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Giorno: 1 Maggio 2016

Crisi: Emilia-Romagna, pagamento saldo Pac è una boccata di ossigeno per le aziende agricole

da: ufficio stampa Coldiretti Emilia-Romagna

Lo sblocco delle procedure per il pagamento del saldo della Domanda Unica 2015 rappresenta una boccata d’ossigeno per le imprese dopo il crollo dei prezzi dei prodotti agricoli. Così Coldiretti Emilia Romagna commenta l’avvio del pagamento della Domanda Unica, fortemente sollecitata da Coldiretti stessa, che porterà alle aziende agricole dell’Emilia Romagna pagamenti per 100 milioni di euro.
In Emilia Romagna, l’Agenzia di pagamento regionale (Agrea) – ricorda Coldiretti Emilia Romagna – come da regolamento comunitario nel novembre scorso ha anticipato agli agricoltori fino al 70 per cento dei pagamenti diretti e sino all’85 per cento dell’importo delle misure a superfici e per gli animali nello sviluppo rurale per quanto riguarda misure agro-climatiche-ambientali, indennità natura 2000, agricoltura biologica, zone soggette a vincoli naturali, benessere degli animali e servizi silvo-climatico-ambientali e salvaguardia delle foreste.
Con lo sblocco delle procedure per il pagamento del saldo, Agrea ha ora avviato il pagamento di una prima parte delle risorse rimaste e proseguirà con le erogazioni nelle prossime settimane, pagando anche le aziende che a novembre non avevano beneficiato dell’acconto della Domanda Unica. Il saldo – informa Coldiretti – dovrebbe essere completato entro il prossimo mese di giugno.

Cna Ferrara: premiati gli artigiani che hanno contribuito alla forza del territorio

da: ufficio stampa Cna Ferrara

Alla cerimonia per il 70° della CNA a Poggio Renatico consegnati i riconoscimenti ad una quarantina di artigiani poggesi e di Vigarano Mainarda.

Siamo gli artigiani che resistono alla crisi, perché abbiamo le nostre radici in questo territorio. Gli artigiani che sono l’ossatura della nostra economia, ma a cui si chiede sempre e solo di pagare. Sono queste, alcune delle voci dei “vecchi” artigiani che hanno sostenuto per anni, e lo fanno tutt’ora, l’economia locale e la propria comunità, ai quali sabato, a Poggio Renatico, la Cna ha voluto, pubblicamente, tributare il forte riconoscimento dell’Associazione, in occasione della celebrazione per il proprio 70° anniversario.
Davvero sentita questa semplice cerimonia, della quale sono stati protagonisti imprenditori e imprenditrici iscritti alle sedi Cna di Poggio Renatico e Vigarano Mainarda da oltre 25 anni, alla presenza dei sindaci di Poggio Renatico Daniele Garuti e di Vigarano Mainarda Barbara Paron, dell’assessore alle Attività produttive di Poggio Renatico Paola Zanella, del presidente provinciale della Cna Alberto Minarelli, del direttore provinciale dell’Associazione Diego Benatti e del vice presidente dell’Area Cna Alto Ferrarese Marco Boccafogli.
“La crisi ha colpito pesantemente le piccole e medie imprese”, ha ricordato il presidente Minarelli, evidenziando come tanti imprenditori abbiano comunque saputo affrontare grandi sacrifici, rimboccandosi le maniche, in particolare di fronte alla drammatica vicenda del sisma del 2012.
Queste le imprese, aderenti alla Cna per un periodo compreso tra i 25 e i 40 anni, alle quali sono stati consegnati i riconoscimenti. Soci Poggio Renatico: Arredamenti Gavioli snc Di Gavioli Tiziano e Campedelli Dani, Artigian Edil Poggio sas di Ottoboni Giancarlo e C., Graziella Baciglieri, Roberto Corazza, Carlo Cristofalo, Dermeverde di Cocchi Morena, Edilquattro di Benini Antonio e C. snc, Elettro Impianti Bolognesi snc di Bolognesi Alessandro e Ivan, Domenico e Alessandro Cantoni snc, Flavio Acconciature di Pareschi Flavio, Marco Gessi, Vincenzo Maccaferri, Tiziano Moretti, Ubaldo Mori, New look di Toselli Marisa e Gorini Simona snc, Paola Tartari, Marilena Vanin, Zucchini Boccafogli snc di Zucchini Dante e C. Soci VigaranoMainarda: Valter Andreotti, Marco Bagatin, Folco Barbieri, Mirco Benatti, Massimo Berveglieri, Bonora Gianni e Giancarlo snc, Michele Finardi, Marta Folegani, Officina Meccanica F.lli Mellara di Mellara Franco e Fabri, Claudio Piazzi, Roberto Piazzi, Claudio Radiosi, Stefano Righini, Generoso Sitta, Gabriele Squarzola, Taglio e confezioni Marzia di Ansaloni Marzia. Pensionati: Ober Bina, Giovanna Zambardi, Cesare Corzani, Serafino Sitta, Roberto Ravani.

