viterbini non è stato solo, ma ha avuto accanto per ogni tappa degli incredibili compagni. Marco Fasolo dei Jennifer Gentle, prezioso alla produzione artistica, Fabio Rondanini (Calibro 35, Afterhours), Stefano Tavernese, Enzo Pietropaoli, Bombino, Jose Ramon Caraballo Armas (Daniele Silvestri Ufficiale, Bandabardò) e Alberto Ferrari (Verdena), special guest nel classico di Sam Cooke “Bring it on home “, unico brano cantato del disco. Film O Sound, già anticipato dal classico “Sleepwalk”, svela un nuovo brano inedito: si tratta di “Tubi Innocenti” in cui Adriano duetta con Fabio Rondanini in vorticosi ritmi dalle tinte tuareg.
Il titolo del disco è il frutto di un’intuizione stessa di Adriano. Il Filmosoud era un proiettore a bobine della Bell & Howell, creato negli anni 40, compatto e portatile con audio integrato, utilizzato sopratutto per conferenze nelle aule universitarie. La sezione audio valvolare e lo chassis con cono da 8 pollici del Filmosound ha di fatto una resa ottima se utilizzato come amplificatore per chitarra elettrica. Ed è proprio con questa sezione audio che Adriano ha registrato l’album assecondando una visione complessiva oltre che un instancabile desiderio di ricerca sonora. Film O Sound diventa così un evocativo gioco di parole, un disco da immaginare oltre che da ascoltare. Un “album globetrotter”, crocevia tra i suoni del nord e del sud del mondo, un viaggio attraverso l’Africa, il Sud America e gli States, in undici tracce di vera e propria antropologia musicale.
Stefano Pilia è bassista, chitarrista e compositore elettroacustico nato a Genova nel 1978. Il suo lavoro si è avvicinato sempre più all’indagine della dimensione scultorea e spaziale del suono sia attraverso la pratica esecutiva strumentale sia attorno alla ricerca dei processi di registrazione e produzione sonora. E’ tra i fondatori del gruppo 3/4HadBeenEliminated, sintesi tra improvvisazione, composizione elettroacustica e sensibilità avant-rock. Suona dal vivo principalmente in solo, con In Zaire. Dal 2008 è parte dei Massimo Volume, dal 2012 chitarrista dell’artista maliana Rokia Traoré e dal 2015 chitarrista negli Afterhours. Collabora stabilmente con David Grubbs e Andrea Belfi nel BGP trio e nel “Sogno del Marinaio” con MIke Watt al basso e Belfi alla batteria. Ha collaborato frequentemente alla realizzazione del suono (sia liveche su supporto) per produzioni teatrali, reading, film, installazioni e video arte (Gianluigi Toocafondo, Zimmerfrei, NIco Vascellari, Homemovies, Wuming2, Emidio Clementi ). Ha collaborato con artisti e musicisti come, Rokia Traoré e John Parish, Phill Niblock, Marina Rosenfeld, David Tibet e ZU, Giuseppe Ielasi, Z’ev, Black Forest Black Sea, Rhys Chatam, David Maranha, Manuel Mota…ha pubblicato lavori discografici con numerose etichette italiane ed estere (Die-Schachtel, Presto?!, Bluechopstick, Hapna, LastVisibleDog, Sedimental, Soleilmoon, 8mm, La Tempesta).
Occasione unica quindi per vedere questo fantastico duo, nell’atmosfera intima e suggestiva del Circolo.
Il Circolo Arci Zone K aprirà con il solito aperitivo alle ore 19. Il concerto avrà inizio intorno alle 22. L’ingresso sarà gratuito e riservato ai Soci Arci. Per informazioni chiamare il 346.0876998.

Lunedì 14 dicembre alla Biblioteca Ariostea presentazione del libro “Mezzogiorno padano” di Sandro Abruzzese in uscita oggi

da: organizzatori

Esce oggi in libreria e nei negozi online “Mezzogiorno padano” di Sandro Abruzzese, inserito nella collana “Società Narrata” della casa editrice Manifestolibri. La prefazione è di Vito Teti, la copertina di Tania Schifano.
Il 14 dicembre nella Sala Agnelli della Biblioteca Ariostea di Ferrara ci sarà un primo incontro con l’autore, alle 17:00 il libro sarà presentato da Sergio Gessi, all’incontro parteciperanno Roberta Bergamaschi e Matteo Bianchi.
Maggiori info sul libro qui:
http://www.manifestolibri.it/mezzogiorno-padano-di-sandro-abruzzese/
http://www.amazon.it/Mezzogiorno-padano-Sandro-Abruzzese/dp/8872858291/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1449081960&sr=8-1&keywords=mezzogiorno+padano
(da: La Talpa di Manifestolibri) La piccola Marta ha bisogno di un intervento in grado di restituirle l’udito. Marianna Tamburrino va da Foggia a Milano per poter vivere fino in fondo la sua diversità. Il napoletano Antonio De Gennaro diventa chirurgo di fama a Domodossola. Il prof. Fittipaldi, a sessant’anni passati, si trasferisce dalla Basilicata all’Emilia per vivere accanto alla figlia. Arturo Menna lotta per difendere la Terra dei Fuochi. Adele Sorrentino non riesce a odiare l’uomo che l’abbandonò a pochi mesi dall’altare. Sono solo alcuni dei protagonisti incontrati in questo libro corale, che per la forma ricorda una Spoon river in narrativa.
Sono le vicende di uomini e donne dell’Italia meridionale che abbandonano la propria terra per il Nord del Paese oppure tentano di resiste- re a inevitabili compromessi. Il viaggio e la permanenza assurgono a metafore della vita da cui emerge un campionario di coraggio, solitudini, vittorie, tradimenti, confessioni che rappresenta un quadro fedele dell’Italia contemporanea. Un Paese sfilacciato e diviso che si riconosce nell’apparenza e nella solitudine a cui i personaggi del libro oppongono una resistenza caparbia e delicata. La partenza e lo sradicamento spingono i protagonisti a raccontare la loro storia di inevitabili rinunce, e a riflettere sul viaggio chiamato vita.
Sandro Abruzzese è nato in Irpinia e vive a Ferrara dove insegna materie letterarie in un Istituto d’Istruzione Superiore. Blogger, fondatore del progetto “Racconti viandanti”, attraverso cui promuove incontri sul tema dell’erranza, collabora con la rivista online Erodoto108. Il viaggio e lo sradicamento sono tematiche che nel suo lavoro si intrecciano alla que- stione nazionale, meridionale e settentrionale.

