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Giorno: 30 Dicembre 2017

Sanità. Niente ticket su visite ed esami e farmaci gratuiti per i cittadini in difficoltà

La Giunta regionale proroga a tutto il 2018 le misure di sostegno sanitario a chi ha perso il lavoro o è stato colpito dal terremoto. Interessate anche le famiglie indigenti individuate dai Servizi sociali dei Comuni

Gli assessori Venturi e Costi: “Ribadiamo il nostro impegno concreto per sostenere persone che vivono in condizioni di forte disagio”. 1 milione e 700 mila euro l’impegno della Regione per il mancato introito del ticket

Bologna – Passa anche per la sanità l’impegno della Giunta regionale a sostenere i lavoratori colpiti dalla crisi, i cittadini interessati dal terremoto del 2012 e le famiglie indigenti individuate dai Servizi sociali dei Comuni.

È stato prorogato per un altro anno, quindi fino al 31 dicembre 2018, un pacchetto di misure che vanno dall’esenzione dal ticket per visite, esami specialistici ed assistenza farmaceutica, alla distribuzione gratuita dei farmaci di fascia C, a seconda dei destinatari interessati dal provvedimento. Interventi introdotti già nel 2009, all’inizio della difficile congiuntura economico-finanziaria, e rafforzati dopo il sisma, che ora vengono così confermati per il nono anno consecutivo.

“Con questa decisione ribadiamo il nostro impegno concreto per sostenere chi vive in condizioni di forte disagio economico o di particolare difficoltà legate al terremoto- sottolineano gli assessori alle Politiche per la salute, Sergio Venturi, e alla Ricostruzione post sisma, Palma Costi-. Nonostante la ripresa produttiva e occupazionale che sta interessando l’Emilia-Romagna, anche grazie alle politiche messe in campo dalla Regione, ci sono ancora sacche di disagio che non possiamo e non vogliamo ignorare. E per una famiglia in difficoltà, vedersi garantite a fine anno queste prestazioni costituisce un pensiero in meno”.

L’impegno della Regione per il mancato introito del ticket relativo al 2018 si stima possa superare 1 milione e 700 mila euro, considerando complessivamente le misure anticrisi (1 milione 600mila) e quelle per le popolazioni colpite dal sisma (150mila euro).

Le misure anticrisi
Le misure anticrisi riguardano l’esenzione dal pagamento del ticket per le prestazioni di specialistica ambulatoriale e l’acquisto dei farmaci di classe A; interessano i lavoratori che hanno perso il lavoro, sono in cassa integrazione, in mobilità o con contratto di solidarietà, e i familiari a loro carico.

Il provvedimento comprende anche l’assistenza farmaceutica per i nuclei familiari emiliano-romagnoli in situazioni di estremo disagio sociale, individuati o in carico ai Servizi sociali dei Comuni. A queste famiglie è garantita la distribuzione gratuita dei farmaci di fascia C, ovvero i quelli distribuiti dalle farmacie delle stesse Aziende sanitarie.

Le misure per le popolazioni colpite dal sisma
Prorogato il diritto all’esenzione dal ticket per le prestazioni specialistiche ambulatoriali (nelle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate), l’assistenza termale e l’assistenza farmaceutica relativamente ai farmaci di fascia A e C, compresi nei Prontuari aziendali e in distribuzione diretta (con modalità definite dalle singole Aziende Usl). Tale diritto si applica alle persone residenti nei comuni dell’Emilia-Romagna colpiti dal terremoto e che si trovino in situazioni di particolare disagio a seguito di ordinanza del sindaco di inagibilità/sgombero del proprio luogo di abitazione, studio professionale o azienda; ai componenti del nucleo anagrafico o, comunque, ai parenti di primo grado di persone decedute a causa del sisma. Le esenzioni vengono applicate anche ai lavoratori dipendenti dalle aziende che operano nelle zone colpite dal sisma, anche se non residenti nei comuni interessati dal terremoto.