Aggiornamento delle azioni di risanamento della Valli di Comacchio

da: ufficio stampa Comune di Comacchio

Il Parco del Delta e il Comune di Comacchio fanno un primo bilancio del Piano di Gestione.

Negli ultimi decenni numerosi fattori di carattere locale e globale hanno determinato una riduzione della qualità ambientale delle zone umide del delta del Po. Nelle Valli di Comacchio, l’eutrofizzazione, la riduzione del collegamento al mare, la subsidenza e l’impossibilità di regolazione delle derivazioni dal fiume Reno e dei livelli idrici in valle, sono stati riconosciuti come i fattori che hanno impattato maggiormente questo delicato ecosistema. Per fronteggiare questi problemi e dare avvio ad un processo di recupero ambientale, nel dicembre del 2015 è stato approvato il Piano di Gestione delle Valli di Comacchio, realizzato nell’ultima fase del Progetto LIFE09NATIT000110 «Conservation of habitats and species in the Natura 2000 sites in the Po Delta».
Il Piano di Gestione si fonda sulla analisi delle criticità gestionali di una zona umida che, per vocazione, storia e struttura è a tutti gli effetti una valle da pesca. Lo studio integrato ha considerato la salinità e i livelli nelle Valli, le portate e le concentrazioni dei nutrienti nell’acqua del Reno, così come le modalità e le tempistiche delle manovre idrauliche.
L’approvazione del Piano ha, quindi, dato avvio a una serie di azioni condivise con i portatori di interesse locali con i quali è stato istituito un tavolo di monitoraggio. Con il gruppo, riunitosi mensilmente, sono state condivise le informazioni relative alle varie azioni e da esso sono stati colti i suggerimenti in ordine di interventi mirati, tanto che, infine, ad integrazione del Piano di Gestione è stata redatta una ulteriore sintesi dei risultati dei monitoraggi e delle ragioni della gestione.
Contestualmente, con il coinvolgimento dei Servizi regionali competenti è iniziata, anche, una serie di verifiche relative alle prese idriche dal Reno ed è stato attivato un iter amministrativo per la loro regolarizzazione. In applicazione del Piano di Gestione, ciò equivale ad un uso non più libero di tali input di acqua dolce nelle Valli di Comacchio, ma effettuato secondo precise prescrizioni sui volumi massimi derivabili e sui periodi delle derivazioni.
Dal punto di vista manutentivo, infine, il Parco ha ripristinato ed efficientato il sistema idraulico vallivo esistente, con messa in condizioni di completa funzionalità di tutte le chiaviche che permettono lo svaso delle Valli e l’abbassamento dei livelli idrici. Sebbene i livelli idrici registrati nel periodo gennaio-aprile 2016 siano risultati invariati rispetto al trend degli anni precedenti, le azioni intraprese ne permetteranno l’abbassamento programmato prima dell’inizio dell’estate, salvo il verificarsi di precipitazioni eccezionali. Tale obiettivo è un requisito necessario anche ai fini del completamento e messa in fruizione dell’argine di separazione tra valle Magnavacca e Valle Furlana, oltre che per la gestione conservativa delle arginature del comprensorio e dei dossi, luogo importantissimo per la nidificazione delle specie protette.
“Grazie alle segnalazioni dei cittadini e alla proficua collaborazione della Regione Emilia Romagna e dell’Ente di gestione per i Parchi e le biodiversità Delta del Po, con particolare riferimento al Presidente Massimo Medri e alla Direttrice Maria Pia Pagliarusco, ai quali esprimo sentita gratitudine – dichiara il Vice Sindaco Denis Fantinuoli -, ieri, venerdì 29 aprile, è stato compiuto un altro sopralluogo sotto-Reno. Si è appurato, a seguito di accurate verifiche, che le paratie di attingimento delle acque dolci del Reno erano aperte. Di fatto, oltre a configurare un illecito attingimento, ciò che preoccupa l’Amministrazione Comunale è la salvaguardia dell’habitat e del sito ZPS più importante d’Europa. Finalmente, – prosegue il Vice Sindaco -, dopo diversi mesi di incontri tra Istituzioni ed il Tavolo Tecnico costituito presso l’Ente di gestione dell’Ente Parco, presieduto dal Prof. Giuseppe Castaldelli, si è passati ad azioni mirate e concrete. Ora auspichiamo che sino alla definizione completa del piano di gestione delle acque, vengano apposti i sigilli sulle paratie esposte sul fiume Reno.”

