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Giorno: 20 Gennaio 2017

Smaltire gli scarti di lavorazione animale: accordo esclusivo tra Federcarni Ferrara e la modenese SAPI

Da: Ascom Ferrara

Una convenzione per il rispetto ambientale: è stata siglato tra la Federcarni Ferrara (sistema Confcommercio) e la società modenese SAPI un accordo esclusivo che rimarrà valido fino al 31 dicembre 2017 per il ritiro degli scarti di lavorazione presso le macellerie di Ferrara e Provincia in modo assolutamente gratuito per i macellai.
La SAPI è un’azienda specializzata che ha la sua sede a Castelnuovo Rangone ed opera nella lavorazione e trasformazione degli scarti della macellazione.
“Questo accordo permetterà ai nostri associati un duplice vantaggio – spiega Alberto Succi storica figura della Federcarni ferrarese e vicepresidente regionale della stessa Federazione – da un lato di poter smaltire gli avanzi di macellazione con un azienda del settore affidabile secondo un modello già consolidato in altri territori. Dall’altro di farlo in modo gratuito. Anzi in questo senso la stessa SAPI si è resa disponile nel contempo e collaborare sulle iniziative che Federcarni metterà in campo nei prossimi mesi”.

Zitto

di Carla Sautto Malfatto

Zitto. Cala il silenzio
su questo tempo degli uomini
un’altalena tra pietà e resistenza
ognuno nel suo e con gli altri
come un filo di rispetto
che taglia il giorno indifferente.
Questa neve ha seppellito tanto
in aggiunta allo spacco della terra,
anche molte speranze
nella supplica d’aiuto
nella diffidenza
tra maniche rimboccate.
Si mastica amaro, qui
e intorno dove c’è coscienza;
siamo un pulviscolo
che sobbalza su una lastra percossa,
esposti
teneri.
Ma abbiamo certe radici di titanio
e un cuore talvolta che compensa
a muso duro
chi non ce l’ha.

(Carla Sautto Malfatto-tutti i diritti riservati)

Primo appuntamento Unijunior Ferrara 2017

Da: Università di Ferrara

Sabato 21 gennaio alle ore 15 si aprirà l’ottavo anno accademico di Unijunior Ferrara – Conoscere per crescere, il ciclo di lezioni universitarie per giovani dagli 8 ai 14 anni, organizzato da Maria Grazia Campantico e Andrea Maggi di UniFe, in collaborazione con Riccardo Guidetti dell’Associazione culturale LeoScienza.
Le lezioni, tenute da docenti UniFE e della durata ciascuna di 60 minuti, si svolgeranno al Polo Chimico Bio Medico (via L. Borsari, 46). Per gli accompagnatori sarà possibile parcheggiare gratuitamente presso la struttura, con sala studio e servizio bar aperti per tutta la durata delle lezioni.

Lezioni in programma sabato 21 gennaio:
ore 15 (10-14 anni) e ore 16.30 (8-11 anni): Alla scoperta delle cellule staminali. Cosa sono le cellule staminali? Dove sono? A cosa servono? Ci possono curare? Docente: Monica Borgatti, Professoressa associata del Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie dell’Università di Ferrara;
ore 15 (8-11 anni) e ore 16.30 (10-14 anni): Ne farem di tutti i colori! Vi piace colorare? Sapete a cosa dobbiamo quelli che noi chiamiamo ‘colori’? Scopriamolo insieme. Dopo aver capito il ‘perché’ si vedono i colori, intraprenderemo un viaggio dalla preistoria sino ai nostri giorni, alla scoperta di pigmenti e tecniche pittoriche. Docente Lisa Volpe, assegnista di ricerca al Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell’Università di Ferrara.
Tutte le strutture UniFE in cui si svolgeranno le lezioni Unijunior sono accessibili anche a disabili.

Per iscriversi: info@unijunior.it; tel. 051/6850005.
http://www.unijunior.it/ferrara/

Musica, musicoterapia e neurologia
5° Edizione del Corso di perfezionamento post-laurea di UniFE

E’ on line il bando della 5° Edizione del Corso di perfezionamento post-laurea dell’Università di Ferrara “Musica, Musicoterapia e Neurologia”. Il Corso è diretto dal Enrico Granieri e della Prof.ssa Maura Pugliatti; co-direttori il Prof. Alfredo Raglio, docente di musicoterapia, e il Maestro Prof. Giorgio Fabbri, compositore e direttore d’orchestra e organista, esperto in argomenti concernenti cervello e musica.

Specifica Granieri: “Come negli anni passati, il Corso introduce basi di anatomia e neuro-fisiologia e di neurologia integrandole, attraverso un approccio multidisciplinare, con la componente psicologica ed emotiva che propone la musica alle persone in buona salute e al paziente neurologico; fornisce nozioni di base relative all’utilizzazione della musica e di tecniche musico-terapeutiche in neurologia promuovendo un approccio rivolto alla salute della mente e del corpo. Il Corso non comporta alcun titolo professionalizzante. Obiettivo del progetto formativo è quello di fornire cultura e approfondimenti specifici neuroscientifici sull’impatto che la musica esercita sulle diverse aree cerebrali, sullo sviluppo di processi di plasticità neurale, su memoria e emozioni, su patologie specifiche del sistema nervoso favorendo miglioramenti di funzioni motorie, cognitive, mnesico/attentive. Il Corso infine propone anche tematiche indirizzate ad aggiornamento medico sui principali disordini neurologici, posturali, algiche, cui può talora andare incontro il musicista (‘sindromi da overuse’)”.

Prosegue Granieri: “Il Corso è’ rivolto a Neurologi, Medici, Psicologi, ai Laureati in Scienze delle professioni sanitarie della riabilitazione, ai Laureati in Scienze Motorie, agli Educatori Professionali, ai Dottorandi e agli Specializzandi. E’ anche rivolto a Musicisti con Diploma Accademico di I o di II livello rilasciato dagli Istituti Superiori di Studi Musicali e Coreutici, ai Docenti di Musica e a chi in generale ha interesse alla conoscenza del funzionamento mente-cervello e musica-cervello (Neuroestetica), oppure è interessato professionalmente alla relazione con malati neurologici. Al Corso possono partecipare anche gli studenti universitari e gli studenti del Conservatorio in qualità di uditori. Inoltre, lo studente universitario in possesso di Diploma di Conservatorio può partecipare in qualità di regolare iscritto: è infatti consentita la contemporanea iscrizione. Iscrizione contemporanea è anche consentita ai discenti dei Corsi biennali di Musicoterapia svolti in collaborazione tra Conservatori e Unità Operative di Fisiatria che da qualche anno si svolgono in diverse città. L’iscrizione e la frequenza al Corso di Perfezionamento Universitario esonera dai crediti ECM nell’anno 2017. I crediti formativi universitari (CFU) acquisiti possono essere presentati all’Ordine Professionale di appartenenza. Le lezioni verranno sviluppate da clinici, neurologi e neurpsicologi, neurofisiologi, logopedisti, pedagogisti, psicologi, musicisti esperti nelle tematiche cervello e musica, docenti di musico-terapia. Come in passato, sono previste lezioni arricchite da un paio di concerti indirizzati, l’una mirata ad approfondimento su multisensorialità in ambito musicale (musica e sinestesia) tenuta dal pianista docente e compositore Prof. Antonio Artese di Firenze, professore presso l’Università dell’Ohio. L’altro concerto (flauto traverso), integrato da lezioni frontali sul ruolo della musica modello di plasticità neurale e fonte di produzione di emozione, sarà tenuto dal prof. Eckart Altenmueller, professore ordinario di neurologia dell’Università di Hannover, Direttore del Dipartimento di Medicina per i Musicisti, Unità di Neurofisiologia e Musica e Neurologia dedicata alle patologie professionali dei musicisti, forse il più esperto sul piano internazionale nella ricerca neurofisiologica e neuropsicologica su cervello-musica e nel recupero dei disordini neurologici che possono colpire i musicisti professionisti. Nella sede di Hannover diversi studenti di medicina e specializzandi e psicologi di Ferrara sono stati accolti per brevi stages o nell’ambito di programmi Erasmus. Sia Artese che Altenmueller hanno già svolto lezione e curato concerto con pianoforte e flauto trasverso rispettivamente nella precedente edizione del Corso, nel 2015 e nel 2016”.

Scadenza iscrizioni: 24 marzo 2017
Bando: http://www.unife.it/studenti/pfm/allegati/perfezionamento/2016_17/musicoterapia
Programma http://www.unife.it/studenti/pfm/allegati/perfezionamento/2016_17/programma-musicoterapia
Info: altaformazione@unife.it, enrico.granieri@unife.it

Antonio Casanova arriva a Ferrara

Da: Teatro Nuovo Ferrara

Antonio Casanova arriva a Ferrara con ÆNIGMA, il suo nuovo show unico al mondo, il 28 gennaio

L’illusionista del piccolo schermo, Oscar per la Magia 2009 e nel 2O15, Antonio Casanova, esce dalla Televisione per incontrare il pubblico in una forma unica al mondo:
Il magico inviato di Striscia La Notizia, celebrato anche come personaggio Disney, il PaperNova creato da Cavazzano, approda in teatro con un nuovissimo spettacolo unico nel suo genere.
Dalla penna di Lorenzo Beccati autore di programmi di successo come Striscia La Notizia e Paperissima tanto per citarne qualcuno nasce il primo Family Thriller Show del mondo.
Le grandissime e mirabolanti illusioni, dalla donna segata a meta, apparizioni che hanno dell’incredibile, fino alla Pagoda della Morte, storica e a detta di molti ultima impresa del grande Harry Houdini, vengono dettate e scelte dal pubblico presente, il quale insieme ad Antonio deve risolvere un importante quanto intricato enigma.
Pare che infatti esista una sfida lanciata da un misterioso malintenzionato che afferma di poter distruggere gli show di illusionismo dei maghi di tutto il mondo, sabotandoli, e facendosi trovare personalmente in sala, con l’obiettivo di dimostrare che nessuno ha veri poteri magici, tali da scoprirlo tra le file gremite di spettatori mentre opera.
Parte cosi una caccia all’uomo dove sara il pubblico a decidere tutto quello che accadra fino a scoprire l’uomo o la donna che si cela dietro mentite spoglie: Naturalmente utilizzando le Grandi Illusioni, dalla doppia levitazione alla metamorfosi aerea, dall’apparizione di enormi macchine dal nulla fino proprio alla stessa Pagoda dell’Acqua per scoprire indizi e piste da percorrere ogni indizio, ogni mossa del nostro magico paladino della giustizia sara casualmente indicata dal pubblico in un gioco estremamente avvincente che coinvolgera grandi e piccoli presenti in sala.