Da Ferrara appello al Papa circa il disagio provocato da alcune affermazioni del Vescovo Negri

da: Paolo Niccolò Giubelli

Nei giorni scorsi al Vescovo di Ferrara sono state attribuite parole gravissime a proposito di Papa Francesco (“Speriamo che con Bergoglio la Madonna faccia il miracolo come aveva fatto con l’altro”). Se e finché tali parole non saranno formalmente confermate, non possiamo che solidarizzare con mons. Negri, oggetto di accuse infamanti che, ripetiamo, a tutt’oggi non trovano riscontro oggettivo.
Fatta questa premessa, comunichiamo che a Ferrara ad opera del think tank Pluralismo e dissenso (http://pluralismoedissenso.altervista.org), prima dell’episodio in questione è iniziata una raccolta di firme in calce ad una lettera indirizzata a Papa Francesco (e per conoscenza al Presidente e al Segretario Generale della CEI). Alla lettera vengono allegate affermazioni pubbliche di mons. Negri che, a nostro avviso, “creano nel nostro territorio un diffuso e significativo senso di disagio sia fra i cattolici che fra i non cattolici”.
Vedi in calce il testo della lettera e in allegato le parole di Negri, che possono essere letti anche sul sito pluralismoedissenso.altervista.org. Ancora pochi giorni poi finirà la raccolta di firme sul testo della
lettera, sia su carta sia sul sito di Pluralismo e dissenso, che verrà quindi inoltrata.
Cordiali saluti.
Ferrara, 2 dicembre 2015
Pluralismo e dissenso
Mario Zamorani
Paolo Niccolò Giubelli
Per comunicare con noi, contattare Mario Zamorani: tel. 347.0966750

Sua Santità, Papa Francesco,
e
p.c. S.Em. Card. Angelo Bagnasco, Presidente della CEI
p.c. S.Em. Mons. Nunzio Galantino, Segretario Generale della CEI

Le scriviamo per rilevare come le parole dell’Arcivescovo della nostra comunità di Ferrara, Mons. Luigi Negri, si discostino troppo frequentemente e su troppe questioni da quelle del Papa. Spesso le affermazioni dell’Arcivescovo si rivelano distoniche, quando non antitetiche addirittura, rispetto alle parole che siamo soliti ascoltare da lei, e divisive per la nostra comunità. Il Vescovo Negri, a nostro avviso, usa spesso parole non ispirate a misericordia e a carità ma, anzi, sembra, persino al loro contrario. Esse creano nel nostro territorio un diffuso e significativo senso di disagio sia fra i cattolici che fra i non cattolici. Siamo persuasi che il Vescovo Negri agisca con onestà intellettuale e nel pieno esercizio della sua libertà, che rispettiamo pienamente e convintamente. Per chiarire le nostre perplessità alleghiamo alcuni interventi di Mons. Negri che hanno prodotto in noi un profondo disagio e che, in spirito costruttivo, ci preme davvero segnalarvi.
Con ogni migliore augurio a Sua Santità, cordialmente.
Ferrara, dicembre 2015

Postribolo a cielo aperto
29/06/2013 – Fonte: http://www.estense.com/?p=312081
“Non consentirò più, e studieremo i modi, che la piazza della Cattedrale, corpo unico con la Cattedrale stessa, e quindi nella piena disponibilità della Chiesa di Ferrara-Comacchio, possa servire a queste vicende che, come ho già detto altre volte, sono un postribolo a cielo aperto”. […] Il discorso di Negri si concentra subito sulle serate universitarie e sul divertimento dei mercoledì sera: “è inutile prendersela con chi non capisce le questioni economiche quando la generazione adulta, e addirittura le istituzioni, consentono a centinaia o migliaia di giovani di bruciare la loro vita, quasi tutte le notti, in enormi sbronze di alcol e droga. Stanno a vedere e, al massimo, intervengono per ridurre le conseguenze negative sul piano dell’estetica della piazza o della vita della città. Certamente non consentirò più, e studieremo i modi, che la piazza della Cattedrale, corpo unico con la Cattedrale stessa, e quindi nella piena disponibilità della Chiesa di Ferrara- Comacchio, possa servire a queste vicende che, come ho già detto altre volte, sono un postribolo a cielo aperto”.
05/07/2013 – Fonte: http://www.estense.com/?p=313135
Dopo il “postribolo” il vescovo di Ferrara, nel giustificare il termine usato, rincara la dose. E descrive orge e scene di empietà davanti al duomo. In un’intervista al Carlino Luigi Negri racconta di visioni da sabbah delle streghe proprio sotto le sue finestre: “persone intente in atti di promiscuità. Ho visto scene di sesso tra due ragazzi e un gruppo, evidentemente ubriaco, coinvolto in atteggiamenti orgiastici. Io non ho mai visto un postribolo. Ma l’idea era quella”. […] il vescovo garantisce di esser stato testimone di tutto ciò mentre tornava a casa alle 3 di notte. E tra i rimedi proposti, se le amministrazioni locali non metteranno freno alla “movida” ferrarese (che tra l’altro non ha mai dato adito a episodi rilevanti da codice penale), come extrema ratio pensa già alla recinzione della parte antistante l’ingresso del Duomo.
17/09/2013 – Fonte: http://www.estense.com/?p=328604
Il postribolo? “Nei giorni in cui ho fatto quelle affermazioni mi è apparso in sogno mio padre e mi ha chiesto ‘ma ne valeva la pena di fare tutto questo casino?’ La risposta è sì, ne valeva la pena”. È lo strascico onirico di Luigi Negri che lo ha accompagnato i giorni successivi alle famose esternazioni sulla movida ferrarese.

Vietato suonare Bach in chiesa
22/07/2013 – Fonte: http://www.estense.com/?p=317040
La Curia di Ferrara-Comacchio interviene nuovamente nella vita cittadina, questa volta in quella di Codigoro, dando parere negativo allo svolgimento del concerto “Solo Bach”, eseguito dal violinista serbo Jovan Kolundzjia, all’interno della chiesa dell’abbazia di Pomposa. Il motivo: non si tratta di musica liturgica e, dunque, niente concerto dentro l’edificio sacro. “Erano già stati distribuiti i volantini con il programma e invece è arrivato il parere negativo della Curia- spiega Cesare Bornazzini, regista (principalmente di cortometraggi), già collaboratore di Pupi Avati e, soprattutto, profondo conoscitore del complesso di Pomposa, curatore di un documentario e di un sito internet dedicato all’abbazia-. La cosa mi ha sorpreso perché proprio con Bach ci sono stati illustri precedenti di concerti all’interno di una chiesa, se non sbaglio anche un concerto eseguito da Uto Ughi”. Ma non solo, come ricorda ancora Bornazzini, “a Pomposa è probabilmente nato e ha operato il Guido Monaco (conosciuto anche come Guido d’Arezzo, ndr) che fu l’inventore dei nomi delle note musicali, dunque non c’è nessun altra chiesa se non quella di Pomposa che potrebbe essere soggetta ad una eventuale eccezione sulla musica non liturgica”.