Sala Estense: arriva La Gallinella Rossa una fiaba del freddo nord per riscaldare i cuori

Da il Baule Volante

Martedì 2 Gennaio alle ore 16,30 la rassegna natalizia Babbo Natale, Gnomi e Folletti prosegue, alla Sala Estense (Ferrara, Piazza Municipale), con il terzo appuntamento a teatro: “La gallinella rossa” della compagnia ravennate Tanti Cosi Progetti. Uno spettacolo festoso e comico che farà trascorrere un pomeriggio di vera spensieratezza a grandi e piccini.

C’era una volta una gallinella rossa che viveva in una fattoria con i suoi pulcini…
Un giorno la gallinella rossa stava razzolando alla ricerca di cibo, quando trovò dei chicchi di grano. Così le venne in mente un’idea…
Quello in arrivo alla Sala Estense è uno spettacolo che, dopo il debutto nel 2016, ha riscosso un grande successo in tutta Italia con numerosissime repliche su tutto il territorio nazionale. Il successo di questa fiaba classica della tradizione nord europea, è dovuto principalmente alla straordinaria presenza scenica dell’attore Danilo Conti, un interprete che, con la sua vivacità ma anche con la sua intelligente ironia, si è aggiudicato per ben due volte l’ambito premio ETI Stregagatto (maggior riconoscimento italiano per il Teatro Ragazzi). Conti ha realizzato un’opera semplice, colorata, divertente ma anche dolce e, a suo modo, romantica che parla del ciclo delle stagioni e della vita della natura che parte da un semplice seme per arrivare, con il contributo dell’uomo, a produrre un pane che è ancora più buono e profumato quando viene condiviso con chi ne ha bisogno.
La storia è quella di un’intraprendente gallinella che è abituata a cercare grassi vermi sempre col pensiero di nutrire i suoi pulcini. Quando trova il chicco di grano capisce che può farne un uso diverso, un uso il cui risultato non è immediato ma che richiede lavoro, impegno, pazienza e che darà i suoi frutti.
Molte sono le varianti legate soprattutto ai personaggi del racconto; accanto alla gallina, sempre laboriosa e tenace, possiamo infatti trovare il maiale, il topo, l’agnello, l’anatra, il gatto, o altri animali di fattoria, ma tutti hanno un denominatore comune: nessuno di questi animali aiuterà la gallinella a preparare la terra, a piantare e innaffiare il grano, a mieterlo e trebbiarlo, a portarlo al mulino e a fare il pane. Tutti troppo pigri o troppo impegnati a fare altro. Solo nel finale, quando il pane viene sfornato caldo e profumato vorrebbero mangiarlo…
Lo spettacolo narra il rapporto degli animali della fattoria con la gallinella che li sprona ad agire, e che, nonostante la loro indolenza e indifferenza, infine, li ritroverà uniti perché, compresa la trasformazione a cui hanno assistito, sapranno mettere a frutto in modo collettivo l’esperienza che hanno vissuto.
La gallinella rossa è una produzione di Accademia Perduta/Tanti Cosi Progetti, scritta, diretta e interpretata da Danilo Conti che affronta argomenti quali la condivisione, la collaborazione, l’amicizia, la tenacia, l’anticonformismo, l’etica del lavoro, l’iniziativa personale. Ognuno deve fare la propria parte e rinunciare al proprio egoismo per realizzare qualcosa di più grande del proprio interesse personale.
La gallinella rossa è annoverata tra i racconti tradizionali inglesi anche se la sua vera origine potrebbe essere russa. Molto popolare quindi nei paesi di origine anglosassone, in Italia se ne trovano versioni differenti. I protagonisti della storia sono fortemente caratterizzati nelle loro debolezze che contrastano la virtù della gallina.
Tra le prime trasposizioni maggiormente note della novella c’è quella della fine dell’Ottocento di Joseph Jacobs, critico letterario, storico, esperto di folclore inglese. Negli Stati Uniti “La gallinella rossa” divenne popolare sopratutto grazie alla serie “The little Golden Books” degli anni Quaranta, nella versione illustrata da John Parr Miller. Amata anche la gallinella di Paul Galdone del 1973, alle prese con la preparazione di un dolce. In Italia nota per i più piccoli è la gallinella giocosa di Byron Barton, Harper and Collins,1993, pubblicata da Babalibri nel 2003.

Per tutti i bambini dai 3 agli 8 anni.

