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Giorno: 9 Maggio 2017

Ordinazione Episcopale Mons. Perego, gli auguri della Società di San Vincenzo De Paoli

Da Ufficio Stampa
Società di San Vincenzo De Paoli

Mons. Gian Carlo Perego, Direttore Generale di Migrantes, è stato eletto Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa. La cerimonia di ordinazione Episcopale si è svolta sabato 6 maggio nella Cattedrale di Cremona, alla presenza del Card. Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze e di Mons. Nunzio Galantino, Segretario Generale della CEI.

A presiedere l’Eucaristia è stato il Vescovo di Cremona, Mons. Antonio Napolioni. La consacrazione è stata affidata a Mons. Luigi Negri, già Vescovo di Ferrara-Comacchio e Mons. Guerino Di Tora, Vescovo Ausiliare di Roma e presidente della Fondazione Migrantes. Oltre 150 i sacerdoti concelebranti presenti, di cui una decina di rito orientale cattolico.
Quella che sogna Mons. Perego è una Chiesa vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. “Una Chiesa viva”, come ha dichiarato con gli occhi gonfi di lacrime; poi citando il Vescovo Enrico Assi ha aggiunto: “Una Chiesa giovane, povera, libera, fedele al Vangelo, aperta al dialogo, rispettosa degli ordinamenti delle istituzioni e docile allo Spirito Santo”.

Da sempre vicino alla Società di San Vincenzo De Paoli, il nuovo Arcivescovo di Ferrara-Comacchio ha collaborato con “Le Conferenze di Ozanam”, la Rivista nazionale delle Conferenze di San Vincenzo. “Speriamo che questa collaborazione possa proseguire ed incrementarsi” è l’auspicio di Claudio Messina, membro della Giunta Esecutiva, giunto a Cremona per assistere all’Ordinazione Episcopale di Mons. Perego, al quale è legato da profonda amicizia
Il Presidente della Federazione Nazionale Antonio Gianfico, e tutta la Società di San Vincenzo De Paoli, formulano al nuovo Arcivescovo di Ferrara-Comacchio i più fervidi auguri per il suo Ministero episcopale, insieme al grazie “per l’attenzione sempre crescente manifestata nei confronti degli ultimi, degli scartati, dei poveri e degli emarginati”.

Contributi ai privati con due misure di intervento per la riqualificazione delle facciate del centro storico e delle case-vacanze.

Comune di Comacchio

Al via due nuovi progetti di riqualificazione del territorio, replicabili negli anni a venire, basati su una visione prospettica qualitativa del turismo, tanto sulla costa, quanto nel capoluogo. Sono stati illustrati questa mattina a Palazzo Bellini due nuovi bandi tesi alla valorizzazione del patrimonio immobiliare privato, mediante la concessione di contributi, secondo due specifiche misure di intervento, la prima concernente il recupero delle facciate del centro storico di Comacchio, la seconda finalizzata all’ammodernamento degli appartamenti turistici (c.d. case-vacanze).

Durante la presentazione, effettuata a Palazzo Bellini, in presenza di rappresentanti delle associazioni di categoria e delle agenzie immobiliari locali, il Sindaco Marco Fabbri ha ripercorso le tappe salienti del “Progetto Comacchio 2015-2020”, siglato un anno fa tra il Comune di Comacchio, la Regione Emilia Romagna, la Camera di Commercio di Ferrara, l’Ente di gestione per i Parchi e le biodiversità Delta del Po e numerosi altri partners pubblici e privati, all’interno del quale i due citati bandi trovano la loro dimensione ideale. “Ieri abbiamo acceso i riflettori con il Presidente di Area Gian Paolo Barbieri – ha ricordato il Sindaco-, sul progetto di recupero del Palazzo delle Saline. Questa è una azione di una strategia ulteriore più ampia, grazie all’accordo siglato recentemente con il FAI. E’ in corso di definizione – ha aggiunto il Primo Cittadino -, il piano di messa in rete e di rilancio del centro storico di Comacchio, delle valli e del suo sistema museale.”