ÆNIGMA non si ripetera mai, proprio perche ogni show sara completamente diverso da quello precedente, soprattutto per la presenza sempre misteriosamente differente dell’Ospite Non Invitato)
Lo spettacolo e diretto da Enrico Botta gia regista di Alice nel Paese delle meraviglie il musical e Biancaneve il Musical. I costumi sono disegnati e realizzati da Annalisa Benedetti che cura anche la grafica dello spettacolo, già costumista di Alice nel paese delle meraviglie il musical, Biancaneve il Musical e Masha ed Orso Live Show.
In scena con Antonio Casanova ci sono Silvia Proietti, Valentino, Lorenzo e Stefano Stignani e Legadon Reinard.
Lo spettacolo dopo i sold out di Milano, Bergamo, Viareggio, Bologna e Roma a Cinecittà World arriva a Ferrara.

Acquisto biglietti: presso la biglietteria dal martedì al sabato 11.00 e 13.00/ 16.00-19.00
oppure su www.vivaticket.it

PLATEA € 28,00 e RIDOTTO € 24,00 ABBONATI € 22,00
I GALLERIA € 24,00 e RIDOTTO € 20,00 ABBONATO € 18,00
II GALLERIA € 20,00 e RIDOTTO € 15,00 ABBONATO € 15,00

A Band called E (USA) live presso Sala Estense Ferrara

Da: Circolo Arci Zone K

A BAND CALLED E
(Thalia Zedek, Gavin McCarthy, Jason Sanford)

Un evento assolutamente straordinario lunedì 6 febbraio, una collaborazione Circolo Arci Zone K, Roots Music Club, Arci Ferrara e Pentagon Booking, con il Patrocinio del Comune di Ferrara, alla Sala Estense di Piazzetta Municipale salirà sul palco una super band, ‘A Band Called’ E da Boston (Usa), in una data unica per l’Emilia Romagna.

A Band Called E è un trio composto da tre musicisti straordinari della scena indipendente statunitense, Thalia Zedek (Come, Uzi, Live Skull), Jason Sanford (Neptune) e Gavin McCarthy (Karate). Insieme hanno realizzato un album che mescola un suono industrial esplosivo alla calma e alla meditazione che solo i grandi songwriter conoscono. Benché ogni componente della band abbia decenni di esperienza nella scena dell’alternative rock, il loro sforzo collaborativo ha partorito un lavoro che è al tempo stesso diverso da qualsiasi cosa sia arrivato prima di esso, ma anche il risultato di tre veterani che lavorano in totale armonia. Quello che distingue gli E da altre band contemporanee è la loro volontà quasi ‘giovanile’ di sperimentare, mostrando al contempo la maturità della moderazione e dell’austerità. Nel loro album di debutto omonimo, gli E hanno sviluppato un suono che è sia meccanicamente che emozionalmente orientato. Una combinazione che i tre descrivono come “soul music per automi”. Zedek e Sanford hanno iniziato a lavorare assieme nel 2013, cercando di soddisfare il comune desiderio di tuffarsi in realtà musicali più collaborative rispetto alle loro precedenti prove ‘soliste’. Mossi dal comune rispetto per il lavoro dell’altro, i due hanno trovato la loro forza nella comunione tra l’inconfondibile voce e le inventive linee di chitarra di Thalia Zedek, e le inclinazioni metal dei lavori chitarristici di Sanford. Zedek e Sanford hanno poi avvicinato l’amico di lunga data Gavin McCarthy chiedendogli di aiutarli ad espandere il loro sound. Benché McCarthy, inizialmente, pensasse di essere il bassista ideale per la band, una volta finito dietro la batteria, capì immediatamente che il suo stile agile ed espressivo era tutto quello di cui la sezione ritmica degli E aveva bisogno. Gli E vanno contro ogni aspettativa, e pur non avendo nessun bassista, il loro suono è molto tirato ed enfatizzato sul ritmo.
‘Delicate Fingers’ è un ottimo esempio del loro approccio inventivo alla musica.
Ogni componente della band canta nell’album, gettando sul tavolo i propri testi e le proprie melodie. Al contrario di molte band con più voci in cui tutto gravita attorno alla melodia, gli E mostrano la voce di ciascun componente della band nella propria individualità, con McCarthy che provvede ad alcune delle prove vocali più coraggiose dell’intero disco, come nell’esplosiva ‘Candidate’. Poiché ogni membro della band ha delle caratteristiche ben precise e distinguibili nel proprio stile, gli E sono capaci di mostrare un controllo totale del proprio sound, rimanendo al contempo focalizzati nell’avere la libertà di sperimentare.

Appuntamento prestigioso, da non mancare assolutamente, nel pieno centro storico della nostra città.
Apertura della Sala Estense prevista per le ore 20, inizio concerto alle ore 21 e 30 circa, biglietti disponibili alla cassa.

Winter Wonderland verso il gran finale

Da: Organizzatori

Anche la quarta edizione di Winter Wonderland – Natale in Giostra sta per andare in archivio e tra i padiglioni di Ferrara Fiere tutto è pronto per il gran finale di una manifestazione che ha regalato ai bambini, alle famiglie e a tutti i visitatori sorprese e tanto divertimento.
Dopo le prime due settimane di spettacoli, animazione ed eventi speciali con ospiti d’eccezione, anche lo scorso weekend ha registrato numeri importanti, con circa 2.700 presenze stimate nel corso dei due giorni.
Non solo state solo le attrazioni e il folto programma di animazione a farla da padrone domenica scorsa: tanto successo infatti riscosso anche dallo spettacolo musicale de I Muffins, che si esibiranno per l’ultima volta domenica 22 gennaio.
Il programma per il prossimo fine settimana prevede inoltre il grande carnevale di Winter Wonderland con il Winter Carnival, che premierà il travestimento più bello (un premio per bambino e uno per bambina).
Il luna park al coperto più grande d’Italia si trasformerà dunque in un grande palcoscenico di maschere per i piccoli, che oltre a divertirsi con l’animazione del parco e le tante attrazioni potranno divertirsi ad esibire il proprio travestimento di carnevale.
Lunedì 23, a chiusura della manifestazione, si procederà inoltre alla conta delle palline contenute nella teca dedicata alla lotteria pro Associazione Giulia, decretando dunque il vincitore. In caso di mancata vincita, il premio finale verrà devoluto all’Associazione. Il numero delle palline verrà comunicato sul sito e sulla pagina Facebook di Winter Wonderland.

Interrogazione in regione riguardante l’ospedale F.lli Borselli

Da: Lega Nord Emilia-Romagna

Alan Fabbri (LN): «L’asfaltatura del parcheggio e l’illuminazione dell’accesso su viale Borgatti sono necessità impellenti: la regione intervenga»

Per lungo tempo si è discusso della necessità di creare un secondo accesso, sicuro, illuminato, dotato di tutti i crismi necessari, per l’ospedale Borselli. Nel quale sono in corso i lavori del primo step, che dovranno creare al suo interno la Casa della Salute ed i nuovi ambulatori che sorgeranno attorno a villa Dazio. «Ci sono necessità non più derogabili – spiega il capogruppo regionale della Lega Nord, Alan Fabbri – a partire dall’asfaltatura del parcheggio antistante l’ospedale. I cittadini che si recano nei locali della Medicina di gruppo o che hanno la necessità di arrivare al polo sociosanitario sono costretti a parcheggiare su di un terreno ‘sterrato’, che si allaga ad ogni precipitazione. Non è accettabile.» La competenza del terreno su cui sorge il parcheggio è dell’Azienda Usl di Ferrara. Alla quale, attraverso un’interrogazione rivolta alla Regione, Alan Fabbri ha fatto arrivare il suo “aut-aut”. «L’intervento non è più procrastinabile, perché è una questione di dignità per i nostri cittadini. Lo chiediamo da tempo – dice – come anche l’illuminazione della strada che porta al secondo accesso, sul lato della camera mortuaria. Chiediamo un intervento risolutore, perché l’accesso alla Casa della Salute, al futuro ospedale di comunità, ed agli ambulatori, dopo la ristrutturazione post-sisma del plesso, dovrà avvenire su questa strada, che porta sulla strada provinciale per Casumaro (lato cimitero). Questo, anche per motivi di sicurezza.» L’interrogazione diretta all’Assessore regionale alla Sanità, Sergio Venturi, è mirata a spronare la Regione (e per competenza l’Ausl) a muoversi nella direzione degli interventi richiesti, pronunciandosi finalmente anche in merito ai tempi di opere che non possono attendere oltre.

Capodanno Cinese 2017 a Ferrara

Da: Centro Interculturale Italo-Cinese Ferrara

Il Centro Interculturale Italo-Cinese Ferrara organizza per venerdì 27 gennaio alle 20:30 il Capodanno Cinese 2017, al ristorante Yama a Ferrara in via Modena 7.
Quest’anno si celebra il segno del Gallo, che ci accompagnerà per tutto il 2017. La cena sarà composta da un menu speciale tradizionale cinese, che si può vedere visitando il sito del Centro, www.centroitalocinesefe.it
È necessaria la prenotazione, scrivendo a presidente@centroitalocinesefe.it

Quest’anno, oltre a tante altre sorprese, ci sarà anche un’estrazione a sorte, il cui ricavato andrà in beneficenza per le popolazioni terremotate, in particolare per la costruzione di una scuola ad Amatrice.

Tutti i dettagli e le informazioni si trovano sul sito del Centro, www.centroitalocinesefe.it
La Festa di Primavera (春节, chūnjié) o capodanno lunare – letteralmente ‘capodanno agricolo’ – (农历新年 nónglì xīnnián), in Occidente generalmente noto come ‘Capodanno Cinese’, è una delle più importanti e maggiormente sentite festività tradizionali cinesi, e celebra per l’appunto l’inizio del nuovo anno secondo il calendario cinese. Le celebrazioni vanno avanti per i 15 giorni successivi, fino alla Festa delle Lanterne.

La tradizione popolare oggi dice che nei tempi antichi vivesse in Cina un mostro chiamato Nian (年, pronunciato in italiano “nièn”), che in cinese significa proprio ‘anno’, che usciva dalla sua tana una volta ogni 12 mesi per mangiare esseri umani, ma i cui punti deboli erano quelli di essere sensibile ai rumori forti e di essere terrorizzato dal colore rosso. Per questo motivo ogni 12 mesi si festeggia l’anno nuovo con canti, strepitii, fuochi d’artificio e con l’uso massiccio del colore rosso per spaventare il Nian. Tuttavia recenti studi dimostrano che il vocabolo ‘nian’ non sia mai stato associato a un mostro in alcun testo antico, ecco perché questa tradizione ha origini tutt’ora piuttosto misteriose. Un’eco di questa leggenda potrebbe essere rimasta nella rituale danza del leone, una tradizione praticata durante le feste nella quale si sfila per le strade inseguendo una maschera da leone, che rappresenterebbe il mostro.