Inizio spettacoli: ore 16,30 (la biglietteria apre a partire dalle ore 15,30)
Biglietti: adulti € 6,00, bambini € 5,00

Informazioni: Il Baule Volante – Andrea Lugli – Paola Storari 0532/770458 – 347/9386676.

Secrétaire

di Maurizio Olivari

L’unico mobile che aveva trattenuto dal vecchio arredamento di famiglia, era un piccolo secrétaire “Umbertino” di noce piemonte costruito alla fine ‘800, un gioiello che era stato il vanto di suo padre, acquistato da un rigattiere e a suo dire, facendo un grande affare.
Anche se usato, il mobile si presentava ancora molto bene con la ribaltina sempre chiusa a chiave, chiave che lui gelosamente conservava dentro il portafogli.
In famiglia nessuno sapeva cosa contenesse e tantomeno si permettevano di chiederne conto.
Luca, alla morte del padre, liberò l’appartamento vendendo tutti i mobili a una azienda che trattava l’usato, trattenendo per sé solo il piccolo secrétaire, per poi inserirlo fra i mobli della sala da pranzo del suo appartamento, mobili modernissimi che contrastavano con l’austera forma del mobiletto in noce stile ‘800.
A Luca era rimasta la curiosità di conoscere il contenuto del secrètaire, come aveva da bambino, spiando il padre, quando apriva la ribaltina del mobile, per sistemare qualche documento, richiudendo con la piccola chiave che riponeva dentro il portafogli.
Molte volte, guardando l’intruso, come lo chiamava la moglie, era stato tentato di aprire e finalmente vederne il contenuto, ma nel rispetto del padre non l’aveva mai fatto, quasi che il contenuto segreto lo tenesse legato alla sua infanzia e alla figura paterna.
Capitava talvolta di avere discussioni in famiglia sul tema “secrétaire”, sul desiderio della moglie di liberarsi di quello strano vecchio mobile, che nulla aveva di affine con il modernissimo arredo della sala da pranzo.
Un giorno Luca prese una decisione per lui un po’ sofferta: avrebbe venduto il mobile forse guadagnando qualche soldo. Al diavolo i ricordi del passato!
Rimaneva, non soddisfatta, la curiosità di sapere cosa contenesse e finalmente trovò la forza di aprire la ribaltina. Così prese la chiave all’interno del portafogli del padre, altro oggetto che Luca aveva tenuto per ricordo.
La piccola chiave, un po’ ingiallita dal tempo e dal mancato uso, dopo una leggera resistenza, aprì con un cigolìo la ribaltina del secretaire.
Sollevò lentamente l’antina lasciando scoprire il contenuto del piano d’appoggio.
Sulla destra una serie di fogli con appunti di viaggio che suo padre aveva accumulato negli anni. Li avrebbe letti con calma in altri momenti. Sulla sinistra un pacchetto di fotografie che ritraevano la famiglia nei diversi luoghi visitati durante le vacanze. La mamma era molto bella e anche il padre ben figurava nel gruppo dove Luca, fra di loro, completava quella che si poteva definire una bella famiglia.
Quanti felici ricordi in quelle foto, con i suoi genitori che aveva tanto adorato.
Sul fondo del mobile vide un cassettino che, con titubanza, aprì lentamente. Conteneva una busta indirizzata al padre con mittente “Opera Nazionale per la protezione e l’assistenza alla maternità e all’infanzia”, all’interno un foglio dattiloscritto con oggetto una richiesta di adozione.
“Si comunica che la sua richiesta di adozione del bambino di anni 1 e mesi tre, al quale è stato dato il nome di Luca, ora ospite della struttura di accoglienza dei bambini abbandonati, Santa Maria dei poveri di Roma, è stata accettata.
Potrete prendere contatto con lo scrivente ufficio, per dare corso all’adozione. Roma 30 Agosto 1940″
Luca s’accorse che, mentre leggeva quelle righe, avevano cominciato a tremargli le mani.
Rilesse di nuovo, attentamente, e si lasciò cadere sulla sedia accanto, iniziò a ripetere a se stesso che era stato adottato, che quelli non erano i suoi veri genitori.
Gli tornarono in mente certe frasi sentite di sfuggita in alcuni momenti tra suo padre e sua madre: “sarebbe meglio dirlo a Luca – No… potrebbe essere un trauma per lui – Noi siamo i suoi genitori e Luca deve sentirsi figlio nostro”. Ma anche quegli incontri con alcuni conoscenti che elogiavano la bellezza del bambino con quei bellissimi occhi azzurri e i riccioli biondi, mentre i genitori, entrambi con capelli e occhi scuri, si giustificavano dicendo che il piccolo assomigliava ai nonni paterni.
Luca non aveva mai fatto caso a questi particolari, adorava i suoi genitori che tanto lo amavano.
Davanti a quella lettera, si chiedeva se fosse stato giusto sapere subito la verità, e non ora, dopo tanti anni, con il risultato di avergli procurato oggi, un forte turbamento.
Chi era la madre che lo aveva abbandonato dopo la nascita? Era stata costretta dagli eventi o semplicemente non le interessava avere un figlio? Forse aveva sofferto e magari negli anni, cercato di rivederlo, anche solo per poco.
A Luca, tutti questi pensieri passarono nella mente, come fossero immagini di un film drammatico, vissuto inconsapevolmente. Aveva una certezza, quella di aver amato i suoi genitori, e ancora di più oggi, ammirandoli per il gesto d’amore compiuto con l’adozione.
Ripose la lettera nel cassettino, lasciando tutto intatto come aveva trovato.
Chiusa la ribaltina, gettò la piccola chiave nel cestino dell’immondizia. Quanto successo non era stato altro che una parentesi nella sua vita, e prese la decisione di non vendere più quel mobile, che con il suo contenuto, riteneva essere parte integrante della sua esistenza.
Sentì un piccolo rumore e quindi volse lo sguardo verso la porta della stanza, che, socchiusa, lasciava intravedere il volto di suo figlio che spiava incuriosito cosa stesse facendo il padre, così come faceva Luca stesso tanti anni prima.
“Vieni dentro Eric” gli disse invitandolo.
Il ragazzino di 6 anni entrò, aveva i capelli neri e lisci, gli occhi a mandorla e la pelle olivastra.
“Vieni Eric, siediti qui vicino a me.”, gli fece, “Debbo raccontarti una storia che ti riguarda… Io e la mamma, un giorno, abbiamo deciso di adottare un bambino…”