L’accordo di programma che vede il Fai partner del Comune di Comacchio si avvale anche della prestigiosa collaborazione dello studio tecnico Boeri di Milano. Entrando nello specifico dei due bandi, coloro che aderiranno, potranno beneficiare di contributi a fondo perduto per la riqualificazione di immobili privati, destinati nel primo caso a lavori di manutenzione e di restauro per le facciate degli edifici dislocati nel centro storico. Nel secondo caso, come ha sottolineato il Sindaco, l’Amministrazione Comunale da il via ad un “bando sperimentale”, grazie agli stimoli giunti dalle associazioni di categoria, che hanno avviato progettualità importanti in collaborazione con istituti di credito. “Si tratta del primo bando in assoluto – ha precisato il Sindaco -, lanciato per l’ammodernamento degli immobili turistici, vincolato al rilascio della certificazione di qualità degli appartamenti per uso vacanze.”

Come ha precisato il Dirigente del settore Cultura, Turismo e Sport, Roberto Cantagalli, nei giorni scorsi la Giunta comunale ha delineato gli indirizzi dei due bandi, che saranno nel breve disponibili sul portale comunale con tutta la modulistica del caso. “Il centro storico di Comacchio è punto di riferimento fondamentale, quale attrattore turistico, come lo è il settore balneare – ha spiegato Cantagalli-. Con questi bandi si vuole compiere un’operazione turistica strategica, per migliorare il nostro posizionamentoe rendere il territorio più competitivo sui mercati internazionali.” Coloro che presenteranno istanza di contribuzione per il rifacimento delle facciate del centro storico potranno beneficiare di contributi pari al 50% delle spese sostenute, per un massimo di contributo ammissibile pari a 2.500 euro. La gratuatoria verrà definita in base all’ubicazione dell’intervento. Il budget disponibile in partenza ammonta a 10mila euro, ma potrà essere integrato in futuro. Il secondo bando invece è impostato su una gradazione del contributo ed è articolato su cinque fasce di contributo (da 500 euro per interventi sino a 5mila euro, sino all’ultima fascia con un contributo complessivo pari a 2.500 euro per interventi da oltre 30mila euro). La richiesta di contribuzione dovrà essere funzionale al rilascio della certificazione di qualità degli alloggi, prevista dalla regione.

Naturalmente l’Amministrazione Comunale procederà a compiere opportune verifiche, preliminari alla concessione dei contributi. “Le domande presentate e non finanziate saranno conservate – ha concluso Cantagalli -, qualora la Giunta comunale in autunno, periodo interessato dall’assestamento di bilancio, ritenesse di destinare risorse ulteriori.”

Nuovo taglio ai costi della politica, l’Assemblea legislativa approva la riduzione dei vitalizi erogati agli ex consiglieri. La soddisfazione del presidente Bonaccini

Da Regione Emilia Romagna

Dopo l’abolizione del vitalizio per i consiglieri in carica. Tra le novità introdotte, l’innalzamento dell’età per accedere all’assegno, il versamento di un contributo di solidarietà e il divieto di cumulo con altri vitalizi. Oltre 1 milione di euro risparmiati nei prossimi tre anni: andranno a lavoro e microcredito per il sostegno all’imprenditorialità. Un risultato che si somma ai provvedimenti assunti a inizio legislatura: il taglio ai costi della politica di 15 milioni e la riorganizzazione dell’Ente, che porterà 36 milioni di risparmi entro fine mandato

Bologna – Nuovo taglio dei costi della politica in Regione Emilia-Romagna, dove l’Assemblea legislativa ha approvato oggi la riforma dei vitalizi erogati a ex consiglieri e assessori regionali. I vitalizi sono infatti stati eliminati da questa legislatura e non verranno quindi percepiti dai consiglieri e dagli assessori attualmente in carica e da quelli eletti in futuro, che non godranno nemmeno del Trattamento di fine rapporto.

Tra le novità introdotte, l’innalzamento progressivo dell’età per percepire l’assegno, uniformata, per i consiglieri che non hanno ancora compiuto i 60 anni, a quella per la pensione di vecchiaia dei dipendenti pubblici; la riduzione dei vitalizi erogati attraverso il contributo di solidarietà per 36 mesi, e il divieto di cumulo con altri istituti analoghi. Sul sito dell’Assemblea legislativa saranno pubblicati i nomi degli ex consiglieri ed ex assessori regionali che percepiscono il vitalizio.

Nei prossimi tre anni verrà così risparmiato oltre un milione di euro, risorse che saranno destinate prioritariamente, come prevede la norma approvata, al finanziamento delle politiche di sicurezza, legalità e qualità del lavoro, sostegno al microcredito per lo sviluppo dell’imprenditorialità, reinserimento lavorativo e inclusione sociale.
Le misure contenute nella riforma puntano alla riduzione della spesa in continuità con la legge regionale n.1 del 12 marzo 2015, la prima approvata in questa legislatura con il voto unanime dell’Aula e che portò la Regione Emilia-Romagna, prima in Italia, a ridurre l’indennità di carica mensile dei consiglieri, a sopprimere il fondo per le spese di funzionamento dei Gruppi e ad eliminare l’indennità di fine mandato, oltre, appunto, alla cancellazione dei vitalizi.

