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Giorno: 17 Giugno 2018

Giornata Internazionale contro la violenza sessuale nei conflitti

Il Coordinamento Nazionale Docenti delle Discipline dei Diritti Umani, in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sessuale nei conflitti, che si celebra il 19 giugno, vuole porre tutta l’attenzione possibile su una tematica disumana che è quella dello stupro come tattica di guerra, da sempre largamente impiegato per marchiare e offendere i popoli conquistati. La storia ci insegna che la violenza sessuale in guerra è, purtroppo, vecchia come il mondo, basti pensare al “Ratto delle Sabine” della “Roma caput mundi”, agli efferati stupri dei conquistadores in epoca coloniale, per i quali lo stupro era un allettante e legittimo bottino di guerra, fino ad arrivare ai nostri giorni dove nelle terre curde occupate dall’Isis, la stragrande maggioranza delle vittime sono donne e bambine, possedute brutalmente allo scopo di raggiungere, con la violenza, obiettivi militari e politici.
Di fronte a tale disumanità, equamente distribuita in vaste aree del mondo, le Nazioni Unite nel 2008 istituirono la “Risoluzione 1820” la quale mirava a porre fine, punendo i “criminali di guerra”, alla violenza nei conflitti in quanto quest’ultima, oltre al male in sé che già rappresentava, ostacolava il ripristino della Pace. Fu, inoltre, riconosciuto in quella occasione che la violenza sessuale nei conflitti costituisce Crimine di Guerra, Crimine contro l’Umanità e Genocidio. Infatti, violare le donne dell’esercito nemico vuol dire estirpare le radici di un paese, quindi estinguerlo, poiché la donna è il simbolo della vita, la donna è colei che accoglie la vita nel suo grembo e garantisce la discendenza della comunità. Ne deriva che appropriarsi fisicamente della donna, attraverso lo stupro, e determinare una gravidanza forzata, indebolisce il nemico e lo prepara alla sconfitta. L’esercito della morte non è mosso da nessuna logica. L’esercito della morte non è giustificato da nessun provocatorio, triste e sintetico slogan secondo il quale “Tutto è lecito in guerra!”. Assenza di logica, assenza di cultura, solo principi anti-vita e anti-uomo, come razzismo e smisurato senso di onnipotenza, solo iper-virilità da usare come arma di guerra. Da tutto questo è mosso l’esercito della morte!
Per riportare il dramma della violenza sessuale nei conflitti alla storia recente, il CNDDU vuole ricordare che nel 1994 in Ruanda , durante il genocidio durato tre mesi, furono stuprate tra le 100.000 e le 250.000 donne (impossibile stabilire tra queste il numero esatto delle donne-bambine). Le agenzie delle Nazioni Unite calcolano che più di 60.000 donne siano state stuprate durante la guerra civile in Sierra Leone (1991-2002), più di 40.000 in Liberia (1989-2003), fino a 60.000 nella ex-Jugoslavia, in soli tre anni (1992-1995), e almeno 200.000 nella Repubblica Democratica del Congo, durante gli ultimi 12 anni di guerra.
Un numero davvero impressionate. Anzi no, non parliamo di numeri: una vastità di anime lacerate per sempre dalla malvagità dell’uomo che in guerra raggiunge, talvolta, livelli di crudeltà inimmaginabili. Il periodo post-bellico è anche peggiore, è il tempo della metabolizzazione del male, è il male in corso: infezioni trasmesse per via sessuale, emarginazione per infamia, suicidi, traumi psichici permanenti. La maggior parte dei paesi offesi e violati non dispongono di strutture adeguate per risarcire e per curare, e poi per gestire le enormi difficoltà che seguono agli stupri in guerra. Ferisce e spaventa il fatto che lo stupro di guerra, infame pratica che si caratterizza per la sua sistematicità, è dolorosamente trasversale ai più diversi contesti geografici, storici e culturali. Nessun paese è integro, sotto questo punto di vista. Nessun paese può avanzare tesi giustificative di arretratezza culturale, poiché il male corre veloce, e da sempre, per tutti i meridiani e i paralleli. Ferisce e spaventa il fatto che per quanto lo stupro in guerra sia stato riconosciuto, negato, condannato, incriminato a livello internazionale dall’Onu, nella pratica sfugga ancora a un controllo accurato che permetta di individuare e punire i criminali. L’individuazione dei responsabili dello stupro nei conflitti mette in moto, infatti, una macchina burocratica lenta e complessa che, talvolta, anche di fronte a prove conclamate sembra incepparsi: immunità o impunità? Solo il diritto potrà far luce e giustizia, come sempre. Se nessuno gli farà sgambetti.
Il CNDDU, alla luce dei fatti esposti di cui il mondo è a conoscenza attraverso le risoluzioni delle Nazioni Unite (Ris.1820 nel 2008; Ris. 1888 nel 2009; Ris. 1960 nel 2010), vuole affermare con forza i Diritti Umani in tempo di guerra ovvero la protezione delle persone civili in tempo di guerra, e vuole affermare con forza la protezione, in questo caso, della donna in tempo di guerra, perché nessuna logica perversa che contamini i più atroci conflitti possa tollerare e lasciare impunita la Guerra sul Corpo della Donna.
Per tali ragioni, inviamo un appello accorato a tutti i docenti della Scuola Superiore di I e II grado affinché ci sia maggiore informazione sulla tematica da noi proposta e che sarà celebrata il 19 giugno. Come sempre, da difensori e garanti dei Diritti Umani, ci sentiamo di suggerire piccole attività simboliche per promuovere negli studenti, sentimenti di comprensione, solidarietà e rispetto, in questo caso, verso le donne vittime di abusi sessuali nei paesi devastati dalla guerra. Una idea efficace e poco impegnativa potrebbe essere quella di fare dei parallelismi, studiando la storia, tra le donne del passato e quelle di cui ora abbiamo parlato che non figurano, ovviamente, nei libri di testo. Oppure ogni 8 marzo si potrebbe allargare il raggio della discussione, senza rimanere fossilizzati sulla storia, se pur drammatica, della vecchia fabbrica di New York in cui morirono più di cento lavoratrici. O ancora si potrebbe fare un ponte tra Femminicidio, tema così tristemente attuale in questo periodo, e il “Femminicidio delle donne violentate nei conflitti”: perché ogni donna stuprata è una donna a cui è stata sottratta la vita. E quando ciò accade in guerra, la vita somiglia tanto alla morte.