MEMORABILE
Cantico dei cantici e Qoèlet (Ecclesiaste), i due libri profani nella Bibbia

La Bibbia (Antico Testamento) contiene curiosamente due libri “non allineati”, quasi profani: il meraviglioso Cantico dei Cantici e il terribile Qoèlet (o Ecclesiaste), entrambi attribuiti a re Salomone. Nel primo è assente il nome di Dio e il secondo è privo di autentica fede. La verità è che il Cantico dei Cantici è uno struggente inno d’amore fra un uomo e una donna e il Qoèlet, estraneo a ogni “provvidenzialismo”, è l’archetipo della leopardiana «infinita vanità del tutto». Ed è in tali prospettive che i due testi vanno letti e interpretati. Tiemme Edizioni (www.tiemme.onweb.it) sottopone con questo recente ebook, già disponibile su tutti i portali, le problematiche sopra accennate all’attenzione dei lettori, al loro consenso e al loro dissenso.

Carlo Bassi: vedere Ferrara con il cuore

di Andrea Nascimbeni

Questo Natale dell’anno di Grazia 2017 è stato molto triste per me: il primo senza il mio carissimo amico Carlo Bassi, scomparso il 24 settembre scorso. Se n’è andato così, in silenzio, a 95 anni compiuti il 15 settembre. Sommessamente, in punta di piedi – secondo il suo stile – e ha raggiunto la sua adorata Paola nella notte che prelude al giorno senza tramonto. “Mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola onnipotente, o Signore, venne dal tuo trono regale” “Sermo tuus, Domine, a regalibus sedibus venit”. (Antifona al Magnificat del 26 Dicembre).