Soddisfatto il presidente della Giunta regionale, Stefano Bonaccini, che sottolinea come questo mandato si sia aperto con un taglio netto, pari a 15 milioni di euro, ai costi della politica, a cui si aggiungeranno i risparmi, circa 36 milioni, ottenuti entro la fine della legislatura grazie alla riorganizzazione dell’Ente, a partire dal dimezzamento delle direzioni generali.
Le nuove regole approvate oggi, aggiunge il presidente, si collocano quindi nel solco sia dei provvedimenti voluti dall’Assemblea legislativa con il contributo di tutti, maggioranza e opposizione, sia di quelli già assunti dalla Giunta regionale, che ha fatto della sobrietà il cardine della propria azione di governo. /EC

Giovedì 11 maggio l’Assemblea Quadriennale della Cna Saranno eletti gli organi dirigenti provinciali dell’Associazione

Da CNA Ferrara

Giovedì 11 maggio, con inizio alle ore 17,30, presso la sede di via Caldirolo, si terrà l’Assemblea Elettiva Quadriennale della Cna, dalla quale scaturiranno gli organi dirigenti dell’Associazione per il prossimo mandato, a conclusione di un ampio e articolato processo di coinvolgimento democratico degli associati, al quale hanno partecipato circa un migliaio di imprenditori e imprenditrici.
L’Assemblea, composta da 66 membri, eletti nelle 20 Assemblee delle Aree territoriali, delle Unioni di mestiere e dei Raggruppamenti di interesse, svoltesi nei mesi di marzo e aprile, si aprirà con la relazione del presidente provinciale uscente Alberto Minarelli. Di lì si avvierà un intenso confronto attorno alle direttrici e alle priorità che saranno al centro dell’iniziativa progettuale, organizzativa e di rappresentanza associativa della Cna per i prossimi quattro anni.
In apertura dei lavori, che saranno conclusi dal presidente regionale della Cna Paolo Govoni, verrà consegnato un riconoscimento al presidente della Spal Walter Mattioli, per gli eccellenti risultati raggiunti, grazie al suo straordinario impegno, con l’amata popolare squadra di calcio cittadina. In serata l’elezione dei nuovi dirigenti provinciali della Cna.

Agricoltura. Internazionalizzazione e filiera del nocciolo protagonisti a Macfrut 2017

Da Regione Emilia Romagna

La fiera a Rimini da domani a venerdì. Il programma della Regione tra incontri e presentazioni

Bologna – Maggio all’insegna dell’internazionalizzazione per l’agricoltura. Il “Macfrut 2017. Fruit & Veg Professional Show”, per il terzo anno alla fiera di Rimini, si terrà dal 10 al 12 maggio prossimi offrendo, nei suoi 8 padiglioni, incontri e presentazioni un’area di 50mila metri quadrati.

Oltre 1.100 le aziende del settore presenti alla 34° edizione, con un espositore su quattro che arriva dall’estero (+30% rispetto al 2016) e oltre 1.200 buyer internazionali invitati.

La Regione Emilia-Romagna sarà al Padiglione B1 con uno stand (b 107/109) per proporre incontri e presentazioni sui più recenti progetti di settore e materiali informativi sull’ortofrutticoltura e sulle politiche regionali.

Tra i principali appuntamenti, il seminario dedicato alla filiera del nocciolo (giovedì 11 maggio nella “Sala Mimosa”) al padiglione B6. L’incontro è dedicato alle prospettive di coltivazione e produzione del nocciolo e alle nuove opportunità offerte da una coltura in gran parte innovativa per la regione. Il convegno, gratuito e aperto al pubblico di Macfrut 2017, sarà anche l’occasione per presentare il progetto Italia di Ferrero (interessata ad avere forniture di prodotto anche dall’Emilia-Romagna) e per confrontarsi sull’attitudine del territorio alla coltivazione e trasformazione del nocciolo. Verranno inoltre approfondite le tecniche agronomiche e di coltivazione intensiva.