Per ulteriori approfondimenti:
http://www.parcodeltapo.it/media/pdf/Approfondimento%20tecnico%20sul%20tema%20delle%20derivazioni%20e%20dei%20livelli%20nelle%20Valli%20di%20Comacchio_29.01.2016.pdf

Il lavoro: non un reddito ma un valore

Secondo gli ultimi dati Istat (dati provvisori del 29 aprile 2016, su marzo 2016), dopo il calo di febbraio 2016 (-0,4%, pari a -87 mila occupati), a marzo la stima degli occupati risale dello 0,4%, tornando ai livelli di gennaio.
Rimane tuttavia preoccupante il fatto che la diminuzione di occupati di febbraio abbia coinvolto uomini e donne, sia stata determinata dai dipendenti e, soprattutto si concentrata tra i 25-49enni. Il tasso di disoccupazione nel paese è all’11,4% con 2.895.000 di disoccupati.
Alla fine di marzo 2016 i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore per la parte economica riguardano il 40,8% degli occupati dipendenti e corrispondono al 38,7% del monte retributivo osservato. Nel mese di marzo l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie rimane invariato rispetto al mese precedente e aumenta dello 0,8% nei confronti di marzo 2015.
L’Inps, attraverso il suo Osservatorio sul lavoro accessorio, ci informa però che, solo nel corso del 2015 sono stati venduti 115,1 milioni di voucher di importo nominale pari a 10 euro: il 66% in più rispetto al 2014; mentre il numero di lavoratori interessati nell’anno 2015 è stato pari a 1.380.030 unità (+36% rispetto al 2014).
Fin qui i numeri, ma il tema lavoro può essere ridotto costantemente solo ai numeri?
La Costituzione italiana ne fa una questione di cittadinanza e di emancipazione: la nostra repubblica democratica è fondata sul lavoro, che viene sancito come un diritto e un dovere, non solo individuale, ma sociale: attraverso il lavoro ogni persona trova – o dovrebbe trovare – i mezzi per liberarsi dal bisogno e raggiungere dignità e indipendenza; attraverso il lavoro si contribuisce – o si dovrebbe contribuire – non solo al benessere materiale della propria comunità, ma anche alla costruzione dei suoi valori, nel presente e nel futuro.
Oggi è il 1 maggio: la Festa del lavoro e dei lavoratori. Approfitto di questa ricorrenza per pubblicare alcune interviste che vorrebbero affrontare il tema del lavoro, una volta tanto non dal punto di vista esclusivamente economico, ma dal punto di vista politico e sociale.
Si comincia con Gaetano Sateriale: sindaco di Ferrara dal 1999 al 2009, ma con una lunga storia nel Pci e nella Cgil. Dal 2010 si occupa di politica industriale per la Cgil nazionale e dal 2011 è Coordinatore della Segreteria Generale della Cgil.

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Gaetano Sateriale

In un intervento sull’ultimo numero di Azione Nonviolenta, dedicato al tema del lavoro, Lei ha scritto che “La situazione occupazionale del nostro paese è frutto di scelte sbagliate…accumulate ormai in un ventennio di non governo dell’economia”. Quali sono in sintesi queste scelte sbagliate?
L’unione europea fino ai primi anni 2000 poneva tra i suoi obiettivi espliciti per la crescita e la coesione sociale quello della massima occupazione. Le politiche economiche erano definite nel modo più consono al raggiungimento di quell’obiettivo. Ci si occupava molto di economia reale e poco di quella finanziaria, considerata una strumento per la crescita. I vincoli di bilancio non erano una variabile indipendente, ma regole per la convergenza.
In più, i vincoli europei alle politiche dei singoli stati non riguardavano le scelte interne dei servizi di welfare e del lavoro.
Oggi l’Europa ha invertito questo modello ponendo ai singoli stati vincoli di bilancio come variabile indipendente da raggiungere anche a costo di sacrificare i servizi sociali.
Malgrado la crisi abbia moltiplicato la disoccupazione (specialmente quella giovanile e femminile), non pone più al centro delle proprie strategie l’obiettivo del pieno impiego, ma il fiscal compact. I tagli successivi di spesa pubblica hanno prodotto riduzione dei servizi, anche primari come la salute.
L’Italia ha seguito queste scelte sciagurate e si trova ormai agli ultimi posti europei per crescita e occupazione. Le malattie dell’economia italiana sono tuttavia più vecchie, non è solo responsabilità europea. Il sistema economico italiano ha smesso di fare investimenti per aumentare la propria produttività e competitività dagli anni Novanta. Si è così accumulato un ritardo che si è andato moltiplicando con la crisi. Le imprese italiane, assecondate dai governi, non potendo più svalutare la moneta, hanno ritenuto che il fattore competitivo strategico fosse la svalutazione del lavoro. Questa scelta ha impoverito il lavoro, ma anche le imprese, che hanno rinunciato ad avere le competenze lavorative di cui avrebbero necessità.

