Skip to main content

Giorno: 1 Gennaio 2017

La donna che canta sotto l’Albero

Una cantante sotto l’albero. Ha i lineamenti asiatici e una voce limpida e forte. La si può vedere (e sentire) da qualche settimana passando davanti al Duomo di Ferrara. In tarda mattinata, soprattutto nelle giornate di mercato del venerdì, lei arriva con addosso un piumino dai colori vivaci, un cappello in testa sullo stesso tono e una borsina di stoffa a tracolla. Incurante del freddo, si affianca all’albero, tira fuori un quaderno che tiene davanti a sé per leggere le parole e inizia a  intonare canti natalizi. Accanto a sé non ha ciotole, non mette cartelli e non chiede soldi. Forse proprio per questo non ha un folto pubblico ad ascoltarla. Le persone passano, guardano incuriosite, ma si tengono a distanza non capendo bene la motivazione di tanto impegno.

Mi scusi, ma lei chi è? “Mi chiamo Perla Lee – risponde sorridente – e mi sono laureata in canto nella Corea del sud. Poi sono venuta in Italia a perfezionarmi, a Osimo e Siena”. Qui, lei che ora ha 45 anni, ha conosciuto l’uomo che adesso è suo marito, Alessandro Ciciliati. “Mio marito è un direttore d’orchestra e uno dei liutai più bravi”. Ha il laboratorio in via Vallazza, a Cona, dove crea strumenti. La musica li ha uniti e a questa passione comune si è aggiunto il fatto che – dice lei – “il Signore ci ha chiamati”. Per testimoniare la fede e contribuire al “risveglio dei cristiani nella verità” adesso lei canta ogni volta che può. Quindi non sono canti natalizi? “No, sono canti di lode a Dio e continuerò a cantare indipendentemente dal Natale”. La loro chiesa è quella cristiana evangelica. Con discrezione un uomo si avvicina. “E’ mio marito”. Le passa dei fogli informativi, che lei mi passa. Ci sono i riferimenti di lei e lui se si desidera “un incontro per condivide la parola di Dio” e quelli della chiesa, in via Baluardi 63, dove vengono celebrate le funzioni ogni domenica alle 10.30.

Ma una cantante così, forse, potrebbe esibirsi in qualche luogo più adatto. “Sì, canto ancora. A Ferrara è più difficile. Una volta mi sono esibita al Ridotto del Comunale”. La voce c’è, la disponibilità anche. Chissà, magari troverà una sede più idonea per farla ascoltare.

“La via del sole”, l’ultimo inno alla natura di Mauro Corona… per ridere della stupidità umana

3-mauro-corona-la-via-del-soleNessuno è tanto annoiato quanto un ricco. E se questo ricco è giovane, fortunato, bello, elegante e con la passione ossessiva per il sole, tanto da potersi permettere di spostare le montagne, allora questa noia che non perdona può essere la condanna della ragione e della Natura. Una ragione che si fatica a ritrovare se si perde il senso di ogni misura. Si tratta di una storia incredibile, quella raccontata da Mauro Corona nel suo ultimo coinvolgente “La via del sole”: quella di un giovane ingegnere che decide di ritirarsi, in montagna in una baita dorata, avvolgentemente calda e all’avanguardia tecnologica, per stare più vicino al sole. Peccato che ogni giorno qualcuno o qualcosa si diverte a mettere i bastoni fra le ruote alla felicità di qualcun altro. E questa volta non si tratta di un semplice nemico o noioso rompiscatole spuntato dal nulla ma di una montagna, della montagna, quell’immenso, imponente e torvo monolite che si permette di afferrare il sole per la giacca e di farlo tramontare prima del previsto, di toglierlo allo sguardo di quel giovane mai sazio di quella sua luce calda, calorosa e avvolgente. Senza quel monte sbarazzino e impertinente che disturba, lui potrebbe avere un’ora di sole al giorno di più. Quanta luce viene tolta ai suoi ricchi e delicati occhi. Come osa, come si permette di poterlo scontentare, di rattristarlo, lui che tutto può, lui che tutto ha, lui che tutto ottiene quando vuole. Quella luce inciampa in una guglia e sparisce prima del dovuto. Non ci siamo, non va bene per nulla. Allora quel monte malandrino va spostato. Quell’ostacolo va rimosso. Per sempre. Non importa se a qualcuno piace il tramonto. Lui, il giovane ricco, vuole luce. Ecco allora che una squadra di disperati, assoldata da chi crede di poter davvero tutto, si mette all’opera per far sparire quel maledetto picco. Ma un picco lascia spazio ad un altro e mentre il ricco giovane osserva quella brutale demolizione, all’urlo “la montagna mi toglie il sole, io tolgo lei”, ecco che un’altra roccia spunta, e poi un’altra e ancora un’altra, man mano che quei pezzi di natura cadono sotto le picconate altre ne spuntano, si guadagna un po’ di sole ma i monti sono sempre là. Sole-rocce-sole-rocce. Fino alla follia. Mentre Francisco, uno scrittore cileno, osserva l’uomo che ha deciso di spianare la via del sole, per redigere una storia, quasi una coscienza viva che osserva una vicenda che sa di allucinazione e che non perdona. Non basta pagare per averla vinta sulla Natura. Si affonda. Alla fine vincerà lei. Comunque.

Mauro Corona, La via del sole, Mondadori, 2016, 160 p.