Sul caso di Erik Zattoni
17/10/2013 – Fonte: http://www.estense.com/?p=335670
Anche papa Ratzinger avrebbe dovuto sapere. Così come sapeva il predecessore di monsignor Luigi Negri, l’allora vescovo di Ferrara, Paolo Rabitti. Lo stesso Negri, nonostante affermi di essersi “responsabilmente e debitamente informato a seguito dell’incursione subita da “Le iene””, in realtà era stato già informato il 13 aprile tramite lettera della Congregazione della dottrina per la fede, a firma dell’arcivescovo Luis F. Ladaria. Informati, insomma, di quella storia emersa ora grazie al racconto del figlio di una madre stuprata a 14 anni e messa incinta dal prete del paese.
E’ una storia sbagliata, di quelle, per dirla con le parole di De Andrè, “da dimenticare”. Ma Erik Zattoni e sua madre, violentata nel 1980 da un prete all’epoca 54enne, non ce l’hanno proprio fatta a dimenticare. Erik cerca giustizia per lei, per se stesso, per quel padre vestito di nero che ha riconosciuto la paternità solo dopo essere stato messo con le spalle al muro dal test del dna. Una storia che Erik ha svelato alle telecamere de Le Iene decidendo di renderla pubblica, raccontandola anche alla Rete Nazionale L’Abuso, una onlus nata dall’idea di un gruppo di vittime di preti pedofili che hanno formato una rete di supporto alla quale le stesse vittime possono rivolgersi.
Dal comunicato ufficiale dell’ufficio stampa diocesano pubblicato il giorno 17/10/2013 […] Visto che comunque pare che sia una questione di cronologia e di tempi, e che è accusato di essere responsabile di cose accadute oltre trent’anni fa, l’Arcivescovo ci tiene a precisare, al fine di evitare spiacevoli equivoci in futuro, che non ha avuto nessuna parte nella dichiarazione della prima guerra mondiale e neppure della seconda e certamente non si è inteso con il presidente americano per lo sgancio della bomba atomica sul Giappone. Ufficio Stampa Diocesano

Opinioni o discriminazioni?
13/07/2014 – Fonte: http://www.estense.com/?p=397547
Un rimprovero diretto a Comune, Provincia, le istituzioni che – insieme a Università e associazioni – hanno manifestato la propria contrarietà alla manifestazione delle Sentinelle in Piedi. […] E dopo la premessa sulla necessità del pluralismo arriva l’attacco: “Non è consentito a nessuno, meno che mai alle Istituzioni Pubbliche – afferma Negri, richiamando in tutta evidenza Comune e Provincia ma anche l’Università di Ferrara che avevano formalmente preso le distanze dall’iniziativa delle Sentinelle in Piedi – di assumere il compito di discriminare tra forme culturali, sociali e religiose, approvandone alcune, magari quelle che sono in linea con l’ideologia di coloro che guidano le Istituzioni stesse, piuttosto che altre, ingenerando così una disparità di considerazione e di trattamento tra le varie realtà presenti nella società. Tutte le forme di vita, di cultura, di espressione sociale, di intervento politico, debbono avere, in uno Stato democratico, gli stessi diritti e perciò debbono anche sottoporsi agli stessi doveri. Nessuno può discriminare!”.

Sulla Shoah
21/08/2014 – Fonte: http://www.estense.com/?p=404170
La cacciata e la persecuzione dei cristiani in Iraq come quella degli ebrei sotto il nazismo. […] A questo punto il vescovo azzarda un paragone che a molti potrà sembrare quantomeno azzardato: “Non si capisce perché alcune cose (sic) vengano chiamate Shoah e per queste non venga usato lo stesso termine, che dice di una spaventosa e dissennata ideologica violenza contro l’altro semplicemente perché ha una posizione religiosa diversa dalla propria”.

I grillini e la messa
10/06/2014 – Fonte: http://www.estense.com/?p=466067
“Cosa ci vengono a fare i grillini a messa? – si chiede provocatoriamente Negri •. A chi non crede nella Trinità e pensa che tutto si possa costruire con le proprie mani, compreso la salvezza… beh, ne tragga le conseguenze”

Scalfari
3/11/2014 – Fonte: http://www.estense.com/?p=418783
Al contrario, secondo l’Arcivescovo, “l’uomo di cultura è a contatto con un’alterità, non con oggetti. La realt à è una presenza, che l’uomo non può
pensare di possedere ma in cui entra con il senso del proprio limite. La conoscenza dunque è un incontro: il P apa ha detto una cosa importante perdendo l’occasione di farla sapere a tutti – ha bacchettato – visto che l’ha detta a Scalfari, che non merita gli si dicano cose intelligenti. Il Papa ha detto che la realtà è un incontro in cui la personalità si arricchisce, ed immagine di questo incontro è l’amore tra uomo e donna. La natura dunque è segno di Dio, come lo è l’uomo: dovunque il guardo giro, immenso Dio, ti vedo, scriveva Pietro Metastasio”.

Le crociate, movimento di fede
7/11/2014 – Fonte: http://www.estense.com/?p=420133
Una linea che l’arcivescovo Negri accoglie con lode, tornando a rafforzare una definizione di crociata come “movimento di fede, impeto gratuito e
missionario”, estranea quindi a cause economiche e politiche. Gli applausi della sala testimoniano come sia c ondivisa l’esegesi dell’arcivescovo, che a più riprese si dice “grato alle crociate” e descrive quale “civiltà che ha maturato la propria identità e che non può chiudersi nel particolarismo” quella che si rese protagonista della riconquista dei luoghi del Cristianesimo. E a qualsivoglia interpretazione ideologica, Negri risponde: “Non dobbiamo giustificare nessuno, la fede dei crociati si è espressa nella violenza, ma non l’ha mai generata, una fede che è Una, e ave va bisogno del Corpo, di Gerusalemme”. [Le crociate] “hanno permesso la sopravvivenza del continente che – così interviene Negri – ha visto rallentata e rimandata l’invasione turca che ci avrebbe altrimenti consegnato alla storia un’altra Italia”. Le crociate devono dunque intendersi come “opere di libertà”, un insegnamento, sottolinea ancora l’arcivescovo, che “il medioevo ci ha consegnato: soltanto sotto un’unica fede si possono articolare pluralità, quelle invocate oggi sono falsificate da una base relativistica, così la mentalità laicista porterà all’autodistruzione dell’Europa”.

Sull’Islam
12/01/2015 – Fonte: http://www.estense.com/?p=432292
“Alle religioni nelle quali la violenza è teorizzata e indicata come atto pratico – afferma Negri – ci si deve opporre con nettezza”. […]
“Per la conoscenza che ho delle grandi religioni occidentali e asiatiche –
afferma il vescovo •, la violenza non è nelle teorie ma è un fatto comportamentale. Più facilmente, come ha mostrato il ‘900, è
l’ideologia condita da ateismo a produrre violenza. Fatta questa precisazione, l’unica religione che tematizza la violenza come direttiva teorica e pratica è l’Islam.