L’ultimo atto di questo processo di svalorizzazione del lavoro è stato il Jobs Act, che sancisce il “completo rovesciamento del rapporto causa effetto della crisi”…
Il Jobs Act è stato presentato agli italiani come un percorso per introdurre nel lavoro “tutele crescenti”. La propaganda non corrisponde alla realtà: si tratta, si potrebbe dire, di “pubblicità ingannevole”. La stabilità del lavoro non è cresciuta, la disoccupazione non è calata. Di fronte a rilevanti incentivi economici le imprese si sono limitate a trasformare (stabilizzandoli pro tempore) lavoratori a tempo determinato: è un fatto positivo, ma che non cambia la deriva generale alla “precarietà stabile” che ormai vivono i giovani italiani.
Al contrario, le imprese hanno colto il messaggio vero che il Jobs Act conteneva: è permesso licenziare senza giusta causa e giustificato motivo senza che il giudice possa disporre il reintegro del lavoratore ingiustamente licenziato. Tant’è che sono iniziati a moltiplicarsi (anche in Emilia e Romagna, anche a Ferrara) i licenziamenti dei delegati sindacali.
La triste verità è che il governo in carica (e il partito di maggioranza) non hanno o hanno perso la cultura del lavoro che è stata per oltre un secolo componente essenziale delle formazioni politiche di sinistra. Tanto da poter dire che il governo attuale e il partito di maggioranza hanno rinunciato alla loro cultura fondativa.

L’Osservatorio sul lavoro accessorio dell’Inps ci ha informato che, solo nel corso del 2015 sono stati venduti 115,1 milioni di voucher di importo nominale pari a 10 euro, con un incremento del 66% rispetto al 2014; mentre il numero di lavoratori interessati nell’anno 2015 è stato pari a 1.380.030 unità (+36% rispetto al 2014). Si conferma così il trend della diffusione crescente del lavoro accessorio. L’Italia, quindi, come repubblica democratica fondata… sul lavoro accessorio?
È triste ma è proprio così. Anche in questo caso la realtà e la propaganda viaggiano su percorsi opposti. Quello che doveva essere uno strumento di regolarizzazione per il lavoro nero ha trasformato molte attività in “lavoro usa e getta”. È un fenomeno cui porre urgentemente rimedio.

Perché il sindacato non riesce a raggiungere risultati significativi contro questo progressivo processo di svalorizzazione – in senso materiale e sociale – del lavoro?
Perché è una tendenza europea, perché il sindacato nella crisi è più debole, perché il sindacato fatica a intercettare i lavoratori che non hanno un luogo stabile in cui svolgere la loro attività. E anche perché il sindacato fatica, per la sua formazione anche culturale oltre che organizzativa, prevalentemente industrialista, a cogliere le innovazioni anche positive che stanno attraversando il mondo del lavoro dell’industria e dei servizi, grazie anche alle tecnologie informatiche e della comunicazione.

Come dare voce allora ai bisogni sociali del lavoro oggi?
I bisogni sociali e del lavoro si sono nella crisi molto mescolati: la disoccupazione riduce la coesione sociale e allarga di diseguaglianze, il lavoro povero non garantisce una vita dignitosa a chi lo svolge e alla sua famiglia.
Il sindacato (la Cgil) intende agire su due programmi paralleli e complementari. Il primo risponde alla necessità di creare più lavoro e ridurre la disoccupazione specialmente giovanile. Il secondo è un percorso di riconoscimento di nuovi e pieni diritti al lavoro e ai lavoratori, che tenga conto delle differenze esistenti ma che stenda una rete di tutele generali adeguata. È la “Carta dei Diritti” su cui si stanno raccogliendo le firme dei cittadini.

Nel 2013 la Cgil ha presentato un nuovo “Piano del lavoro”. Quali i punti e gli obiettivi principali? Dove reperire le risorse?
L’obiettivo principale del Piano del Lavoro della Cgil è quello di creare nuovi posti di lavoro soprattutto per i giovani, per non obbligare un’intera generazione a emigrare per cercare un lavoro dignitoso. In mancanza di una politica economica nazionale (o europea) di rilancio degli investimenti, il Piano del Lavoro persegue una realizzazione dal basso, dalle regioni e dai territori. Si parte dalle arretratezze (rischio idrogeologico, sismico, trasporti, logistica, inquinamento, ecc) e dai nuovi bisogni sociali (i servizi di assistenza e salute per una popolazione che invecchia) e si costruiscono progetti concreti per rispondere a queste esigenze diffondendo innovazione e lavoro. Lo strumento individuato per avviare questo percorso e diffonderlo nel paese è la contrattazione sociale territoriale, esperienza sindacale unitaria già avviata e diffusa di confronto con i Comuni e le Regioni sui temi sociali più rilevanti. Parliamo di circa un migliaio di accordi realizzati ogni anno, anche nel periodo attuale di crisi e taglio delle risorse pubbliche locali.
La crisi ci ha abituati a pensare che non ci siano più risorse, ma non è vero. Siamo in una fase in cui, in mancanza di prospettive di sviluppo certe, i capitali non vengono investiti, non in una fase in cui non ci sono più. Nel sistema pubblico le risorse per gli investimenti sono diminuite, ma non sono sparite. Io ripeto sempre, nei corsi di formazione sulla contrattazione territoriale con i Comuni, che quando un sindaco dice che non ci sono soldi, dice una cosa metà vera e metà falsa. Metà vera, perché certamente i Comuni hanno meno disponibilità di spesa che non negli anni scorsi. Metà falsa, perché le risorse che ha disposizione ha già deciso come impiegarle, prima del confronto con le forze sociali. Bisogna scegliere gli obiettivi prioritari e convogliare su quelli le risorse disponibili.