Per quanto riguarda i temi dell’internazionalizzazione, sono in programma appuntamenti dedicati a diversi Paesi: Colombia (il 10 incontro con rappresentanti della regione di Antioquia e il giorno successivo con operatori del settore e di ProColombia, l’agenzia per la promozione degli investimenti e l’internazionalizzazione), Mozambico, Uruguay e Cina.

Nelle tre mattinate di apertura, saranno ospiti di Macfrut 2017 gli studenti di alcune scuole tecniche superiori della Romagna, che potranno in particolare conoscere le opportunità offerte ai giovani dal nuovo Psr e la qualità dei principali prodotti a denominazione geografica.

Infine, sempre nello stand regionale si svolgeranno due incontri pomeridiani: il 10 con le organizzazioni e associazioni dei produttori (per un aggiornamento sull’evoluzione delle norme sull’Ocm ortofrutta) e l’11, a cura del Consorzio di Bonifica della Romagna (dedicato a ricerca e innovazione in tema di irrigazione).

Palio in Vetrina si presenta —–> dal 13 al 28 maggio nei negozi a Ferrara – con il supporto di Ascom

Da Ascom Ferrara

E Palio sia: scatta dal 13 maggio la il torneo più antico del mondo e questa volta avrà una sua vetrina proprio in una trentina di attività e pubblici esercizi aderenti ad Ascom. A presentare Palio in Vetrina – prima edizione – l’assessore Aldo Modonesi delegato del Comune a seguire tutte le vicende del Palio che ha voluto ringraziare: “I Commercianti del centro, Ascom ed ovviamente i bravi IgersFerrara che hanno organizzato un progetto che valorizza la nostra Città e nel contempo ha la funzione di arricchire il già vasto ventaglio di iniziative che caratterizzano il Palio edizione 2017. Un’iniziativa che vede gli Igers sempre attenti a questo territorio ed alle sue caratteristiche”.
Dal canto suo Stefano di Brindisi presidente dell’ Ente Palio non può che commentare favorevolmente l’iniziativa: “Sono molto contento dell’iniziativa alla sua prima edizione che vede il felice connubio tra Palio, Igers e mondo del Commercio grazie ad Ascom, E’ un modo per fermare nel tempo e nella bellezza di uno scatto i momenti più belli del Palio. Quest’iniziativa e la sua collaborazione tra associazioni è l’essenza stessa del Palio. E l’auspicio per la prossima edizione del 2018, la 50a ininterrotta dell’era moderna e di vedere incrementare le attività che aderiranno in questo spirito di collaborazione”
Il progetto è stata voluta da IgersFerrara sempre attivi nella valorizzazione della città e del suo territorio: “L’idea del Palio in vetrina nasce direttamente da noi del team IgersFerrara – spiega la portavoce Veronica Villani – che quotidianamente gestiamo una community dedita alla promozione del territorio di Ferrara e provincia attraverso l’uso di Instagram, il più importante social network basato sulla fotografia. Nelle nostre attività supportiamo diversi eventi del territorio e con l’Ente Palio collaboriamo fin dal 2014 tramite il lancio di challenge fotografici a tema, tanto che in 3 anni sono state pubblicate più di 1800 immagini tra sbandieratori, musici, sfilata storica e gare finali. Abbiamo unito la nostra passione e esperienza di community, una convenzione di cui beneficiamo a livello nazionale come Associazione Igersitalia con il partner Rikorda.it e, cosa più importante, il materiale pubblicato dai nostri followers (ad oggi più di 8900) su Instagram. Abbiamo ritenuto che questi scatti non dovessero rimanere confinati nel mondo virtuale dell’app, ma stampati e resi fruibili al pubblico, ai cittadini e ai turisti. Il coinvolgimento degli esercizi commerciali del centro storico per l’esposizione delle stampe è stato possibile solo grazie alla collaborazione con Ascom e Comune di Ferrara”. “Il palio in vetrina – commenta a conclusione Giulio Felloni presidente provinciale di Ascom Confcommercio Ferrara – salda ancora di più il rapporto unico ed esclusivo tra la Città ed il Commercio e in particolare con l’ identità e la tradizione più forte che accomuna Ferrara nelle sue radici più vere. Non potevamo non essere presenti in questa iniziativa con una prima pattuglia di oltre trenta attività. segnalate da un apposita locandina”.
Il progetto vedrà predisporre all’interno delle vetrine quattro scatti (dimensioni dei singoli cartoncini 20 x 20 cm) realizzati da autori vari che hanno immortalato su Instagram – il Social per eccellenza delle foto – i momenti più significativi e suggestivi del Palio dal 2014 al 2016. Le foto rimarranno saranno visibili fino al prossimo 28 maggio.
Dunque lunga vita al Palio