Coordinamento Nazionale Docenti delle Discipline dei Diritti Umani

Impianti pilota pre-commerciali di nuove varietà di pero grazie al progetto UniBo Università di Bologna – Civ Consorzio Italiano Vivaisti

Unibo-CIV pronti a collaborare coi principali produttori e operatori del settore ‘Pero’ in Italia e in Europa.

L’Università di Bologna, insieme al Consorzio Italiano Vivaisti (CIV) di San Giuseppe di Comacchio (Ferrara), è orgogliosa di annunciare la nuova iniziativa relativa alle seguenti nuove varietà di pero “UNIBO-CIV”: Lucy Sweet® PA1UNIBO *, Early Giulia® PA1UNIBO *, Debby Green® PA1UNIBO * e Lucy Red® PA1UNIBO *
Questa iniziativa offre l’opportunità a qualsiasi agricoltore europeo di costituire direttamente nella sua proprietà nuovi impianti pilota di livello avanzato con queste varietà di pero. L’obiettivo principale è quello di ampliare la gamma di test delle condizioni di crescita e spostare l’attenzione dai piccoli siti sperimentali a campi piloti di dimensioni più grandi “pre-commerciali”.
UNIBO-CIV sono molto interessati a collaborare con i principali produttori e operatori del settore “Pero”, sia in Italia che nel resto d’Europa. Nell’ambito di questa attività promozionale, la partecipazione al progetto vedrà condizioni speciali, nonché un tentativo di diffondere e condividere i risultati dell’attività di ricerca dell’Università ai partecipanti.
Vale la pena notare che ciascun partecipante interessato al progetto dovrà ordinare le piante delle varietà ad UNIBO-CIV entro luglio 2018 per consentire ai vivai autorizzati di innestare le varietà richieste.
Nei link qui sotto si possono trovare ulteriori informazioni su queste varietà di pero:

Per ulteriori informazioni su queste varietà e sull’iniziativa, si prega di scrivere a kto@unibo.it
“Speriamo di coinvolgere il maggior numero di parti interessate nel settore del pero e attendiamo con impazienza la risposta a questo importante invito pubblico” – sostengono congiuntamente UNIBO-CIV

Per maggiori informazioni tecniche e specifiche circa l’iniziativa qui esposta, si prega di contattare kto@unibo.it e marco.bertolazzi@civ.it

● UniBo
L’Università di Bologna ha origini molto antiche che la indicano come la prima Università del mondo occidentale. La sua storia si intreccia con quella di grandi personaggi che operarono nel campo della scienza e delle lettere ed è riferimento imprescindibile nel panorama della cultura europea.

● CIV – Consorzio Italiano Vivaisti
Il CIV – Consorzio Italiano Vivaisti – è leader in Italia nell’innovazione varietale e nella produzione di materiali di propagazione certificati. Attivo dal 1983, con sede a San Giuseppe di Comacchio, in provincia di Ferrara, il CIV è composto dai tre vivai italiani leader nel settore: Vivai Mazzoni, Salvi Vivai, Tagliani Vivai. Attraverso la sinergia, l’esperienza e gli investimenti importanti nella ricerca, CIV è in grado di offrire prodotti all’avanguardia e più rispondenti alle esigenze del mercato. Il CIV, con grande lungimiranza, è impegnato da anni a selezionare varietà che possono fornire produzioni di alta qualità con ridotto fabbisogno energetico e basso impatto ambientale.

Bike Night Ferrara-Mare 2018, 1200 ciclisti in viaggio di notte in bici

Da Ferrara, dall’Emilia, da Milano e da Roma. Gruppi numerosi, altri che ci provano da soli, coppie, famiglie, amici. Risciò, bici in carbonio, footbike o handbike. Sono arrivati da tutta Italia per restare svegli e pedalare: 1200 persone hanno illuminato la notte dal Parco Massari fino al mare, al Lido di Volano. La 5a edizione della Bike Night Ferrara-Mare, la pedalata notturna di 100km lungo pista ciclabile ha portato 1200 persone fino al Lido di Volano lungo la Destra Po. La passione per la bici con il suo carico di storie ha dato il via al tour 2018 delle Bike Night.

Dalle 20 è iniziata l’attesa all’interno del parco Massari, allestito con stand di espositori dedicati al mondo della bici, birra e cibo per una festa collettiva. Ora dopo ora sono arrivati i partecipanti che hanno popolato il parco, formando le prime code alla segreteria Witoor, organizzatrice della Bike Night, per il ritiro del pacco iscrizione. Musica e atmosfera elettrizzante per la quinta edizione in città per quello che è diventato l’evento in bici non competitivo che coinvolge più partecipanti in Emilia-Romagna, in grado di radunare appassionati da tutta Italia.

Dalle 23 è iniziato l’incolonnamento dei ciclisti lungo corso Porta Mare. Poi il conto alla rovescia fino a mezzanotte, quando i 1200 ciclisti sono partiti verso il mare. Ad attenderli un percorso cicloturistico lungo la Destra Po, tre ristori fino alla colazione all’Hotel Club Village Spiaggia Romea, al Lido di Volano.