A Natale 2015, mi scrisse un biglietto (autografo) coloratissimo, con le foto dei fiori di Paola e le parole “……son fiorite/due volte,/quest’anno,/le azalee della Paola/AUGURI CARISSIMI/Carlo”. E lo scorso anno: “…/ho scoperto/nascosti in una busta/questi due scatti/d’antan/ vecchie immagini di tempi felici,/ Voglio mostrarli/perché documentano/i miei amori più grandi./Paola e l’architettura/Paola e la poesia/Paola e Ferrara/Paola e i diamanti/del palazzo/di Sigismondo./Paola….”. Di fronte a queste parole, così semplici e al tempo stesso, così profonde, disarmanti, si rimane attoniti, stupìti, commossi. Sono parole che appartengono al lessico di Carlo, al suo stile, alla Sua cifra umana. Un legame avvincente, quello con la sua Paola che ha sfidato il tempo: lui, architetto di vaglia e lei, insegnante. Risuonano quasi magicamente, i versi di Franco Fortini:
“Qui siamo noi due, qui giunti per ora/ recati dal tempo: tu ancora/ confidi nei giovani anni/ e nella leggera figura/ quand’eri sui compiti ancora./ stupìto ti guardo che vivi.”(A mia moglie).

Ma un legame forte anche con la sua Ferrara.
Che Ferrara fosse bella, Carlo Bassi ce l’ha sempre detto! Nei molteplici frammenti di un discorso amoroso – per dirla con Roland Barthes – Carlo non perdeva occasione per magnificare la città dalle cento meraviglie, in cui era nato 95 anni or sono e nella quale ritornava appena poteva, con la purezza d’animo di fanciullo, con l’incanto di chi contempla, ma con lo sguardo acuto e sapiente dell’urbanista. Occhio e cuore, sempre nuovi, consentivano a Carlo questa nuova impresa: “misurare – sono parole sue – il fascino persistente che segna quella che per me è sempre una mitica realtà urbana, dopo tante vicende e tante sofferenze, anche recenti che gli occhi che guardano e, purtroppo, testimoniano”.
Lungi dal pensare Ferrara immobile, chiusa nella sua storia, silenziosa e altera, orgogliosa dei grandi vi hanno vissuto, portava il nostro a credere e professare che essa è viva. Che ci si muova nel castrum, nell’addizione di Ercole o in quella di Ciro Contini; che ci si trovi immersi nella sacralità metafisica di via Campofranco, in cui la presenza della figura umana non reca turbamento né distrugge l’aura mistica delle voci angeliche delle Clarisse del Corpus Domini; che ci si perda nelle sue strade, come ci si smarrisce in una foresta, avvolti in quella “bruma luminosa che a Ferrara fascia, ingloba”: poco importa. Si tratta di un vedere col cuore in cui Carlo era maestro insuperabile. Sono emozioni che affiorano sempre, in una trama che permea una vita intera e che la lontananza sublima in una dimensione poetica.

Concludo con questo ‘haiku’: “Negato ogni sbocco il calore mutò il carbone in diamante“. Il diamante è carbonio allo stato puro. In queste parole sembra di scorgere tutta la forza con cui Dag Hammarskjöld ha saputo trasformare la sua solitudine, il suo vedere un orizzonte chiuso nella propria vita in una potenzialità. Quando ci vediamo messi all’angolo, impossibilitati a trovare uno sbocco all’infuori di noi stessi, siamo portati a rendere nella sua purezza essenziale quello che noi siamo. Purtroppo vale per il bene come per il male, ovverosia possiamo anche cristallizzare il male che c’è in noi. È il gioco della vita interiore, di Hammarskjöld e di ciascuno di noi, di noi credenti che dobbiamo fare i conti con questa missione ricevuta dal Signore. Chiamatela vocazione, chiamatela – mi si perdoni il gioco di parole – chiamata, chiamatela semplicemente risposta a quello che noi siamo. Dobbiamo capire che anche quando ci viene negato ogni sbocco, in realtà le risorse, le possibilità per trasformare il negativo della nostra vita in qualcosa di estremamente positivo – “il carbone in diamante” – non ci è tolto, anzi, forse ci è facilitato da questo sbocco che manca. E’ Sempre Franco Fortini che parla:
E questa sera saremo in fondo alla valle
Dove le feste han spento tutte le lampade
. (lettera).

Accadeva il 24 settembre 2017 a Carlo Bassi.