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da: Ufficio formazione e informazione CdLT CGIL Ferrara

Più di 100.000 dipendenti delle aziende artigiane dell’Emilia Romagna (1 milione a livello nazionale), di cui circa 7.000 nel territorio di Ferrara, rischiano di restare senza tutele sociali e senza reddito in caso di crisi aziendali e conseguenti sospensioni dal lavoro.
Questo è l’effetto immediato prodotto dal decreto legislativo n.148, applicativo del Jobs act, del governo Renzi: nei fatti è stata tolta la possibilità di ricorrere all’Aspi dal 24 settembre di quest’anno per i lavoratori sospesi e si rimanda alla costituzione di fondi nazionali la possibilità di integrare il reddito, senza l’intervento pubblico dell’Inps e con la compartecipazione alla “spesa” degli stessi lavoratori.
Siamo di fronte al “teatro dell’assurdo”: un lavoratore deve pagare per avere la copertura del reddito in caso di crisi aziendale.
Oltre il danno la beffa: se entro il 31 dicembre di quest’anno non venissero costituiti i fondi nazionali, per i lavoratori che operano in aziende con meno di 5 dipendenti (60.000 per l’Emilia Romagna di cui 4000 circa, impiegati nelle imprese ferraresi) non ci sarebbe nessun tipo di tutela sociale, salvo la NASPI (indennità di disoccupazione) conseguente pertanto al licenziamento, mentre per quelli che operano in aziende con più di 5 dipendenti dal 1° di luglio del 2016 sarebbe attivo il Fondo di Integrazione Salariale (FIS) costituito presso l’Inps
Come organizzazioni sindacali ci siamo attivati immediatamente nei confronti del Ministero del Lavoro per ricercare una soluzione che superi questa iniquità, che si scarica in modo inaccettabile ed insostenibile sulle lavoratrici e lavoratori dell’artigianato; contestualmente stiamo ricercando un accordo con le associazioni artigiane per la costituzione del fondo nazionale.
La trattativa a livello nazionale è sospesa a causa di posizioni assunte dalle stesse associazioni che nei fatti ripropongono quanto previsto dal decreto
Nel mondo dell’artigianato della nostra regione abbiamo costruito un sistema attraverso una contrattazione diffusa e consolidata e la bilateralità, che ha tutelato il lavoro dipendente in questi anni di crisi e che oggi rischia di essere vanificato da un decreto che toglie tutele a chi lavora e aggrava la condizione delle stesse imprese.
Questo dimostra purtroppo, quanto mistificatorio sia stato il messaggio del governo nel voler far intendere agli italiani che i vecchi sistemi di protezione corporativa sarebbero stati sostituiti con nuovi meccanismi di garanzia dal carattere universale.
Cosa c’è di universale nel privare una consistente parte delle lavoratrici e dei lavoratori del settore artigiano di qualsiasi prestazione a sostegno del reddito, qualora le temporanee difficoltà aziendali ne richiedessero l’intervento?
E’ evidente che, se non riceviamo riscontri positivi dal governo e non si definisce in tempi brevi la struttura del fondo nazionale, saremo costretti a mobilitarci per garantire le tutele per chi opera in un settore fortemente penalizzato da scelte irresponsabili come quelle conseguenti al Jobs act.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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