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Aléeee… Aléeee… Il grido s’alza, rimbomba, s’irrobustisce. Trapassa dallo stadio alla città. Ci siamo: la Spal – da pronunciarsi con la ‘elle’ ferrarese – è finalmente, dopo 23 anni, in serie B! Nonostante il diluvio, nonostante il vecchio stadio, nonostante gli sfigati che non ci credevano. E i giornali giustamente si appropriano dei termini più crudi, più immaginifici: dall’ormai consueto ‘abbiamo sofferto’ all’innovativa ‘estasi biancoazzurra’. All’estasi s’abbandona il vescovo della città estense, monsignor Negri, che vorrebbe trascinare nella sua nuvola biancoazzurra il recalcitrante collega bolognese; alla raucedine da troppo urlo si piega il sindaco Tagliani mentre un boato, un rimbombo, uno tsunami scuote la piazza: è l’assessore allo sport Merli, che ha deciso di esprimere la sua ‘satisfaction’. Il direttore di questo giornale ricorda date fondamentali della sua vita e nascita e li mette in rapporto alla ri-nascita spallina.
Le persone che contano debbono urlare, commentare, congratularsi: se no che ferrarese sei?

Doni dal ciel piovuti gratificano la bella città estense. Una generosa e charmante dama dall’illustre prosapia affida attraverso il nipote dal nome che incute ammirazione, Ferrigo, il manoscritto del Giardino dei Finzi-Contini alle cure della città di Ferrara. Un’altra dama dal piglio sbrigliato e dalla strepitosa cultura taglia il nastro del munifico dono che il marito, Cesare Segre, ha voluto destinare a Ferrara, la città che nella sua Biblioteca custodisce la più importante raccolta di memorie ariostesche. Entrano quindi preziosi i doni e si pavoneggiano nella bellissima mostra curata dalle coraggiose e competenti vestali della Biblioteca Ariostea. Dall’alto del monumento funebre voluto dal generale napoleonico Miollis per dare degna sepoltura al ‘divino’ Ludovico sembra quasi che un impercettibile sberleffo percorra il viso marmoreo del poeta laureato. Una degna risposta alla violazione crudele che ha colpito con un tentativo d’incendio appiccato al portone della biblioteca, le fragili difese della cultura.

Ma il divertimento è assicurato con i giovani: e non scherzo.
Mi reco con lo scrittore Paolo Di Paolo al Liceo Ariosto per commentare il suo romanzo, “Mandami tanta vita”, romanzo imperniato sulla morte a Parigi di Piero Gobetti. Gli studenti sono preparatissimi; anzi le studentesse. Non un maschietto prende la parola. Sicure e tranquille le ragazze pongono le domande, commentano, s’infervorano, mentre l’unico ragazzo sopraffatto dalla timidezza rinuncia al suo intervento. Niente è cambiato allora da quando, ai miei tempi, le compagne ci guardavano tra protettive e consapevoli, sapendo benissimo che loro erano donne e noi ragazzetti? Son sicuro di no. Il meglio però viene al pranzo che le bravissime insegnanti ci offrono alla fine dell’incontro. Il ragazzo smania perché non è sicuro di essere riuscito a procurarsi l’agognato biglietto per la Spal. Immaginavo che avesse avuto la comprensione delle compagne che secondo il modello femminile non sarebbero dovute essere particolarmente interessate all’avvenimento. E… TUTTE invece si erano procurato il biglietto e minacciavano sfracelli d’entusiasmo durante la partita. Fantastico.
Il giorno seguente, anniversario dell’edizione del 1516 dell’Orlando furioso, ritorno al Liceo per presentare assieme a Lina Bolzoni – presidente del Comitato nazionale per le celebrazioni del cinquecentenario del poema – il volume da lei curato, “L’Orlando furioso nello specchio delle immagini”, un raffinatissimo e costosissimo volume sulla storia delle immagini che hanno testimoniato la fortuna figurativa e non solo del poema. I ragazzi sono presi dalla vicenda che riguarda i fumetti, ma anche da quella, veramente straordinaria, di una fortuna che sigla il poema fino all’Ottocento più popolare in Europa. E ammirano Ingres e Doré e commentano, saputi, la Valentina-Angelica di Crepax o le pedine del suo magnifico gioco dell’Orlando furioso, ma chiedono il perché nel libro si trova un’immagine di Masaccio raffigurante il Tributo e come metterlo in rapporto con Ariosto.
Davvero ci siamo divertiti e abbiamo compreso molto. Lina Bolzoni afferma che il fondamentale vero omaggio alla comprensione dell’Ariosto è questo – e spero – gli altri numerosi incontri con gli studenti.
Poi, mentre il più robusto tra i ragazzi portava il libro in Presidenza offrendolo al miglior acquirente, siamo ritornati ai riti e ai miti delle celebrazioni.
Bocche rigorosamente a ‘cul de poule’, pensosi commenti lasciati cadere al momento giusto, falso schermirsi a chi ricorda la tua posizione. Insomma, il gioco delle parti, che è stato per un momento infranto dalla generosa presenza di giovani belli dentro e fuori.
Alléeee…

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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