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Nel calore che tutto involge e sconvolge m’avvio tristanzuolo per la stradina tenendo sotto la spalla protettiva Gogo sei anni il pronipote a cui tocca oggi accedere al paradiso dell’edicola dove scegliere il gioco dell’estate secondo regole strettissime di budget finanziario. All’incrocio della stradina incontriamo il gabbiano addomesticato dal ristorante che in paziente attesa aspetta che s’aprano le porte dell’ingresso dei cuochi. Zampetta, barcolla, s’allontana per poi ritornare; infine indispettito vola sopra il palo della luce.

Esce alla fine il proprietario che gli allunga brontolando un pacchetto che l’uccello raccoglie: “E’ il secondo pacchetto di bagigie che si fa fuori!”
Gogo si rovescia all’indietro in un accesso d’ilarità e tra i singulti ripete: “Il gabbiano ha mangiato mia sorella!!!”, ricordando che nel lessico familiare la bella Isa, sua sorella, vien chiamata “bagigia”. Così alla memoria ritorna la meravigliosa poesia di Baudelaire, Albatros:

“Spesso, per divertirsi, i marinai catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari, indolenti compagni di viaggio delle navi in lieve corsa sugli abissi amari./ L’hanno appena posato sulla tolda e già il re dell’azzurro, maldestro e vergognoso,/ pietosamente accanto a sé strascina come fossero remi le grandi ali bianche./ Com’è fiacco e sinistro il viaggiatore alato! E comico e brutto, lui prima così bello! Chi gli mette una pipa sotto il becco, chi imita, zoppicando, lo storpio che volava!” (trad. Giovanni Raboni).

La metafora della trasformazione dell’orgoglioso uccello ben si confà con le vicende di questo governo che per ‘volare alto’ si trova ‘comico e brutto’ sulla tolda della nave politica. Confusioni e malumori. La presidenza Rai divide e lacera il centrodestra; il ministro nero non molla affondato dagli ultimi colpi dell’ex compagno di partita l’immarcescibile Berlusconi che fa mancare i voti alla nomina di Foa, orgogliosamente rivendicando che il figlio del suddetto sia nella sua segreteria. A Ferrara lo stesso movimento 5s è scosso da rigurgiti di prevaricazioni o meno. Frattanto la nave va mentre i gabbiani si raccolgono in folta schiera sul porto canale del Lido degli Estensi, aspettando cibo, lavoro, e nobiltà di comportamento. Sono domande che scuotono la pigra schiera dei giocatori di carte al bagno che imperterriti commentano le gesta del campione di scopone.

E la sinistra? Attende e poi ancora attende cambiamenti che non sembrano né imminenti né decisivi. Non sa nemmeno emettere altro che flatus vocis di fronte all’ultima decisione del ministro del Mibac che vorrebbe togliere la visita gratuita nei Musei al primo del mese per coloro che potrebbero accostarsi all’arte senza togliere il gelato ai piccini.

E che sia vero che i direttori dei Musei sarebbero favorevoli all’abolizione proprio perché impossibilitati a gestire il flusso di fronte all’esiguità degli operatori?
Domande da reddito di cittadinanza.

Frattanto la demenza umana non ha più limiti come quella che ha coinvolto tre scemi di provincia che per passare il tempo scagliano uova sui passanti di qualunque colore siano. Cantava Antoine: “Tu sei buono e ti tirano le pietre. Sei cattivo e ti tirano le pietre. Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, sempre pietre in faccia prenderai. Tu sei ricco e ti tirano le pietre Non sei ricco e ti tirano le pietre Al mondo non c’è mai qualcosa che gli va e pietre prenderai senza pietà! Sarà così finché vivrai Sarà così Se lavori, ti tirano le pietre. Non fai niente e ti tirano le pietre. Qualunque cosa fai capire tu non puoi se è bene o male quello che tu fai. Tu sei bello e ti tirano le pietre. Tu sei brutto e ti tirano le pietre. E il giorno che vorrai difenderti vedrai che tante pietre in faccia prenderai! Sarà così finché vivrai”.

Rifletto anche che a differenza di tirar pietre lanciar uova costa a meno di non avere un pollaio personale e che le bravate del trio sono inversamente proporzionali all’intelligenza dell’azione. Se non c’entra il razzismo si tratta di stupidità umana e di immaturità: la peggiore delle situazioni a cui un giovane oggi possa trovarsi. Che poi un importante uomo politico possa pensare di abolire la legge Mancino, allora siamo sicuri che la vergogna del momento che stiamo vivendo è quasi perfetta.
Una banalità del male che non solleva se non piccole onde di fastidio.

All’entrata del bagno, qui ai Lidi, ci accoglie il singulto della cantante alla moda, sparato a chiodo per la gioia degli ‘scoponisti’ gli imperturbabili miei coetanei che laboriosamente passano il mattino a giocare a carte e a commentare il mondo del calcio. Nella hit parade dell’estate impazza il lamento interrotto dal quasi pianto di questa canzone forse perché la poverina sta pensando allo stato ‘singultante’ di questo governo; ma una lieta novella alla fine rasserena l’afa insopportabile di questi giorni così calorosi: la protesta degli animalisti a difesa degli asini e muli di Santorini stremati dai pesi assurdi che debbono trasportare dalle navi in crociera alla piccola capitale dell’isola. La pesantezza delle panze dei croceristi che escono dal ventre delle navi risulta insopportabile alle possibilità dei poveri animali che vengono picchiati dai proprietari perché non ce la fanno.
O gran bontà di cavalieri antiqui…

Ecco a cosa ci siamo ridotti mentre un ministro rifiuta l’accesso gratuito ai musei la prima domenica del mese. Meglio sfiancare innocenti animali che permettere l’accesso gratuito e non crudele ad ammirare le bellezze di cui tutti noi siamo o dovremmo essere proprietari.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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