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E dopo un anno eccomi di nuovo in bellavista sulla spiaggia lidense: ombrellone in prima fila, vicini d’ombrellone non il massimo, vista mare che appare lontano, all’orizzonte, col suo solito color acciaio brunito. Dalle severe disposizioni che, mi si dice, vengono impartite quasi giornalmente dall’eroico sindaco di Comacchio che ha giurato guerra ai venditori sulla spiaggia e agli acquirenti quasi tutti agés, mi aspettavo una battima libera da baraccopoli; ma lentamente con andamento distratto si profilano scatole, sporte, carrellini, tendine e hoplà! Nel giro di pochi minuti le boutiques sono aperte. Tra uno sfarfallio di glutei leggermente adiposi, gambette veloci e pance che non hanno subito il trattamento del miracoloso yogurth con presenza di batteri “acti regularis” il loco di delizie pieno s’affolla, si anima, tra stridi di gabbiani e urli di bambini e dal mio osservatorio (come si sa la prima fila degli ombrelloni dista centinaia di metri dal mare a cui si somma un chilometro buono di traversata del deserto per raggiungere l’ombra confortevole ed economicamente caruccia) assisto alla presa della fortezza Bastiani che tutto travolge tra borse, occhiali, camicette, vestiti falsamente firmati. E poi dicono dell’insensibilità degli italiani verso i migranti e i rifugiati! Non è vero. Specie se si rischia una multa per provare il piacere di farla in barba all’autorità amministrativa. Poi, diciamocela, che cosa sanno fare o cosa possono fare di utile questi neri? (Tra signore in vena di filosofeggiare vengono chiamati, con l’assenso indiretto dei mariti, “negri”) così cari ai “benpensanti radical-chic” sempre in vena di difendere gli “altri” e non i nostri poveri giovani senza lavoro, costretti a emigrare quasi fossero greci qualunque e chiaramente immuni dal terribile delitto di stupro che come si sa è lontano dai pensieri della nostra bella gioventù. Ma… oggi sul giornale il giovane militare arruolato in Marina che ha stuprato la quindicenne? Risposta pronta e preparata “Si sa. Qualche mela marcia c’è dappertutto”!
A distogliermi dalle notizie che si fanno sempre più calde col passar delle ore e con l’avvicinarsi della canicola vengo circondato dagli amatissimi pronipoti che mi propongono una lettura ad alta voce di Topolino. Nel breve giro di dieci minuti lo zio, maestrino dalla penna rossa, spiega il significato di “audizione”, “starnazzare”, “preliminari”, ma appena torna a casa, una impietosa pubblicità distrugge l’amorosa cura per la lingua italiana e si sorbella un “new fresco” duro come uno schiaffo a tradimento.
Eppure nella notte insonne rumori antichi sembrano portare, assieme al sospirato riposo, echi lontani di pinete dantesche: il grido dei gabbiani che lacera il silenzio, il tubare o il gufare di uccelli che non conosco, un lontano sciabordio di risacca.
E il sole riporta con la banalità dei gesti di ogni giorno la solita vita da spiaggia riscattata tuttavia dall’eroismo dei nonni.
Sciamano lunghe colonne di bambini tenuti a mano dai nonni un po’ lenti nei movimenti e onusti da pacchi enormi di vivande ma “conviene andare e più non dimandare” prescriveva Lui, il solito Dante. Ma domandare è lecito e necessario perché loro, i nonni, sanno che ad un bambino non si deve negare la promessa del bagno anche se per raggiungere le agognate onde del mare occorre, sudare, urlare, minacciare schiaffi che non arriveranno mai. Loro lo sanno, avendolo promesso ai figli, che le vacanze si devono fare, che sono il riscatto dei tempi duri e che i nipoti debbono avere questa necessaria promozione sociale anche se sempre più numerose fioccano le scuse per non passare davanti alla sala giochi o al gelataio amatissimo. Una dignità che stride con la volgarità delle vetrine da cui partono messaggi subliminali sulla necessità di essere alla moda, di far parte del branco, di essere simile agli altri. Quel fascino che così insistentemente colpisce i nostri politici che non rinunceranno mai agli sciarponi strangola collo, in inverno di cachemire, in estate di seta o alle disinvolte tenute casual o al severo giacca-cravatta che li fa apparire come invitati e amici dello sposo o della sposa in qualche matrimonio importante, replicati a iosa nei locali alla moda mentre, come in ogni pubblicità che conta, decine di braccia e di mani s’alzano a proclamare una felicità che non esiste.
Nella folle Europa che non pensa come da quel piccolo paese di tristi personaggi e affollata di luoghi sublimi sia nata lei, figlia infelice e ingrata di un pensiero che ha forgiato l’Occidente e che sta alla base, come il Cristianesimo, del nostro essere così come siamo e che ne ha modellato la Storia.
I nonni che portano al mare i bambini lo possono fare perché gli antichi nonni dell’Ellade hanno inventato, tra gli altri, un concetto che si chiama democrazia e vederli ora lenti e pazienti bagnarsi in quel mare color dell’acciaio un po’ stringe il cuore anche se non avrei voluto che queste note fossero accompagnate dal ricordo della grande Osiris (nomina omina) che scendendo le scale canta “Sentimental”.
Noi abbiamo bisogno della Grecia, la Grecia ha bisogno della sua figlia Europa.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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