Alla fiera della vanità con la fast fashion: 52 stagioni all’anno e uno sfruttamento intensivo della manodopera

È la prima industria al mondo per impiego di manodopera, con una persona su sei che lavora nella filiera produttiva, e la seconda per inquinamento, preceduta solamente da quella petrolifera.
Di che settore stiamo parlando? Dell’industria della moda.
Quando parliamo di moda, pensiamo alle passerelle milanesi, ai fashion blogger e alla geniale creatività degli stilisti, ma oltre tutto ciò c’è l’industria che produce gli abiti che indossiamo tutti i giorni: jeans, magliette, felpe e maglioni. Solo guardando all’economia italiana, l’industria del tessile-moda è un comparto produttivo di enorme importanza: 52,4 miliardi di produzione nel 2015, 402.700 occupati e un saldo della bilancia commerciale di più di 8,5 miliardi, con un surplus secondo soltanto a quello della meccanica.

Tutti abbiamo sentito parlare – in maniera non troppo lusinghiera – del sistema dei fast-food: chi ha mai sentito parlare – nel bene e nel male – della ‘fast-fashion’? Chi si ricorda della tragedia di Rana Plaza, in Bangladesh, dove nel 2013 un edificio si è accartocciato su se stesso inghiottendo più di mille lavoratrici, forse il più grave disastro nella storia dell’industria tessile?
Ebbene, la ‘fast-fashion’ è la rivoluzione che ha portato nei negozi delle grandi catene di abbigliamento 52 stagioni l’anno al posto delle tradizionali autunno/inverno e primavera/estate, con nuovi modelli di capi di abbigliamento praticamente ogni settimana, e che ha prodotto una deflazione progressiva del prezzo di ciò che indossiamo, soprattutto grazie all’esternalizzazione della produzione verso paesi a basso costo di manodopera (basti pensare che fino agli anni Sessanta l’America produceva il 95% dei suoi vestiti, oggi ne produce solo il 3%). Ecco che, come per magia, attualmente compriamo più di 80 miliardi di capi di abbigliamento all’anno: +400% rispetto a 20 anni fa.
Il vero costo di questa rivoluzione al ribasso ce lo rivela il film documentario ‘The true cost’ del giovane regista americano Andrew Morgan (prodotto da Livia Firth, sì, proprio la moglie di quel Colin, da sempre impegnata in questo ambito). ‘The true cost’ racconta il mondo produttivo dietro le grandi catene del fast fashion, rivelando i costi umani, sociali e ambientali che possono celarsi dietro un abito, dalle operaie senza diritti del Bangladesh e della Cambogia, ai coltivatori di cotone del Punjab e del Texas, strozzati dai nuovi padroni delle sementi e costretti a violentare la terra con pesticidi e fertilizzanti. ‘The true cost’ dà anche voce a chi in quegli stessi luoghi a questo sistema si oppone, impedendoci di nasconderci dietro alla scusa che ‘è l’unico sistema possibile’ e aprendoci gli occhi sul consumismo eccessivo e indotto, che ci spinge a comprare a poco prezzo cose di cui non abbiamo davvero bisogno e che quindi butteremo a cuor leggero aumentando inquinamento e povertà, mentre ciò di cui necessitiamo davvero – casa, istruzione, servizio sanitario – quello sì diventa un lusso.