Sull’accoglienza dei migranti
25/04/2015 – Fonte: http://www.estense.com/?p=455628
La diocesi di Ferrara prende le distanze dalle recenti dichiarazioni sull’accoglienza dei migranti rilasciate da don Domenico Bedin. E lo fa, assieme al vescovo Luigi Negri, sottolineando “con forza che [loro] non hanno alcuna parte nelle dichiarazioni rilasciate da don Domenico Bedin, riguardo alle possibili politiche migratorie sul territorio ferrarese, poiché non sono di loro specifica competenza”.
Una presa di distanza che fa riflettere, se si tiene presente che anche Papa Francesco sul tema dell’immigrazi one lascia trasparire costantemente le proprie idee e solo pochi giorni fa, in seguito all’ennesima tragedia nel Mediterraneo, ha ringraziato l’Italia per “l’impegno che sta profondendo per accogliere i numerosi migranti che, a rischio della vita, chiedono accoglienza”, parlando dei rifugiati come di “fratelli no stri che cercano una vita migliore: affamati, perseguitati, feriti, sfruttati, vittime della guerra” e chiedendo più supporto da parte dell’Europa poiché “è evidente che le proporzioni del fenomeno richiedono un coinvolgimento molto più ampio. Non dobbiamo stancarci nel sollecitare un impegno più esteso”. Un pensiero che, nel contesto locale, vede proprio Don Bedin in prima linea: ieri il parroco è intervenuto sulla Nuova Ferrara lanciando un appello per l’accoglienza dei flussi migratori nel territorio, affrontando il tema sia da un punto di vista etico – il dovere di assistere i rifugiati – che dal lato pratico, cioè parlando dei possibili progetti di formazione professionale e di coinvolgimento sociale per i nuovi arriva ti. “Avevo semplicemente intenzione – spiega il parroco ad Estense.com – di spiegare che al di là dell’emergenza attuale, accogliere gli immigrati in maniera intelligente può diventare un’occasione per la nostra provincia. Un arricchimento sia giovanile che professionale”. Concetti di cui avevamo discusso con il ‘don’ durante una recente visita alle sue associazioni, quando aveva tratteggiato chiaramente i confini tra accoglienza ‘attiva’ e ‘passiva’. Idee che non sembrano molto apprezzate nella diocesi ferrarese, che nel comunicato che riportiamo integralmente afferma di non voler affrontare il tema delle politiche sull’immigrazione poiché non di competenza della Chiesa: “L’Arcivescovo Sua Eccellenza Monsignor Luigi Negri e la Diocesi di Ferrara-Comacchio sottolineano con forza che non hanno alcuna parte nelle dichiarazioni rilasciate sulla stampa locale di oggi da don Domenico Bedin, riguardo alle possibili politiche migratorie sul territorio ferrarese, poiché non sono di loro specifica competenza. Preci sano altresì che non intendono rispondere di alcuna dichiarazione rilasciata fuori o all’insaputa dell’Ufficio Stampa Diocesano. L’Arcivescovo e la Diocesi inoltre, in perfetta coerenza con quanto realizzato finora, ribadiscono la loro piena disponibilità ad una proficua collaborazione con le autorità competenti per tutte le necessità sociali, incluse le politiche migratorie”. Bedin nel frattempo cerca di non alzare i toni ed evita attentamente di entrare in polemiche vere o presunte: “ Non ho nessuna intenzione di replicare, volevo solo intervenire sul tema dell’accoglienza e mi pare di aver detto concetti molto laici, che non coinvolgono assolutamente l’autorità ecclesiastica. Avendo in gestione una comunità di accoglienza, ho espresso un’opinione personale e sociale, che da quanto mi risulta non è diversa da quella della Chiesa”.

Sugli omosessuali
18/08/2015 – Fonte: http://www.estense.com/?p=478486
Ora che l’omosessualità sta ottenendo un riconoscimento sociale pensano di essere il meglio del meglio. Ma fino a poco tempo fa l’omosessualità era considerata un’anomalia”. “E quindi?”, chiede l’intervistatrice di fronte alla inconsueta argomentazione ‘storica’. “Quindi dovrebbero ricordarlo”.

Tutto il mondo è in mano al demonio
15/11/2015 – Fonte: http://www.estense.com/?p=494931
“Devo dire la verità: tutto il mondo è in mano al demonio”, ha confessato l’arcivescovo Luigi Negri dal pulpito del duomo dove ha officiato ieri mattina i funerali di Pierluigi Tartari, rapinato nella sua casa in via Ricciardelli ad Aguscello il 9 settembre scorso e barbaramente ucciso da tre uomini provenienti dall’est Europa, ora assicurati alla giustizia e in attesa di processo.

L’INTERVISTA
“Il mio romanzo-verità sul Medioriente”. Parla il militare pacifista che ama Grossman e De Andrè

Il nome deriva dall’inchiostro utilizzato per tracciarla sulla mappa geografica: ‘linea verde’, così viene chiamato il confine che separa Israele dai territori palestinesi occupati. Proprio da questa linea prende il titolo il primo romanzo di Francesco Diodati, classe 1956, originario di Spezzano Albanese in Calabria, ferrarese di adozione, ufficiale dell’esercito italiano da poco transitato nelle riserve: “La linea verde” (Feltrinelli).
Ci ha lavorato per due anni e dopo molti rifiuti è riuscito a pubblicarlo da esordiente partecipando al concorso del portale ilmiolibro.it (oltre a Feltrinelli, fra i partner ci sono L’Espresso e la Scuola Holden), di cui ha vinto l’edizione 2012-13 nella sezione gialli-noir.
“La linea verde” parte dalla domanda: c’è una possibilità di pace per israeliani e palestinesi? “Il cuore mi porterebbe a dire sì, ma la ragione mi dice di no, che è ancora troppo presto purtroppo”, risponde Francesco. Anche il suo romanzo è diviso fra cinismo e sentimenti, fra chi si batte per il processo di pace e chi, su entrambi i fronti, è pronto a tutto pur di proteggere ciò in cui crede, anche a ricorrere a mezzi illeciti. Il romanzo di Francesco usa la vicenda della corrispondente Susan Foster per far conoscere ai più le vicende e le contraddizioni passate e presenti della Città Santa e del conflitto israelo-palestinese.

linea verde copertina
La copertina del romanzo La linea verde (Feltrinelli)

Francesco nel tuo libro si intrecciano diversi filoni, o meglio colori: oltre alla linea verde del titolo, c’è il giallo della spy story, c’è il rosso di cui è insanguinata da decenni, per non dire da secoli, la Terra Santa, c’è il rosa dei sentimenti e c’è anche il grigio dell’ambiguità che vela una realtà nella quale non ti puoi fidare di nessuno e niente è come sembra.
In effetti è così, hai centrato il senso del volume: in realtà sono tre libri in uno. C’è la parte storica, improntata sul conflitto israelo-palestinese, c’è una storia d’amore e poi c’è la spy story. “La linea verde” è nato perché volevo parlare del conflitto fra israeliani e palestinesi, che secondo me è, almeno in parte, alla radice di quello che sta succedendo oggi nel mondo, anche solo per il fatto che alcuni la prendono come pretesto, come alibi per le proprie azioni.
Volevo parlare di questa delicata e intricata faccenda che si trascina da almeno un secolo, dall’inizio del Novecento se non dalla fine dell’Ottocento, ma non sarei stato in grado di scrivere un saggio storico, perché non ho le competenze. Perciò ho considerato il conflitto israelo-palestinese come sfondo reale di una storia inventata: quella della giovane, ambiziosa giornalista Susan Foster che viene catapultata a Gerusalemme come corrispondente perché il suo mentore la convince ad andare al suo posto. Quindi è attraverso gli occhi di Susan, fra le pieghe della sua vicenda, che si intravvede la storia e la realtà di quei luoghi.

