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Un doveroso ricordo dell’architetto Carlo Bassi dal titolo ‘Ferrara: una dedizione amorosa. Ricordo dell’Arch. Carlo Bassi’ è stato offerto negli spazi di palazzo Crema. Come cita l’invito: “Sin dall’inizio infatti la Fondazione [Carife, ndr ] ha sostenuto l’impegno dell’Architetto di rendere i ferraresi più partecipi e consapevoli dei valori – di memoria, di storia, di ragione, di intelligenza – che hanno costruito, nei secoli, la nostra città e che hanno fatto di Ferrara un Patrimonio della Umanità. Riconoscendosi in tale lettura e interpretazione di Ferrara, la Fondazione così come la Cassa di Risparmio di Ferrara negli anni passati hanno garantito pubblicazione e diffusione delle guide di Ferrara, beneficiando della collaborazione dell’Arch. Bassi anche per progetti editoriali propri promossi dai due enti”. A ricordarlo il Presidente della Fondazione Riccardo Maiarelli, che ha messo in rilievo il lungo rapporto di stima e di collaborazione che la Fondazione ha avuto con l’architetto e lo scrittore Carlo Bassi. A seguire l’intervento del Sindaco Tiziano Tagliani, il quale ha portato una testimonianza riflettendo sulle motivazioni che hanno indotto il conferimento a Bassi del prestigioso riconoscimento Ippogrifo – Città di Ferrara edizione 2013. Mons. Massimo Manservigi, Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, ha ricordato la figura e l’impegno morale in una complessa relazione, ‘Carlo Bassi e lo spazio sacro a Ferrara’, che ha toccato punti salienti della concezione di Bassi ideatore e costruttore di chiese e di edifici sacri, mettendolo in correlazione con l’opera di Gaudì e ricostruendo l’amicizia che lo ha legato al pittore Paolo Baratella, a cui venne affidata l’affrescatura della sacrestia nuova del duomo di Ferrara. E non si può tacere il complesso rapporto amicale e nello stesso tempo scientifico che legò Bassi a monsignor Zerbini e a don Franco Patruno, direttore di Casa Cini, ma anche a un intellettuale laico di alta qualità quale è Giampietro Testa.
Barbara Ghelfi dell’Università degli Studi di Bologna ha dato una lucida esposizione delle guide pensate e scritte da Carlo Bassi (‘Guardare Ferrara con gli occhi di Carlo Bassi’). Filippo Govoni, nipote di Bassi e anch’egli architetto (tra l’altro coinvolto nel restauro della palazzina dell’ex Mof), ha fornito un interno di famiglia dei suoi rapporti con lo zio lucido e partecipato come lo sono state le commosse parole di Flavia Franceschini, che ha rievocato il rapporto amicale tra Carlo Bassi e suo padre Giorgio Franceschini. Chi scrive ha ripercorso l’importante lavoro che condusse assieme a Bassi e a Paolo Ravenna, quando furono consiglieri per il restauro del Castello effettuato da Gae Aulenti, che doveva essere una sperimentazione valida per un quinquennio e che è ancora in essere con tutte le ferite apportate alla stratificazione storica del monumento, specie nella sala delle Legazioni. Il Castello, lo sostengo ancora, deve essere monumento di sé stesso e non contenitore di altro soprattutto di mostre più o meno permanenti.

Nel frattempo si sta svolgendo il Festival di Sanremo a cui è possibile sfuggire solo rifugiandosi nella visione di vecchi film che sono stati intelligentemente programmati come ‘Il cardinale’, film di Otto Preminger, che al di là dell’inusuale lunghezza affronta (e siamo nel 1963) il problema del razzismo e del nazismo con uno stile a cui non si può negare a posteriori una sua validità. Ma soprattutto mi ha colpito rivedere dopo decenni ‘Gruppo di famiglia in un interno’ di Luchino Visconti da molti considerato il film ‘sbagliato’ di Visconti. A rivisitarlo oggi entro la dimensione ormai storicizzata 5-6 anni dopo il 1968 al di là dei viscontismi che si affoltano nelle citazioni: gli attori-simbolo, i vestiti, i gioielli, la strepitosa location si rivela di una preveggenza terrificante. La fine degli ideali della rivoluzione, la presa di coscienza degli intellettuali (e quanta Morante c’è in questa disperazione mortale). Un film straordinario, da avvicinarsi al capolavoro di ‘Morte a Venezia’. Un film mortuario e che sigilla l’angoscia tra essere e apparire e l’indecisione di una scelta che porta alla morte.
Per fortuna ci sono scelte a Sanremo

Le serate sanremesi dunque, per sfuggirle, ci offrono la possibilità di rivedere bei film che il tempo aveva cancellato dalla memoria. ‘Oltre il giardino’ di Hal Ashby ne è una prova non solo per la superba interpretazione di Peter Sellers e di Melvyn Douglas, ma per la preveggente intuizione che fa della tv l’unica fonte di contatto con il mondo dell’analfabeta Chance. La frase finale, “La vita è uno stato mentale”, ci riporta alla capacità di vivere virtualmente fino alla metafora terrificante di Chance, novello Messia che cammina sulle acque per curare gli alberi malati. Un di troppo intellettuale che tuttavia meditandolo ci fa ragionare sulla nascita e vita virtuale che i personaggi del festival, provano nella loro breve e intensa vita di protagonisti.
Vedrò tuttavia la premiazione di Milva, una grande artista che al di là delle radici ferraresi che me la rendevano cara mi ha sempre stupito per come, sotto le mani di grandi registi, abbia saputo trasformare le sue indubbie capacità musicali e teatrali in performance storiche di altissimo livello.
E infine: saprò resistere alla proclamazione del vincitore? Chissà.
Tutto dipende dal film che sarà proposto in contemporanea. Previsioni dell’intellettualino di turno a cui non so sfuggire…

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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