Tante storie che si sono mescolate durante la notte, in un filo luminoso lungo km sopra l’argine del Po e che si è via via sgranato strada facendo. Ogni ristoro il momento per fare scorte di cibo: a Ro, dopo 21km, grazie alla collaborazione con Uisp Ferrara, a Serravalle, dopo 48km, ospiti dalla Fabbrica dell’Acqua insieme ai volontari del Gruppo Sportivo Anffas, e infine a Santa Giustina, al 76° km, a Osteria del Delta Torre Abate. Il fascino del pedalare al buio, un clima estivo con il cielo stellato, il sentirsi parte di un evento unico nel suo genere ha dato l’energia a tutti i partecipanti per superare le tante ore in sella.

Con l’arrivare dell’alba i 1200 ciclisti hanno ritrovato le energie necessarie per lo sprint finale, prima del meritato riposo a Spiaggia Romea. La gioia di aver costruito un ricordo memorabile, la scoperta di nuovi limiti personali, la sorpresa di vivere territori in modo nuovo: tante sensazioni che si sono mescolate e creano il mix unico tipico delle Bike Night. L’unico evento che raduna insieme bici da città, da corsa, gravel, mtb, tandem, e-bike, risciò, monopattini sportivi (footbike), bici reclinabili, ovomobili. Alta la presenza femminile, oltre 25%. Hanno partecipato anche persone con disabilità visiva (in tandem) o motoria. E tra i tanti ciclisti

«È anche grazie alla Bike Night che si promuove il territorio, in modo partecipativo e innovativo», offrendo un viaggio «da ricordare e raccontare agli altri, ed è proprio l’intreccio di storie, emozioni e tipologie diverse di partecipanti l’impatto più significativo della Bike Night Witoor». Il Tour 2018 prosegue venerdì 29 giugno la tappa sudtirolese con un nuovo arrivo, la Bolzano – Villabassa. Sabato 14 luglio la Milano – Lago Maggiore (Arona), sabato 28 luglio la tappa friulana Udine – Alpe Adria (Ugovizza. Sabato 1 settembre si va in Veneto e in Trentino, con la Verona – Lago di Garda (Riva). La chiusura del tour è prevista per sabato 15 settembre con la prima edizione della Bike Night Marche: partenza da Fermo, arrivo a San Benedetto del Tronto.

Bike Night Ferrara – Mare 2018
5a edizione

Partner locali
La tappa ferrarese è supportata dai partner locali:
Avis Provinciale di Ferrara, Confagricoltura Ferrara, Mobilferro, Generali – Agenzia di Ferrara, Coop Alleanza 3.0.
Con la collaborazione di:
Club Village & Hotel Spiaggia Romea, Clandestino, UISP Ferrara, Croce Rossa Italiana – Comitato di Ferrara, B.ethic, Visit Ferrara, Associazione Fuoristrada Ferrarese ‘Daniele Lugli’, La Fabbrica dell’Acqua Centro di Educazione Ambientale, GST ANFFAS Ferrara, Osteria del Delta Torre Abate, Le Ravitò Bike Cafè Bologna, Never Alone App, Clara, Hotel Carlton Ferrara, Visit Ferrara.

Patrocini
Regione Emilia-Romagna, Comune di Ferrara, Comune di Ro, Comune di Comacchio

Numeri
– 1200 iscritti
– 200 posti prenotati in pullman per il rientro a Ferrara e Bologna
– 40% iscritti proveniente da fuori la provincia di Ferrara (Italia e estero)
– 25% presenza femminile

Media

foto www.witoor.com/files/fe-fotostampa.zip
video www.witoor.com/video

Da Ufficio stampa Witoor Bike Tour

Fabbri e Lodi (Lega): “Lunedi’ corteo lega in via delle bonifiche: il campo nomadi va chiuso immediatamente”

“Il campo nomadi va chiuso, senza se e senza ma. Lunedì la Lega sarà in corteo insieme ai parlamentari del territorio in via delle Bonifiche per dire basta! Da trent’anni il campo funziona come un bancomat nel quale i ferraresi versano denaro in nome di una integrazione che non esiste. E mentre la sinistra ce la raccontava in quell’area nasceva e si consolidava una vera e propria banda criminale, capace di mettere a segno furti e rapine ai danni soprattutto dei nostri anziani. E la cosa tragica è che gli arrestati sono nati proprio lì: di fatto li hanno cresciuti i ferraresi. E questo è il risultato”.

Alan Fabbri, capogruppo in Regione e segretario provinciale Lega Nord Ferrara e Nicola Lodi, segretario comunale, annunciano il corteo della Lega che si terrà lunedì 18 giugno alle ore 19 in via delle Bonifiche, per chiedere la chiusura del campo dopo l’operazione dei carabinieri che ha portato alla luce una vera e propria organizzazione criminale in azione nell’area comunale finanziata da 30 anni dai ferraresi.

“Da anni denunciamo la situazione intollerabile di quel campo, con fiumi di denaro versati inutilmente per riparare questa o quella parte che viene poi poi puntualmente nuovamente distrutta. Per sostenere le famiglie che ci abitano sono stati usati persino fondi destinati ai terremotati (tema su cui è stato fatto un esposto) e nel frattempo all’interno si pianificavano furti e rapine”.

Quando, negli ultimi anni, abbiamo sottoposto ai vari esponenti Pd l’urgenza di un intervento serio sulla questione nomadi ci è stato risposto che erano in atto importanti progetti di integrazione dei Sinti con la città di Ferrara. Ebbene gli otto arresti sono la prova inconfutabile che quell’integrazione è decisamente fallita”.

Per questo “Chiediamo che il campo venga chiuso senza più scuse”.

Alla manifestazione saranno presenti anche i parlamentari della Lega Emanuele Cestari, Maura Tomasi e Gianluca Vinci.