Perché ti interessa così tanto parlare dei conflitto israelo-palestinese?
Perché a modo mio voglio dare una mano, di far conoscere ai più questo problema. Se ne sa pochissimo, pochi hanno la voglia di approfondire veramente questo intreccio e queste problematiche ormai inestricabili, e quel poco che si conosce spesso si fa finta di non saperlo. Quello che vorrei stimolare è proprio una curiosità, la ricerca del perché esistono queste vicende.
Entrambe le parti non sono scevre da responsabilità, ma certo non nascondo che a mio parere chi oggi è oppresso è il popolo palestinese. Se domani saranno gli israeliani, sarò con gli israeliani.

Qual è la linea verde di cui si parla nel titolo?
È la linea di confine separa Israele dai territori abitati dai palestinesi, occupati durante la Guerra dei Sei giorni del 1967: Cisgiordania e Gerusalemme Est. Territori ‘occupati’ perché nonostante diverse risoluzioni dell’Onu Israele non si mai ritirato e anzi ha continuato a costruire insediamenti.

Susan sembra essere l’unica a riuscire a muoversi attraverso la linea verde…
Sì, quando arriva è animata dal desiderio di raccontare la realtà in maniera equidistante, però mano a mano che scrive i suoi articoli e le storie in cui si imbatte si rende conto che il popolo oppresso sono i Palestinesi e lo fa trasparire nel suo lavoro. Questa è la prima parte della storia, che termina quando lei rimane coinvolta suo malgrado in oscure trame di potere dei servizi segreti israeliani e paga un caro prezzo, per cui se ne torna in America con l’intenzione di non far più ritorno in Terra Santa. Nella seconda parte, invece, farà ritorno a Gerusalemme perché capirà che le ferite si possono rimarginare solo lì dove sono state originate: è da questo momento che abbraccia apertamente la causa palestinese, cercando di fare tutto ciò che può per favorire il processo di pace.

“La linea verde” è il tuo primo romanzo: quanto ci hai lavorato e come ti sei documentato? So che hai fatto parte dell’esercito, la tua è stata un’esperienza sul campo?
Ho lavorato al libro dal 2008 al 2010, svolgendo un grande lavoro di ricerca. È proprio per questo che molti come te mi chiedono se sono stato nei luoghi che descrivo, ma non è così: non sono stato a Gerusalemme, però mi sono basato sulle testimonianze di chi ha vissuto quei territori e l’atmosfera che si respira.

Come hai lavorato sui personaggi? Ti sei ispirato a persone reali?
I protagonisti, Susan Foster e il suo compagno israeliano, sono completamente inventati. C’è invece un personaggio che incarna quella che per me è la speranza per questa terra, si chiama Aaron Avnery e nel libro è l’astro nascente della politica israeliana, colui che con la fermezza delle proprie idee, con la propria tolleranza, sembra riuscire a smuovere le coscienze di molti israeliani. Ecco per Aaron mi sono ispirato al famoso scrittore israeliano David Grossman, chi segue lui e il suo lavoro non può non riconoscerlo.

francesco diodati
Francesco Diodati

Possiamo aprire una piccola parentesi sulla realtà? Abbiamo già accennato al fatto che hai passato gran parte della tua vita professionale nell’esercito, qual è la tua opinione sui recenti tragici avvenimenti di Parigi e sulle reazioni che stanno seguendo?
Non è facile fare un’analisi esaustiva. Quello che mi sento di dire è: bisogna fare attenzione quando succedono fatti come quelli di Parigi perché non tutto è quello che sembra, anzi in questi casi quasi mai ciò che sembra è quel che è. Dietro questi atti e questi cani sciolti, che sono carne da macello a cui fanno il lavaggio del cervello, pare che ci sia l’Isis, ma fermiamoci un attimo e chiediamoci: conveniva all’Isis fare quello che ha fatto, quando il giorno dopo la Francia ha invocato una coalizione internazionale e, insieme alla Russia, ha iniziato a bombardare la capitale Raqqa? Quando succedono questi episodi non sempre è sufficiente ascoltare i telegiornali, bisogna leggere i giornali e informarsi anche su internet, e poi bisogna sempre tenere a mente che è come con un prestigiatore: attrae l’attenzione del pubblico sulla mano destra, mentre con la sinistra esegue il trucco del gioco di prestigio. Ci siamo chiesti se si vuole distogliere la nostra attenzione?

E per quanto riguarda l’intervento armato?
Ora come ora l’Isis certo in qualche modo va fermato, ma non basta l’intervento armato. Contestualmente deve essere fatta un’azione diplomatica che non può partire dall’Europa, perché come in altri campi dal punto di vista diplomatico non c’è unità d’intenti, come stiamo vedendo.

Avviandoci verso la conclusione alleggeriamo un po’ l’atmosfera. Oltre alla scrittura, hai altre due passioni: il calcio, ma soprattutto Fabrizio De Andrè.
Sì, ho praticato il calcio a livello agonistico fino a 35 anni e poi ho seguito mio figlio, ora mi limito a guardarlo. De Andrè, invece, è una passione che dura dall’adolescenza: i suoi primi dischi non li compravo nemmeno io, ma ascoltavo quelli dei miei cugini perché ero ancora troppo piccolo. Mi dovevo far perdonare qualcosa, un rimorso che rimarrà per sempre tale: non l’ho mai ascoltato suonare dal vivo. Quando il suo ultimo tour “Anime salve” fece tappa a Ferrara avevo preso da tempo un impegno molto importante, ma sapevo che avrebbe suonato anche qui vicino, mi pare a Padova, perciò non andai convinto di ascoltarlo in quel concerto. Purtroppo la tournée fu sospesa e la tappa successiva venne annullata perché Fabrizio aveva già problemi di salute. Ci ho rimuginato per anni e anni; dato che strimpello un po’ la chitarra e canto abbastanza bene, ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto fare una serata per ricordare Fabrizio De Andrè, ma non sapevo come fare. Poi ho incontrato un violinista gli ho parlato della mia idea e lui si è offerto di darmi una mano; così in due anni sono riuscito a trovare uno a uno questi ragazzi, molto più giovani di me, ma che condividevano questo mio progetto di una serata come tributo a De Andrè. Alla fine eravamo in 11. Il 17 settembre 2011 abbiamo debuttato alla Sala Estense, avrebbe dovuto essere la nostra prima e unica serata, ma ci siamo chiesti perché fermarci lì: dopo due anni di serate siamo stati insigniti da Dori Ghezzi e dalla Fondazione Fabrizio De Andrè dell’importante riconoscimento di tribute band ufficiale.

L’ultima domanda è: continuerai a fare lo scrittore?
L’idea ci sarebbe e ho già iniziato le prime pagine di un nuovo eventuale romanzo, ma scrivere per quanto mi riguarda è molto faticoso, soprattutto per il lavoro di ricerca che mi prende moltissime energie. Come con “La linea verde” vorrei prendere spunto da accadimenti storici per costruirci sopra una trama inventata: questa volta tratterei una vicenda ci riguarda più da vicino, la prima colonizzazione italiana in Africa a fine Ottocento, in Somalia ed Eritrea.

