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Ancora una breve notazione sulla vita culturale ferrarese che sappiamo generosa, specie sulle offerte che s’infittiscono e a volte si sovrappongono, tra gli stimoli pressanti che le amministrazioni plaudenti offrono al consumo intellettuale dei cittadini e dei turisti.
Appunto.

Sembra ormai assodato che dapprima venga l’offerta turistica poi, di conseguenza, le altre possibilità. E non importa se i paletti tra pubblico e privato vengano continuamente spostati o, come dice l’assessore alla cultura di Ferrara, l’asticella venga in breve tempo alzata per raggiungere un maggior numero di visitatori. Siamo a gennaio e già si proiettano  gli ‘eventi’ che scandiranno l’anno che viene, mese per mese. Addirittura quattro mostre, incendi, buskers, vulandre, palio e via elencando. Se poi ci saranno problemi… Beh! Quelli verranno risolti ignorandoli o perlomeno trattandoli da quisquilie come ci è stato risposto a proposito del caso sollevato dalle decisioni della direttrice della Pinacoteca dei Diamanti sull’adesione o meno alla card MyFe.

Tra le proposte che mi sembrano più originali, ‘La Repubblica’ riferisce che ben nove musei italiani organizzeranno corsi di yoga. Benché pratichi questa disciplina da tempo infinito, mi sentirei a disagio a fare la figura del loto, di fronte a un Bastianino e perfino davanti a un Bononi! Ben più ficcante il commento di Federico Rampini, che riferisce che al MOMA di New York, tanto per dire, saranno istituiti corsi della disciplina suddetta, ma il biglietto d’ingresso un tempo gratuito al Museo verrà portato a 25 dollari!!
Non dimentichiamo che ai Musei Vaticani il biglietto ora è di 18 euro.

Ricordo che chi cominciò a introdurre il principio dello sfruttamento economico dei luoghi museali fu proprio il Vaticano quando l’editore Panini pubblicò il grande volume sulle sale delle carte geografiche invitando i produttori del parmigiano reggiano a offrire piatti prelibati lungo la galleria ma, attenzione, solo il giorno della chiusura. Così la possibilità di poter invitare (senza merenda!) amici e conoscenti a vedere i luoghi-capolavoro del Museo, come la cappella Sistina un pomeriggio alla settimana, quando ovviamente il museo era chiuso, a quel tempo non riscosse grande successo; ma ne potei approfittare per un compleanno indimenticabile.

Non si tratta dunque di rifiutare a priori l’uso di luoghi privilegiati per introdurre un nuovo modo fruizione capace di snellire’ ciò che molto spesso falsamente è indicato come contesto ‘imbalsamato’, ma di renderlo congruo e non offensivo come, impietosamente mostrava la foto dello scalone della Reggia di Caserta, dove un decoratore per abbellire di fiori lo scalone per un matrimonio privato non si perita di salire in piedi sui preziosi leoni di marmo, simbolo dei Borboni che accompagnano l’ascesa agli appartamenti reali .
Ma ormai, per parafrasare un detto, il turismo avant toute chose.

Si prenda il caso del concerto cui ho assistito al Teatro Comunale Abbado. Con la Chamber Orchestra suonava Yuja Wang, la celebre pianista famosa per il suo abbigliamento come risulta dal programma di sala dove ispirata suona in micro-minigonna meritandosi così l’appellativo di ‘scosciata’. Teatro esauritissimo, quasi quanto accadde  per la divina Martha Argerich; comunque 832 biglietti di paganti che per un teatro di 900 posti è un balsamo. L’anno scorso la Wang stupì tutti presentandosi in castissimo abito lungo; ma quest’anno il colpo di scena. Non più micro-gonna ma la schiena implacabilmente nuda fino al coccige in un abito da sirena a brillantini verdi. Festa dell’occhio, festa dell’orecchio quando suona, ma un imbarazzante contrattempo accade quando, non contenta di tante doti, la nostra si presenta anche in veste di direttore d’orchestra per il primo concerto di Beethoven e per l’andante spianato e la grande Polacca di Chopin. Disastro. Scuote i pugnetti mentre la schiena indifesa sussulta, e s’apre a mostrar parte delle ‘poma acerbe’ scriverebbe il Poeta. I volonterosi orchestrali la seguono attenti e un po’ stupiti, ma niente la può arrestare, allontanandosi trionfalmente alla fine tra gli applausi di un teatro impazzito di gioia.

Penso. Ma chi gliel’ha fatto fare? Possiede un dono ineguagliabile come quello che le permette di suonare il pianoforte in modo strepitoso e un fisico che si può concedere tutto. La Deneuve sarebbe contenta di citarla non tra le donne in nero, ma tra coloro che vogliono e accettano il complimento maschile. Ma perché allora da ‘scosciata’ divenir ‘svitata’ non tanto per le fattezze scoperte, ma per il suo strabordante ego che la porta a dirigere?
Il concerto farà il giro del mondo e susciterà delirio di consensi.
Meditate gente. Ne vale la pena

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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