Essendo quello tradizionale cinese un calendario lunisolare, i mesi iniziano in concomitanza con ogni novilunio; di conseguenza la data d’inizio del primo mese, e dunque del capodanno, può variare di circa 29 giorni, venendo a coincidere con la seconda luna nuova dopo il solstizio d’inverno, evento che può avvenire tra il 21 gennaio e il 19 febbraio del calendario gregoriano.

Gambarini (FI): “Dov’è lo Stato mentre i nostri connazionali sono sotto 2 metri di neve?”

Da: Francesca Gambarini

“Che Paese è uno Stato che non riesce a soccorrere i propri cittadini? E’ un Paese da rifare da capo”. Lo dichiara Francesca Gambarini, capogruppo di Forza Italia al Consiglio comunale di Fidenza (Pr), commentando la situazione del Centro Italia. “Migliaia di nostri connazionali, che già hanno dovuto sopportare fortissime scosse di terremoto nei mesi scorsi, sono stati dimenticati sotto due metri di neve e altre scosse. Lo Stato è assente: mancano i mezzi e le attrezzature adeguate per affrontare il maltempo e raggiungere queste zone del Centro Italia. Non è possibile che ogni volta le emergenze vengano affrontate basandosi sul buon cuore degli italiani e sulla buona volontà di tantissimi volontari. Deve essere lo Stato a rispondere e a prendersi cura dei suoi cittadini. Dove sono il premier e il commissario straordinario per l’emergenza terremoto? E l’ex premier che aveva promesso che entro Natale tutti avrebbero avuto un tetto sopra alla testa? E dove sono tutti i radical chic e gli intellettualoidi di sinistra pronti a dire la loro su tutto? Forse stanno parlando di accogliere profughi, di unioni civili e di come salvare le banche… E, intanto, un pezzo di Italia muore… Mi auguro che presto chi di dovere si renda conto che così non va. Un abbraccio ai nostri connazionali che stanno vivendo questa tragedia”.

Copparo, omaggio a Battisti e Mogol

Da: Comune di Copparo

Il gruppo Canto Libero presenta ‘Omaggio a Battisti e Mogol’, venerdì 20 gennaio, alle ore 21 presso il Teatro Comunale De Micheli.
Non un semplice concerto ma lo spettacolo numero uno in Italia che omaggia il periodo d’oro della storica accoppiata Mogol – Battisti. Sul palco, un ensemble di musicisti affiatati e già rodati nel corso di lunghe carriere, che portano avanti questo nuovo progetto con grande determinazione. Dopo aver conquistato il pubblico e riempito piazze e teatri in giro per l’Italia ed Europa (Slovenia, Croazia e Montenegro), un ulteriore riconoscimento del loro valore artistico arriva a fine 2015 con un sold-out al Teatro Rossetti di Trieste (il più grande teatro della Regione) che vede anche la partecipazione straordinaria di Mogol in persona, che dà la benedizione ufficiale al Canto Libero.
La voce di Fabio ‘Red’ Rosso, il pianoforte e la direzione musicale di Giovanni Vianelli, le chitarre di Emanuele ‘Graffo’ Grafitti e Luigi Di Campo, Alessandro Sala al basso, la batteria di Jimmy Bolco, le percussioni e la batteria di Francesco Camlik, Luca Piccolo alle tastiere e alla programmazione computer, le splendide voci di Joy Jenkins e Katy Maurel, i video di Francesco Termini e l’eccezionale Ingegnere del suono Ricky Carioti (fonico anche di Elisa), rileggono ‘La canzone del sole’, ‘Una donna per amico’, ‘Ancora tu’, ‘E penso a te’… e gli altri grandi successi di Battisti che hanno fatto e fanno tuttora sognare intere generazioni.
Per informazioni e biglietteria tel. 0532 864580.

IL JAZZ
David Torn ‘Sun of goldfinger’, unica tappa italiana del tour europeo

Da: Ferrara Jazz Club

Sabato 21 gennaio il Jazz Club è pronto ad ospitare in esclusiva nazionale Sun of Goldfinger, progetto firmato da David Torn, uno dei più rivoluzionari chitarristi jazz degli ultimi trent’anni. Nell’inoltrarsi in questo imprevedibile viaggio sonoro il leader si avvale di altri due protagonisti assoluti della scena creativa newyochese come il sassofonista Tim Berne ed il batterista Ches Smith.

Sun of Goldfinger, progetto che sarà presentato sabato 21 gennaio (ore 21.30) al Jazz Club Ferrara in esclusiva nazionale, rappresenta il grande ritorno di uno dei più rivoluzionari chitarristi della storia del jazz degli ultimi trent’anni, David Torn.
Torn (Amityville, NY, 1953) è un personaggio difficile da inquadrare per l’incessante e vulcanica vena creativa che lo conduce da sempre a realizzare, instancabilmente, nuovi progetti musicali, colonne sonore per cinema (Traffic, Il Grande Lebowski, Kalifornia…) e videogames, loop e samples per software musicali.
‘Chitarrista strutturale’, così si definisce, Torn è artefice di una ricerca musicale che non solo ha rivoluzionato l’uso dello strumento, ma che ha reso esplorabili territori sonori finora sconosciuti. Questi ultimi, attraverso distorsioni ed effetti che producono una palette di toni incomparabile, si nutrono tanto di jazz ed improvvisazione, quanto di rock e musica folk.

A metà degli anni’80 Torn esordisce per l’etichetta ECM con ‘Best Laid Plans’, a cui segue di lì a poco ‘Cloud About Mercury’: due geniali tasselli dell'evoluzione di un jazz-rock d'avanguardia, spigoloso e cerebrale, ma assolutamente personale e originale.  Il secondo, in particolare, gli apre le porte a collaborazioni con artisti quali David Sylvian, David Bowie, Ryuichi Sakamoto e Ravi Shankar tra gli altri.
Nel 1992 la carriera dell’artista registra un brusco stop a causa di una perniciosa malattia, superata la quale Torn, come fortificato, ha ripreso la produzione discografica innescando nuovi proficui sodalizi con John Zorn, Jeff Beck e Tim Berne.
Proprio con quest’ultimo, amico di lunga data e già in ‘Prezens’ (ECM, 2007), penultimo disco del chitarrista, Torn forma Sun of Goldfinger, straordinaria triade completata dalla presenza di un altro folgorante protagonista della scena creativa newyorchese, il batterista Ches Smith.

INFORMAZIONI
www.jazzclubferrara.com
jazzclub@jazzclubferrara.com
Infoline 339 7886261 (dalle 15:30)
Prenotazione cena 333 5077059 (dalle 15:30)
Il Jazz Club Ferrara è affiliato Endas, l’ingresso è riservato ai soci.

DOVE
Torrione San Giovanni via Rampari di Belfiore, 167 – 44121 Ferrara. Con dispositivi GPS è preferibile impostare l’indirizzo Corso Porta Mare, 112 Ferrara.

COSTI E ORARI
Intero: 20 euro
Ridotto: 15 euro (la riduzione è valida prenotando la cena al Wine Bar, accedendo al solo secondo set, fino ai 30 anni di età, per i possessori della Bologna Jazz Card, per i possessori di MyFe Card, per i possessori della tessera AccademiKa, per i possessori di un abbonamento annuale Tper, per gli alunni e docenti del Dipartimento Jazz del Conservatorio ‘G. Frescobaldi’ di Ferrara. Pari al 10% per i possessori di Jazzit Card)
Intero + Tessera Endas: 25 euro
Ridotto + Tessera Endas: 20 euro
NB Non si accettano pagamenti POS
Apertura biglietteria: 19.30
Cena a partire dalle ore 20.00
Primo set: 21.30
Secondo set: 23.00

“Si gioca con le parole mentre si gioca con la sanità pubblica.”

Da: Comitato Salvaguardia Ospedale del Delta

Come “Comitato Salvaguardia Ospedale del Delta” siamo a replicare in merito alle dichiarazioni pubbliche del direttore generale AUSL, Claudio Vagnini, che ha affermato “… Cona non fagociterà i più piccoli…”. Ci chiediamo come mai si sia utilizzato il verbo futuro in questa affermazione, dal momento che Cona ha già fagocitato, in gran parte, ‘i piccoli’ (riferendosi alle strutture ospedaliere presenti sulla provincia di Ferrara).
Forse il dott. Vagnini poteva meglio dire “Cona non fagociterà quel che resta dei piccoli”, sarebbe stata sicuramente un’affermazione più vicina alla realtà in cui versa la sanità ferrarese, oltre che una dichiarazione di intenti più credibile. E’ dalla nefasta Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria (CTSS) del giugno 2013 che è in corso un depauperamento generale della sanità ferrarese, dovuto al ‘conacentrismo’, che ha portato notevoli disagi alla popolazione della provincia estense. Non possiamo dubitare delle buone intenzioni del dott. Vagnini, che però crediamo non sia proprio ben informato in merito alla politica sanitaria portata avanti dai suoi predecessori (dott. Paolo Saltari e poi dalla dott.ssa Paola Bardasi, anche se il suo incarico è stato ‘breve’ date le dimissioni anticipate rispetto alla durata dell’incarico) che non hanno guardato in faccia a nessuno, per quanto concerne i tagli lineari apportati al sistema ospedaliero provinciale. Ciò che è avvenuto presso l’ospedale del Delta è un esempio ben calzante di una dissennata politica sanitaria (dal 2001, anno di apertura del nosocomio di Lagosanto): chiusura del reparto di gastroenterologia, chiusura dell’emodinamica (laboratorio cofinanziato dalla Fondazione CARIFE con 75.000 euro), chiusura dell’ambulatorio pediatrico ad accesso diretto, chiusura del reparto di pediatria, chiusura del punto nascita, primariati fondamentali a scavalco come quello della cardiologia che è ‘telecomandata’ da Cento (ovviamente confidiamo nel primariato del dott. Carlo Feo per salvaguardare l’integrità della chirurgia), accorpamento dei reparti nelle piastre per intensità di cura che ha risuonato, tra la cittadinanza, non certamente come un miglioramento del servizio. A nostro avviso il dott. Vagnini dovrebbe focalizzarsi sul recupero dei servizi depauperati al territorio, ed afferenti all’AUSL, sempre se veramente ambisse a far nuovamente erogare servizi sanitari che trovino vero riscontro nel consenso dell’utenza, e non in un mero premio economico di fine anno, oltre al sostanzioso stipendio già percepito, rilasciato dalla Regione a carico della collettività.

