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di Michele Balboni

“Dai, dai che tra poco inizia la trasmissione”.
Due clienti armeggiano attorno al voluminoso apparato radiofonico posto nel salone. Si ode un cinguettio.
“Ecco, ecco, siamo sintonizzati…”
Girando la grossa manopola sono riusciti a connettersi alla frequenza che trasmette da circa tre mesi un programma molto apprezzato dagli appassionati del pallone: ‘Tutto il calcio minuto per minuto’. Attendono con ansia l’inizio del collegamento per conoscere il risultato del primo tempo della partita in corso di svolgimento: il derby Bologna-Spal.
Arriva l’orario di inizio e finalmente una voce gracchia: “..qui Enrico Ameri dal Comunale di Bologna: dopo i primi 45 minuti Bologna 0, Spal 0”. Sospiro di sollievo di entrambi, si guardano, quello che sembra più sveglio, elegantemente vestito: “…il pareggio ci sta bene, la Spal a Bologna non ha mai vinto…”. I due non sono amici, ma numerosi sono i pomeriggi domenicali che trascorrono nello stesso luogo: lo stadio. L’uno controlla i biglietti, fa la ‘maschera’ per arrotondare lo stipendio di impiegato della Provincia, l’altro – avvocato non di primo piano, ma di decorosa collocazione e remunerazione – esibisce distrattamente il titolo di ingresso e si accomoda nel suo posto di tribuna pari. Il breve momento della energica punzonatura alla tessera di abbonamento non è sufficiente a costruire un contatto amicale tra i due. L’incontro ravvicinato qui al bordello mette inizialmente in difficoltà il professionista, frequentatore più assiduo. Da subito però la radio li accomuna. Davanti al calcio e alle prostitute le differenza di età, di provenienza geografica, di orientamento politico, di ceto sociale, finanche di reddito (se il meno abbiente ha provveduto, come in questo caso, a risparmiare per l’evento), tutto ciò tende ad appianarsi.

Si accingono all’ascolto, l’uno seduto alla sinistra del radiolone, l’altro camminando nervosamente. La trasmissione prevede rimbalzo di linea tra un campo e l’altro, ma se il radiocronista di Bologna non interviene significa che il risultato non è cambiato: nessuna nuova buona nuova. Il timore si concretizza in un imprevisto: “Scusa, scusa, qui Ameri da Bologna – si ode brusio indistinto – il risultato è cambiato…”, secondi di spasmodica attesa, perfido il radiocronista che non ha comunicato immediatamente il nuovo punteggio, “… la Spal è passata in vantaggio con una rete dell’ala destra Vitali, siamo al 56°, i particolari nel prossimo collegamento. La linea allo studio”.
“Gol!”, all’unisono i due. La gioia e la sorpresa reciproca non arrivano tuttavia sino al punto da farli abbracciare e allora guardandosi fissi negli occhi e sorridenti si limitano a stringersi la mano, quasi avessero concluso un affare. L’urlo sveglia
Oscar intento al riposino pomeridiano: “Ma cosa succede?” Comunque il gatto non si scompone, apre mezzo occhio, un colpetto nervoso di coda, rapida considerazione: “sono strani questi umani”. E ritorna alla sua attività principale: ronfare.
La sala del casino non è una Chiesa ma, soprattutto al Chez Madame, non si urla, né si sbraita. Altri tre avventori lì in trattativa con l’una o l’altra ragazza, li squadrano, uno sorride. Madame, tollerante come sempre, li redarguisce con un blando “Signori…” e fa un cenno a Frenchy. Frenchy fa la quindicina, bei denti, labbra carnose, ciarlona, è italianissima: il “né…” che interpone sempre nei suoi discorsi attesta la sua provenienza mantovana.
La ricciolona si appropinqua: “Come dite voi ferraresi? Andegna?” e si posiziona a gambe aperte mettendo il suo gioiello nonché strumento di lavoro proprio di fronte all’avvocato che ha riguadagnato la seduta. “Sì, sì. Veniamo”, si volge verso il collega, nella speranza che intenda procedere lui per primo, l’altro scaltramente: “Vada pure lei Avvocato, non mi permetterei mai, io aspetto il mio turno…”. Inizia quindi per l’impiegato, che aveva programmato una prestazione da “mezz’ora”, un tête à tête con la radio, non meno impegnativo di quello che attende l’avvocato, il quale da sopra le scale, prima di essere inghiottito nella stanza della ragazza, manda un’ultima occhiata al collega dabbasso.
(…)
Frattanto – quante cose possono succedere contemporaneamente in un bordello – laggiù nel salone si è formato un piccolo capannello di radioascoltatori. Ennesima interruzione: “Qui al Comunale di Bologna…” tutti ascoltano col fiato sospeso “..risultato finale: Spal batte Bologna uno a zero!”. Esultanza e tripudio collettivo: “Alè, abbiamo vinto!”, “En’ vint’”, “A glen fata a sti bugnìs”. Nel frattempo l’avvocato, dopo avere svuotato i tubi, è rientrato in zona apparecchio radio; l’impiegato si attarda. Un altro paio di avventori – già scaricati – se la godono; un terzo, già in pista di decollo verso la scala per il piano del piacere, lascia l’orecchio dietro a sé. Un paio di non ferraresi lì in attesa sono infastiditi. Una voce: “Silenzio, silenzio: un attimo che sentiamo il commento finale di Enrico Ameri”, si sa il commento post partita vale anche di più rispetto alla cronaca, soprattutto se si vince: “Davanti a ventimila spettatori, la Spal ha meritato la vittoria in questo derby accesissimo e sentitissimo dalle opposte tifoserie: gli spallini portano in trionfo il Presidentissimo Mazza e l’allenatore Tabanelli, i locali hanno coperto di fischi i propri giocatori. Tra i ferraresi ottime prove del battitore libero Zaglio, del portiere Maietti, dei vecchi Lucchi e Del Frati. E naturalmente del goleador Vitali che con una mazzata dal limite dell’area ha deciso la partita. Nel Bologna si salvano soltanto il portiere Santarelli e il volitivo Titta Rota. Con questa insperata vittoria la pugnace SPAL si porta a 24 punti in classifica generale, a sole tre lunghezze dai ‘cugini’ del Bologna e spera in una ennesima salvezza. A te la linea Roberto Bortoluzzi”. A quel punto Madame può interrompere il consesso: “Sù, sù adesso è finita. Fate vedere ora alle ragazze come lavorate bene il materasso”.
Il riccone Edmondo scende preceduto da Luisella e partecipa alla festa: “La vostra squadra ha vinto? Bene, da bere per tutti! Oggi è giorno di miracoli”.
La radio manda l’ultima consueta reclam: “Stock 84! Stock 84: se la squadra del vostro cuore ha vinto brindate con Stock 84, e se ha perso consolatevi con Stock 84”.
L’impiegato: “Madame, mi dà marchette per un’ora e… un bicchierino di Stock 84”.
Madame sorride e sembra strizzare l’occhio al gatto Oscar, il gatto Oscar si stira, guarda Madame e sembra strizzarle l’occhio.

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Redazione di Periscopio


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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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