Ufficio Stampa Lega Nord Emilia Romagna

Le donne di Paolino

racconto di Maurizio Olivari
foto di Giordano Tunioli

Paolo, il suo nome all’anagrafe,era stato pronunciato forse una sola volta in occasione del Battesimo, poi per tutti è sempre stato Paolino. Naturalmente da piccino, quando gli facevano i complimenti,talvolta di convenienza,
“carino Paolino” “bellino Paolino” e da adulto, forse perché non alto di statura, era per gli amici Paolino, ragazzo simpatico, coinvolgente, sempre con la battuta pronta e spiritosa. Insomma un “compagnone”.
Questa sua simpatia piaceva naturalmente anche alle ragazze che lui corteggiava con garbo ma con ferma decisione. I suoi amici approfittavano di questo suo “savoir faire” per formare gruppo e raccogliere quanto rimaneva dopo le scelte femminili fatte da Paolino.
A lui non piacevano le situazioni “mordi e fuggi” e ogni volta che iniziava una relazione sentimentale, lo faceva seriamente dichiarando a tutti “questa me la sposo”, mentendo a se stesso, perché alla fine rimaneva farfallone e dopo poco tempo di frequentazione, fuori una e sotto un’altra.
Oggi superati i 50 anni, con qualche capello grigio che fa capolino fra i ricci neri, sempre stati graditi dalle femmine, viveva con la sua dolce metà in una villetta sul lungomare di Riccione, dove aveva sempre sognato di abitare: al mare.
Seduto in balcone, guardava nascere il giorno, con il sole che saliva all’orizzonte rischiarando la spiaggia ancora vuota, vissuta solo da qualche anziana persona che passeggiava sulla riva, un metro dentro all’acqua, come forse gli aveva consigliato il medico, per favorire la circolazione del sangue.
Per lui, abituato a pensare sempre cosa fare il giorno dopo, essere ora assalito dai ricordi di gioventù, lo turbava e con romantica nostalgia, iniziò a “sfogliare” il passato, in particolare i suoi incontri amorosi, le sue donne, le “donne di Paolino” come dicevano i suoi amici.
Mentre cercava nella memoria, un cenno di sorriso diede serenità al suo viso.
Pensò di fare una classifica: per “importanza” no, perché tutte erano state importanti,per “bellezza” no, perché tutte erano ugualmente carine. Scelse il metodo più banale.I nomi in ordine alfabetico.
Non era stato emulo del Don Giovanni dell’omonima opera lirica, dove lo stesso aveva annotato tutte le conquiste nel famoso “Catalogo” arrivando in Spagna a 1300 ma le aveva ben presenti nella memoria.
Partendo dalla lettera A, scartò Amelia, Anna che furono fugaci incontri e si soffermò su:
Alda
Il nome non gli era mai piaciuto ma poiché dopo pochi incontri appellava tutte le donne, per non confondersi, con un generico Cicci, anche Alda andava bene. Si erano casualmente incontrati nel salone di attesa di un ufficio postale, pieno di gente che aspettava il proprio turno per effettuare le diverse operazioni.
Il numeratore salva code, organizzava le precedenze ma con solo due sportelli funzionanti, i tempi di attesa erano lunghissimi. Stavano servendo il numero A 27, Paolino aveva A 41. Sbirciò il biglietto che teneva fra le mani, la ragazza accanto a lui: A 42. Un po’ per far passare il tempo, un po’ per la sua nota galanteria, accennò ad
un discorso.
Era biondina, dai lineamenti regolari, con occhi azzurri ed un corpo piacevole – così
giudicò – Paolino.
– Come si chiama lei signorina?
– Alda – rispose
– Piacere Paolo ma tutti mi chiamano Paolino.
Alda sorrise ed iniziarono a parlare su banalità, come il tempo atmosferico, l’organizzazione del lavoro in quell’ufficio postale e sulla manifestazione musicale che ci sarebbe stata in città la domenica successiva.
Nel numeratore salva code apparve il numero A 41.
– E’ il suo – disse la ragazza
– Prenda il mio numero,vada prima lei –
– Grazie molto gentile, Paolo anzi Paolino…
Al secondo sportello, dopo un attimo, invitarono il numero A 42 e Paolino andò per spedire la sua raccomandata. Terminata l’operazione fece per uscire dal salone e sulla porta era ad attenderlo Alda.
– Volevo ringraziarla ancora, è stato molto carino.
Paolino rimase un po’ sorpreso da quell’attesa e dal manuale del Perfetto Conquistatore trasse il consiglio “invitare la ragazza ad un successivo incontro”