La locandina del documentario

Inutile dire quanto poco ‘The true cost’ abbia circuitato nelle sale, il 12 maggio arriva a Ferrara portato dalla cooperativa di commercio equo e solidale ferrarese AltraQualità nell’ambito della campagna ‘permanente’ Abiti Puliti: il film sarà proiettato alle 20.30 nello spazio teatrale di Ferrara Off, in via Alfonso I d’Este.
“Lo abbiamo visto per la prima volta nel 2015 alla Settimana mondiale del commercio equo e solidale di Milano: era la seconda volta che veniva proiettato i Europa, prima era stato solo al festival di Cannes, e la sua prima italiana”, mi spiega David Cambioli di AltraQualità. “Abbiamo voluto portarlo a Ferrara – continua David – perché ritrae in maniera precisa, persino cruda, come funziona il sistema della moda, su quali presupposti si basa oggigiorno: lo sfruttamento dell’ambiente e degli esseri umani. Come AltraQualità siamo soci della campagna Abiti Puliti, che possiede i diritti per alcune proiezioni italiane e ci ha concesso di farne una qui”. L’intento “non è colpevolizzare le persone, ma renderle consapevoli. Il film mostra come ambiente ed esseri umani in tutto il pianeta siano legati da un filo, in questo caso di cotone. È una questione di scelta: come consumatori non siamo colpevoli, ma responsabili”. “Sappiamo che in Italia è molto difficile comprare moda etica rispetto ad altri paesi europei, ma se chi acquista comincia a lanciare piccoli messaggi, a chiedere semplicemente dove e come sono fatti i vestiti, qualcosa pian piano si smuoverà: magari tanti piccoli produttori che hanno lanciato o vogliono lanciare linee di abiti ‘puliti’ diventeranno più forti. È una questione di mentalità: vogliamo far capire che le produzioni sostenibili non sono ‘sogni da anime belle’, sono un modo diverso di fare impresa e creare lavoro”. Quando gli faccio la classica obiezione sul costo a volte, anzi spesso, ‘di nicchia’ dei prodotti fair trade, intuisco subito che è un argomento al quale David è ormai abituato a rispondere. “Per certi aspetti è vero, ma la realtà è che manca un’economia di scala e soprattutto, il costo così basso, troppo basso, di quella maglietta qualcuno lo paga in ogni caso: la manodopera e i produttori sfruttati e avvelenati, l’ambiente inquinato dalle sostanze chimiche e dai rifiuti che aumentano, il consumatore stesso, che indossa cose prodotte con agenti chimici che spesso si dimostrano dannosi per la salute”.

Venerdì a presentare ‘The true cost’ a Ferrara, con David ci sarà Deborah Lucchetti, presidente di Fair, cooperativa sociale nata per promuovere economie solidali, attivista e coordinatrice della campagna Abiti Puliti, sezione italiana della Clean Clothes Campaign, coalizione internazionale che da trent’anni promuove i diritti del lavoro nell’industria tessile globale. “Clean Clothes è una rete che si snoda in 17 paesi europei e coinvolge più di 200 soggetti in tutto il mondo, una rete fatta di sindacati, ong, singoli attivisti, in molti casi donne”, mi dice Deborah, “l’obiettivo è la promozione e la tutela di tutti i lavoratori del settore dell’abbigliamento e delle calzature attraverso attività di advocacy e di lobby presso istituzioni nazionali e internazionali”.
Le chiedo quale sia la situazione nel nostro paese: esiste un made in Italy dall’approccio equo e sostenibile? “C’era un tempo nel quale molte delle fasi della produzione e del confezionamento venivano fatte in Italia, oggi la situazione è cambiata e molte produzioni sono state spostate all’estero a terzisti e a fornitori esteri, ma ci sono ancora tanti laboratori e terzisti che producono per grandi marchi. Produrre in Italia però non è sempre sinonimo di qualità sociale e rispetto delle regole, può accadere anche qui e non soltanto all’estero che ci sia convivenza fra sistemi di economia legale che rispettano regole e contratti e sistemi di economia illegale, con manodopera in nero e violazione di diritti dei lavoratori. Il problema è che il sistema comprime i costi al ribasso verso la parte bassa della filiera produttiva, verso terzisti e fornitori, quindi qui si creano situazioni di irregolarità che possono riguardare terzisti stranieri ma anche italiani, oppure ci sono casi di laboratori che chiudono perché i prezzi bassissimi imposti dalle griffes li costringono a violare le norme sul lavoro o a chiudere”.
Anche per lei c’è molto da fare dal punto di vista della crescita della consapevolezza: “l’attrazione che esercita la moda facile è molto forte e sicuramente la crisi che ha colpito il ceto medio in Italia, ma non solo, non favorisce questa crescita, anzi favorisce il consumo di merce a basso costo e qualitativamente scadente, e d’altra parte non siamo salvi nemmeno con il lusso: il lusso produce spesso esattamente negli stessi modi della fast-fashion”. Ma perché si sa ancora così poco di cosa c’è dietro lo sfavillante mondo della moda, o meglio perché se ne parla meno rispetto, per esempio, alla filiera produttiva che finisce sulle nostre tavole? “Nell’agro-alimentare si insiste da molto più tempo sui meccanismi distorti e non più sostenibili, dal punto di vista ambientale ed etico; mentre per quanto riguarda la moda, non la si considera ancora una vera e propria industria, potente, avida, con impatto pesante in termini umani e ambientali: si pensa ancora alle passerelle e alle modelle. È ancora poco visibile il suo impatto socio-economico, soprattutto perché si vende molto bene sul piano pubblicitario: la comunicazione è un fattore chiave. La moda lavora in maniera più silenziosa, ma più efficace sulle nostre identità. È come se ci fosse un cedimento emotivo perché siamo avvinti da questo bombardamento pubblicitario che va a toccare temi come l’affermazione di sé, a come ci si presenta e cosa dice di noi quello che indossiamo”.