Nicola Zagatti – portavoce

21/01 e 11/02: due open day per conoscere i servizi educativi per l’infanzia del Comune di Jolanda di Savoia

Da: Coop Camelot

Due sabati, il 21 gennaio e l’11 febbraio, per conoscere da vicino l’offerta educativa del Nido e della Scuola d’Infanzia del Comune di Jolanda di Savoia.
JoNido e JoBimbi aprono le porte ai genitori interessati ai servizi per l’infanzia per l’anno scolastico 2017/2018.
Il Consorzio Riunite Esperienze Sociali e la cooperativa Camelot, in qualità di attuali gestori, accoglieranno le famiglie presso la sede di via Parmeggiani 2 a Jolanda di Savoia dalle 9,30 alle 12,00.
Le educatrici che accompagneranno i bimbi durante l’anno, saranno presenti per condurre in una visita agli ambienti che sarà anche l’occasione per illustrare la proposta educativa dei servizi offerti.

JoNido e JoBimbi propongono ai bambini e alle famiglie un percorso in continuità, sia perché si trovano al piano terra e al primo piano della stessa struttura, sia perché presentano una progettazione educativa condivisa.

Il Nido d’Infanzia comunale JoNido accoglie bambini dai 12 ai 36 mesi ed è aperto da settembre a giugno, dalle 7,30 alle 17,00. L’entrata al Nido rappresenta un momento importante nella vita di ogni bambino, per questo le educatrici professionali lavorano in stretta collaborazione con i genitori, per garantire un graduale e positivo ambientamento all’interno di questa coinvolgente esperienza. Ai piccoli verranno proposte attività ludiche, letture di fiabe, ascolto di canzoni, laboratori di psicomotricità, grafico – pittorici e manipolativi e un innovativo laboratorio per imparare la musica giocando. I bimbi potranno restare al Nido per il pranzo, il riposo pomeridiano e la merenda. Ogni volta che sarà possibile, verranno privilegiate le attività all’esterno.

La Scuola dell’Infanzia comunale JoBimbi accoglie i bimbi della fascia di età successiva al Nido, dai 3 ai 5 anni, e, come il Nido, è aperto da settembre a giugno, dalle 7,30 alle 17,00.
La crescita dei bimbi dal punto di vista umano, affettivo e didattico è al centro di tutte le attività proposte, che spaziano da quelle musicali a quelle psicomotorie, con tanti momenti di gioco libero. Anche per il JoBimbi è prevista la possibilità di restare per il pranzo, il riposo pomeridiano e la merenda. Speciale attenzione viene dedicata all’esplorazione e alla conoscenza del territorio, anche attraverso la partecipazione agli eventi del paese, per iniziare ad intessere una rete di relazioni sociali che possa accogliere i bimbi all’uscita dal percorso educativo.

L’open day previsto nelle due giornate, è anche il segno dell’apertura che contraddistingue i servizi offerti, pensati in costante collaborazione con le famiglie, le istituzioni e le realtà del territorio, con una cura particolare alla continua formazione e all’aggiornamento del personale coinvolto.

Per iscrizioni e informazioni si possono contattare il JoNido e il JoBimbi allo 0532 835104.

Nel Giorno della Memoria, l’invito degli psicologi a diffidare dal conformismo.

Da: Rizoma

L’Ordine degli Psicologi ER sui meccanismi mentali che rendono i comportamenti disumani

Il 27 gennaio, Giorno della Memoria, si ricorda non solo il genocidio degli ebrei, ma anche tutte le altre vittime dell’atrocità nazista: 15 milioni di persone condannate a morte perché ebree, omosessuali, disabili, zingare, portatori di handicap. “Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”. Questa frase si trova incisa in trenta lingue su un monumento nel campo di concentramento di Dachau.
Soprattutto oggi, la giornata della memoria non vuol dire solo commemorare il passato, ma anche pensare al presente e al futuro. In questo momento storico, in cui si alzano muri e si tira il filo spinato sui confini, in cui crescono i movimenti razzisti, sorti anche sotto la pressione dell’attuale fenomeno migratorio, ripensare il passato e le premesse storiche, sociali e psicologiche che li hanno resi possibili è indispensabile per evitare il ripetersi di una catastrofe umana come la Shoah e impedire di giustificare gli atteggiamenti odierni di rifiuto dell’accoglienza di persone in fuga, richiedenti asilo.
Anche chi appare psicologicamente equilibrato può disumanizzarsi al punto da diventare persecutore? È possibile – si è domandata Hannah Arendt, filosofa e giornalista tedesca ebrea – che individui apparentemente normali possano rivelarsi criminali senza alcun senso di colpa? Sembrerebbe di sì, dagli studi di psicologia sociale di Stanley Milgram e Philip Zimbardo: l’obbedienza cieca può trasformare una persona normale in carnefice. È un rischio insito nella tendenza umana a conformarsi alle richieste dell’autorità. Il male può essere anche ‘banale’, nel senso che in particolari circostanze anche persone del tutto normali possono finire per collaborare alle peggiori atrocità non percependone la responsabilità.
Recentemente, gli psicologi Alexander Haslam e Stephen D. Reicher hanno effettuato un riesame di quegli studi, scoprendo qualcosa in più: chi compie atti feroci e spietati, in sottomissione e in conformità a una autorità, non si uniforma in modo passivo. Questi esecutori, infatti, tendono ad adattarsi agli ordini in modo attivo e partecipato, mettendo in atto un processo di identificazione con chi esercita il potere che spaccia azioni atroci e disumane per atti virtuosi, arrivando a credere che quello che stanno facendo è giusto.
Chi ordina o compie delle atrocità ha svolto un lungo lavoro di elaborazione mentale, più o meno consapevole. L’operazione mentale che ha compiuto gli ha permesso di ‘negare’ la persona perseguitata, eliminandone l’identità. L’altro, attraverso un processo psicologico di reificazione, viene spogliato dell’umanità e reso un oggetto, un simbolo da distruggere, un numero da cancellare da una lista.
Per non cadere nella trappola della banalità del male – diceva Hannah Arendt – si ha il dovere di pensare. E di pensare in modo critico e produttivo: arricchendolo con nuove domande e lasciando spazio al dubbio. Dare valore alla memoria, intesa come strumento per dare risposta ai bisogni umanitari del presente, vuol dire assumersi la responsabilità della cultura, anche psicologica, da trasmettere alle nuove generazioni, ispirata alla pace e alla convivenza civile. Vuol dire favorire l’esercizio del pensiero creativo, divergente, aperto alla cooperazione e alla solidarietà come possibile ostacolo a un conformismo totalitario. Il Giorno della Memoria, dunque, racchiude l’invito e la necessità ad avvicinarci allo stato d’animo dell’altro e al suo vissuto, a educarci psicologicamente all’ascolto, alla consapevolezza e alla comprensione del dolore e dei bisogni altrui, nel rispetto dei diritti fondamentali, della dignità e del valore di tutte le persone.

Camera di Commercio: concorsi a premio, Ferrara in crescita

Da: Camera di Commercio

È un servizio che va nel segno dell’attenzione alla regolarità del mercato, con la Camera di commercio di Ferrara fortemente impegnata a tutela delle imprese e dei consumatori. Stiamo parlando dei verbali di concorso redatti dall’Ente di Largo Castello: un’attività che nello scorso anno è risultata in crescita di oltre il 5%, portando il valore complessivo dei premi assegnati in presenza dei funzionari camerali da 150.000 a 1.000.000 di euro.
C’è chi ha guadagnato un’automobile e chi un viaggio: la gamma è decisamente varia. Sono i concorsi a premio, iniziative per promuovere un prodotto o un servizio: una modalità di marketing sempre più utilizzata dalle imprese (l’80% delle mille aziende che in Italia investono di più sulla pubblicità ha fatto ricorso almeno una volta alle promozioni, e, tra queste, in misura preponderante, alle manifestazioni a premio). E garanti della regolarità di questi concorsi, oltre ai notai, è proprio la Camera di commercio incaricata di assicurare la tutela della fede pubblica. Spetta all’Ente di Largo Castello assistere alle fasi di assegnazione dei premi e di chiusura e di verbalizzazione delle procedure. La legge prevede, inoltre, che la durata dei concorsi non possa superare l’anno e che i premi eventualmente non assegnati debbano essere devoluti a una Onlus, ovvero a un’organizzazione senza scopo di lucro.
Non rientrano nella tipologia dei concorsi a premio le cosiddette manifestazioni di sorte locali, ovvero le lotterie, tombole, pesche o banchi di beneficenza, organizzate localmente da soggetti non economici – come le associazioni di volontariato o quelle di genitori a sostegno di scuole ed enti morali – per raccogliere fondi a sostegno della loro attività e in assenza di alcun aspetto di promozione commerciale. I concorsi a premio non comprendono poi neppure le operazioni a premio, ovvero le offerte promozionali che le imprese, spesso quelle della grande distribuzione organizzata, gestiscono direttamente.

I destinatari
I concorsi a premio possono essere rivolti non solo ai consumatori finali, ma anche ad altri soggetti variamente collegati al promotore, quali intermediari, rivenditori, concessionari, collaboratori o dipendenti, e, in questi casi, il concorso costituisce un incentivo rivolto alla propria rete di vendita per il perseguimento di determinati obiettivi. Del resto, anche la meccanica dei concorsi non è rigidamente prestabilita, ma può consistere sia nella classica estrazione di coupons, o in un meccanismo del tipo ‘gratta e vinci’, in cui le vincite sono rimesse alla pura casualità, sia essere affidata a modalità che riconoscano il merito individuale nel raggiungimento di determinati obiettivi, come la compilazione di graduatorie stilate sulla base delle migliori performances o la valutazione di lavori da parte di apposite commissioni.

Per l’iniziativa ‘Libraio per un giorno’ I libri consigliati da Camilla Ghedini

Da: Ibs+Libraccio

Sabato 21 gennaio ore 11:00
Presso la libreria Ibs+Libraccio di Ferrara

Il Libraio per un giorno è un’iniziativa originale per avvicinare più persone possibili al mondo dei libri attraverso chi ci sta intorno tutti i giorni.
L’ospite di questa settimana sarà la giornalista Camilla Ghedini sabato 21 gennaio alle ore 11:00, che racconterà ai presenti il suo bagaglio di letture con auto-ironia e spontaneità: i classici che lo hanno formato, ma di più, i titoli che non abbandonano il suo comodino la notte, dai quali non si separa mai.

I libri non hanno età e, come affermò giustamente Umberto Eco, chi legge vive innumerevoli altre esistenze oltre la sua, con cui mettersi a confronto e crescere interiormente.