– Alda, scusi se oso ma che ne dice se al concerto di domenica, andassimo insieme?
Un po’ titubante Alda, guardandolo negli occhi, gli porse un biglietto dicendo:- sentiamoci –
Per qualche giorno Paolino dimenticò quel biglietto con un numero telefonico. Gli ricomparve all’improvviso insieme alla schedina del Superenalotto, schedina che giocava, sempre con gli stessi numeri, da oltre 5 anni, senza mai vincere.
Decise di cambiare la solita sestina, con una combinazione formata dai numeri di telefono della signorina Alda. Chissà che portino fortuna!
Decise di chiamare, aveva fatto lui la richiesta di andare insieme al concerto del gruppo rock dei Genesis ed era quindi doveroso telefonare.
Alda rispose dimostrando piacere per quella chiamata e all’invito per i Genesis rispose:– Paolino preferirei andare al Jazz Club, ti piacerà certamente ascoltare il Brian Scott Quartet, sono eccezionali –
Avrebbe voluto subito rifiutare ma per le conquiste bisogna sacrificarsi.
Non apprezzava il jazz e quella sera fu un vero supplizio. Pianoforte, tromba, basso e batteria suonati certamente da ottimi musicisti che Alda applaudiva con entusiasmo al termine di ogni brano ma che lui sperava terminassero presto il loro repertorio.
Dopo quella serata musicale, Paolino affondò il colpo. Propose di trascorrere un weekend insieme. Decise subito, vista la stagione ancora calda, per un Sabato e Domenica a Riccione, immaginando qualche passeggiata sulla spiaggia, una cenetta di pesce alla trattoria del porto, un gelato in Viale Ceccarini e poi chiudere degnamente l’incontro in una camera del Grand Hotel. Per le conquiste bisogna sacrificare, anche il portafoglio.
– Mi dispiace Paolino, al mare no, io amo, adoro e mai tradirò la montagna! –
Per Paolino fu come un colpo al cuore, lui che era stato solo una volta in gita con la parrocchia al Monte di San Luca a Bologna e quell’altitudine già lo aveva disturbato.
Figuriamoci la vera montagna.
– Non ho l’abbigliamento adatto – provò a scusarsi – se si potesse andare al mare… –
– Ti comperi qualche cosa e si va sulle Dolomiti –
Accompagnato da Alda, fu costretto ad entrare in un negozio specializzato per l’abbigliamento alpino, uscendo con: scarponi con carrarmato, pantaloni color marrone in velluto, modello alla “zuava”, calzettoni verdi con pon pon e camicia di flanella a scacchi colorati. Totale 720 € (come un week end a Riccione).
Pensò che forse per le conquiste il sacrificio era troppo.
Considerata la difficoltà di Paolino ad affrontare le vette Dolomitiche, trovarono un compromesso scegliendo l’Altopiano di Asiago, 1001 metri alla punta del campanile della cittadina.
Alda aveva però tenuta nascosta una sorpresa: la passeggiata alla località Gallio Melette (metri 2000) e Cima Ortigara (metri 2015) quest’ultima teatro di una cruenta battaglia durante la Grande Guerra del 1914-18.
Per Paolino, mai una conquista femminile fu più sofferta. Dopo le mini scalate gli erano rimaste due consolazioni, la cena e forse un momento d’amore.
La cena era stata molto gradevole al palato, meno al fegato a causa della salsiccia e fagioli con polenta arrostita, accompagnata da vino rosso Cabernet del Friuli, mentre il momento d’amore fu vissuto con qualche difficoltà a causa della lenta digestione e della fatica accumulata durante le escursioni in quota. Fortunatamente Alda raggiunse velocemente il culmine nell’amplesso sfogando il piacere con un “olalàiù”, di origine
tirolese.
I giorni seguenti servirono a Paolino per smaltire le fatiche del week end e trovare il modo di liberarsi di Alda che continuava ad inviare sms per incontrarlo. Per l’addio inviò una lettera che elencava i motivi dell’incompatibilità di carattere, abitudini, hobby, allegando anche un certificato medico attestante l’impossibilità per il paziente di frequentare luoghi ad altezza superiore i 200 metri, con il consiglio di vivere in località marittime.
Di Alda non ricevette più notizie, tranne che si era sposata con tale Franz, capogruppo degli “scoiattoli delle Dolomiti” e che gli abitanti di Cortina, la prima notte di nozze di Franz e Alda, furono svegliati da un fragoroso “olalàiù” che risuonò nelle varie valli fino al Sud Tirolo.