Se ciò che indossiamo davvero comunica qualcosa di ciò che siamo o che vogliamo essere, se come si afferma nel film gli abiti sono la pelle che possiamo sceglierci, forse è ora di riflettere sull’immagine che vogliamo dare, è ora di rallentare e pensare a una slow-fashion accanto allo slow-food. Se come ‘consumatori’ siamo parte del problema, possiamo diventare parte della soluzione, scegliendo di non essere più solo consumatori, ma clienti consapevoli in grado di fare scelte responsabili.

Per maggiori info sulla serata del 12 maggio [clicca qui]
Per maggiori info sulla campagna Abiti Puliti [clicca qui]

Guarda il trailer ufficiale di ‘The true cost’

La ‘poetry slum’ approda anche a Bologna: sfida tra ragazzi a colpi di versi poetici

Le regole sono semplici per voler restituire tutta l’autenticità del testo del poeta: niente luci, niente musica, niente effetti scenici: solo parole. Questo è ‘Poetry Slam‘, di fatto una competizione nella quale i poeti recitano i loro versi gareggiando tra di loro, nato agli inizi degli anni ’80 e oggi considerato una forma d’arte internazionale presente, oltre che negli Stati Uniti, anche in Europa.

Si sono attesi 15 anni prima della comparsa in Italia della prima rappresentazione ed oggi possiamo assistere a manifestazioni di ‘poetry slum’ in molte città italiane.

A Bologna, i ragazzi dell’ l’Istituto Aldini Valeriani Sirani, grazie al coinvolgimento attivo del corpo docente, hanno organizzato, la scorsa settimana, il proprio contest scolastico valido per il circuito nazionale che vedrà il proprio epilogo a settembre.
Si supera ogni luogo comune verso la capacità di fare poesia di chi frequenta un istituto tecnico professionale, assistendo all’esibizione di ragazzi e ragazze che riescono impeccabilmente a trasferire con le loro parole la propria voglia di essere, rappresentarsi e manifestarsi, portando sul palco, scarno e senza alcun artificio, temi sociali affrontati magistralmente tanto quanto quelli famigliari e le relazionali con coetanei.

Condotto da MC Nicolò Gugliuzza, ospiti il rapper Ky Odo e ZooPalco, il poteri slum dell’Istituto Aldini elegge vincitrice indiscussa (anche di questa edizione) Greta Passerini, ch supera in finale le ottime performace di Kautar Kassab e Eusebio Rebenciuc.

L’evento è stato trasmesso in diretta da LookUp Radio, neo progetto interno all’Istituto che vede protagonisti sempre i ragazzi sempre coordinati dai docenti che hanno dato vita all’iniziativa.

Queste sono le esperienze che rendono la scuola la vera ‘buona scuola’.

La vincitrice Greta Passerini
La vincitrice Greta Passerini
Concorrente della ‘poetry slum’
Concorrente della ‘poetry slum’
Concorrente della ‘poetry slum’
Momento della ‘poetry slum’

 

 

 

