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Giorno: 13 Marzo 2017

Gli abissi di Fëdor

di Lorenzo Bissi

Penso che Fëdor Dostoevskij sia riuscito, come pochi altri in precedenza, a scavare negli abissi della natura umana, coglierne la sua essenza, e poi rappresentarla in tutte le sue sfaccettature ne “I fratelli Karamazov”.
Il maggiore dei tre figli di Fëdor Pavlovič Karamazov, cioè Dimitrij, è un uomo passionale, violento, collerico, che arriva ad odiare suo padre per motivi di donne e di denaro. Egli è perso nelle dissolutezze della vita mondana, nella sua fama di ottimo ufficiale dell’esercito, e nei finti valori che cercavano di sostituire la mancanza di Dio e di Fede alla fine del XIX secolo. Eppure, quando viene accusato di parricidio il suo sguardo verso il mondo cambia: in lui nasce un uomo nuovo, che per vivere ha bisogno di aiutare, sia pure altri condannati, in una miniera nella gelida Siberia, dove spera che la sua pena – frutto di un errore giudiziario – lo purificherà.
Ivan invece è un uomo ribelle, filosofo, di un’intelligenza acutissima, la quale si rivelerà la sua condanna. Nonostante egli sia ateo, non possiede la caratteristica superbia intellettuale di quelli, e vede in tutti i suoi ragionamenti sia il bene sia il male. Eppure, proprio questa mancanza di Dio lo porterà alla follia, tanto che al processo contro suo fratello maggiore, sebbene egli sappia la verità dei fatti, non verrò creduto.
Infine Aleksej, il più piccolo, è considerato una pecora nera nella famiglia, perché sin da giovane sente una forte vocazione religiosa e vive nel monastero del paese russo della sua famiglia. La sua natura fiorirà però solo quando abbandonerà il monastero ed andrà a praticare l’amore attivo, incondizionato, caritatevole fra la gente. Egli è l’eroe dello scrittore, è un cherubino, e la sua missione è divina.
Sono tre fratelli totalmente diversi, ma accomunati dall’essere nature – appunto – karamazoviane, cioè sempre in costante lotta con se stesse. Risolvere gli avvenimenti che accadono nella loro vita è un modo per scavare nei loro animi, per sanare le contraddizioni interne. Loro insieme rappresentano un Male che non può esistere senza il Bene. La responsabilità della morte del loro padre viene loro imputata proprio come a tutta l’umanità la colpevolezza dell’uccisione di Dio.
Lascio a voi la decisione di aprire (probabilmente un po’ spaventati dal numero di pagine) il primo tomo del libro, e di iniziare questo percorso guidato negli abissi della natura umana, sapendo che potrete sentirvi capiti e trovare conforto nell’inchiostro di Fëdor Dostoevskij.
Buona settimana!

“Nella vita, di solito, fra i due estremi, bisogna cercare la verità nel mezzo; ma nel presente caso non è esattamente così. La cosa più probabile è che nel primo caso egli fosse schiettamente grato, nel secondo schiettamente vile. Perché? Proprio perché siamo nature vaste, nature karamazoviane – ecco cosa voglio dimostrare – in grado di mescolare tutti i contrari possibili e contemplare nello stesso istante entrambi gli abissi, l’abisso sopra di noi, l’abisso degli ideali elevati, e quello sotto di noi, l’abisso delle degradazione più abietta e fetida.”
Fëdor Dostoevskij

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la settimana…

Dopo il contentino delle mimose torna l’indifferenza

di Lorenzo Bissi

L’8 marzo è stata la Giornata internazionale della Donna, e in 50 Paesi, milioni di persone hanno aderito allo sciopero globale.
Si è creato un momento di solidarietà, un momento in cui si è chiesto di cessare le violenze di genere.
Penso proprio che però non sia grazie alla Festa della Donna che si faranno passi avanti su questi problemi.
Dico ciò perché il giorno dopo tutto torna come prima: i fidanzati regalano un mazzo di mimose alle loro compagne, e poi tornano a trattarle in modo prepotente, fregandosene di quello che è stato; ma lo dico anche perché molte donne l’8 marzo sono felici di far sapere, con un mazzo di fiori in pugno, di essere corteggiate, e, indifferentemente dall’aver partecipato o no alle manifestazioni la mattina dopo sembra che per loro la violenza su quelle che il giorno prima chiamavano sorelle non esista, o, se esiste, non è affare loro. Scompare la solidarietà, e dietro a questo lenzuolo dal bellissimo aspetto si cela l’ipocrisia e l’indifferenza di tutti.
E il più grande errore è stato lottare per istituire una giornata, e poi festeggiare per i risultati ottenuti.
Istituire questa giornata significa riconoscere che le donne sono inferiori. Istituire significa farle strillare per ventiquattro ore tanto da far perdere loro la voce per gli altri 364 giorni.
Istituire significa imporre dall’alto che le manifestazioni si svolgano quel giorno, controllarle, e magari attribuire un sottotitolo, o un motivo per cui protestare a seconda di come tira l’aria.
Le suffragette non scendevano nelle piazze perché esisteva la giornata nazionale del suffragio universale, ma perché volevano ottenere a tutti costi il voto, lottando tutti e trecentosessantacinque giorni all’anno. Era per un’ideologia partita dal basso, dalla casa di ogni donna, dal cuore di ogni donna, e non da un disegno di legge.
Le donne scioperino tutti i santi giorni, cosicché gli uomini si rendano conto che il mondo da soli non riescono a mandarlo avanti!
E invece si accontentano di festeggiare, di ricevere le mimose e di manifestare contro la violenza di genere l’8 marzo, senza rendersi conto che istituire la giornata Internazionale della Donna è stata la più grande violenza mai commessa nei loro confronti.

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