Foto di Aldo Gessi

L’INTERVISTA
Ferrara, il sax e la Spal: note di vita di Andrea Poltronieri

Attaccante perennemente in fuorigioco, ai tempi ruggenti dei campetti amatoriali, “tipo Pippo Inzaghi: con l’aggravante che io su dieci tiri, ne mettevo al massimo uno dentro lo specchio della porta”. Inetto per i lavori manuali, anche solo cambiare una lampadina, “chiamo subito mia moglie”. Un’insana passione per la Spal che ormai rasenta il masochismo, non necessariamente sadico, e non è ancora stata premiata nemmeno da un provino: probabilmente andrebbe bene anche qualche palleggio da fermo, purché con la sacra maglia addosso. A metà del cammino della sua vita, Andrea Poltronieri, ma basterebbe anche solo Sax, è sicuramente un uomo sereno. E non è solo per il sax, che di solito – chissà perché – lo immagini impugnato da omoni grandi e grossi alla Clarence Clemons. Non c’è bisogno di essere giganti, però, e soprattutto non importa camminare lontano per salire sulle spalle dei giganti. La sua dimensione lo dimostra: quel karma che ha trovato miracolosamente il giusto dosaggio tra la musica, la capacità di sorridere e di sorridersi addosso, e un amore per Ferrara che non è un sentimento, non è roba da romantici. E’ una roba che prende allo stomaco, praticamente una fune. Un cavo di acciaio che lo tiene per i piedi e non l’ha mai lasciato andare via, nemmeno quando la tentazione era quasi invincibile, ma non gli ha mai impedito di scorrazzare dove lo porta la fantasia e dove osano i migliori. Tra l’incompiuto profeta in patria e l’infelice esule per il mondo c’è in mezzo una categoria dell’anima e Andrea ne è la prova in carne e ossa, forse più carne che ossa. E alla vigilia di uno spettacolo teatrale che è la sua “ripartenza” in tutti i sensi, alla boa sontuosa dei cinquant’anni, ma c’entra molto più la signora Nives che gli schemi del pallone, si volta indietro, verso quel ragazzo che coi mitici Libagions azzardava cover di pezzi famosi. Quando Ferrara era una fucina di “faccio cose, vedo persone”, di note e di voglia di suonare, quando non c’erano ancora i cellulari e il computer era il Vic 20. Sono passati vent’anni, non ere geologiche. E comunque sì, il “tu” nelle interviste non ci andrebbe, ma con Andrea Sax non c’è scelta: il “lei” stecca.

“Era il 1988 per la precisione, in città c’era un grande fermento fatto di spazi e rassegne, si suonava dappertutto, anche nei negozi. C’erano invidie e gelosi tra gruppi, tutta una serie di cose che col tempo si è poi persa, salvo poche eccezioni. Il gruppo si è sciolto nel 1994, abbiamo provato un duo, un trio, poi nel 1995 ho deciso di cominciare a fare le cose da solo, solo che all’epoca c’erano il karaoke e il piano bar, e a me non piacevano proprio. Così ho messo in piedi un mio show fatto di parodie di canzoni in dialetto”.

Non poteva che cominciare così, una storia ferrarese come la tua.
“E’ stato merito di mio padre che mi faceva sentire le cassette di Alfio Finetti, io purtroppo non avevo la sua dote per i testi, così ho messo insieme la voglia di far sorridere con la musica e da allora faccio serate, sono ormai 20 anni ed è stato sempre un crescendo. La qual cosa, lo confesso, mi stupisce sempre un po’, se ripenso al cammino che ho fatto: gli inizi sono stati un po’ difficili, certo, ma poi se le cose vanno bene è come una mano che ti prende sotto braccio e non ti molla più. Ho cercato comunque di fare esperienze diverse, perché se in questo ambiente ti mettono un timbro in fronte, tipo le canzoni in ferrarese, poi sei finito”.

Da Ferrara a Zelig, dal Castello ai palcoscenici nazionali, compresi la Rai e il teatro. Sempre col sax al collo, però.
“Sì, sempre. Ho cominciato ad amarlo che ero piccolo, era il 1979, mia mamma mi portò allo stadio Benelli di Ravenna a sentire Banana Republic con Dalla e De Gregori. E’ nata lì la passione, con le strofe di “Cosa sarà”, e Lucio è stato un punto di riferimento per tutta la mia vita”.

Molti incontri, a volte anche casuali. Forse succede più spesso di quello che si pensi.
“Avevo sempre il sax con me e una volta, in aeroporto, ho conosciuto per caso Gaetano Curreri, che si era incuriosito per l’adesivo dei Beatles che avevo attaccato al mio strumento. Ne è nata un’amicizia e una collaborazione musicale che è andata avanti per tanto tempo”.

Hai fatto cose anche molto diverse tra loro, dopo.
“In tempi più recenti ho partecipato al concerto per l’Emilia, dopo il sisma, così come ho suonato a Milano e Roma con Cristina D’Avena. Ma ho anche partecipato a due dischi strumentali che io intendo come musica da proporre a tutti, non in performance in locali per addetti ai lavori in cui qualcuno storce il naso se sbagli una scala”.

Ma il musicista non ha mai sopraffatto il comico. O viceversa.
“Questo è un bell’argomento. In verità ho capito da un po’ che non devo far finta di essere altro, e che devo essere me stesso. Mi spiego meglio: è un po’ come quando si fanno i provini, ti dicono che non puoi fare questo e quello, tipo le parodie, in gergo i centoni, ma poi vedi che Zalone le fa, che a Zelig e Colorado ne sono pieni, e pensi perché io no? La verità è che il vero cabaret, come nella sua origine francese, non è questa roba che si vede nei programmi inflazionati con le battute fini a se stesse. Il cabaret è la satira che fanno Crozza e la Littizzetto. Qualcosa di più alto”.

Nella vita bisogna pur osare: è un luogo comune?
“No, anzi, ma è anche vero che io non posso prescindere dalla sagra del castrato e del tortellino, intendo dal fare quel tipo di spettacoli in quel tipo di contesto, perché ho pur sempre una famiglia e devo pur portare a casa il necessario, il mutuo lo devo pagare anche io. Se ho una colpa, diciamo, è che ho dovuto sempre pensare a questo, alla pagnotta”.

Dicono che far ridere sia molto più difficile che suscitare le lacrime.
“Io sono sempre stato uno che amava scherzare e fare il matto, diciamo. Fin dai tempi della scuola, al Dosso Dossi, facevo le imitazioni dei compagni e dei professori. Ho sempre amato la goliardia e negli anni ’80 non c’era Whatsapp, lo facevo io diciamo”.

Un giullare moderno, però: di quelli che vogliono anche far pensare.
“I miei modelli sono maestri come Albanese e Bergonzoni, ma anche Natalino Balasso, la grande tradizione del cabaret milanese e quella del sud. Non mi è mai piaciuta la risata fine a se stessa, gretta. E ho cercato di mettere tutto questo anche nell’ultimo spettacolo col personaggio di Nives”.