Paolino sorseggiava il primo caffè della giornata e dal balcone continuava a guardare la spiaggia che iniziava ad animarsi con l’apertura dei coloratissimi ombrelloni, senza distogliere però il pensiero dai ricordi del passato ed in particolare delle sue “donne”. Nel catalogo alfabetico ignorò Beatrice, sciocchina ,vanitosa con rapporto durato
esattamente 33 giorni e Carla gelosissima, asfissiante con almeno 10 telefonate di controllo al giorno e quindi cambio del numero con abbandono dopo 42 giorni.
Stava passando alla lettera “D” dove ricordava un buon numero di conquiste, quando gli tornò alla mente un periodo estivo trascorso con una ragazza con un nome che gli piaceva: Carlotta.
Anche l’incontro con Carlotta era stato del tutto fortuito. Ancora un concerto, questa volta non jazz, era stato protagonista. Un caro amico di Paolino, musicista di successo, compositore e direttore d’orchestra, era venuto in città per dirigere il concerto sinfonico di una orchestra giovanile del
locale Conservatorio e lo aveva invitato ad assistere.
La musica sinfonica non era fra le più gradite ma per non essere scortese con l’amico andò, arrivando appena un minuto prima dell’inizio del concerto nella sala già con le luci abbassate.Tutti i posti erano occupati, tranne uno, libero al centro dell’ultima fila.
Scomodando, non senza rimbrotti cinque persone, raggiunse il posto libero, con alla sua sinistra una anziana signora ed alla destra una ragazza che alla prima occhiata gli sembrò molto carina.
Applausi all’ingresso del suo amico maestro direttore, con inizio del concerto ed esecuzione dei brani in programma.
La ragazza accanto, visto che Paolino non era provvisto del programma di sala, prima di ogni brano gli sussurrava il compositore: Liszt, Brahms, Beethoven, Chopin con in risposta un gentile sorriso di ringraziamento.
La signora anziana a sinistra,con gli occhi chiusi, sembrava estasiata dall’ascolto, invece si era addormentata.
Terminato il concerto, salutato l’amico direttore, con i complimenti anche della signorina Carlotta, si avviarono insieme all’uscita con l’invito di Paolino a bere un buon caffè.
Dopo le presentazioni ufficiali Paolino chiese: – Signorina a lei piace il mare o la montagna? –
– Assolutamente il mare – rispose – in montagna mai!
Questa risposta fece felice Paolino che decise così di proseguire il corteggiamento.
Carlotta era veramente una bella donna, bionda, occhi azzurri, seno terza regolare, gambe ben tornite. Se avesse dovuto dare un voto da 6 a 10, avrebbe meritato un 9 pieno.
Fu proprio Carlotta ad invitare Paolino a trascorrere qualche giorno al mare e per
questo gli chiese di aiutarla nella scelta di qualche costume da spiaggia.
Come Richard Geere in Pretty Woman, accompagnò la ragazza in una boutique esclusiva e seduto in un salottino, ammirò le varie passerelle di Carlotta che indossando bikini a volontà, gli chiedeva su ogni capo un suo giudizio.
Era molto in imbarazzo e la scelta cadde su due bikini molto succinti che non lasciavano spazio alla fantasia, mettendo in bella mostra le rotondità della ragazza.
Si rallegrò del fatto di non aver copiato il Geere sul saldo del conto d’acquisto.
Aveva pagato tutto lei.
Scelsero con soddisfazione di entrambi, la riviera Romagnola con soggiorno a Milano Marittima. Passeggiare nel viale del Pineta, noto locale vip con Carlotta, era un piacere. Indossando sandali con tacco 12, superava in altezza Paolino che comunque si pavoneggiava accanto a quella bellezza elegante, che ancheggiava accanto a lui.
Si chiese se i ragazzi del viale, che guardavano con ammirazione, sorridessero per gentilezza verso la ragazza o perché la coppia sembrava “l’articolo il”
Ragazzi – pensò – quando saremo distesi in orizzontale, l’altezza non sarà più un problema!
La sua teoria divenne pratica, quando il mattino seguente al Bagno Roma, dopo aver fatto un paio di passerelle, sotto lo sguardo voglioso degli uomini ed invidioso delle donne, chiese a Paolino :- prendiamo un pedalò e andiamo in mezzo al mare –
Noleggiarono un pedalò con soli due posti a sedere e una parte libera per distendersi al sole, come fece Carlotta, lasciando Paolino a faticare. Infatti pensò:- hai voluto la bicicletta e allora pedala! –
Si trovarono presto soli, lontano dalla riva e Paolino guardò quella bellezza statuaria,
distesa in posizione che pareva dicesse “ ti aspetto”e quindi decise un arrembaggio modello pirati nei Caraibi.
In effetti Carlotta non aspettava altro e Paolino si impegnò al massimo delle sue capacità amatorie, per soddisfarne i desideri. Il problema era la poca stabilità del pedalò che a causa di un modesto movimento ondoso, metteva in crisi i movimenti di Paolino che comunque una volta presa l’onda, concluse con successo la sua
prestazione.
Sul balcone, mentre pensava a quei momenti, Paolino non ricordava come fosse finita con Carlotta, poi all’improvviso ricordò un sms che diceva: – Paolino è stato bellissimo, grazie per i momenti trascorsi insieme. Domani torna mio marito dall’Inghilterra. Non cercarmi più . Baci Carlotta.
Così fece.
Il sole era già alto, fono spiaggia diffondeva annunci pubblicitari e qualche scomparsa di bambino, anni quattro di nome Pino , che indossa costume a righe rosse e blu e i venditori di cocco passavano fra gli ombrelloni gridando o meglio quasi cantando – cocco bello… cocco bello! –
Paolino notò che la sua dolce metà non si era ancora alzata, forse stanca della serata trascorsa con gli amici, a base di musica, buon pesce e tanta allegria. Mentre il profumo dei “bomboloni” appena sfornati nella pasticceria del palazzo vicino, accarezzava le sue narici, Paolino tornò a pensare agli anni passati, alle avventure vissute e alle donne conquistate.
Dopo la lettera C , saltò la lettera D, passando alla E. Ma aveva un dubbio. Possibile
non aver avuto nessuna ragazza di nome con la D? Chiuse gli occhi, le mani sulla fronte e all’improvviso il ricordo di: Dorina.
Un anno si era trasferito per lavoro a Firenze e per trascorrere qualche serata in compagnia pensò di iscriversi ad un corso di ballo di Tango Argentino. Si teneva in una magazzino dismesso ed in seguito attrezzato allo scopo, con alle pareti gigantografie di Rodolfo Valentino, poi foto di ballerini in gara, altre coppie durante esibizioni e immagini di una milonga a Buenos Aires. La prima lezione era gratuita e i maestri Manolo e Rosita che all’anagrafe si chiamavano Mario e Rosina, spiegarono i primi passi ad una quarantina di persone presenti, uomini e donne che fra loro nemmeno si conoscevano. I maestri formarono le coppie e alla fine rimasero Paolino ed una giunonica ragazza dal nome Dorina. La prassi imponeva il cambio del nome che diventò Paulino e Dolores.