Il rinfresco è offerto da NaturaSì, Via Bologna 296 e Via Copparo 3/A – Ferrara

Digerseltz: dal teatro alla tavola, l’ossessione del cibo a Ferrara Off

Da: Ferrara Off

Domenica 22 gennaio, dopo lo spettacolo, convenzioni speciali per cenare nei ristoranti ferraresi

Cosa nasconde l’ossessione contemporanea per il cibo, la mitologia dell’eccedenza e dello spreco rituale da cui tutti, chi più e chi meno, siamo influenzati? ‘Digerseltz’ – in scena domenica 22 gennaio alle 18, presso il teatro Ferrara Off – articolerà questa domanda indagando il significato profondo del mangiare: insopprimibile azione di auto sostentamento, scelta politica, pratica culturale massificata legata al rapporto dell’essere umano con il corpo e con la fame, con la morte, con il sacro e con la comunità. Allo stesso tempo costruirà una riflessione sulle assonanze che avvicinano l’atto del nutrirsi al mestiere dell’attore.
«Il corpo in scena mangia e si fa mangiare – spiega Elvira Frosini, interprete nonché ideatrice e regista del monologo -. Si ingozza di parole e a sua volta provoca nel pubblico un’indigestione di parole. Nel suo essere esposto diventa vittima sacrificale, agnello in mezzo ai lupi, dato in pasto ad occhi famelici o svogliati. L’artista è come il maiale: non si butta niente».
In linea con i contenuti della rappresentazione, Ferrara Off ha voluto stipulare una speciale convenzione con due conosciuti ristoranti ferraresi: Settimo, in via Cortevecchia 49, e Lo Scaccianuvole, in via Cassoli 49. I loro clienti, nella settimana precedente la rappresentazione, riceveranno in regalo un buono sconto per assistere allo spettacolo. Inoltre tutte le persone che, nella serata di domenica 22 gennaio, sceglieranno di cenare in uno di questi due locali avranno diritto a uno sconto del 10% sul conto.

‘Digerseltz’, organizzato in collaborazione con Officine Caos e Stalker Teatro, rappresenta la tappa conclusiva del weekend ferrarese della compagnia romana Frosini/Timpano, che venerdì 20 gennaio porterà sul palco nel vicino Teatro Comunale di Occhiobello ‘Acqua di colonia’ e sabato 21 gennaio sarà in scena a Ferrara Off con ‘Dux in scatola’. I tre appuntamenti rappresentano un’occasione da non perdere per tutte le persone interessate a conoscere una delle realtà più interessanti attive nella produzione italiana contemporanea.

L’ingresso allo spettacolo costerà 8 euro per soci di Ferrara Off, 5 euro ridotto per gli under20, 10 euro – comprensivi di tessera 2017 – per i non soci. Per informazioni e prenotazioni scrivere a info@ferraraoff.it oppure telefonare al numero 3336282360.

Informare x prevenire, ricomincia il ciclo di incontri dedicato alla salute e al benessere fisico

Da: Organizzatori

Il primo appuntamento sabato 21 gennaio, per parlare di prevenzione e cura del dolore all’anca e al ginocchio.

Sabato 21 gennaio, dalle 10:00 alle 12:00 nella sede della cooperativa sociale Esercizio Vita in via Don Giovanni Calabria 13 a Ferrara, si terrà il primo appuntamento di un ciclo di incontri dal titolo “Informare X Prevenire”. L’iniziativa di sabato, dedicata al dolore all’anca e al ginocchio, vedrà intervenire il Dottor Riccardo Faccini e il Dottor Armando Francesco Cervini, Medici Chirurghi Specialisti in Ortopedia e Traumatologia. Sarà l’occasione per confrontarsi su come sia possibile curare questo tipo di disturbo grazie alla chirurgia protesica e all’esercizio fisico.
«Informare X Prevenire nasce dalla volontà di rendere accessibili ad un vasto pubblico gli argomenti che riguardano la nostra salute, grazie al contributo di professionisti che operano in ambito sanitario – spiega Michele Felisatti, vicepresidente di Esercizio Vita -. Da sempre sosteniamo che il benessere delle persone parta dalla prevenzione e da un corretto stile di vita».
L’incontro è gratuito e aperto al pubblico. Per maggiori informazioni contattare il numero 0532 747914 oppure inviare una mail a info@eserciziovita.it

La Coppia ferrarese Igp approda sul Rai 3 nazionale

Da: Ascom Ferrara

Riflettori puntati sul Pane di Ferrara, gioia e delizia del palato. La trasmissione Officina Italia (che racconta le tante eccellenze regionali del Belpaese) in onda sabato prossimo (21/01, ore 11,30) su Rai 3 punterà le sue telecamere sul pane con tre servizi: dalla Sicilia, dal Veneto e dall’Emilia Romagna ed in particolare da Ferrara e cioè dal noto forno Perdonati in via San Romano.
La Ciupeta Igp tra storia, caratteristiche peculiari ed esigenze di un mercato del gusto che cambia al centro dell’intervista condotta da Giorgio Tonelli, volto noto del Tg3 Emilia Romagna: “Conoscevo il pane di di Ferrara e lo apprezzo da sempre e non è un caso che sia venuto qui” commenta il giornalista che nel corso del servizio ha intervistato Silva, la moglie di Romano e testimonial convinta ed entusiasta della Coppia di Ferrara che lo ricordiamo per importanza e specificità di lavorazione richiede non solo un grano specifico (quello ferrarese) ma sopratutto un tempo di lavorazione e lievitazione addirittura doppio rispetto ad un pane industriale. “Un modo per riconfermare – commenta Romano Perdonati, presidente dei Panificatori Ascom di Ferrara – la nostra vocazione a vera patria del turismo enogastronomico – e chiude con un sorriso – Ferrara ed il suo Pane fanno bene!”

Lettura in ricordo dell’attrice Anna Marchesini

Da: Centro Documentazione Donna

Biblioteca del Centro Documentazione Donna via Terranuova 12/b – Ferrara
sabato 21 gennaio 2017 ore 17.30
L’ultima cena

Lettura in ricordo dell’attrice Anna Marchesini
Saggio finale del laboratorio di lettura espressiva, condotto da Catia Gianisella.

leggono:
Maria Calabrese, Giulia Maria Ciarpaglini, Lella Fabbri. Chiara Ferraresi, Mara Fontana, Carla Lanfranchi, Nilda Lizzano

Si tratta della scomposizione in sette brani del monologo omonimo, su testo di Annibale Ruccellai, che era stato portato in scena da Anna Marchesini alla quale questa esibizione è dedicata.
A ognuna delle sette partecipanti al laboratorio è stata affidata la lettura di una scena nella quale l’unica protagonista si rivolge di volta in volta alla padrona di casa e al convivente.
Il laboratorio si è tenuto nella sede del Centro Documentazione Donna nell’ambito del Teatro Cdd.

Al termine della lettura di sabato verrà offerto un aperitivo offerto dalle lettrici, tutte socie del CDD, Maria Calabrese, Giulia Maria Ciarpaglini, Lella Fabbri. Chiara Ferraresi, Mara Fontana, Carla Lanfranchi, Nilda Lizzano.

Il laboratorio continuerà a tenersi nella biblioteca del Centro Documentazione Donna tutti i mercoledì dalle 10,30. La partecipazione è libera e gratuita per chi è iscritta/o e/o si iscrive al CDD.

Utef a Tresigallo

Da: Comune di Tresigallo

Comune di Tresigallo
Assessorato alla Cultura
Università per l’educazione permanente
U.T.E.F di Ferrara

Programma delle lezioni

Mercoledì 25/1/17 (15.30 -17.30)  Prof. Aurelio Bruzzo – Implicazioni economico-politiche della Brexit: un’analisi a livello europeo e italiano

Mercoledì 1/2/17 (15.30 -17.30)  Prof. Carlo Alberto Campi – Il Medio Oriente tra guerre di religione, conflitti politici e rivalità economiche

Mercoledì 8/2/17 (15.30 -17.30)  Sig. Renato Cirelli – Dall’Impero romano alla nascita dell’Europa

Mercoledì 15/2/17 (15.30 -17.30)  Dott. Aldo De Togni – I programmi di screening oncologico: vantaggi e valore di salute

Mercoledì 22/2/17 (15.30 -17.30)  Dott. Michele Maccapani – Lotta Fitoiatrica, lotta Biologica e lotta Biodinamica

Martedì 7/3/17 (15.30 -17.30)  Prof.ssa Miriam Policardo – Dell’amore e d’altre follie. Un percorso attraverso l’Orlando Furioso

Mercoledì 15/3/17 (15.30 -17.30)  Prof. Francesco Benazzi – Mi Frara e Ludvìg (l’opera di Ludovico Ariosto in dialetto)