LA CITTA’ DELLA CONOSCENZA
Bocciare o non bocciare? Questo è il dilemma

Ernesto Galli della Loggia, con un editoriale apparso sul Corriere della Sera, accusa la scuola italiana di aver abbandonato il merito, di aver abdicato alla selezione e quindi alla pratica delle bocciature. Così non sono più solo “i capaci e meritevoli” a proseguire negli studi, ma tutti indistintamente in nome di una mal concepita inclusione.
Il fatto che il 15% degli studenti non termini le scuole superiori e che il tasso di drop out italiano sia tra i più alti in Europa, evidentemente per l’editorialista del Corriere della Sera non ha a che fare con le bocciature, come se l’abbandono scolastico fosse solo l’esito scontato di studenti disgraziati, privi di merito e di impegno.
Già questa percentuale dovrebbe essere sufficiente a far ragionare non tanto circa il merito o meno degli studenti, ma sulla natura delle nostre scuole. Un sistema scolastico che perde per strada il 15% dei suoi utenti dovrebbe essere immediatamente sottoposto alla lente di ingrandimento, interrogarsi sulla sua qualità e sulla sua produttività che qualunque esperto di economia assumerebbe come metro per misurarne efficienza e convenienza.
Ma se ci si preoccupa perché la scuola non boccia a sufficienza, il metro di valutazione della bontà della scuola non è più il numero dei promossi, bensì il numero dei respinti.
Nessuno potrà negare che la percentuale di quanti non giungono al compimento del corso di studi, se comunque nominalmente non può essere considerata alla voce bocciature, quantifica i tanti che la nostra scuola ancora respinge perché non in grado di trattenere.
Quindici ogni cento, tante classi ogni anno, a cui addizionare circa il 13% di studenti bocciati in prima nelle scuole superiori, spesso preludio di precoci abbandoni scolastici. È falso, dunque, che la scuola non boccia, è solo che seleziona in un modo diverso da quello che è capace di concepire l’intelligenza di Ernesto Galli della Loggia.
Cosa costa al paese perdere allo studio dal punto di vista delle risorse umane ed economiche così tante ragazze e tanti ragazzi, che andranno a ingrossare quel 27% di neet, giovani tra i 15 e i 29 anni, che non fanno nulla?
Perché dobbiamo continuare ad alimentare il pensiero negativo della scuola italiana che non serve perché non boccia?
Evidentemente il nostro teorico del pensiero ‘usa e getta’ deve appartenere a quella specie italiana a cui ancora viene l’orticaria alla sola espressione “Non uno di meno” o alla sola evocazione di don Milani e della sua “Lettera ad una professoressa”, considerati sciagure della scuola italiana.
Questi pensatori italici, però, potrebbero risparmiarci i luoghi comuni, i pensieri a scorciatoia, e considerare che quando si pretende di ragionare di scuola si entra in un campo complesso come tutti i sistemi. Non sorge il sospetto che dire che la scuola italiana non funziona perché non boccia sia una conclusione un po’ troppo affrettata? È davvero difficile pensare che nella scuola agiscono così tante variabili che prima di ogni altro discorso dovrebbero essere prese in attenta considerazione? Forse quando si parla di scuola non si vedono, ma basterebbe aprire un po’ di più gli occhi e allora apparirebbe una scuola fatta di studenti, famiglie, comunità, istituti, insegnanti e insegnamento; insomma il successo scolastico, la conquista dei saperi sono un itinerario molto più articolato e rischioso dei soli banchi, cattedre, voti e registri.
L’ha capito anche l’Ocse da tempo, basterebbe di tanto in tanto leggere qualche rapporto.
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico sostiene che non è la sola preparazione e determinare l’insuccesso scolastico. E che sarebbe meglio, anziché bocciare, dedicare più attenzione agli studenti fragili. Gli esperti Ocse non hanno dubbi, la bocciatura, in pratica, non ha evidenti benefici per gli studenti e per i sistemi scolastici nel loro complesso. La bocciatura è solo un modo costoso di affrontare il problema degli insuccessi, perché fermando gli alunni la probabilità che abbandonino gli studi sale.
Un modo di gran lunga migliore per sostenere gli studenti con difficoltà di apprendimento o problemi comportamentali è offrire loro più qualità, più ore di insegnamento, più occasioni di apprendimento, una scuola aperta e più flessibile e, soprattutto, più amica.
Nell’epoca della società della conoscenza, dei saperi diffusi, dell’educazione permanente per tutti preoccupa il codinismo degli intellettuali italici alla Galli della Loggia che non riescono a comprendere come una scuola che boccia è una scuola che fallisce e con essa l’intera società, a meno che non si ritenga, con un ragionamento francamente angusto, che la colpa sia esclusivamente dei discenti, i quali, mandati a scuola per crescere e maturare, si pretenderebbe che fossero già pienamente responsabili dei loro insuccessi.
Con l’attitudine scolastica credo non sia mai nato nessuno, è qualcosa che si conquista, ma se la scuola annoia, non è connessa alla nostra vita, e, soprattutto, se gli adulti si chiamano fuori da ogni responsabilità, sarà difficile comprenderne l’utilità, e la conquista del sapere sarà opera di pochi, non per merito ma solo per vantaggio o indifferenza.