Non essendo una coppia bene assortita, infatti Dolores alta, seno abbondante, Paolino più basso di almeno dieci centimetri, faticavano ad interpretare le figure richieste dal ballo. Rimediarono all’altezza di Paolino facendogli indossare scarpe con tacco rialzato, come i veri “tangueri”, così da arrivare almeno oltre il seno di Dolores che
abbassando un po’ il capo, entrava in contatto con le guance del partner.
Paolino, lezione dopo lezione, migliorava le sue movenze, così come Dolores che lo seguiva nei passi e nelle figure.
Un primo difetto di Dolores era un forte ansimare durante il ballo tanto che Paolino non sapeva distinguere tra una fatica fisica o un’estasi amorosa dovuta al tipo di ballo così passionale. Un secondo difetto, era il sudore che le bagnava le mani ed in più le scendeva dalla fronte fino alle guance di Paolino. Non era certo la situazione migliore per essere attratta da un “tombeur de femmes” come Paolino che comunque lanciò qualche messaggio di corteggiamento.
Tutto accadde una sera al termine di una esibizione in un locale di Scandicci, alle porte di Firenze, dove la scuola si presentò con i suoi allievi, al concorso “4 passi di Tango”. Sulle 34 coppie partecipanti, Dolores e Paolino si piazzarono 27imi, davanti a 7 coppie di anni over 70.
Tornando a Firenze con al collo la medaglia di partecipazione al concorso, Paolino affondò il colpo amoroso dicendo:- Andiamo da te o vieni da me? – Pentendosi subito perché da lui non si poteva in quanto viveva in una stanza in affitto, nell’appartamento di una coppia di anziani fiorentini, che non avrebbero certo gradito
sentire rumori strani durante la notte.
Lo salvò Dolores dicendo: – Andiamo a casa mia, sono sola e mi piace la tua compagnia. –
Abitava in un modesto monolocale vicino a Porta al Prato e nella stanza che era adibita a cucina, sala e camera da letto, brindarono con liquore argentino finendo sul letto, dove si abbandonarono al sesso, accompagnati da un sottofondo musicale che piaceva a Dolores, un CD con tutti i successi di Astor Piazzolla: Libertango.
La donna gli chiedeva di mantenere nell’amplesso un ritmo di 4/4 come il tango e Paolino in quel momento si chiese perché non avesse scelto una scuola di Valzer Lento in ¾ più consono alle sue attitudini amorose.
Finì la storia in quella serata, perchè Paolino fu richiamato in azienda , felice anche di abbandonare Dorina (Dolores), che sudava anche a letto e anche il tango per il quale non aveva il “fisico”.
Tornare nella sua città( regina della nebbia), in periodo invernale, rendeva Paolino melanconico perdendo anche quella “verve” che lo distingueva nel periodo Primavera-Estate. Questo suo “status” lo distoglieva anche dal corteggiamento al genere femminile, così che i suoi momenti di svago si riducevano a visioni cinematografiche
e molta tv in poltrona e in pantofole.
Ora in quella splendida estate, nel suo appartamento sul lungomare di Riccione, seduto in balcone, ripensare ai periodi invernali gli dava ancora malinconia, tranne l’episodio di una Notte di Natale di non molti anni prima.
Lui era solito, perché credente anche se non praticante, assistere alla Messa della sera del 24 Dicembre nella Cattedrale, illuminata per l’occasione da tutti gli splendidi lampadari accesi e gremita di tanti fedeli, per l’occasione particolarmente eleganti.
Come al solito arrivò quasi all’inizio della funzione e trovò posto (guarda caso) nell’ultima fila in fondo alla navata centrale. Nel momento della Comunione, si trovò ad incrociare una ragazza, dai lineamenti delicati, dallo uno sguardo dolcissimo che fece subito presa al suo cuore. Pensò che non era carino corteggiare una ragazza in
quel luogo e in quel momento ma il suo istinto di conquistatore prevalse fortemente.
Dopo “la messa è finita andate in pace “, si avviò verso l’uscita senza perdere d’occhio la giovane che già all’esterno, andava velocemente verso il viale principale.
Iniziava a nevicare e Paolino, provvisto di ombrellino d’emergenza, raggiunta la ragazza, timidamente disse:- Buon Natale signorina,mi permetta accompagnarla e proteggerla dalla neve. Mi chiamo Paolo,molto piacere… –
La ragazza si fermò guardandolo stupita e con diffidenza.
– Considerata la mia stazza – continuò – mi chiamano tutti Paolino…
– La ragazza accennò ad un piccolo sorriso e accettando la compagnia rispose:– Io mi chiamo Maria Assunta, piacere…
Maria Assunta.
Continuarono a camminare per molti minuti e mentre la strada si copriva di uno strato di neve, arrivarono alla casa di Maria Assunta, dove si scambiarono oltre agli auguri, i relativi numeri di telefono con la promessa di incontrarsi ancora. Era evidente che si erano piaciuti. In seguito si incontrarono ogni domenica alla Messa, con successivo aperitivo ed un arrivederci alla domenica successiva. Paolino confermò che le conquiste costavano care, come gli aperitivi.
La ragazza gli piaceva e voleva assolutamente concludere felicemente la conquista. Finalmente Maria Assunta accettò un incontro più intimo.
Il problema fu trovare il luogo adatto: da Paolino no, nel condominio troppi occhi indiscreti, da lei no per la presenza continua della madre. Rimaneva la scelta di un albergo, soluzione che fece inorridire la ragazza che non voleva sentirsi come una “donna di strada” di facili costumi. Ci volle tutta la diplomazia di Paolino per convincerla, compresi i successivi preliminari amorosi, lunghissimi per i seguenti motivi:
– Maria Assunta non aveva mai frequentato in modo assiduo dei ragazzi
– era vergine
– era timorata e vergognosa
Per Paolino si presentava una prova veramente difficile come mai aveva affrontato ma con la sua esperienza “prese per mano” la giovane fino a portarla all’atto sessuale completo.
Nel momento “clou” Paolo guardò negli occhi Maria Assunta che improvvisamente prima di abbandonarsi fra le sue braccia, si fece il Segno della Croce. Paolino le sussurrò dolcemente:- Tesoro, non ti preoccupare ne uscirai viva – e spense la luce.
Dopo quella notte per nulla piacevole anzi faticosa, Paolino fu costretto a cercare il modo di “scaricare” Maria Assunta che fra le sue conquiste era stata la più deludente.
Carta e penna, lettera strappa lacrime, dove confessava mentendo, di essere sposato e di avere cinque figli, con un altro in arrivo. Immaginandosi la reazione della ragazza, cercò per sé consolazione, pensando di aver fatto opera buona nell’avviare all’amore una giovane che altrimenti sarebbe diventata una acida zitellona.
Più tardi venne a sapere che Maria Assunta aveva preso i voti, assumendo il nome di Suor Assunta Maria. Paolino era stato quindi il primo e l’ultimo uomo. Per lui un nuovo record.
Sulla terrazza del suo appartamento a Riccione, ripensando a quell’episodio si ritrovò a sorridere, il sole era già alto nel cielo, in spiaggia tutti gli ombrelloni erano aperti, la fono-spiaggia alternava musica a comunicati commerciali.
Sentì un rumore che giungeva dalla stanza interna e pensò subito che finalmente si era alzata la sua dolce metà.
– Ciao Paolino…
– Ben alzato Roberto…

