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La paura è un’esperienza naturale dell’uomo. Ha una funzione di protezione, anche nelle specie animali svolge primariamente una funzione di allarme, di difesa e garantisce la sopravvivenza. Ci consente di prepararci psicologicamente ad affrontare una situazione pericolosa, esorta alla prudenza, aiuta a valutare un rischio. Le paure, però, chiedono di essere superate per poter agire e vivere nel quotidiano, anzi l’elaborazione di una propria paura rafforza la stima in se stessi.
Le paure cambiano col tempo e sono condizionate dall’ambiente: il contesto sociale influenza il contenuto della paura. Le paure sociali sono quei timori condizionati dall’educazione e, quindi, frutto della relazione con i genitori e con gli educatori.
Diverse situazioni possono spingere i bambini ad avere paure, a partire da un atteggiamento di disinteresse da parte degli adulti, disinteresse che crea nei bambini sensazioni di solitudine e vuoto emotivo. Le paure possono essere correlate anche ad un atteggiamento educativo permissivo, che il bambino può vivere come indifferenza o ad uno stile educativo basato su minacce e punizioni, con particolare ricorso alla minaccia di non voler più bene; ad un’aspettativa esagerata sul piano intellettivo che può lasciare inappagate le necessità affettive del bambino, ad uno stile educativo iperprotettivo che non riconosce autonomia al bambino, lo rende dipendente e limita il suo sviluppo.
Viviamo in un tempo in cui vecchie e nuove paure si mescolano. Restano, ad esempio, le minacce della natura che hanno da sempre accompagnato l’umanità: le vecchie paure di temporali e calamità naturali si traducono nella paura di catastrofi, amplificata dai media. Molte paure possono coinvolgere i bambini: la paura di essere rapiti, la paura di punizioni (senza cena o senza videogiochi, ad esempio), la paura di andare male a scuola, di risultare “impopolare” o di apparire come un “perdente”, paura enfatizzata da un contesto che esalta risultati e successi.
Le paure si trattano trasmettendo il messaggio ai bambini che non bisogna avere paura di avere paura, facendo attenzione alle immagini trasmesse dai media e insegnando ad affrontare i pericoli reali. Quando la paura è trasmessa dai media, ha un impatto diverso a seconda dello sviluppo emotivo ed intellettivo raggiunto dal bambino. Il suo stato psichico generale e la sua capacità di confrontarsi con le sue paure costituiscono fattori importanti per poter gestire le emozioni suscitate da  un film o da un telegiornale. È di fondamentale importanza il ruolo dell’adulto che accompagna il bambino in questo confronto, che può aiutarlo a decodificare e gestire le emozioni, dando più spazio all’ascolto piuttosto che ai consigli.
È consigliabile che i genitori, per quanto possibile, possano monitorare i programmi televisivi che guardano i loro figli (guardandoli con loro) o facendo da filtro. E’ importante che gli adulti si pongano come figure di riferimento sia dal punto di vista cognitivo, sia da quello emozionale: aiutare i bambini a decodificare le immagini ed i contenuti, cercare di contenere e comprendere le loro emozioni, condividerne le preoccupazioni, rappresentano occasioni per rafforzare la relazione tra genitori e figli, insegnanti e studenti.
La tutela dei bambini dalla violenza delle immagini e dei contenuti da esse veicolati deve rappresentare un valore da perseguire quotidianamente. La paura è contagiosa e ha il potere peculiare di trasmettersi. Si tratta di un chiaro esempio dell’effetto profondo che tale emozione esercita sulle funzioni corporali, ma è anche una dimostrazione della facilità con cui si è indotti ad avere paura senza ragione. La paura paralizza il sistema nervoso, causa stanchezza ed affaticamento.
Infine, ricordiamo che, come scriveva Sartre: “Tutti gli uomini hanno paura. Tutti. Chi non ha paura è un anormale. E tutto questo non ha niente a che vedere con il coraggio”.

Chiara Baratelli è psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali.
baratellichiara@gmail.com

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Chiara Baratelli

È psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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