Cosa sono e quale funzione dovrebbero avere i Lis-Laboratori di innovazione sociale?
Per costruire piattaforme che rispondano ai nuovi bisogni sociali, il sindacato deve fare due cose: uscire dalle sue sedi e intercettare i bisogni non solo del lavoro, ma della sua comunità. Queste due operazioni di trasformazione (non semplici da realizzare) vanno svolte a diretto contatto con altre organizzazioni sociali e con le singole persone e le loro istanze. Abbiamo pensato che si possano creare punti di dialogo nei quartieri. Li abbiamo chiamati (forse un po’ pomposamente “Laboratori di innovazione sociale”)

Il Piano del Lavoro al suo interno ha anche un’agenda giovani…
Sì, perché abbiamo pensato che i giovani, con le loro competenze e le loro idealità, vadano coinvolti fin dall’inizio nella realizzazione del Piano del lavoro e non come misura finale della sua efficacia. Anche perché, sono già avviate in molte città iniziative autonome che perseguono lo stesso obiettivo di fornire risposte ai nuovi bisogni creando nuovo lavoro. Queste iniziative autonome vedono spesso i giovani come protagonisti. Spesso anche i coordinamenti giovani della Cgil che hanno dato vita a molte esperienze di coworking in Italia.

Sono ormai passati tre anni dalla sua presentazione e in alcune realtà il Piano è diventato riferimento di una nuova stagione di contrattazione territoriale. Un primo bilancio?
Molto positivo, seppur parziale. Stiamo in tutte le realtà preparando corsi di formazione per la nuova contrattazione territoriale cui partecipano le diverse strutture sindacali e i delegati. Pensiamo che il 2016 sia l’anno in cui si costruiscono le piattaforme delle città capoluogo e delle Regioni. In alcune Regioni (anche del Sud) sono stati fatti accordi che pongono al centro l’obiettivo della crescita e del lavoro e finalizzano a questi obiettivi risorse consistenti. Basti pensare al recente Patto per il Lavoro stipulato tra la Regione Emilia Romagna e circa 40 soggetti istituzionali e sociali (tra questi Cgil, Cisl e Uil).

Alla proposta economica del Piano del lavoro in questo 2016 si è affiancata la nuova battaglia sui diritti con la raccolta firme per la “Carta dei diritti universali del lavoro”…
Sono due percorsi paralleli e complementari. Creare lavoro prima di tutto, nelle sue diverse forme, cercando di favorire i rapporti stabili, le modalità e le retribuzioni dignitose, le prospettive di crescita, le tutele contro le irregolarità, i diritti. Venti anni di svalorizzazione del lavoro ci hanno portato alla situazione di crisi che conosciamo. Senza lavoro e senza una cultura adeguata di cosa significhi per le persone e per la società svolgere un’attività lavorativa dignitosa, dalla crisi non si uscirà. Il Piano del Lavoro e la Carta dei Diritti contro i “gufi” che predicano la stagnazione secolare e la jobless society.