La fragilità come valore

“Fragilità, il tuo nome è donna” sosteneva Shakespeare, nonostante l’ombra della fragilità incomba su molti suoi personaggi maschili. Uomini fragili come Otello, travolto dalla passione e tormentato dal tradimento di Desdemona, come Amleto, in preda alle ossessioni e ai fantasmi, o come Macbeth, manipolato abilmente dalla moglie, indotto a pulsioni aggressive che sfociano in omicidi efferati. In realtà la condizione di fragilità riguarda il genere umano nella sua interezza, si manifesta con mille sfaccettature, a volte ci caratterizza per l’intera vita, in altri casi ci coglie alla sprovvista, senza preavviso alcuno. La vulnerabilità fa parte integrante della natura umana perché non siamo onnipotenti o supereroi e tutti dovremmo avere il diritto di sentirci coscientemente fragili, senza dover simulare cortecce o corazze che rappresentino un tentativo di difesa da un’immagine di invincibilità che la società spesso impone.

Lo spettro delle fragilità è molto ampio e va dal disagio creato dai piccoli patemi d’animo alle grandi questioni molto più impattanti, condizioni che meritano tutte attenzione e sostegno. Un tempo esisteva un codice di comportamento condiviso, ora mancano spesso legami e riconoscimento reciproco, persi come siamo in uno smarrimento esistenziale evidente, dove infelicità e insensibilità trovano terreno fertile. Spiragli di fragilità sempre più rimarcabili vengono categorizzati e gestiti troppo spesso come emergenze burocratiche piuttosto che attivare umanità autentica e senso di protezione, impedendo in questo modo a chi è debole di rimanere parte attiva e costruttiva della propria vita. Silenzio e indifferenza, omertà davanti a bullismo e violenza in generale, sgretolamento del sistema familiare e relazioni virtuali che passano come sostitutive dei reali rapporti personali, prospettano un’immagine di società disorientata, vicina al collasso relazionale e comunicativo, semiparalizzata nella sfera emotiva e spirituale.

La letteratura non mente sulle fragilità: le descrive, le racconta, le sviscera, le accompagna, le asseconda; ha la capacità di scavare silenziosamente dentro i personaggi scorticati dalla vita, fino ad arrivare negli abissi dell’interiorità. Ce lo dice Alda Merini che ci sbatte in faccia le sue fragilità gridandole. Ce lo scrive Cesare Pavese quando dichiara: “In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, una certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia”. Ce lo scrive Giuseppe Ungaretti in ‘Veglia’, dove trascorre impotente la notte accanto al cadavere di un amico in trincea “massacrato, con la sua bocca digrignata”, nel 1915, alla vigilia di Natale. Lo scrive anche Moravia in ‘La romana’ (1949), dove Adriana, modella mancata, prostituta e madre per caso, confessa: “Avevo capito che la mia forza non era il desiderare di essere quella che non ero, ma di accettare quello che ero. La mia forza erano la povertà, il mio mestiere, la mamma, la mia brutta casa, i miei vestiti modesti, le mie umili origini, le mie disgrazie e, più intimamente, quel sentimento che mi faceva accettare tutte queste cose e che era profondamente riposto nel mio animo come una pietra preziosa dentro la terra.”
Anche Isabel Allende ci consegna le pagine più intime, profonde e intense della sua carriera letteraria, quando descrive la propria condizione di estrema fragilità al capezzale della figlia Paula, gravemente malata, nel romanzo che prende proprio il suo nome: ‘Paula’ (1995). “Ho passato quarantanove anni correndo, nell’azione e nella lotta, dietro mete che non ricordo, inseguendo qualcosa senza nome che era sempre più in là. Ora sono costretta a rimanere ferma e silenziosa; per quanto corra non arrivo da nessuna parte, se grido nessuno mi sente. Mi hai dato il silenzio per riflettere sul mio passaggio per questo mondo, Paula, per tornare al passato vero e recuperare la memoria che altri hanno dimenticato… Sono impaurita. Altre volte, prima, ho avuto molta paura, ma c’era sempre una via d’uscita, persino nel terrore del colpo di stato c’era la salvezza dell’esilio. Adesso sono in un vicolo cieco, non ci sono porte aperte sulla speranza e non so che fare”.
Il filosofo Seneca, in ‘La condizione umana’, richiama in modo molto moderno e attuale alla solidarietà verso tutti gli esseri umani, i più poveri, i disprezzati, schiavi, sofferenti, unico tra i filosofi pagani a pronunciarsi apertamente contro l’inumano e barbarico spettacolo delle arene. Vede gli uomini del suo tempo senza veli e mistificazioni: creature fragili, ignare, vittime di illusioni dovute dagli impulsi irrazionali. Un uomo inquieto, lacerato fra spinte contrastanti, conscio della sua stessa debolezza. ‘Fragilità’ deriva dal latino ‘frangere’, rompere: rompere un equilibrio, una condizione, una simmetria, un’armonia, un’unità dal punto di vista psicologico o fisico. Dovremmo dare fondo a tutte le nostre risorse per trasformare questa condizione in opportunità aiutandoci e facendoci aiutare.

In Giappone esiste una pratica, l’Arte del Kintsugi, dal profondo valore concreto e spirituale. Si dedica a riparare le fratture di un oggetto con l’oro e l’argento; la crepa diventa valore e rende l’oggetto unico e irripetibile e la linea di rottura diventa meravigliosa traccia luminosa di un solco dorato.