L’identità

L’unica cosa certa che so della mia vita è questa faccia che ogni mattina mi specchio. È così certa che nel tempo l’ho vista cambiare, da quando ero fanciullo e non ricordo se allora facevo caso al mio aspetto. Ora sì! per via del tempo che è passato. La faccia, il volto, il viso è una mania: lì sono io, lì sono gli altri. Il riconoscimento di me e di loro. Si dice perdere la faccia, screditarsi, non essere più credibile, insomma la tua faccia non funziona più con gli altri. Ogni volta che incontro qualcuno, anche dei miei amici, mi sorprendo che i miei occhi si attardino a indagare gli aspetti di quei volti nei minimi particolari, una verruca, un pelo che spunta inopportuno dal padiglione di una orecchia, dalla narice del naso. Il volto dell’altro mi anticipa sempre il senso delle sue parole, non sarei in grado di immaginare parole senza volto, di svelarmi il loro significato senza collegarle ad una faccia che parla. Avete mai fatto la prova con gli speaker televisivi? Ce ne sono alcuni che non possono che pronunciare le parole che pronunciano.
Insomma le parole non sono collegate alla nostra faccia per via della sola bocca, ma per le espressioni a cui la costringono a seconda di quello che dalla nostra bocca esce. Provate a dire parolacce od a urlare e vedrete come muta il vostro viso, tanto che alcuni ci dicono che quando siamo irati diventiamo addirittura irriconoscibili, non basta, sembriamo perfino un’altra persona.
La cosa più insopportabile è quando ti dicono – Cos’hai, oggi? Non sembri più tu! – E alla mattina quando vi siete specchiati, non ve n’eravate accorti. Tutto vi sembrava come il giorno precedente.
In conclusione questa del volto, come direbbero gli psicologi, è la nostra identità, per noi e per gli altri.
Io mi chiamo Giampiero. Già! a complicarmi la vita i miei genitori hanno pensato di darmi un nome doppio, composto. Per cui se mi chiamano solo Gianni o solo Piero non sono mai io: perché io sono Giampiero, e tutto attaccato!
Ma non sono un Giampiero e basta, come ce ne sono tanti. Io sono Giampiero Spada. E pure i miei amici e i miei parenti sanno che io sono: Giampiero Spada. E allora come può essere che tutto d’un tratto, da un giorno all’altro il tuo volto non è più quello che ancora il giorno avanti aveva Giampiero Spada?
Vi è mai capitato di specchiarvi una mattina e la vostra faccia non è più quella che avevate la sera prima? Provateci! e poi ne parliamo. Mica potete uscire. Come vi chiamano? Come vi riconoscono? Come vi salutano? Chi siete, se non siete più Giampiero Spada?
Chi si è fraudolentemente impossessato di voi? Ma dentro di voi sarete sempre gli stessi anche se la vostra faccia è cambiata? ecco tutte le domande angoscianti che mi presero quella mattina alla scoperta della mia faccia mutata.
Non è che ero ringiovanito, quell’inquilino abusivo di me stesso doveva essere pressappoco della mia età, vecchio come me e se io mi interrogavo a questo modo e con questi pensieri, doveva pensarla anche lui come me. Lui ed io eravamo forse identici, ma con due facce diverse? O ero sempre io, vittima di una strana metamorfosi della natura che non mi aveva fatto bacherozzo come il signor Gregor Samsa, ma aveva processato sul mio volto un’autentica plastica facciale. Io preferivo propendere per questa seconda risposta ai miei inquietanti interrogativi.
Cosa fa secondo voi uno che d’improvviso si trova con un’altra faccia che non è la sua?
Primo non ci crede. Primo crede che una cosa simile non possa accadere, che sia la sua vista ad essere ancora appannata dal sonno, che forse non è sveglio, sta solo sognando. Allora evita lo specchio, si spoglia e si mette sotto la doccia. Fredda, tonificante. Quando esce e si asciuga bene nel telo caldo, morbido, accogliente controlla che le parti del suo corpo, quelle che può vedere siano sempre quelle di prima. Lui tra le gambe mi sembra quello di sempre, sì sono sicuro, beh, quasi sicuro. Ma certo è lui, il mio inconfondibile compagno di una vita. Poi le mani. Le mani sono un segno di identità inequivocabile, le tocco, certo sono proprio le mie, quelle di sempre, la sensazione è la stessa delle altre volte, di ieri e dell’altro ieri. Mi tocco, mi accarezzo, le passo tra i capelli … Come, i capelli? I capelli! ma non ce li ho. Non ci sono! liscio, liscio, tondo, tondo … Ma sono sicuro, sicurissimo, ieri ce li avevo. Ieri sera li ho pettinati, come tutte le sere prima di coricarmi, perché non prendano delle false pieghe. Mi precipito allo specchio, accidenti! Non sono più io. Ma chi è quello lì che si è preso la mia immagine allo specchio?
Calma Giampiero. Calma Giampiero. Prima o poi nella vita, ad una certa età può capitare, si chiama alopecia androginica, è quasi normale, comune calvizie, colpisce circa l’ottanta per cento dei maschi entro i sessant’anni. Ci deve essere stata una tempesta ormonale questa notte, non esiste una previsione meteo del corpo. Che tempo farà nel corpo di Giampiero? Son cose che vengono con gli anni … prima o poi … Sì. Allora i miei capelli, più bianchi che neri devono essere rimasti cadaveri sul cuscino, tra le pieghe delle lenzuola. Mi precipito a cercare, no, non ci sono, nessun segno, neppure un pelo. Svaniti. Sfibrati nell’aria. Nessuna traccia sui pavimenti brillanti di ceramica della casa. Puliti, scopati, lustrati. Delle stanze d’ospedale.
Forse, penso, ho perso solo i capelli. È inevitabile che abbia cambiato espressione. Che mi sia parso d’essere irriconoscibile. Non capita tutti i giorni d’essere calvo all’improvviso. O forse non m’ero ancora accorto che già da tempo li perdevo, di chiazze qua e là. Che la mia nuca era oramai spoglia. Chissà da quanto tempo.
Con questi pensieri intanto mi ripresentavo al verdetto dello specchio. Questo volutamente mi rimandava la piazza pulita del mio capo, di cuoio lucido, un po’ grasso, che decisamente non mi piaceva. Non era la mia testa. Era una faccia larga, a tutto tondo, le gote pronunciate contro il mio volto asciutto, senza mento contro le mie mascelle sostenute. Le sopracciglia sottili, io ricordavo d’avercele più spesse, più folte, più lunghe sull’arco sopraccigliare. E anche gli occhi non erano più i miei. Grigioverdi come le divise militari. I miei erano neri. Oddio, io li vedevo neri. Non mi restava che documentarmi, che cercare in casa una qualche mia fotografia. Cosa di meglio della mia carta di identità? Fu così che non ebbi più dubbi sulla sentenza dello specchio. Quel volto non era più il mio. La carta di identità era chiara: capelli brizzolati, ero calvo; occhi castani, erano grigioverdi; usa lenti …. Ora ci vedevo benissimo senza. L’unica cosa che coincideva era l’altezza, uno e settantotto. Sì, mi sembrava di aver mantenuto grosso modo la stessa. Anche la corporatura non mi sembrava cambiata. Non mi restava che vestirmi.

II

La vestizione fu la conferma che non avevo cambiato taglia e neppure numero di scarpe, almeno alla tragedia di aver cambiato identità, e su questo non c’era alcun dubbio, lo asseriva con certezza la mia carta d’identità, non si accompagnava la disgrazia di rifarmi tutto il guardaroba. E poi come avrei fatto, se non avessi potuto più indossare i miei vecchi abiti, le mie vecchie scarpe, solo a uscire di casa? Non pensiamoci.
Una cosa mi sembra buona: che io sono sempre io. Voglio dire che dentro di me mi sento come sempre, come sono nato e cresciuto, se non fosse per la faccia che non mi ritrovo più.
Voglio dire che questa faccia nuova non contiene una testa nuova, una mente altra da me, pensieri che non sono i miei. O per lo meno non me ne sono accorto. E che ne so, se con una faccia nuova si pensa anche nuovo? Per il momento non l’avevo ancora scoperto. In sintesi ancora credevo che fosse la forma ad essere mutata e non certo la sostanza. E questo in qualche modo forniva una consolazione per quello che mi capitava.
Ma che faccia avevo? Quale somiglianza poteva evocare?
Ora che ero vestito tornai allo specchio. Io, con quella faccia lì, non conoscevo proprio nessuno. Giuro che non l’avevo mai vista prima. Notai subito una cosa incresciosa: com’ero vestito non s’intonava con la mia nuova faccia.
No la camicia, no la cravatta, no soprattutto la giacca. Come si vestono le facce tonde? Pretendono colori, luci diverse da quelle oblunghe come ce l’avevo prima? Gli abiti che indossavo decisamente non potevano appartenere a quel tipo, con quel volto. Forse le facce tonde hanno bisogno di righe, di fantasie anziché di tinte unite. Neanche le scarpe mi sembravano più le sue. Scarpe con le stringhe. No. La mia faccia ora mi diceva che avrebbe gradito qualcosa di più comodo, quasi a pantofola, almeno un mocassino, almeno una clarks. Provai a rovistare nell’armadio alla ricerca di qualcosa di più adatto alla mia nuova condizione, perché da quando mi ero riguardato allo specchio provavo disagio a stare negli abiti di tutti i giorni, negli abiti abituali. Insomma, non mi erano proprio più miei.
Con questo soma piovuto non si sa come e non si sa da dove riuscii a vestirmi che mi pareva di star bene, di aver trovato una sintonia con i miei nuovi lineamenti.
Oramai erano diverse ore dacché m’ero alzato e la speranza, che dentro covavo senza il coraggio di palesarmela, ovvero che il fenomeno potesse essere passeggero, andava vie più scomparendo. La rassegnazione. Altro non mi restava. La disposizione, considerata virtuosa, di chi si adegua consapevolmente a uno stato di dolore o di sventura. Dolore certo. Chi non avrebbe dolore a non incontrare più la faccia amica del suo corpo, avere un corpo con un’altra faccia. Cosa da impazzire. Non voglio credere che tutto questo mi succeda, perché non ci sto più di testa. No, no, la testa è sempre la mia, è solo la faccia che è mutata, e non è con la faccia che si ragiona. Per quanto riguarda la sventura, non conosco ancora cosa la vita mi riserva con questo nuovo aspetto che mi ritrovo.
In fondo è solo la faccia che mi è cambiata. È come se fossi scampato ad una cura o ad un evento devastante, portando a casa la pellaccia.
Forse ora mi porto addosso una faccia del mio albero genealogico, qualcosa che già era dei miei antenati. Provo a rivedermi i volti di mio padre e di mia madre, ma niente di loro mi suggeriscono questi tratti. Dove stava questo mio viso? Perché è mio. Io ce l’ho adesso. Doveva pur stare scritta in qualche mio gene questa metamorfosi improvvisa. Non può essere così straniero alla mia natura, alla mia storia biologica l’aspetto che ora mi è estraneo, È come se scoprissi che Copernico ha sbagliato. Forse la Terra non sempre gira, forse non sempre sorge il Sole. Forse crediamo di sapere, ma non sappiamo. Non so la storia di questo volto nato dal nulla, partorito in una notte, sfuggito a una persona che lo cerca, come io cerco il mio.
Forse alla precarietà della vita s’accompagna la precarietà del nostro aspetto, che non è sempre quello prodotto dal passare degli anni, dal loro levigare, dal loro corrompere, c’è una precarietà che ad alcuni giunge inaspettata, mai pensata, figlia della mostruosità che può produrre la loro immaginazione.
Mostro ero, senza averne l’aspetto. Un fenomeno mostro, quello che per gli altri era il mio riconoscimento, ora non riconosce più me. Quel volto alla vista dei miei simili non sarà più Giampiero Spada, perché non lo è. Chi sia? Dovrei girare per la città alla ricerca di qualcuno che lo riconosca, che gli dia un nome e un cognome, che lo chiami per nome, che mi consenta di ricercarne il padrone e chiedergli: perché? Già dovevo uscire da quella che ora non era più la mia casa, divenuta la tomba del mio volto. La mia faccia doveva avere un’altra abitazione. Già aveva preteso altri abiti da me. Altre abitudini, altri luoghi frequentava quel viso, altri scambi, altre relazioni, altri sguardi sulle cose, altri modi d’apprendere il mondo.
Certo non dovevo avere paura d’uscire, perché nessuno m’avrebbe riconosciuto come Giampiero Spada, e se fossi stato riconosciuto lo sarei stato nella mia nuova identità e forse sarebbe iniziata la mia strada verso la liberazione. Ero nelle mani degli altri, anche di uno solo a caso, mai conosciuto, che avrebbe pronunciato un nome ed un cognome che al di sopra di ogni cosa attendevo di udire.
Il pensiero che mi dominava era quello d’essere sicuro che ora vestivo com’era d’abitudine per il mio volto nuovo, affinché non ci fossero ostacoli al riconoscimento da parte di chi lo frequentava, da chi ne godeva la familiarità, da chi non poteva fallire nella sua identificazione. Mi sentivo come un personaggio di teatro che l’attore deve interpretare, in modo che vi sia tutto della sua figura e nulla del suo attore.
Uscire? Mi ci voleva coraggio. Cosa mi poteva capitare di non calcolato, di non previsto? L’aria non poteva cancellare il nuovo volto, ma solo trasportarlo fino agli occhi degli altri. Stamparlo sulla retina, innestare il meccanismo sì, no, ti conosco, non ti conosco.
Ma i ritratti non sono mai la loro naturale raffigurazione, spesso non assomigliano al soggetto individuale, perché noi guardiamo attraverso gli occhi, ma vediamo con i pensieri che pensiamo.
E se fossi rimasto per sempre, per il resto dei miei giorni, anonimo?
Essere me stesso non mi era più sufficiente per sapere chi ero. Da Giampiero Spada ormai mi separava un volto, non mio, un volto con un’altra storia, un volto di un’altra storia.
E se fossi stato riconosciuto per sbaglio, per scambio di persona? Come potevo saperlo? Assumendo un’identità falsa su un’identità non mia?
E poi chi era, prima di pervenire al mio corpo, prima di rivestirsi del mio io, questo volto? Evaso dalla sua vita, evaso dal suo corpo. Perché?
In quali guai avrebbe potuto cacciarmi una sua eventuale identificazione?
E se avessi deciso di mascherarmi? Avrei aggiunto maschera su maschera, persona su persona in un estremo di confusione.
Mi ricordai le parole di un’amica della Prefettura. – Le uniche maschere che posso tollerare sono quelle che usano i corpi speciali delle forze d’ordine e solo se serve nell’esercizio delle loro, proprie funzioni … non chi le usa nella vita quotidiana …-
Ma io che cosa dovevo fare? La mia non era una maschera, era una faccia vera! Ma non la mia. E non potevo dire d’essermi camuffato.
Non si può avere una faccia nuova e poi nascondersi. Bisogna accoglierla, portarla in giro, spiegare che cosa ti è capitato … E certo non potevo andare per la strada a dire: Io non sono quello di questa faccia. Io sono Giampiero Spada. E come si chiama la sua faccia non sua? Non lo so.
Ero destinato come minimo a non essere creduto. Non sarei sfuggito a un trattamento sanitario obbligatorio. Non ne sarei più uscito. Come spiegavo chi ero?
Ecco che cosa dovevo fare, navigare nel mare del sociale. Navigare a vista con la speranza di incrociare il mio vascello. Sì, quello! In questo caso proprio il mio vascello fantasma.