1.  CONTINUA

A Ferrara Off germogliano una nuova mostra e nuovi incontri letterari

Le sculture dalle forme sinuose sono disposte ovunque, si intravedono già attraverso le grandi finestre dello spazio bianco di Ferrara Off. Alcune sono appena accennate, grumi di materie, stese sui pavimenti chiari; altre si innalzano, emergono da grandi semi spaccati in due, con una tale energia e naturalezza che sembrano emanare luce propria.
Siamo all’inaugurazione della mostra “Germoglia” di Elio Talon, artista poliedrico che abbina scultura e poesia, lingua italiana e dialetto veneziano. Il concetto del germoglio è la radice su cui cresce tutta l’esposizione, nella quale si possono osservare le fasi della crescita e del mutamento, simbolicamente associate a figure di donna.
Dopo la presentazione di Monica Pavani, poetessa ferrarese che ha collaborato all’allestimento della mostra, e l’ascolto di un testo di Elio Talon, letto dal poeta Andrea Tombini, è l’artista stesso a presentare l’esposizione. “Le mie opere si sviluppano su tre livelli: il primo è rappresentato dalla materia in diverse misure, ma ancora nel suo stato non totalmente formato, una figura femminile che, come un seme, è stesa sul terreno. La mutazione è in atto, non ci troviamo davanti al concetto di immobilità, ma a un continuo movimento, tanto che la stessa pelle di ceramica delle sculture è tesa, come un seme che si gonfia”.
Le figure non rappresentano un’evoluzione, da materia grumosa a sinuosa figura femminile, bensì un rapporto continuo tra materia e spiritualità, come se il germogliare di questi semi fosse paragonabile al concepimento dell’anima legata alla materia.
Il secondo livello è rappresentato da figure che possiedono forme più definite, come le “donne aratro”, figurazione della capacità femminile di essere attiva, feconda a se stessa. È lei che trascina il solco, crea il terreno fertile in cui saranno piantati i semi che, quando sarà il momento, germoglieranno.
“Mi ricordavo quando, da bambino, mi capitava di vedere gli aratri – racconta Elio Talon – Prima di essere utilizzati sembravano strumenti vecchi e usurati, pieni di ruggine, ma alla fine dell’aratura splendevano come specchi. Questo succede alle mie donne aratro: prima rugginose, dopo luminose”.
A questo secondo livello appartengono anche le donne goduriose, solitamente di colore lilla o viola, che esercitano il diritto di procurarsi il piacere, di godere di loro stesse. Per quanto donne nell’aspetto, esse rappresentano anche il lato maschile, in comunione con quello femminile, presente in ogni essere umano.
Al terzo livello, infine, appartengono le figure al centro della sala: le “donne germoglio” e il “grande sacerdote”.
Ciò che caratterizza queste donne, intente a germogliare dai semi divisi in due parti da un solco dall’interno color ruggine, è la luminosità e l’idea di nuovo e di purezza che emanano. La bellezza della composizione è unita alla delicatezza che la rottura del guscio esterno suggerisce, come quella che attribuiremmo a una nuova vita.
La scelta di cosa esporre nello spazio bianco di via Alfonso I d’Este è avvenuta dopo averlo visitato e Monica Pavani mi spiega i passi di questo processo creativo. “Tutto è avvenuto in un processo alchemico: Elio Talon ha una produzione abbastanza fitta di opere che si dividono tematicamente. Subito dopo aver visto lo spazio, ci ha proposto l’idea del germoglio, che poi ha fatto da filo conduttore. Quando è entrato nella stanza di Ferrara Off ha deciso di contornare le ‘Germoglie’ con una popolazione di altre sculture e poesie. L’idea è il radicamento: un rapporto molto forte con la materia che però è anche una spinta verso altro. Questo essere radicati serve per elevarsi in un altro spazio. È un filo diretto tra le stelle e la terra. Questo spazio, che ha come caratteristica la nudità, anche perché mancano anche delle cose concrete, è stato il contesto perfetto per l’esposizione”.

Dopo l’inaugurazione di fine 2015, questo luogo espositivo ricomincia a vivere anche con gli incontri Domeniche d’estate. “L’idea – mi spiega Monica – è di dare spazio non necessariamente ad autori del territorio o celebri. Ci interessa avere con noi artisti disposti a creare un contatto con chi partecipa, a mettersi in gioco. La dinamica degli incontri vedrà la lettura come parte preponderante, non saranno presentazioni ufficiali, ci interessa far sentire la scrittura. Il primo appuntamento sarà tenuto da me e Andrea Tombini, che stasera ha letto una poesia non sua, ma è autore. Il secondo sarà un incontro di prosa, ma con una forte base poetica. L’ospite sarà Sandro Abruzzese, l’autore di “Mezzogiorno padano”, un libro che mostra il punto di vista di chi si sposta dal sud, raccontando di personaggi che hanno la caratteristica di essere in transito. Il terzo appuntamento è ancora in itinere, perché l’artista, il poeta algerino Tahar Lamri, che vive da anni in Italia, ha incontri anche in Francia. Ci terrei molto ad averlo qui perché porterebbe un insieme di frammenti, sia in arabo sia in italiano, in cui vorrebbe si inserissero, in un’opera di tessitura comune, altri autori italiani. Sarà poi proprio Elio Tanon a chiudere il ciclo, domenica 26 giugno, mostrando un altro aspetto della sua natura artistica, presentando e leggendo le sue poesie”.
L’associazione Ferrara Off continua così a lavorare perché si crei uno spazio nuovo, diverso da quelli più istituzionali: “il nostro intento è renderlo un luogo di cultura che sia in continuo dialogo con la città. Come associazione, vorremmo che quello che realizziamo in questi spazi creasse un dialogo molto stretto con chi ne fruisce. La natura dello spazio ha come grande pregio quello di consentire una connessione, l’abbiamo notato anche con il teatro, e crediamo che ci sia necessità di questo adesso, non solo da parte nostra, ma anche dalle persone che frequentano i luoghi di Ferrara Off. Ci piacerebbe anche creare collaborazioni con gli altri organismi culturali cittadini, per lavorare su un percorso più completo e intimo tra arte e cittadini”.