Ma a pensare troppo poi c’è il rischio censura, o no?
“Dipende anche dal contesto in cui ti trovi. Per esempio a Zelig, all’epoca d’oro di Berlusconi, i copioni erano molto controllati perché non amavano che si facessero certe battute. In Rai e a La7 credo sia diverso. Ma io non sono mai stato condizionato perché per scelta non ho mai voluto fare politica. Piero Pelù, per fare un esempio, può dire che Renzi non gli piace e che preferisce i 5 Stelle. Andrea Poltronieri no, non se lo può permettere”.

Non ti chiederò quindi come la pensi tu. Ma ti chiedo dove sia finito quel fermento musicale che c’era a Ferrara ai tempi dei Libagions.
“I gruppi ci sono anche adesso, le sale prove sono sempre piene e con i social e la rete per i ragazzi ci sono infinite possibilità tecniche che a noi erano precluse, pensa che noi eravamo ai tempi delle cassette e giravamo con i nastri in tasca. Ma nonostante i giovani adesso abbiamo più possibilità, mi pare si espongano meno. Si buttano meno”.

Forse sarebbe banale dire che hanno meno fame. Ma certo molti se ne vanno a cercare fortuna altrove, anche all’estero.
“Ferrara si è indubbiamente un po’ seduta, tanti sono scappati. Ma io penso che sia un errore dire di volergli bene e poi dire che non c’è niente. Io invece, al contrario, ho sempre cercato di essere forte e presente nel mio feudo, nel mio territorio, perché essere amato a casa tua ti fa più forte anche fuori. Se ci pensi bene, è stato quello che ha fatto per tutta la vita gente come Pino Daniele, Guccini, Dalla, anche Jovanotti a Cortona o lo stesso Caparezza in Puglia. Non hanno mai ripudiato la loro terra, anzi ne hanno tratto una spinta per arrivare più lontano”.

Una lezione di sentimenti e di marketing in sette righe. Eppure in questa città non è facile fare le cose, a volte pare ci sia un muro invisibile.
“Vero, ma è riuscita lo stesso e col tempo a mettersi al passo coi tempi di globalizzazione, come testimonia il Buskers Festival, o la rassegna Internazionale. Certo, il ferrarese tipico ha i gusti difficili, dice che schifo questo e l’altro, specie di questi tempi in cui tra furti in casa e terrorismo internazionale si ha paura di tutti e di tutto, e ci si chiude sempre di più. Ma Ferrara è una città stupenda, unica, e ha delle realtà che ci invidiano tutti”.

Decisamente hai una cotta adolescenziale per la tua città, e sono cose che non passano mai. Ma ci sono anche le note dolenti. La più grande è sicuramente la Spal.
“Guarda, fin da piccolo, quando abitavamo in via Darsena, ero già un fanatico. La domenica mattina andavo col nonno a comprare i cannoli con la crema e poi allo stadio, a respirare l’odore dell’erba del Mazza. Ero e resto un abbonato, certo con lo spezzatino degli orari mi sono perso parecchie partite. Adesso però mi pare ci sia una gestione seria e ci sono dei bei progetti, perché con tutto il rispetto non è possibile che Sassuolo e Carpi facciano la serie A e noi siamo dove siamo. Meritiamo come minimo la serie B, anche se poi, anche quando porti seimila persone allo stadio, poi magari perdi malamente come col Pisa. Ma non importa, si brontola e si mandano giù magoni, ma si vive di grandi passioni”.

Tra le tue, se ricordo bene, c’è anche il disegno. Eri un promettente vignettista ai tempi di un piccolo grande giornale, “Spal 2000”.
“Quando feci la tesi all’accademia di Belle Arti, scelsi proprio De Chirico e la Ferrara metafisica, per questo la mostra che c’è adesso mi è molto cara. Io amo questa città la amo proprio, la vivo anche di notte, dal momento che non dormo molto. Mi è capitato di essere a piazza Ariostea avvolto nella nebbia ed è stato molto bello. Certo, adesso come dappertutto ci sono anche cinesi, pakistani, gente di tutto il mondo, ma la ferraresità resta. Quella c’è sempre”.

Trova l’arte prima che l’arte trova te: come è andato davvero il tuo incontro col pentagramma?
“Mio padre pittore, mia sorella suonava chitarra e pianoforte, mia mamma era una donna molto intelligente e ironica che mi ha insegnato la forza del sorriso. La sua perdita, pochi anni fa, è stata un dolore molto grande, ma adesso c’è Emma, mia figlia, che porta il suo nome e che ha moltiplicato tutte le mie energie e i mie sogni”.

Quindi da grande ti immagini a fare la persona seria?
“Con tre soci ho fondato l’agenzia Canillo, fusione di cane e armadillo, perché penso che in questo territorio mancasse una realtà che possa produrre e scommettere sulle tante realtà giovani che ci sono, sui talenti di casa nostra. Ma non voglio rinunciare al mio essere musicista, il 4 gennaio sarò al teatro Nuovo, con l’orchestra sinfonica di Diego Basso che ha collaborato anche con Bocelli, a fare tre brani famosi. Sono cose che fanno piacere, diciamo la verità. Sono soddisfazioni. Perché poi faccio progetti da imprenditore, diciamo, ma se vado in giro a fare provini col sax e mi prendono magari poi accetto, che posso dirti. Mi sento e mi sentirò sempre uno spirito giovane”.

ECOLOGICAMENTE
Sviluppo circolare: l’economia al servizio dell’ambiente per generare valore e progresso

Ieri la Commissione Europea ha proposto un interessante documento sulla economia circolare; si tratta di un ambizioso pacchetto di misure per promuovere la transizione dell’Europa verso un’economia che aumenterà la competitività globale, sosterrà la crescita e genererà nuova occupazione. Ambizioso e importante. Segue di poco tempo, e non è un caso, la presentazione del piano rifiuti della Regione Emilia Romagna, di cui ho già scritto [leggi qua].
Partirei dal definire cosa si intende per economia circolare. Serve una premessa: non basta operare come si è fatto fino ad ora applicando metodologie lineari dell’uso e poi getto. La crescita economica impone regole più intelligenti e sostenibili perché abbiamo compreso che le risorse naturali non sono infinite. Il mondo globalizzato ha bisogno di nuove soluzioni in ottica sostenibile. Questa è la vera scommessa; mettere l’economia a disposizione dell’ambiente perché rientra nell’interesse economico utilizzare al meglio le risorse; dunque da economia dissipativa a economia sostenibile.
Preferisco citare a questo punto le parole indicate dalla Commissione europea: “In un’economia circolare il valore dei prodotti e dei materiali si mantiene il più a lungo possibile; i rifiuti e l’uso delle risorse sono minimizzati e le risorse mantenute nell’economia quando un prodotto ha raggiunto la fine del suo ciclo vitale, al fine di riutilizzarlo più volte e creare ulteriore valore. Questo modello può creare posti di lavoro sicuri in Europa, promuovere innovazioni che conferiscano un vantaggio competitivo e un livello di protezione per le persone e l’ambiente di cui l’Europa sia fiera, offrendo nel contempo ai consumatori prodotti più durevoli e innovativi in grado di generare risparmi e migliorare la qualità della vita”. Sembra semplice, intuitivo e condivisibile. Ma come si fa?