III

Mi ero detto che se avessi incontrato qualcuno di mia conoscenza non l’avrei potuto salutare con questa faccia. Uscendo di casa non avevo incontrato nessuno dei miei vicini, solo due persone a me non note che entravano con la chiave nell’appartamento accanto al mio, forse degli ospiti o forse dei nuovi inquilini. È certo che non li avevo mai visti prima.
La giornata era bella e l’aria mi sembrava nuova. Ora mi sentivo accarezzare la faccia, con l’insolita sensazione di non essere più io a sfiorare l’aria, ma l’aria stessa che sfiorava me.
Il mio stato inatteso, eccezionale, mi sembrava la grazia di una distrazione provvidenziale, tanto da non considerare la stranezza del mio caso, tanto da considerarmi fuori dalla mia vita di prima.
Ero io, non ero io? non lo so.
L’aria, la giornata piena andavano a lenire i miei scrupoli di prima. Guardavo gli altri, uomini e donne, come non li avevo mai fissati alla mia vista. Guardavo per intercettare una conoscenza. Ma per ogni passo che facevo, per ogni marciapiede che attraversavo non c’era alcuno che già conoscessi. Poteva essere normale, per la vita che faccio, di persone non ne conosco più di tante. Non era male, questa situazione, mi liberava naturalmente dall’imbarazzo di cui dicevo. Veduti con gli occhi di questa mia nuova faccia, anche i luoghi mi si presentavano strani, o certo era solo un’impressione, dovuta più al disagio d’essere io ed apparire invece come un altro.
Ma ora che ricordavo le ragioni della mia uscita, dovevo ricercare qualcuno che mi conoscesse nel mio nuovo stato. Qualcuno che io non so chi è, ma che lui sa chi sono io.
È come attendere la vita da un altro, è come essere in gestazione, incinto di te stesso, ma incapace di vedere la luce, fino a quando non giunge qualcuno a tirarti fuori dal tunnel della tua nuova nascita.
Io non sapevo se ero nessuno o Giampiero Spada. Forse non potevo essere né l’uno, né l’altro. Certo una cosa era sicura: Io ero! C’ero, esistevo, ero lì. Concreto, vivo, esistente!
C’ero con la mia storia. Ora con due. La storia del mio corpo, che ancora non mi pareva mutata. La storia della mia faccia che ancora non conoscevo.
Per fortuna l’uomo si distrae facilmente. In quell’istante tutto il mio passato, quello più recente, quello più immediato, l’avevo dimenticato. Se avessi pensato alla stupidità della vita per la sua noia, non avrei avuto ragione di lamentarmi. Forse per la prima volta la mia vita si faceva davvero interessante.
Noi ci adattiamo poco a poco a considerarci sempre gli stessi, all’abitudine dei nostri aspetti, ci adagiamo nella nostra piccolezza, nella nostra insignificanza, in un universo ristretto, privo di scoperte e invenzioni. Nelle nostre miserie particolari. Viviamo in un mondo dilatato senza essere poi in grado di dilatarci nel mondo. Io in quel momento potevo essere due anziché uno. Come gli slogan del mercato: paghi uno e ne comperi due.
Quanti disastri accadevano in questo momento nelle parti a me più lontane della Terra. Quante vite cessavano di vivere. Quante disgrazie. A me nulla di tutto questo stava succedendo. Forse semplicemente la mia vita, la mia vita personale si arricchiva di una nuova esperienza. Forse non avevo ancora conosciuto fino a quel momento la mia vera natura interna.
Forse la fortuna aveva deciso di prendersi la mia faccia. Alle mie nuove sembianze non competevano obblighi, si manifestavano agli altri senza scrupoli di sorta. Ero certo una menzogna, ero certo l’inganno del mio prossimo.
Non avevo famigliari che mi potessero cercare, forse parenti lontani. Non avevo negli occhi neppure i volti di mio padre e di mia madre, sbiaditi nei ricordi. Sfocati dal tempo. Forse i volti per me non erano le persone. Provavo a cercare le immagini, le fotografie della mia mente. Solo storie sapevo. Degli altri conosci le storie, delle pagine sparse, lasciate dagli incontri.
Che importanza avevano i volti di mio padre e di mia madre, che importanza ha il tuo volto se non sei nessuno?
Quelli che contano hanno i ritratti appesi nelle gallerie. Tutti gli altri non sono che appesi al filo fragile della memoria. Non si può per tutti rivedere il film. Non è vero che siamo attori, siamo sempre e solo comparse. Che importa se la maschera un giorno non è più la stessa.
Quando avrai finito di recitare la tua parte, altre maschere si succederanno sul nostro palcoscenico quotidiano a cancellare la tua apparizione. Anche il tempo è un’invenzione, la sua durata non supera la tua esistenza.
Questi passi di persone che affollano la strada, come tante lancette di uno stesso orologio diurno, non scandiscono il tempo, ma il suo flusso, il suo succedersi negli accadimenti dei nostri giorni, l’intrusione nel nostro essere, le scelte che non abbiamo mai scelto. Nella tua vita non sai mai se è più l’altro da te che il te da te.
E allora che conta se sono Giampiero Spada o un altro, tanto l’impasto è sempre lo stesso e a impastare non sei mai tu solo. È qualcosa nell’impasto, negli ingredienti di altri, che non sono riuscito ad evitare, che deve aver portato a questo risultato, che la mia faccia non è più la mia o quella per la quale ci avevo fatto l’abitudine.
Ma a navigare per lo spazio della città succede che non riconosco e non sono riconosciuto. Ma si sa, le città ormai sono straniere e noi siamo stranieri alle città. Pensare ad un incontro di riconoscimento, ad una epifania, quando le distanze non sono più solo le strade ma anche le persone, è come scoprire la bolla pressurizzata della tua solitudine.
L’identità che c’hai per gli altri, quando poi la cerchi, quando ne hai bisogno, ecco che gli altri non te la restituiscono. Possibile che non sia nessuno Giampiero Spada e questo volto che si porta appresso?
– Professore, cosa fa? È uscito da solo? Ma non lo sa che è pericoloso per lei…?
Professore? Pericoloso? Con chi parla la signora? È a me che si rivolge? Sì, mi sembra di sì. Qualcuno mi parla, qualcuno ha riconosciuto il volto che porto. Dovevo uscire, avevo ragione. Il mio vascello fantasma è alla rada. Mi tiene per un braccio e vuole che la segua. Ha forza nelle sue mani, mi tira… È alta, robusta, bionda e rossa come le donne slave.
– Come professore, non mi riconosce? Sono Irina, la sua badante. Su, venga che la riporto a casa.
E, dunque, quello che io non sono, l’altro, quello della mia nuova faccia ha una badante. La signora ha riconosciuto chi sono io, no, voglio dire, non chi sono io, che già lo so, ma la faccia che porto, a chi appartiene il viso che ora esibisco. Lei sa chi è. Di chi è. Chi ha perduto questo volto che non è il mio.

Le storie che fanno la Storia: così Ferrara narra la sua Giornata della Memoria

A più di settant’anni da quel 27 gennaio 1945, quando i cancelli di Auschwitz sono stati aperti, testimoni e sopravvissuti se ne stanno andando e siamo ormai entrati nell’età della ‘post-memoria’: una sedimentazione costituita sempre più da rappresentazioni degli eventi della Shoah, non dagli eventi stessi o dalle testimonianze scritte oppure orali di quegli accadimenti.
E dato che l’oblio del genocidio è stato parte integrante del genocidio stesso, la Shoah fin dall’inizio ha richiesto maggiori sforzi collettivi per la sua trasmissione e rappresentazione: ciò che sfida le tradizionali categorie concettuali e interpretative è la tensione creata dalla contemporanea presenza della necessità di arrivare una verità storica e del problema rappresentato dall’opacità dell’evento. “Dire l’indicibile” o “comprendere senza spiegare”, espressioni spesso sentite a proposito dell’Olocausto, non sono solo retoriche.
A tutto questo si aggiunge la spersonalizzazione delle vittime, prima come crudele strategia dei carnefici durante lo sterminio, e poi come trappola nella quale rischia di cadere chi si confronta con la narrazione e la memoria di una ‘tragedia’ divenuta paradigmatica di quello che viene chiamato il ‘secolo dei genocidi’.