Elio Talon, “Germoglia”, presso lo spazio Ferrara Off fino al 26 giugno. Per tutte le info clicca qui.

Foto di Chiara Ricchiuti. Clicca sulle immagini per ingrandirle.

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DIARIO IN PUBBLICO
Essere bambini oggi

I bambini in questi giorni sono sulle prime pagine di tutti i giornali: dal feroce delitto di Fortuna-Chicca-Loffredo alle immagini delle nascite brutali tra le baracche di Idomeni, ai corpi straziati dei bimbi che il mare ha ributtato sulla spiaggia; quel mare a cui Montale si rivolgeva come un impassibile giudice “come fai tu che sbatti sulle sponde tra sugheri alghe asterie le inutili macerie del tuo abisso”.
E le cronache rimandano immagini di un tempo feroce, dove maestre picchiano bambini e li maltrattano e li strattonano, dove vicini di casa occultano feroci delitti commessi su bimbetti indifesi, dove per punire chi non ubbidisce alle leggi del clan il figlio viene sciolto nell’acido. E dove si creano dai bimbi feroci miliziani settenni che uccidono a colpi di pistola gli ostaggi.
Infanzia violata, si diceva un tempo, mentre scorrono come per incantamento – direbbe Ariosto – i fotogrammi finali della “Dolce vita” in cui la bimba guarda perplessa il mostro marino. Ma l’infanzia e la prima giovinezza sono di per sé le età privilegiate di un contatto con il mondo che può essere ancora una volta la possibilità di costruirsi un futuro. E non solo con le immagini di Gomorra.
E mentre la nostra vita s’avvia a un punto di non ritorno i ricordi dell’infanzia si moltiplicano. Improvvisamente assumono una valenza fondamentale. Il cestino del pranzo comprato in un negozio che ancor oggi resiste di fronte all’asilo Sant’Anna, il pizzicore provocato dai calzettoni di lana lavorati da nonna, il vestito con la giacchetta a doppio petto della prima comunione identico a quello di mio fratello fatto con le stoffe Unra. E quelli più recenti di nipoti e pronipoti, amatissimi, rispettati nel loro lento avviarsi a diventare uomini e donne liberi di scegliere, ma non più protetti dall’innocenza a cui tutto noi “grandi” abbiamo aderito, ma con la responsabilità di un destino che li ha resi tali quali oggi li vediamo e amiamo.
Ancora una volta il contatto con i ragazzini crea un corto circuito difficilmente dimenticabile. Così m’avvio a Mesola per parlare di Ludovico Ariosto a una nutrita schiera di ragazzi di terza media. Che bella mattinata! Al Castello della Mesola per la fiera dell’asparago, non per comprare l’amatissima verdura, ma per parlare a circa 150 ragazzini di terza media su Ariosto. E’ l’unica cosa che conti. Doversi sforzare (ed è fatica grandissima specie per noi ‘intellettuali’… brrr… che nome) di rendere comprensibile ai ragazzini la meravigliosa poesia di Ludovico. E che soddisfazione! Naturalmente l’Ippogrifo la fa da padrone, ma anche le facce dell’Ariosto e anche le storie di Lucrezia. Un mormorio s’alza dalle fila dei maschi quando proietto l’immagine di Lucrezia Borgia nelle vesti di Flora con un seno scoperto. Avverto di non commentare, ma qualcuno mi domanda se può almeno dire “Oh!” Concesso. Le ragazze guardano con evidente disprezzo, loro, i ragazzini attenti più ai loro giochi puerili che alle storie d’amore che il poeta racconta e che hanno per centro sempre e comunque l’amore. Fino alla pazzia.
Si conclude la chiacchierata con evidente soddisfazione mia, ma anche loro. Sollecito domande che non arrivano o vengono rimbalzate dall’uno all’altro. Poi alla fine tra lo scrosciar degli applausi – non so se indotti o sinceri, ma m’illudo e propendo per la seconda ipotesi – il più sveglio in seconda fila mi chiede se può fare una domanda. Ovviamente rispondo positivamente. E con aria furbetta dice “ Che ore sono?” Di fronte alla mia perplessità e alle risate dei compagni alla fine capisco: avevo sforato di venti minuti il limite della lezione.
Si dice, e forse è vero, che i ragazzi specie nella pubertà, ma anche nell’infanzia sono crudeli. Ma qual è il senso di questa crudeltà? Anche Micòl nel “Giardino dei Finzi-Contini” può essere giudicata crudele. E crudeli sono i giovani che commentano la diversità di Athos Fadigati, il medico omosessuale degli “Occhiali d’oro” o il protagonista di “Dietro la porta”. E’ tuttavia una crudeltà che noi adulti giudichiamo tale e che fa parte dell’umanità. Cioè non è indotta, ma insita nel genere umano. A meno che non si tratti di una crudeltà che ha origine dalla diversità. E allora, secondo un’invenzione potente dello scrittore Bassani, diversità è crudeltà poiché il mondo – e noi stessi – la giudichiamo attraverso il vetro della distanza che ci allontana dalla realtà. E’ la vetrina dietro la quale immobile ci fissa la sagoma dell’airone impagliato non più legato alla sofferenza dei colpi di arma da fuoco che lo hanno abbattuto. Sono gli occhiali che condannano la scelta di Fadigati. E’ la porta dietro la quale Cattolica spia la vita.
L’innocenza e/o la crudeltà dei giovani fanno parte della vita a meno che non le si legga con gli occhiali della diversità. O ancor peggio non le si corrompa con la ferocia del non umano: il mostro che ha ucciso l’innocenza di Fortuna o i mostri che abituano i bambini alla pratica della morte come gioia, senso del potere, odio contro la vita.