Si parte da modifiche legislative necessarie a supportare un piano di azione globale che indichi prioritario aumentare il riciclaggio e ridurre il collocamento in discarica. Questo però lo diciamo da tempo. La novità sta nell’ includere anche un certo numero di “azioni mirate alle barriere del mercato in specifici settori o flussi di materiali, come la plastica, gli sprechi alimentari, le materie prime essenziali, la costruzione e la demolizione, la biomassa e i bioprodotti nonché misure orizzontali in settori come l’innovazione e gli investimenti” e questi cominciano ad essere concetti nuovi.
Preferisco ancora citare il documento: “La prevenzione dei rifiuti, la progettazione ecocompatibile, il riutilizzo e misure analoghe possono generare risparmi netti per le imprese europee pari a 600 miliardi di euro, ossia l’8% del fatturato annuo, riducendo nel contempo l’emissione di gas a effetto serra del 2/4%. Nei settori del riutilizzo, della rigenerazione e della riparazione, a titolo di esempio, il costo per rigenerare i telefoni cellulari potrebbe essere dimezzato se fosse più facile smontarli. Se il 95% dei telefoni cellulari fosse raccolto si potrebbero generare risparmi sui costi dei materiali di fabbricazione pari a oltre 1 miliardo di euro. Il passaggio dal riciclaggio alla rimessa a nuovo dei veicoli commerciali leggeri, i cui i tassi di raccolta sono già elevati, potrebbe far risparmiare materiali per oltre 6,4 miliardi di euro l’anno (circa il 15% del bilancio per i materiali) e 140 milioni in costi energetici, riducendo inoltre le emissioni di gas a effetto serra di 6,3 milioni di tonnellate”.

E queste sono cose molto nuove. Bisogna dunque sostenere la riparabilità, la durabilità e la riciclabilità di prodotto nell’ambito di piani di lavoro basati sulla progettazione ecocompatibile, preparare un programma per contribuire a identificare le questioni connesse alla potenziale obsolescenza programmata; proporre requisiti intesi a semplificare lo smontaggio, il riutilizzo e il riciclaggio degli schermi elettronici; proporre di differenziare i contributi finanziari versati dai produttori nell’ambito di un regime di responsabilità estesa del produttore basato sui costi del fine vita dei loro prodotti, prevedere requisiti proporzionati in materia di disponibilità delle informazioni sulla riparabilità e dei pezzi di ricambio nelle proprie attività sulla progettazione ecocompatibile; lavorare per una migliore applicazione delle garanzie sui prodotti materiali ed esaminare le possibilità di miglioramento nonché affrontare le false etichette verdi. Questa è una vera rivoluzione non solo culturale, ma industriale. Le misure previste per la sostenibile gestione dei rifiuti richiede :
– di fissare l’obiettivo comune UE di riciclare il 65% dei rifiuti urbani entro il 2030;
– di fissare l’obiettivo comune UE di riciclare il 75% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030;
– di fissare un obiettivo vincolante di collocamento in discarica per ridurre tale pratica al massimo al 10% di tutti i rifiuti entro il 2030;
– di rafforzare la collaborazione con i vari Stati per migliorare concretamente la gestione dei rifiuti;
– di semplificare e migliorare le definizioni della terminologia relativa ai rifiuti e armonizzare i metodi di calcolo;
– di garantire la gerarchia Ue dei rifiuti (che fissa un ordine di priorità dalla prevenzione allo smaltimento, passando per la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero energetico);
– di proporre criteri minimi relativi a un regime di responsabilità estesa del produttore, che preveda di ricompensare i produttori che commercializzano prodotti più verdi e ne incoraggiano il recupero e il riciclaggio alla fine del ciclo di vita.
La Commissione ha promesso che per promuovere l’innovazione e gli investimenti e affrontare le questioni orizzontali metterà a disposizione dei finanziamenti (Orizzonte 2020, Cosme, i fondi strutturali e di investimento, il fondo per gli investimenti strategici Feis e altri programmi dell’Ue).
L’economia circolare ha infatti bisogno di più ricerca e innovazione per espandere la competitività dell’industria europea.
Che sia la volta buona ?

Quando si conosce la strada

Incede lentamente come una barca sulle acque di un antico fiume. Ha il bastone della saggezza in una mano e la borsa della memoria nell’altra. E’ un po’ ricurva sotto il peso degli anni ma certa di non poter più sbagliare strada.

Un proverbio africano dice: “Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma l’anziano conosce la strada.”

Foto: un’anziana signora cammina in via Brasavola, angolo via del Mellone, nel centro storico di Ferrara.

Immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

Giornata internazionale delle Persone con Disabilità

confucio 3 dic
Confucio

3 Dicembre: Giornata internazionale delle Persone con Disabilità

Istituita nel 1981, Anno Internazionale delle Persone Disabili, per promuovere una più diffusa conoscenza sui temi della disabilità, per sostenere la piena inclusione delle persone con disabilità in ogni ambito della vita e per allontanare ogni forma di discriminazione.

Tra le persone veramente istruite non c’è discriminazione (Confucio)

 

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

Meglio i filtri di ParsonsGram

Fra tutte le notizie che mi sono piombate addosso nelle ultime ore ce n’è una che mi ha fatto saltare come quello jihadista pasticcione.
Non è la storia della pensione a 75, non è nemmeno questa storia delle luminarie che indeboliscono la wi-fi, non è nemmeno lo jihadista pasticcione che salta per aria.
È di nuovo una notizia proveniente dalla Gran Bretagna.
Secondo l’Indipendent Online, sembra che quest’anno fra i brit-genitori si sia verificato un boom di nomi legati ai filtri di Instagram.

Brano: “Still Feeling Blu”e di Gram Parsons Album: “GP” del 1973
Brano: “Still Feeling Blu”e di Gram Parsons
Album: “GP” del 1973

Gente che fa figli e gli appioppa come nome Amaro, Willow, Hudson, Kelvin, Lux e Valencia.
Per fortuna sembra che nessuno abbia chiamato un povero bambino Inkwell.
Non so cosa dire.
In realtà un po’ saprei cosa dire.
Ma forse è meglio se non dico niente, non vorrei sembrare un menagram.
O fare la fine di ParsonsGram.
Quindi oggi potrei scegliere un pezzo dei Cramps solo per omaggiare il gigantesco Lux Interior.
Ma questa notizia su Instagram mi rende francamente un po’ triste.
E mi scaraventa in un mood più da Gram Parsons.
E poi in questo pezzo il buon Ingram Cecil Connor III canta chiaramente “everytime I hear your name I wanna die”.
E mentre lo ascolto cantare ‘sta cosa non posso non pensare a quei poveri bambini.

Ogni giorno un brano intonato alla cronaca selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.

Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3

Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.
Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano attorno ad esso.

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