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Anna Quarzi

Per tutte queste ragioni le celebrazioni ferraresi della Giornata della Memoria 2017 hanno al contrario lo scopo di “personalizzare” la Storia, raccontandola attraverso storie di persone che hanno vissuto da prospettive diverse quegli anni drammatici per l’Italia e l’Europa. È la professoressa Anna Quarzi, direttrice dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, a darci questa chiave di lettura del programma del Comitato Provinciale 27 gennaio, del quale – oltre all’Istituto da lei guidato – fanno parte: il Comune, la Questura e il Comando Provinciale dei Carabinieri e della Guardia di Finanza di Ferrara, l’Archivio di Stato, l’Università degli studi e l’Ufficio scolastico provinciale di Ferrara, la Comunità ebraica cittadina e la Fondazione Meis, il Museo del Risorgimento e della Resistenza e le associazioni ferraresi dei partigiani, dei combattenti e dei reduci, delle vittime civili e dei dispersi in guerra.
In particolare, ci spiega Anna Quarzi, “quest’anno parleremo delle vittime e dei giusti, non solo quelli ufficialmente riconosciuti dallo Yad Vashem in Israele”. Ecco il senso del Convegno “La memoria della Shoah e i Giusti fra le Nazioni”, organizzato da Istituto di Storia Contemporanea, Fondazione Meis e Università di Ferrara in collaborazione con la Comunità Ebraica, nel pomeriggio di giovedì 26 nell’Aula Magna del dipartimento di Giurisprudenza in Corso Ercole I d’Este: “un momento scientifico importante per ricostruire la nozione di ‘giusto’ dal punto di vista filosofico e giuridico, ma anche per narrare le storie di giusti”. Durante la mattinata, la cerimonia ufficiale di deposizione di una corona presso il cippo che ricorda i cittadini ebrei ferraresi reclusi nella Caserma Bevilacqua in corso Ercole I d’Este nel gennaio 1944 racchiude entrambi i temi, dei giusti e delle vittime: il presidente della Comunità Ebraica Andrea Pesaro ricorderà i componenti della comunità qui detenuti dopo il bombardamento del carcere in via Piangipane, il Questore Antonio Sbordone “nel suo intervento “Il dovere verso la legge e il dovere verso l’uomo” parlerà agli studenti di persone delle Istituzioni che si sono prese la responsabilità personale di salvare cittadini italiani di origine ebraica andando contro le leggi che avrebbero dovuto rispettare”, sottolinea la professoressa. “Inoltre – prosegue Quarzi – continuiamo il lavoro di ricerca sugli internati militari e civili, perché dobbiamo ricordare che la legge del 2000 include tutti “gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte”. Quest’anno consegneremo ai famigliari tre Medaglie d’Onore, conferite dal Presidente della Repubblica agli ex internati militari e civili ferraresi nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto durante il secondo conflitto mondiale. Fino a oggi ne abbiamo consegnate circa duecento”. La cerimonia è prevista per venerdì 27 gennaio alle 10.00 presso la Sala Estense in piazza Municipale. Infine nella mattinata del 31 gennaio alla Sala Agnelli della biblioteca Ariostea si parlerà del ruolo della Guardia di Finanza negli aiuti ai profughi ebrei e ai perseguitati: “saranno presentate nuove ricerche su questo tema. Una cosa che forse non tutti sanno, per esempio, è che Vittore Veneziani, importante direttore di coro italiano fra le due guerre di origine ebraiche ferraresi e al quale è intitolata la conosciuta accademia Corale della nostra città, è stato salvato proprio dalla Guardia di Finanza”. E proprio l’Accademia Corale Vittore Veneziani dedicherà anche quest’anno un concerto alla Giornata della Memoria (sabato 28 alle ore 11 e domenica 29 alle ore 16,30 presso l’Auditorium Santa Monica dell’IT Bachelet in via R.Bovelli): attraverso la storia di tre bimbe ebree, di una bimba rom e di un preadolescente afgano si ripercorreranno vicende drammatiche in cui la salvezza degli uni si muove sullo sfondo della sventura di altri.
Un omaggio alla memoria delle vittime, ma anche un’occasione per conoscere un pezzo di storia ferrarese, è “Touch-Toccare alcune storie di cittadini ferraresi ebrei deportati”, 
installazione a cura di Piero Cavagna e Giulio Malfer, la cui inaugurazione martedì 24 gennaio alle 18 presso il Meis in via Piangipane, darà inizio alla settimana delle celebrazioni: dieci storie di componenti della comunità ebraica cittadina di tutte le età deportati ad Auschwitz e mai più tornati. A dare voce alle loro biografie saranno un racconto in prima persona e la loro foto, ricoperta da uno strato di inchiostro termo-cromico nero, che entrando in contatto con il calore delle dita delle mani dei visitatori, lascerà tornare alla luce i loro volti almeno temporaneamente.
Mercoledì 25 alle 11 nei locali del Museo del Risorgimento e della Resistenza sarà poi inaugurata la mostra “Una famiglia ferrarese ebrea: la storia d’Italia raccontata dai “Calabresi” (1867-1945)” a cura di Antonella Guarnieri. Ancora una volta una storia forse poco nota ai più: “Enrica Calabresi, scienziata e professoressa ebrea ferrarese trasferitasi a Firenze, ha avuto come allieva una giovane Margherita Hack, testimone della sua cacciata dopo l’introduzione delle leggi razziali nel 1938. Enrica è morta suicida nel 1944 per non essere deportata”, racconta la professoressa Quarzi.
Un altro evento dedicato alle vittime è “Anche “i sommersi” ebbero una voce: testimonianze di resistenza civile dai ghetti polacchi
”, intervento della professoressa Marcella Ravenna della Comunità Ebraica di Ferrara domenica 29 gennaio alle 21 presso la saletta del Centro Sociale Ricreativo Culturale Doro in viale Savonuzzi.
E a chi continua a interrogarsi sul significato della ricorrenza del 27 gennaio per le giovani generazioni, Quarzi risponde: “deve essere preceduta da un lavoro di preparazione con i ragazzi, come del resto facciamo con i viaggi della memoria. Si deve fare con loro una riflessione critica, non solo suscitare una reazione emotiva passeggera. Devo dire che riscontriamo una risposta di grande impegno da parte di tutte le scuole ferraresi: saranno circa 140 gli studenti che parteciperanno alla cerimonia in Sala Estense del 27 gennaio e tutti hanno partecipato a progetti sulla memoria. Infine c’è l’evento dell’8 febbraio, “Da Ferrara a Fossoli”, durante il quale alcuni studenti del Liceo Scientifico Roiti esporranno il lavoro che stanno facendo da più di un anno sui deportati ferraresi nel campo modenese in collaborazione con l’Archivio di Stato di Ferrara”.

Birkenau
Birkenau

Fin qui il programma ufficiale del Comitato 27 gennaio, ma la Giornata della Memoria verrà celebrata anche da altre realtà culturali ferraresi.
La collaborazione Ferrara Sintonie, fra Ferrara Musica e Ferrara Off, darà vita a due appuntamenti il 27 e il 29 gennaio. Venerdì alle 21 in Sala Estense, l’opera “Exil” del compositore georgiano Giya Kancheli, scritto per soprano, flauto, violino, viola, violoncello, contrabbasso, sintetizzatore e nastro magnetico, composto nel 1994 con testi della Bibbia, di Paul Celan e di Hans Sahl. I testi sono selezionati da Monica Pavani e interpretati da Diana Höbel e Marco Sgarbi, protagonisti anche della serata di domenica alle 18 nello spazio teatrale di via Alfonso I d’Este: “Troviamo le parole”, una mise en espace a cura di a cura di Giulio Costa e Monica Pavani. Ingeborg Bachmann e Paul Celan, due fra gli autori più significativi del Novecento, si incontrano nel 1948 quando lui, a soli ventisette anni è già un poeta conosciuto, mentre lei, più giovane di sei anni, non è ancora nota ma ha già deciso di vivere di scrittura; fra loro si creerà un rapporto di amicizia, amore, comprensione e disperazione che trovando respiro nello scambio epistolare che diventa man mano il racconto di due vocazioni.
In occasione della Giornata della Memoria, il Jazz Club del Torrione San Giovanni ospita poi l’ensemble Naigarten Klezmer che condurrà il pubblico attraverso un viaggio nelle tradizioni musicali degli ebrei dell’Est Europa, degli zingari Manouche e Rom e dei vicini Balcani.

Il programma del Comitato Provinciale 27 gennaio

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I DIALOGHI DELLA VAGINA
L’effimero piacere delle montagne russe…

Spazio diviso tempo, uguale velocità. La formula dimenticata è stata la prima àncora di salvezza a cui la mente si è aggrappata quando B. si è sentita dire che era finita perché lui aveva bisogno di spazio e di tempo. Non volendo credere che sei anni stessero sfumando senza una litigata, un’incomprensione o un tradimento, B. si è concentrata sulla formula della velocità. Doveva razionalizzare, avere un perché. E la formula si è presentata l’unica risposta possibile: se io divido il tempo trascorso con lui per la strada fatta assieme, ottengo la velocità con cui può finire la nostra storia, quindi non basterà questa telefonata, dovrà darmi altre spiegazioni, darmi il tempo e lo spazio per capire o almeno accettare.
Se per lui tempo e spazio si moltiplicavano con la velocità con cui se ne stava andando, per lei erano diventati i confini del pantano dove era caduta. B. non capiva davvero, pensava che quella storia avesse raggiunto un equilibrio abbastanza solido, avvisaglie di stanchezza non ce n’erano, o almeno non le aveva viste. Per forza, mica era lei quella stanca tra i due.
B., allora, sente il bisogno di raccontare tutto ad A., un’amica schietta che non si è mai risparmiata affondi, ma anche grande vicinanza.
“Lo so che lui ti piaceva, ma se ci pensi non era la storia della tua vita” dice A.
“E quale sarebbe la storia della vita?”
“Quella che, alla fine, ti fa meno male”.
“Saperlo…”
“Credo che ci siano uomini sani, che non fanno male, magari un po’ opachi se paragonati a certe stelle, ma che ti permettono di fare un cammino sereno e pianeggiante. Certo, devi rinunciare all’adrenalina e alle capovolte delle montagne russe, ma credimi che dopo un paio di giri è meglio scendere, abbiamo bisogno di respirare. Hai passato fin troppo tempo a testa in giù, è ora che tu stia con i piedi per terra”.
“Non sarà facile” risponde B.
“Devi ricordarti che lui ti ha liquidata con una telefonata. E sai perché lo ha fatto? Perché doveva compiere, ancora una volta, il suo narcisismo che nulla deve all’altro”.
E a voi, che uomini o donne sono capitati? Da montagne russe o da passeggiata tranquilla? Narcisisti o persone che non fanno male?

Potete inviare le vostre lettere a: parliamone.rddv@gmail.com