Il Teatro comunale di Ferrara come non l’avete mai visto prima

Il teatro completamente vuoto e la possibilità di fotografare ovunque, accompagnati da una guida appositamente preparata e dallo squisito personale di sala. E’ stato così che grazie ad Igers Ferrara, una ventina di instagramer e fotografi hanno potuto visitare gli ambienti del Teatro comunale di Ferrara e scattare fotografie senza la presenza di altro pubblico, dando quindi la sensazione del vuoto, “empty” appunto, e di condividerle su Instagram e gli altri social network, con l’hashtag #EmptyTeatroER, che dà anche il nome al progetto. Attraverso questo tag, verrà composto un album, una galleria fotografica online unica nel suo genere.

Anche noi di Ferraraitalia abbiamo potuto curiosare in ogni angolo del teatro, dall’archivio al ridotto, dai palchi al palcoscenico, dal foyer al graticcio, e poi la sala prove e i camerini, il magazzino dei fari e il laboratorio per le scene. Di seguito alcune delle nostre foto.

Fotografie di Chiara Ricchiuti, clicca sulle foto per ingrandirle.

#EmptyTeatroER_chiara_ricchiuti_ferraraitalia (8)

Si ringraziano in particolare Barbara Lunghi, Veronica Villani e Gabriele Soattin di Igers Ferrara per averci invitato a partecipare alla visita.

Il progetto #EmptyTeatroER – Alla scoperta dei teatri dell’Emilia Romagna, partito da un’idea di Barbara Lunghi (local manager della community Instagramers Ferrara), è stato condiviso da tutte dalle communities locali della regione. Ogni community degli Instagramers Emilia Romagna partecipa con un teatro della propria provincia.

Instagramers Emilia Romagna  facebook.com/InstagramersEmiliaRomagna  IG @igersemiliaromagna ‐ TW @igemromagna  igersemiliaromagna@gmail.com

Links  Instagramers Ferrara (ideatore del progetto)
Facebook:  Instagramers Ferrara  IG @igersferrara  Turismo Emilia Romagna ‐ APT  http://www.travelemiliaromagna.it/  IG @turismoER

Buon 1 maggio!

Buona Festa del lavoro e dei lavoratori!

costituzione-italiana

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
(art.1, comma 1, Costituzione Italiana)

Immotus Nec Iners

Oggi, 1° maggio, ci tocca tornare a parlare del caro vecchio Vittorio Sgarbi.

Brano: “Sarabanda dalla Suite n. 4 in re minore, HWV 437” di Georg Friedrich Händel (National Philharmonic Orchestra)
Brano: “Sarabanda dalla Suite n. 4 in re minore, HWV 437” di Georg Friedrich Händel (National Philharmonic Orchestra)

Ne ha fatta un’altra delle sue.
4000 “mi piace” su Facebook grazie a una foto che si porta dietro quel tipico “odore indefinibile”.
O almeno, io ho sentito della puzza.
Me lo sono anche ritrovato in bacheca e l’ho anche dovuta arieggiare per un bel po’.
Ho lasciato Facebook aperto tutta la notte e per fortuna nessuno è entrato a scrivere quelle frasi da seconda media.
Adesso è tornato tutto normale, il solito odore di custodia d’organo di Ray Manzarek + briciole di ricciola.
Però Vittorio è ancora là, sotto le macerie ma sempre sul divano.
Nudo come un verme ma soprattutto “IMMOTUS NEC INERS”, come dice lui.
E allora via col pezzo a tema puzza.

Ogni giorno un brano intonato alla cronaca selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.

 

Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3

Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.
Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano.